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dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

9 giugno 2014

Riunione CDC 7 giugno 2014, relazione introduttiva Presidente Sabelli

Cari Colleghi, la seduta di oggi si svolge in un tempo particolare: manca infatti un mese all’elezione dei membri togati del nuovo CSM ed è logico che l’attenzione della magistratura sia rivolta a una scadenza fondamentale per l’esercizio del governo autonomo e dunque per tutti noi. Fra noi erano stati anche sollevati dei dubbi sull’opportunità di procedere, adesso, alla convocazione del Cdc ed era stato proposto di rimandarlo alla seconda metà di luglio. Ne abbiamo discusso in giunta e abbiamo deciso che la scelta migliore era quella di rispettare le scadenze temporali consuete. Anzitutto per rispetto delle regole statutarie, ma anche perché la metà di luglio sarebbe stato un tempo un po’ troppo lontano, non solo e non tanto per l’avanzata stagione estiva ma soprattutto per una ragione più seria che dirò fra poco.
Preferisco però seguire l’ordine del giorno e quindi cominciamo dall’esame del bilancio 2013, che affido al nostro Segretario Generale.


Segretario Generale Carbone:
L’esercizio 2013 vede un disavanzo di € 230.000, determinato da alcune spese consistenti: fra le principali, il congresso dello scorso ottobre, organizzato dopo tre anni dal precedente e le cui spese vanno quindi idealmente ripartite in un triennio; l’integrale rinnovamento del sito web e la realizzazione delle pagine Twitter e Facebook, l’allestimento del servizio di “sportello sindacale”; l’aumento delle spese per il personale. E’ appena il caso di osservare che quando si parla di disavanzo non si vuol dire che l’ANM si sia indebitata o versi in difficoltà finanziaria, poiché l’associazione disponeva e dispone di riserve cospicue che allo stato sono superiori al milione di euro, pur potendo contare in via pressoché esclusiva sul finanziamento dei propri soci, grazie a un modesto contributo mensile che resta da lungo tempo invariato e non beneficiando di alcun contributo pubblico: lo sottolineo soprattutto ai giornalisti presenti. Come indicato nel prospetto di dettaglio, che è stato distribuito a tutti i componenti del CDC, le spese del congresso ammontano a € 400.000, al netto delle quote di iscrizione alle quali abbiamo contribuito anche noi tutti componenti del CDC, come da decisione assunta dalla GEC, innovativa rispetto al passato. Tale costo complessivo, tenuto conto anche della incidenza dell’IVA, che nel frattempo è salita al 22%, ha comportato nella sostanza un aumento dei costi rispetto al precedente Congresso di tre anni prima (2010) del 30%.. Evidenzio, infatti, quanto al rilievo, formulato dai revisori dei conti, circa un aumento delle spese convegnistiche del 1700% nel 2013 rispetto all’anno precedente, che i dati considerati in realtà sono disomogenei, in quanto comprendono, per il solo anno 2013, anche le spese per il congresso, mentre nel 2012 nessuna attività congressuale, ovviamente, è stata svolta.
Tale aumento dei costi, ripeto del 30% circa rispetto al precedente congresso, trovano ampia giustificazione nella scelta di una sede congressuale molto funzionale e centrale (non era disponibile la sede utilizzata nel 2010 né altre adeguate nella zona), nell’introduzione di servizi nuovi, quali le interviste autogestite in video e l’integrale pubblicazione sul sito (che oltretutto consentirà di risparmiare sulle spese della pubblicazione cartacea) e nella cura che – nonostante l’aumento dei prezzi – si è voluto dare, in linea con gli anni precedenti, a tutte le fasi congressuali, compresi i momenti sociali assai partecipati, che costituiscono un’occasione importante di conoscenza e di incontro, non meno dell’attività più propriamente convegnistica. Il congresso, che non veniva organizzato da tre anni, è stato un importante biglietto di presentazione dell’Associazione e va rimarcato come si sia trattato di un biglietto eccellente, come dimostrano la presenza ai lavori dei vertici istituzionali, il notevole riscontro mediatico (fra cui la diretta dei lavori su Sky e sul sito dell’Huffington Post), raggiungendo un risultato finale che ha ricevuto notevole apprezzamento e gradimento da tutti i partecipanti, come manifestato anche dai componenti del CDC, durante le fasi congressuali e nelle successive riunioni.


