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Processo civile telematico tra criticità e prove di dialogo

di Loredana Miccichè - 24 luglio 2015

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Per processo civile telematico si intende un sistema complesso in cui interagiscono innovazione tecnologica a livello strutturale e innovazione normativa a livello ordinamentale; innovazioni che devono imprescindibilmente armonizzarsi e tendere al miglioramento dell’efficienza e alla modernizzazione della giustizia.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella recente delibera del 6 maggio 2015, ha dato atto che “l’introduzione delle tecnologie dell’informatica nel processo civile rappresenta un innegabile elemento di modernizzazione del sistema giudiziario”; pur evidenziando, però, che la massiva introduzione di nuove tecnologie nel processo civile ha reso il quotidiano esercizio della giurisdizione strettamente dipendente dal funzionamento e dalla funzionalità dell’infrastruttura tecnologica; e, a seguito della diffusione di un questionario ragionato somministrato a tutti gli uffici coinvolti, ha concluso che “in definitiva, sebbene la scelta di fondo sia condivisibile e, nel quadro della complessiva riduzione delle risorse (grazie anche alla grande disponibilità mostrata dai magistrati, dal personale amministrativo e dagli ordini professionali) i risultati ottenuti siano complessivamente positivi, la risposta proveniente dagli uffici giudiziari è che il sistema richiede notevoli aggiustamenti oltre che interventi di carattere normativo e di generale risistemazione”.
Ha quindi deliberato di invitare il Ministro della Giustizia a provvedere in ordine all’urgente risoluzione delle criticità del processo civile telematico e, in particolare, “ad incrementare le risorse impiegate nell’intero sistema di funzionamento e supporto al processo civile telematico, con particolare riferimento al miglioramento delle forniture di hardware, alla compiuta evoluzione dei sistemi software e degli applicativi, al rafforzamento delle infrastrutture e delle reti, all’incremento dei livelli di assistenza; a provvedere ad assumere le iniziative necessarie all’adeguamento delle norme primarie e secondarie per rendere efficace e funzionale il processo civile telematico; a preservare, attraverso le necessarie dotazioni, le condizioni di salute dei magistrati e del personale impegnato nel funzionamento del processo civile telematico; a procedere all’assunzione di personale amministrativo qualificato per le mansioni che il nuovo processo telematico richiede, sia per l’assistenza del giudice che per le incombenze tecniche”.


Le criticità del PCT, di cui anche l’organo di autogoverno ha preso recentemente atto, impongono quindi una permanente attenzione dell’ANM agli sviluppi del nuovo sistema, nonché una costante forma di collaborazione con la compagine governativa, riservando la massima attenzione alle esigenze della magistratura, oltre che dell’utenza.
In tale spirito, invero, l’ANM partecipa a un Tavolo tecnico permanente sul PCT istituito presso il Ministero della Giustizia.
Inoltre, a conclusione della giornata di riflessione ad un anno dell’obbligatorietà del PCT per il processo di primo grado tenutasi lo scorso 20 giugno 2015 a Napoli, l’ANM ha indirizzato una lettera aperta al Ministro della Giustizia, in cui si è fatta presente la necessità di «elaborare un progressivo piano progettuale, che delinei in maniera chiara una scansione temporale per portare a regime il processo telematico, con veri e propri stati di avanzamento, che affrontino progressivamente il problema tecnologico, organizzativo e normativo».
Stupisce dunque che, con il decreto legge n.83/2015 emanato lo scorso 27 giugno 2015, sia stata introdotta nel complesso e stratificato panorama normativo del PCT la disposizione per cui: «nell’ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle Corti d’Appello è sempre ammesso il deposito telematico dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo e dei documenti che si offrono in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità».
Si ricorda, invero, che per il processo di primo grado, così come per quello di appello, l’obbligatorietà ha riguardato, in una prima fase, soltanto il deposito in via telematica degli atti “endoprocessuali”, con esclusione degli atti introduttivi.
Il provvedimento normativo si pone dunque in controtendenza con le esigenze sopra rappresentate, comportando innegabilmente un ampliamento dell’ambito del PCT al di fuori di quella scansione temporale la cui necessità è stata evidenziata e richiesta dall’ANM. Il problema si pone in particolar modo per la realtà delle Corti d’Appello, in cui l’obbligatorietà del PCT, al momento dell’emanazione del decreto, non era ancora neppure entrata in vigore.
In conclusione, l’ottica dell’Associazione Nazionale Magistrati non può che essere quella di ribadire l’impegno nel perseguire le richieste inoltrate al Governo, auspicando l’effettiva realizzazione di quel dialogo condiviso, più che mai necessario per il soddisfacente funzionamento del sistema.




Autore
Loredana Miccichè
Comitato di redazione - Componente del CDC dell’ANM

L’ottica dell’Associazione Nazionale Magistrati non può che essere quella di ribadire l’impegno nel perseguire le richieste inoltrate al Governo, auspicando l’effettiva realizzazione di quel dialogo condiviso, più che mai necessario per il soddisfacente funzionamento del sistema. Loredana Miccichè