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Si è imboccata davvero la strada giusta?

di Alessandra Galli - 24 luglio 2015

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Da tempo il nostro Paese vive una deriva – che pare inarrestabile – di una corruzione ormai diventata capillare, quasi regola non scritta nell’uso delle risorse pubbliche , in un contesto in cui con costante frequenza appaiono intrecciarsi le attività politiche con quelle criminali.
Ai ricorrenti proclami di impegni riformatori volti ad arginare questa deriva sono seguiti interventi legislativi che hanno inciso sulla struttura stessa dei reati contro la pubblica amministrazione e sul relativo apparato sanzionatorio.
Spesso – però – tali interventi sono apparsi più il frutto di una contingente “politica degli annunci” che il risultato di un’approfondita riflessione sulle cause del fenomeno corruttivo e sulle modalità più idonee per prevenirlo, disincentivarlo e combatterlo.
Il susseguirsi poi di significative modifiche normative nelle fattispecie criminose determina anche l’impossibilità dello stabilizzarsi di interpretazioni giurisprudenziali che portino ad una prevedibilità delle decisioni, così come la perdurante mancanza di seri interventi di sistema sull’istituto della prescrizione continua a rendere non effettive le sanzioni e quindi scarso se non nullo l’effetto deterrente delle norme.
Occorre pertanto che anche la magistratura, forte dell’esperienza “sul campo“, si dia carico di intraprendere un’analisi puntuale che abbia ad oggetto non solo le specifiche problematiche ermeneutiche delle nuove norme ma anche il sottostante disegno complessivo di politica del diritto, al fine di evidenziare eventuali limiti e criticità cui spetti al legislatore porre rimedio introducendo anche significative modifiche all’approccio processuale a questi reati.
In questa direzione vuole muoversi l’analisi di Paolo Ielo, pubblico ministero da sempre impegnato in prima linea nel contrasto alla corruzione.

Autore
Alessandra Galli
Comitato di redazione - Componente del CDC dell’ANM

Da tempo il nostro Paese vive una deriva di una corruzione ormai diventata capillare, occorre che la magistratura, forte dell’esperienza “sul campo“, si dia carico di intraprendere un’analisi puntuale Alessandra Galli