L'ANM è l'associazione cui aderisce il 96% circa
dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

Pari opportunità

di Francesca Bonanzinga - 31 gennaio 2017

pari-opportunita.jpg

GRAVIDANZA


In particolare la Commissione affronterà:


i presupposti per la c.d. “Gravidanza a rischio” ex art. 7 commi 4 e 6 d.lvo 151/2001 (condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli alla salute della donna ovvero di patologie gravi che mettono a rischio la gravidanza) e la possibilità del magistrato di richiedere la rimodulazione del lavoro anche nei primi 7 mesi di gravidanza. Si tratta di tutti quei casi in cui seppur non vi sono patologie riscontrate dal medico, le condizioni di lavoro potrebbero incidere sulla salute della gestante o del feto (es. turni di reperibilità – anche notturni –, udienze, presenza giornaliera per i Pm e distanza dal luogo di lavoro).


Ciò permetterebbe di ridurre le c.d. gravidanze a rischio, di garantire il buon andamento della P.A. e di permettere comunque alla gestante di continuare a lavorare.


PERIODO DI ASTENSIONE OBBLIGATORIA


Come ben noto, tale istituto, previsto dagli artt. 16 e 22 d.lgs. 151/2001, è modulabile in “2 mesi + 3 mesi” o “1 mese + 4 mesi”.


Sul punto la Commissione si soffermerà sia sulla possibilità di estendere tale periodo in casi particolari e documentati (es. parto gemellare o neonato affetto da particolari patologie) sia sulla necessità di rendere effettivo tale diritto.


A tal proposito, si farà cenno alla nota emessa in data 17 aprile 2012 dalla VII Commissione in ordine all’applicazione della circolare sulla maternità e sulla necessità di rendere effettivo il periodo di astensione obbligatoria, con la quale si impedisce ai capi uffici, durante tale periodo, di assegnare nuovi fascicoli in modo da favorire il rientro della collega al lavoro.


(Delibera consiliare del 19 febbraio 2014)


In tal modo si intende salvaguardare sia le esigenze del magistrato in maternità sia i principi di buon andamento dell’ufficio, di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e di durata ragionevole dei procedimenti.


FIGLI DI ETÀ INFERIORE A 3 ANNI O A 12 ANNI


Assistenza paritaria uomo donna


Il congedo parentale (art.32 d.lgs. 151/2001) spetta a ciascun genitore per i primi 12 anni di vita del bambino.


Novità introdotte dal d.lgs. 15.06.2015 n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”


Il d.lgs. 80/2015 ha inciso sull’istituto del congedo parentale di cui all’art. 32 del d.lgs. 26.03.2001 n. 151, allungando in modo significativo l’orizzonte temporale entro il quale si può usufruire di tale beneficio (il limite massimo di 8 anni del bambino è stato elevato a 12).


Il congedo di paternità (art. 28 d.lgs. 151/2001) è il corrispondente del congedo di maternità in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, e ne segue la disciplina.


È, infine, previsto dall’art. 47 d.lgs.o 151 del 2001 il congedo per malattia del figlio.


Sul punto la Commissione si soffermerà su recenti delibere del CSM (es. Delibera CSM del 17 aprile 2013 Fasc. num. 11/QU/2013 ) in merito a un quesito posto da un collega sull’effettiva fruizione del congedo parentale.


La Commissione ha giustamente ribadito che i permessi costituiscono diritti potestativi dei genitori non soggetti a recuperi proprio perché comportano una decurtazione stipendiale.


Problematiche già affrontate del part time (ritenuta non applicabile alla nostra categoria) e della ridistribuzione del lavoro che non significa riduzione ma sostituzione con attività compatibili con il ruolo di genitore attraverso la previsione eccezionale di forme di impiego flessibile, quali il lavoro a tempo parziale verticale a quota fissa (Fasc. num. 54/ QU/2013 – Nota in data 11 gennaio 2013 della Sesta Commissione – quesito).


TABELLE DI ORGANIZZAZIONE


La trattazione di istituti legati al diritto alla paternità e alla maternità porta questa Commissione ad auspicare una fattiva collaborazione con altri gruppi di studio (sindacale, ordinamentale) in modo da rendere concreti tali diritti.


La Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione attualmente, al paragrafo 45, prevede che: “Nella organizzazione degli uffici si deve tenere conto della presenza e delle esigenze dei magistrati donna in gravidanza nonché dei magistrati che provvedano alla cura di figli minori, in via esclusiva o prevalente, ad esempio quali genitori affidatari, e fino a tre anni di età degli stessi. Al fine di assicurare l’adeguata valutazione di tali esigenze, il dirigente dell’ufficio deve preventivamente sentire i magistrati interessati.