Presidente Sabelli:
Ringrazio Maurizio Carbone e passo adesso all’esame dei successivi punti all’ordine del giorno. Vi anticipavo che c’è una ragione particolare che rafforza la necessità della convocazione odierna del Cdc e questa ragione è nei successivi tre punti all’ordine del giorno, tutti riconducibili al tema delle riforme. La discussione pubblica su tale argomento negli ultimi tempi ha conosciuto un’impennata che si è tradotta nell’espressione di una precisa volontà politica, che indica come scadenza proprio il mese di giugno: per rendersi conto di tale volontà e per coglierne le linee e gli obiettivi basta considerare i disegni di legge pendenti in Parlamento e basta leggere la relazione che il Ministro Orlando ha illustrato alla Commissione Giustizia del Senato il 23 aprile e le numerose dichiarazioni pubbliche che hanno preceduto e fatto seguito a quella relazione e di cui la stampa, fino a questa mattina, ha dato ampio conto. Si tratta di riforme che toccano il processo civile, il processo penale, l’organizzazione ma anche la materia ordinamentale e il sistema di governo autonomo della magistratura.
Partiamo dalle prime: sono riforme di natura tecnico-processuale ma che possiedono una significato rilevante sul piano delle scelte politiche (sia detto in senso lato, ovviamente). Premetto che abbiamo apprezzato la scelta del Ministro di procedere col sistema dei tavoli tecnici, ai quale hanno partecipato, insieme con l’Anm, componenti dell’Avvocatura e di altre realtà istituzionali e associative. Non si tratta di creare uno strumento di concertazione che sottragga al Governo e al Parlamento il potere di decidere e la responsabilità politica delle decisioni, ma di decidere in modo ragionato e consapevole. Il senso di questa scelta è stato colto da quanti hanno preso parte – oltretutto in tempi contenuti – ai vari tavoli, che si sono rivelati un momento di confronto e non una palude di inconcludenza.
Venendo ora al merito, è stata affrontata anzitutto la questione dell’efficienza del processo civile e dell’arretrato. Le linee emerse sono quelle che il Ministro ad aprile ha già illustrato al Senato: la valorizzazione degli strumenti di natura stragiudiziale e arbitrale, che dovrebbero essere oggetto di un intervento legislativo urgente. Sugli strumenti deflattivi l’ANM si è espressa in termini favorevoli ma ha sottolineato l’estrema necessità di intervenire sulle risorse e sull’organizzazione, ivi compresa la creazione dell’ufficio del processo. La questione degli organici del personale amministrativo e dell’organizzazione sono stati collocati dal Ministro fra le emergenze: seguiremo gli sviluppi, con l’auspicio che ai propositi seguano le riforme.
Restando sul tema del processo civile, nelle ultime settimane la Giunta è stata impegnata nel tavolo tecnico dedicato al Processo Civile Telematico. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato un report che riassume la posizione sostenuta dall’ANM, anche con riferimento alle due questioni sensibili delle modalità di introduzione del PCT (per cui, ferma restando la data di entrata in vigore del 30 giugno, si è proposta una modulazione basata sulla distinzione fra cause di nuova e di vecchia iscrizione) e del passaggio all’atto digitale da quello cartaceo (del quale abbiamo chiesto per il momento la conservazione).
Quanto all’ambito penale, alcune delle proposte avanzate dall’ANM – ad esempio in materia di processo contumaciale, di misure alternative, di tenuità del fatto, di voto di scambio, di depenalizzazione – sono già state oggetto di riforma o di legge delega, salvo poi valutarne l’efficacia e la piena adeguatezza, mentre altre – cito a titolo esemplificativo la prescrizione, l’autoriciclaggio, la gestione dei beni sequestrati e confiscati, le impugnazioni – si annunciano come oggetto di interventi legislativi imminenti. Una menzione particolare merita la questione della custodia cautelare, particolarmente travagliata: nei giorni scorsi l’ANM, presso la Commissione Giustizia del Senato, ha espresso il proprio parere, che abbiamo già pubblicato sul nostro sito, piuttosto critico su alcuni aspetti della riforma.
