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Pseudo-riforme in materia di giustizia e normalizzazione della magistratura

di Andrea Reale - 24 luglio 2015

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L’entrata in vigore della legge n. 18 del 27 febbraio 2015, che ha riformato la legge n. 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati, costituisce l’ennesimo tassello di una pseudo-riforma della giustizia che appare intenta più a punire i magistrati e il controllo di legalità, che essi sono chiamati quotidianamente a svolgere, che a soddisfare le necessità del servizio giustizia.
I drammatici eventi consumatisi nell’aprile dell’anno in corso all’interno del Tribunale di Milano, descritti nell’articolo di Ciro Cascone, hanno, ad esempio, evidenziato le disfunzioni e le carenze organizzative anche in materia di sicurezza che caratterizzano tutti gli uffici giudiziari italiani.
Dopo l’intervento sull’età pensionabile dei magistrati e quello del taglio delle ferie, operati con decreto legge − uno dei quali ad efficacia differita, senza alcuna interlocuzione con l’associazione che rappresenta i magistrati e accompagnato dalla mistificante slide apparsa su un sito governativo “meno ferie ai magistrati: giustizia più veloce” − la riforma sulla responsabilità civile dei magistrati rischia di tradursi in un vero e proprio attentato all’indipendenza esterna della magistratura, perché mina la serenità del giudizio ed espone il magistrato al pericolo, paventato da Rosario Livatino in un suo celebre intervento, di diventare un pavido burocrate, attento ad emettere un provvedimento innocuo, piuttosto che giusto, a conformarsi rigorosamente ai dettami della Corte di Cassazione, e a quello, ancor più grave, di potersi intimidire davanti ai “poteri forti” (anche economicamente), favorendo, specialmente nel settore penale, l’inazione e l’immobilismo. 
Qualcuno ha parlato di “normalizzazione” in atto della magistratura ad opera del potere politico. Qualcun altro ha evidenziato i plurimi profili di incostituzionalità della legge (in relazione agli artt. 3, 24, 25, 81, 101, 111, 113, 117 della Costituzione, solo per citare i più eclatanti).
La genericità e indeterminatezza della nuova ipotesi di colpa presunta per “travisamento del fatto e delle prove”, previa esclusione della clausola di salvaguardia, l’eliminazione del filtro di ammissibilità, l’obbligatorietà dell’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, oltre che l’imperativo esercizio dell’azione disciplinare nei suoi riguardi, introdotti dalla nuova regolamentazione giuridica, hanno indotto più giudici di merito, in modo condivisibile, a sollevare questione di legittimità costituzionale, denunciando le disposizioni della legge n. 18/2015 in palese contrasto con le norme della Carta fondamentale, in ciò avallati dalla precedente giurisprudenza costituzionale (nella sentenza n. 18/1989, ad esempio, è stato chiarito che “debbono ritenersi influenti sul giudizio anche le norme che, pur non essendo direttamente applicabili nel giudizio a quo, attengono allo status del giudice, alla sua composizione nonché, in generale, alle garanzie e ai doveri che riguardano il suo operare, in sintesi, la “protezione” dell’esercizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai diritti”). L’articolo di Massimo Vaccari mette in risalto, inoltre, come la modificazione normativa della legge sulla responsabilità civile dei magistrati non costituisca affatto un preciso obbligo del nostro Paese di rispettare i dettami dell’appartenenza all’Unione Europea e alle decisioni dei giudici euro unitari.
Già nel 1987, infine, l’attuale Presidente della Corte Costituzionale, all’epoca presidente dell’ANM, aveva evidenziato i forti rischi di burocratizzazione che una lettura superficiale dell’art. 28 della Costituzione e della responsabilità civile del giudice per atti emessi nell’esercizio delle sue funzioni è capace di introdurre surrettiziamente nel nostro ordinamento.
L’“iper-responsabilizzazione” alla quale risultano esposti i magistrati italiani in questi ultimi anni, persino con un esponenziale incremento delle azioni di responsabilità disciplinare, risulta aggravata dalla pericolosa duplicazione sanzionatoria delle sentenze di condanna rese in questo ultimo genere di giudizi, capaci di ripercuotersi automaticamente, in maniera del tutto indebita e illegittima, sulle periodiche valutazioni di professionalità alle quali i magistrati sono sottoposti sin dal 2007. Gli articoli di Gianluca Grasso e di Mariolina Panasiti evidenziano detto genere di rischi e tratteggiano le differenze ed interferenze tra i due diversi procedimenti.
Chiudiamo la sezione Associazione/Attualità di questo numero con l’articolo di Vittorio Gaeta sulla mailing list “Malta 2013”, un esempio di intelligente e utile scambio di informazioni tra operatori di giustizia e studiosi sul diritto di asilo e sulla protezione internazionale, capace di mettere in risalto anche le lacune e le criticità che, allo stato, impediscono di affrontare risolutivamente un’emergenza umanitaria di carattere planetario.

Autore
Andrea Reale
Comitato di redazione - Componente del CDC dell’ANM

La riforma sulla responsabilità civile dei magistrati rischia di tradursi in un vero e proprio attentato all’indipendenza esterna della magistratura Andrea Reale