I dirigenti degli uffici devono adottare misure organizzative tali da rendere compatibile il lavoro dei magistrati dell’ufficio in stato di gravidanza o in maternità e, comunque, con prole di età inferiore ai tre anni di età, con le esigenze familiari e i doveri di assistenza che gravano sul magistrato. In ogni caso, le diverse modalità organizzative del lavoro non potranno comportare una riduzione dello stesso in quanto eventuali esoneri saranno compensati da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato”.


Sul punto, si è in attesa da parte del CSM di una modifica delle circolari in materia di organizzazione degli uffici, ed in particolare del paragrafo 45 della circolare sopra riportato, prevedendo l’aumento fino a sei anni dalla nascita del figlio del tempo entro cui è possibile invocare, da parte del magistrato, le modalità organizzative del lavoro che consentono una maggiore conciliazione lavoro-vita personale.


Inoltre, appare necessario scongiurare che tale rimodulazione delle tabelle possa incidere sulla valutazione di professionalità del collega. Trattandosi, infatti, di una ridistribuzione e non di una riduzione del lavoro non vi deve essere alcuna rilevanza ai fini della valutazione del magistrato.


MALATTIA


Molto importante per riassumere i vari istituti previsti è la circolare del Ministero della Giustizia del 30.12.2015 n. 1465/15.


La Commissione studi si soffermerà sia sulla c.d. malattia “momentanea” sia su quella riconosciuta ex legge 104 propria o di un familiare.


ASPETTI DA APPROFONDIRE


Una maggiore tutela della c.d. malattia momentanea (es. un intervento chirurgico imprevisto) soprattutto sotto il profilo economico visto che viene a mancare la fonte di reddito proprio allorquando vi è più bisogno.


Prevedere dei Protocolli di intesa tra magistrati e avvocati tesi a garantire il rispetto delle donne gestanti nella ordinaria gestione della giurisdizione, che di fatto coinvolge tutti gli altri operatori della giustizia e gli utenti. Per citarne solo alcuni, nel Distretto di Milano a giugno 2011.


VALUTAZIONE DI PROFESSIONALITÀ


Previsione di un parametro di valutazione delle condizioni di vita familiare (figli, legge 104 etc.)


Il deficit di produttività o di diligenza che può avere il magistrato in precisi periodi della vita professionale può comportare gravi conseguenze anche sul piano disciplinare. Invero, seppur manca uno studio statistico mirato a studiare il fenomeno, è da ritenere che una parte significativa delle condanne intervenute in sede disciplinare, in particolare per illeciti da ritardo, sia conseguente a periodi in cui il magistrato non è stato in grado di adempiere esattamente ai propri doveri per situazioni personali o familiari contingenti.


L’orientamento dominante sino a qualche anno fa era di considerare “ingiustificabile” la durata di un anno nel ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali sempre che non siano allegate dallo stesso e accertate dalla sezione disciplinare circostanze oggettive e assolutamente eccezionali, che giustifichino l’inottemperanza (da ultimo Cass. N. 8360/2013).


In molte decisioni disciplinari, si noti ancora, veniva considerato non determinante ai fini della giustificabilità dei ritardi, il periodo di astensione obbligatoria per maternità, goduto dal magistrato madre (Cass. S.U. n. 1771/2013; n. 1731/2003).


Recentemente, invece, Cassazione Sezioni Unite sent. n. 20815/2013 ha aperto alla possibilità di prendere in considerazione nella valutazione di un ritardo nel deposito di un provvedimento eventuali giustificazioni evidenziate dal magistrato e legate al fatto che quest’ultima si trovasse in periodo di astensione obbligatoria e l’organizzazione del lavoro giudiziario, attuata presso l’ufficio di appartenenza del magistrato, non fosse stata rispettosa dell’apparato normativo previsto a tutela di essa.


Anche richiamandosi ai principi espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza del 2013, il CSM ha affermato che “Non integra l’illecito disciplinare nell’esercizio delle funzioni per reiterato, grave ed ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni la condotta del giudice il quale depositi numerose sentenze in materia civile con ritardi gravi ed in parte superiori ad un anno, qualora tali ritardi possano ritenersi giustificati in ragione dello straordinario carico di lavoro, della elevata produttività, della condizione di maternità non supportata da alcuna idonea misura organizzativa dell’ufficio e della grave malattia occorsa al coniuge del magistrato nel periodo di riferimento”.