Sempre restando alla materia penale, abbiamo già dato notizia del convegno che si terrà a Milano nei giorni 13 e 14 giugno sul tema del processo. Si tratta di un convegno organizzato congiuntamente dall’ANM e dall’Unione delle Camere Penali. Tale organizzazione congiunta, ovviamente, non esprime alcuna necessaria condivisione di idee e di proposte, al contrario, più volte abbiamo dissentito con fermezza dal contenuto dei comunicati dell’Unione e delle dichiarazioni del suo Presidente. Tuttavia, crediamo che, sul piano del metodo, sarebbe un grave errore rifiutare le occasioni di confronto, anche e direi soprattutto quando si è in disaccordo di idee. Del resto, non possiamo ignorare che l’Unione delle Camere Penali è un interlocutore col quale già ci confrontiamo abitualmente nelle sedi istituzionali – parlamentari e ministeriali – esprimendo opinioni talvolta diverse, talvolta analoghe.
Per restare alle questioni tecnico-processuali, molti altri sono i temi “caldi”: ad esempio, la riforma della magistratura onoraria e l’innovazione e l’informatizzazione nel settore penale.
Altre questioni – e su queste vorremmo richiamare fortemente l’attenzione dei colleghi del Direttivo – riguardano l’ordinamento della magistratura e il suo governo autonomo. Sono questioni delicate, sulle quali già da tempo abbiamo avviato una riflessione; occorre, però, che tale riflessione prosegua e sia approfondita, perché una magistratura associata che non sappia, con uno scatto d’orgoglio, guardare dentro se stessa e ragionare di se stessa, cogliere la necessità di cambiamento espressa al proprio interno e dalla società in cui opera, che non sappia aggiornarsi e stare al passo coi tempi, è destinata a perdere di autorevolezza e di ruolo. La necessità e la qualità delle riforme vanno però coniugate con la salvaguardia degli attuali assetti costituzionali della giurisdizione e della magistratura: le cronache giudiziarie anche recenti, che ripropongono con forza drammatica il tema della corruzione nelle istituzioni pubbliche, sottolineano – se mai ce ne fosse bisogno – l’efficacia e il valore dell’azione giudiziaria e, al tempo stesso, il pericolo che potrebbe venire da un indebolimento del principio di indipendenza.
In effetti, mai come di questi tempi vi è stato un così largo consenso sulla necessità di una riforma della giustizia. Da qualche tempo si va affacciando però un’idea bizzarra, che posso riassumere così: poiché è venuto meno un blocco pregiudiziale durato un ventennio ed è caduto un tabù, si deve finalmente metter mano alle riforme necessarie a riequilibrare il rapporto fra politica e magistratura. Prima fra queste riforme dovrebbe essere, secondo alcuni commentatori, quella del sistema disciplinare, quasi ad evocarne (al pari della responsabilità civile) il valore politico di strumento di organizzazione dei rapporti fra i poteri dello Stato, dimenticando che la giustizia disciplinare è invece strumento col quale si fanno valere responsabilità individuali. A chi dubita o ironizza sulla severità del nostro sistema disciplinare si dovrebbe ricordare i dati dei procedimenti e delle condanne, in termini assoluti e comparativi, che descrivono un giudice disciplinare tutt’altro che domestico o compiacente con la categoria.
Dobbiamo dunque resistere a questi disegni ma dobbiamo anche dimostrare la nostra capacità di proposta su alcuni temi centrali, che emergono ripetutamente nel dibattito pubblico e sui quali il Ministro della Giustizia si è soffermato nel suo intervento al Senato e in numerose dichiarazioni alla stampa. Sono temi, peraltro, che in larga parte sono già stati oggetto di attenzione da parte dell’Associazione. Richiamo i principali.
