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Il processo telematico. Le realtà delle Corti d’Appello

di Fabio Eligio Anzilotti Nitto de’ Rossi - 24 luglio 2015

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Il processo telematico presso le Corti d’Appello sta lentamente prendendo piede, seppure tra mille difficoltà, prodotte anzitutto dalla scarsità di mezzi finanziari e di personale concessi dal Ministero della Giustizia. La piena attuazione del PCT richiederebbe ulteriori e cospicui investimenti per lo sviluppo e l’implementazione del software ed anche l’assegnazione di un maggior numero di operatori specializzati al processo telematico. Per fare un esempio, nella cancelleria di un collegio della Corte d’Appello di Roma, ove presto servizio (corrispondente a una sezione), c’è una sola funzionaria addetta ai depositi telematici e in caso di sua assenza per malattia breve l’accettazione dei depositi subisce ritardo. Si registra ancora, in alcuni uffici, il fenomeno dello scarso utilizzo del programma consolle da parte di consiglieri addetti. Detto fenomeno discende principalmente, a mio parere, dalla struttura stessa del programma, il quale, seppure ricco di idee innovative e di soluzioni all’avanguardia, non è attualmente del tutto affidabile (basti pensare alle numerose correzioni che si sono dovute apportare per porre rimedio a disfunzioni e alle recenti vicende verificatesi nel periodo dal 2 all’8 aprile 2015 nel distretto di Roma); l’interfaccia di consolle non è affatto intuitiva e ciò rende estremamente difficoltoso il suo utilizzo per un principiante: basti pensare che la tendina dei menu parte dal basso verso l’alto, al contrario degli altri sistemi operativi e software esistenti, su piattaforma Windows e non.
Le difficoltà sono aumentate dalla circostanza che il programma è stato inizialmente pensato e ideato per il giudice di primo grado e solo successivamente è stato adattato per le funzioni collegiali di appello, con le ovvie e immaginabili conseguenze. Comunque è previsto nel prossimo futuro il rilascio della consolle progettata appositamente per l’appello. La consolle è altresì un programma che risente moltissimo delle interazioni con gli altri software, con la conseguenza che l’installazione sul pc di uno “non gradito” può generare incompatibilità, con il rischio di impedire il regolare funzionamento della consolle. Ciò ha comportato come conseguenza che i pc portatili consegnati nella Corte ove presto servizio, anche per motivi di sicurezza, sono stati “bloccati” e non è consentita, se non agli amministratori di sistema, l’installazione di altri programmi, neppure drivers di stampanti, ad eccezione di pochi ad utilizzo libero (i c.d. freewares quali Mozilla, Google Chrome, Libre Office). Non è neppure possibile aggiornare l’Explorer, cosa che comporta l’impossibilità di navigare su alcuni siti che richiedono necessariamente versioni più aggiornate.
Ovviamente ciò limita l’utilizzo del portatile, che il possessore non può che usare solo per lavoro e per poche altre sparute funzioni, e che pertanto si vede costretto a portarsi appresso un secondo pc che sia in grado di compiere tutte le operazioni precluse all’altro (per fare un esempio backup di telefoni e di navigatori, aggiornamento di apparecchiature elettroniche in generale etc.). La conseguenza è che il passaggio all’uso esclusivo di consolle viene procrastinato dai colleghi quanto più è possibile, nonostante – deve darsene atto – siano state fornite tutte le necessarie dotazioni hardware e le smart card.
Nelle cancellerie, viceversa, sussiste la necessità di reperire altri strumenti necessari per la digitalizzazione degli atti redatti su supporto cartaceo, in attesa della definitiva attuazione del telematico.
Il servizio di assistenza, inoltre, è ormai divenuto insufficiente rispetto alle esigenze degli Uffici. Con riferimento alla Corte in cui presto servizio (Roma) il personale dedicato all’assistenza è competente e ha mostrato grande disponibilità; tuttavia il numero degli addetti è drasticamente sottodimensionato rispetto alle concrete esigenze: si pensi che, per curare le necessità di tutto il settore civile di una grande Corte quale Roma, sono presenti solo due assistenti e un solo amministratore di sistema. Per migliorare ulteriormente l’espletamento del servizio è quindi indispensabile aumentare il numero degli addetti all’assistenza. Le eventuali disfunzioni occorse sono segnalate direttamente dai singoli consiglieri che utilizzano consolle.
Il fenomeno relativo allo scarso uso di consolle presso la Corte d’Appello di Roma si evince dai seguenti dati: il numero complessivo dei depositi telematici di provvedimenti interni, nel periodo compreso tra il 30 giugno 2014 e il 30 aprile 2015, è complessivamente di soli 3.410, esiguo rispetto al complesso dei provvedimenti depositati su supporto cartaceo. Per comprendere il rapporto basti pensare che nell’anno 2014 nella sola sezione lavoro sono state depositate 11.046 minute di sentenze e 797 ordinanze di inibitoria. Ciò evidenzia un’attuazione del PCT ancora ai primi passi, ancorché in espansione.
Per i magistrati che ancora non utilizzano consolle, la cancelleria provvede a effettuare la scansione della sentenza e/o dell’ordinanza, acquisendo il provvedimento al sistema e comunicandolo o notificandolo alle parti interessate, sempre con PEC. In tal modo, in attesa della definitiva diffusione di consolle, viene provvisoriamente attuato il processo di smaterializzazione degli atti; si facilitano così le attività di cancelleria relative all’estrazione e al rilascio delle copie e all’inserimento nei server delle copie informatiche. In mancanza delle prescritte autorizzazioni, attualmente il processo civile viene trattato in Corte esclusivamente con il sistema cartaceo. Anche il fascicolo è cartaceo, benché di recente stiano pervenendo in Corte sempre più fascicoli telematici, contenenti per la maggior parte la sola sentenza impugnata (redatta direttamente col telematico, ovvero oggetto di scansione da cartaceo). Come già detto, in relazione alla tenuta del fascicolo cartaceo, ad eccezione del decreto di fissazione di udienza, tutti i provvedimenti dei consiglieri redatti su carta vengono scansionati e inseriti nel SICID. L’inserimento dei provvedimenti telematici viene attuato mediante l’uso di consolle (per coloro che la utilizzano, ovviamente). I c.t.u. depositano gli elaborati peritali ancora in formato cartaceo. Non sono stati adottati protocolli per garantire la qualità del dato presente nei registri, né protocolli interpretativi. Quanto alle iniziative assunte per assicurare la qualità e l’aggiornamento dei dati, a causa della nota carenza di organico e di mezzi, non è stato possibile adottare un piano di massiva e preventiva bonifica dei dati inseriti nel sistema informatico. Si procede pertanto a effettuare la correzione dei dati mano a mano che si presentano duplicazioni o errori o al momento dell’iscrizione dell’appello. Allo stato, data la scarsità del personale non è possibile adottare più energiche iniziative senza che ciò vada a detrimento dell’attività istituzionale, col rischio di provocare ritardi o disservizi. Il controllo delle notificazioni e delle comunicazioni di cancelleria avviene mediante stampa del rapporto; ciò sia perché solo dall’estate 2014 è stata introdotta su consolle la funzionalità destinata a verificare l’esistenza e l’esito delle comunicazioni e delle notificazioni; sia perché espressamente domandato da alcuni dei consiglieri.
Riassumendo, e con specifico riferimento alla ancora carente diffusione dell’uso di consolle da parte dei colleghi, debbono essere segnalate le seguenti criticità:



  • difficile comprensibilità dell’interfaccia grafica;

  • macchinosità del meccanismo di redazione dell’atto digitalizzato ove formato con sistemi di videoscrittura diversi dal modellatore (apertura del modellatore, creazione del modello da word, richiamo del file di word, assegnazione del tipo e del nome del modello, salvataggio, apertura del fascicolo d’ufficio, richiamo del modello, firma, apertura dell’anteprima, digitazione di doppio pin − carta e firma − la prima volta e di uno solo la seconda e le successive, invio in controfirma, aggiornamento cartella dei depositi, apposizione della controfirma, nuovo aggiornamento dei depositi e, finalmente, deposito del provvedimento);

  • impossibilità di cambiare una sola lettera o una virgola del documento inviato dal relatore; il presidente può evidenziare eventuali parti da correggere, ma deve rifiutare la controfirma;

  • difficoltà nel rintracciare la funzione dell’invio in controfirma cumulativo (ossia accantonamento delle buste da inviare al presidente e spedizione al termine, con un unico comando);

  • impossibilità di depositare il dispositivo delle sentenze in via telematica nel rito lavoro; nel fascicolo telematico trasmesso non esiste l’indice degli allegati e il nome attribuito è generico. L’utente deve quindi aprire gli allegati uno per uno e leggerli al fine di vedere di persona cosa sia stato inserito nel fascicolo. Quando nel fascicolo sono presenti verbali di udienza, c.t.u., note difensive e sentenza, l’operazione si rivela dispendiosa quanto ai tempi di studio;

  • i lavori di manutenzione della rete vengono effettuati il venerdì pomeriggio, di fatto impedendo l’uso della consolle, la possibilità di depositare per via telematica i provvedimenti e infine di effettuare anche ricerche su internet per chi lavora in ufficio. Tutti questi problemi segnalati e noti da tempo provocano un giustificato allontanamento dell’utenza, ossia un rifiuto di utilizzare la consolle fondato sulla difficoltà di utilizzo e sulla mancanza di fiducia. Consentire che ciò avvenga senza porvi rimedio, senza potenziare l’assistenza e implementare adeguatamente il software, costituisce un grave errore di prospettiva, giacché ove l’atto del processo di primo grado sia stato depositato per via telematica, non è possibile estrarne copia senza utilizzare consolle, salva l’eventuale copia di cortesia volontariamente depositata dalle parti. Tali essendo le caratteristiche del software, nel quale si ritrovano soluzioni molto valide, lo ribadisco, non sempre può condividersi l’entusiasmo in relazione all’avvento di questo programma, giacché il suo utilizzo senza miglioramento dell’interfaccia e senza l’eliminazione dei riportati difetti, aumenta i tempi di studio dei fascicoli, obbligando il magistrato a stampare i provvedimenti e il contenuto del fascicolo con ulteriore dispendio di tempo e scaricando sulla cassa dello Stato un costo che deve viceversa gravare esclusivamente sulla parte.


In un momento in cui si assiste alla dematerializzazione degli atti e non si stampano più ricevute e fatture se non a cura e spese del destinatario, con il PCT si assiste al fenomeno inverso, ossia si smaterializza il fascicolo della parte trasferendo l’onere e il costo della stampa sul magistrato e quindi, in ultima analisi, sullo Stato.

Autore
Fabio Eligio Anzilotti Nitto de’ Rossi
Magistrato di riferimento locale presso la sezione lavoro della Corte d’Appello di Roma

La piena attuazione del PCT richiede ulteriori investimenti Fabio Eligio Anzilotti Nitto de’ Rossi