ACCESSO ALLE CARICHE DIRETTIVE/SEMIDIRETTIVE E ALTRE CARICHE


Partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale


(Delibera consiliare del 24 luglio 2014)


Nel 2004 e nel 2012 il Comitato per le Pari Opportunità in magistratura ha effettuato un aggiornamento dei dati statistici della presenza di genere nei posti direttivi e semidirettivi.


I dati sono cristallizzati alla data dell’ottobre 2013 e non si è proceduto a effettuare una successiva operazione di ulteriore aggiornamento per la ristrettezza dei tempi a disposizione.


Le evidenze numeriche dimostrano, in via di prima approssimazione, il perdurante grave deficit della presenza femminile nelle posizioni apicali.


In tal senso si consideri che, all’interno delle funzioni direttive giudicanti, nell’area del centro Italia, 17 posizioni sono ricoperte da donne e 77 da uomini e nelle requirenti, addirittura, le posizioni sono 3 su 48. Dunque, la presenza femminile supera di poco il 18% del totale.


Analogamente, negli Uffici settentrionali il rapporto per le funzioni direttive giudicanti è di 15 a 53 (22% circa la componente femminile) e per le requirenti di 10 a 49 (solo il 16% è femminile).


Non diversamente, nel Sud Italia, gli incarichi direttivi giudicanti sono ricoperti da 17 donne e 65 uomini (20%) e i requirenti da 8 donne (soltanto cioè il 12% dei posti) e 58 uomini.


Stessa cosa se si guarda agli incarichi elettivi o presso la Scuola di Formazione di Scandicci.


Si tratta comunque di un dato legato al divieto di accesso in magistratura vigente per le donne sino al 1965 e che sicuramente sarà attenuato con il tempo visto che dal 2013 risulta maggioritaria la presenza dei magistrati donna (che si attesta al 66%).


Sul tema la Commissione analizzerà la delibera del 2 aprile 2014 e inerente all’introduzione delle quote di risultato negli organismi rappresentativi.


In tale occasione si è ritenuto che l’adozione di azioni positive per dare alle donne un vantaggio temporaneo nell’accedere alla classe dirigente o agli organismi rappresentativi, quale la previsione di quote, rappresenta una priorità non più rinviabile, nella consapevolezza che la realizzazione di una partecipazione realmente equilibrata impone il già cennato mutamento di prospettiva culturale e una complessa politica sociale diretta a sostenere le donne che lavorano, principalmente durante la fase in cui si occupano dell’educazione dei figli, ma anche quando sono gravate da altri oneri familiari (per esempio anziani genitori).


Partendo proprio da tali dati, la Commissione si propone di elaborare e proporre nuove soluzioni che assicurino una piena partecipazione al femminile nei posti dirigenziali.


PASSAGGIO DALLE FUNZIONI REQUIRENTI ALLE FUNZIONI GIUDICANTI E VICEVERSA


Le disposizioni di cui al capo IV del d.lgs. n. 160/06, emesso in attuazione della legge delega 150/05, successivamente modificate dalla legge 2007 n. 111/07, hanno introdotto alcuni rilevanti divieti al passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.


Limiti temporali e limiti territoriali che indubbiamente incidono sulla scelta dei singoli colleghi sul cambiamento di funzione visto che tale decisione compromette la vita familiare.


La Commissione cercherà di proporre eventuali soluzioni alternative che riescano a bilanciare da un lato l’esigenza del singolo magistrato di tutela dell’unità familiare e dall’altro l’esigenza di indipendenza e “neutralità” del magistrato stesso.


INTERPRETAZIONE DI “PARI OPPURTUNITÀ” NELLA NORMATIVA VIGENTE


La Commissione si propone di analizzare tutta una serie di normative e istituti in cui vi è la necessità di “pari opportunità” in istituti previsti dal codice o dalla normativa speciale.


In un certo senso si apre all’idea di pari opportunità all’esterno e non ristretta alla tutela della categoria dei magistrati.

Autore
Francesca Bonanzinga
Presidente della Commissione

La Commissione si propone di analizzare tutta una serie di normative e istituti in cui vi è la necessità di “pari opportunità” in istituti previsti dal codice o dalla normativa speciale. In un certo senso si apre all’idea di pari opportunità all’esterno e non ristretta alla tutela della categoria dei magistrati. Francesca Bonanzinga