Giustizia disciplinare. La materia è stata oggetto lo scorso anno di un nostro convegno e di un documento dettagliato del Cdc. In un’intervista pubblicata ieri sull’Espresso il Ministro Orlando ha fatto riferimento a un possibile intervento sull’organo disciplinare, che miri a distinguere la funzione disciplinare dalle altre funzioni consiliari. Valuteremo ogni eventuale proposta, che – anche per evidenti ragioni di natura costituzionale – non potrà che mantenersi nei caratteri attuali di composizione e di collocazione all’interno del CSM. Natura costituzionale dovrebbe avere invece una riforma che mirasse a realizzare un sistema disciplinare unitario fra tutte le giurisdizioni, di cui il Ministro ha fatto cenno nella relazione del 23 aprile. Una tale soluzione dovrebbe però avere come suo antecedente costituzionale l’unificazione delle giurisdizioni, non essendo concepibile un organo disciplinare unico, in presenza di codici disciplinari, funzioni, carichi, un’organizzazione del lavoro profondamente diversi.
Legge elettorale del CSM. Anche di questo ha parlato il Ministro. Da tempo la magistratura associata ha denunciato i limiti dell’attuale legge elettorale di tipo maggioritario, che, fra gli altri difetti, di fatto amputa la possibilità di scelta del candidato da parte degli elettori. L’organizzazione di elezioni “primarie” da parte dell’ANM è stata appunto una risposta e un tentativo di rimediare a quei limiti ma, in vista delle elezioni del 2018, si ha tutto il tempo per immaginare un sistema diverso, in una prospettiva di tipo proporzionale; restano comunque da valutare altri dettagli tutt’altro che secondari, come, ad esempio, le caratteristiche territoriali del collegio elettorale e il numero dei componenti del Consiglio.
Funzionamento del CSM. Il Ministro ha richiamato lo scorso 4 giugno in un’intervista al Secolo XIX e ha nuovamente evocato ieri sull’Espresso la riforma del CSM, senza peraltro chiarire la portata di un tale intervento. Oggi ho nuovamente messo all’ordine del giorno, raccogliendo una richiesta che era stata avanzata, il tema delle nomine dei direttivi e dei semidirettivi. Credo che sarebbe del tutto fuori luogo procedere in questa sede a una specie di verifica di legittimità delle decisioni assunte in singoli casi dal Consiglio. Dobbiamo invece ricavare, dai singoli casi, profili di ordine generale, per cogliere le disfunzioni e avanzare proposte, stando però attenti a distinguere il cattivo uso della regola dal difetto della regola. Il tema dell’autogoverno ha costituito l’oggetto di vari comunicati diffusi dalla giunta, a partire da quello del 29 novembre 2012; esso, inoltre, è stato affrontato nelle riunioni del CDC del 22 dicembre 2012 e del 3 giugno 2013 ed è stato al centro di dibattiti promossi in sede locale nella primavera 2013. Lo stesso tema è stato affrontato nel corso del Congresso nazionale di ottobre, fin dalla mia relazione introduttiva, che vi ha dedicato ampio spazio. Da questa riflessione sono venute diverse proposte, solo in parte realizzate: ricordo, a titolo di esempio, la trasparenza degli atti, la creazione di un massimario delle decisioni consiliari per assicurarne la coerenza, la previsione e il rispetto di scansioni temporali rigorose. Quei documenti vanno dunque richiamati e rilanciati.
Quanto alle funzioni consiliari, un’altra riflessione potrebbe essere avviata in ordine alla ripartizione di competenze fra CSM e consigli giudiziari. In ogni caso, occorre avere ben chiara la necessità di difendere la dignità, la rappresentatività e l’autorevolezza del Consiglio, di fronte al rischio di depotenziarne il ruolo – non diversamente dal rischio di indebolire l’autorevolezza della nostra Associazione – perché il Consiglio, non finiremo mai di ripeterlo, è presidio della nostra autonomia.
Vi sono altri temi che richiedono un avvio di riflessione da parte della magistratura associata. Anzitutto quello dell’organizzazione degli uffici di Procura, dei quali la legge definisce le linee generali, nell’ambito delle quali vanno individuati i criteri che salvaguardino da un lato le esigenze della direzione e del coordinamento, dall’altro la tutela dell’indipendenza: è la questione del modello di dirigenza. Aggiungo il tema dell’individuazione, anzitutto da parte degli uffici giudicanti, dei criteri di priorità nella trattazione degli affari, collegato con quelli dell’organizzazione, delle risorse e con l’altro, delicatissimo, dell’obbligatorietà dell’azione penale, principio del quale occorre riaffermare l’attualità e il valore.
In materia di riforme, è doveroso accennare alla questione dell’età pensionabile dei magistrati, in relazione alla quale i mezzi di informazione riferiscono di progetti di riduzione, fino al limite, operante fino al 1992, dei 70 anni. A tale riguardo la Giunta centrale ieri ha ricordato che l’aumento progressivo del limite di età, nel 1992 (a 72 anni) e nel 2002 (a 75) non fu sollecitato dalla magistratura associata. Tuttavia, il ritorno ai 70 anni, se si vuole garantire la funzionalità del sistema dovrà tenere conto di due esigenze: procedere con gradualità, onde evitare la scopertura immediata e contemporanea di centinaia di incarichi direttivi e semidirettivi; ricoprire sollecitamente con nuovi concorsi le scoperture che verrebbero a crearsi. A queste aggiungo la necessità di coordinare l’età media di accesso alla magistratura (oggi intorno ai 32 anni) con la normativa in materia di accesso alla pensione.
Una considerazione ancora vorrei dedicare al tema della geografia giudiziaria. La Giunta ha organizzato visite presso alcune delle sedi, rilevando serie difficoltà in relazione, di volta in volta, agli organici, alle strutture, alle risorse: Catania, Bari, Venezia, Padova, Vicenza, Napoli Nord. Occorrerà dunque che il Ministro e il CSM pongano mano agli interventi necessari, affrontando il profilo, fra gli altri, dell’adeguatezza del personale di magistratura e amministrativo. Ancor prima, però, si dovrà valutare la razionalità di alcune scelte operate fin dalla legge delega; penso alla c.d. regola del tre e all’obbligo di conservazione del tribunale nelle città già sede di provincia, che hanno condizionato le scelte conseguenti, con esiti complessivi non sempre ispirati a razionalità ed efficienza.
Passando al quinto punto all’ordine del giorno, esso è stato inserito su richiesta della collega Camassa. Si tratta di una questione di grande rilievo, soprattutto alla luce del peso crescente che la materia della prevenzione – in specie quella patrimoniale – ha ormai assunto. Una questione che dovrà essere oggetto di attenta considerazione nel momento in cui si porrà mano al problema dell’adeguatezza degli organici. Lascio però ad Alessandra Camassa il compito di illustrare meglio tale argomento.
Ancora, ricordo al Cdc che, a termini di statuto, il collegio dei probiviri e quello dei revisori dei conti durano in carica un biennio e sono quindi attualmente in regime di prorogatio. Nel corso della prossima riunione si dovrà dunque provvedere alla loro nomina.
Vi informo con piacere che, finalmente, dopo la cessazione delle pubblicazioni in forma cartacea, la nostra storica rivista “La Magistratura”, sta per rinascere a nuova vita, in forma digitale. Al termine della mia relazione introduttiva, il direttore Marcello Bortolato provvederà a illustrarvi la nuova veste del nostro periodico.
Concludo osservando che, come sempre, spetterà al Cdc decidere su quali temi concentrare la discussione di oggi e mi auguro che il tempo sia ben impiegato. Quanto al tema delle riforme, è ovvio che non sarà possibile oggi esaurire gli argomenti, che ho peraltro indicato in modo incompleto. E’ però necessario avviare, fin da oggi, una riflessione seria, per la costruzione, su questi temi, di una chiara linea di politica associativa. Una linea che, soprattutto in un momento in cui si manifesta una decisa volontà di riforma, ci rappresenti, nel confronto istituzionale, per quel che la magistratura associata è: un interlocutore autorevole e rispettato, che, delle riforme, è protagonista e non destinatario passivo



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Relazione introduttiva Sabelli CDC 07giu14 | doc, 52 kb

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