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L’uso delle nuove tecnologie come ausilio al lavoro del magistrato

di Michele Ancona - 29 maggio 2017

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Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione dello sviluppo dell’informatica e della sua applicazione alla gestione dei procedimenti giudiziari: il Processo Civile Telematico è ormai una realtà avviata; sono prossimi a entrare a regime i processi telematici penale, amministrativo, contabile e tributario.


L’esperienza maturata in un decennio di utilizzo del Processo Civile Telematico (PCT) ha insegnato come l’uso delle nuove tecnologie abbia comportato importanti cambiamenti.


Si è registrato un grande risparmio di spesa per l’effettuazione delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria, sono state liberate energie lavorative, per effetto dell’automazione di alcuni procedimenti.


È cambiato il modo di lavorare di tutti gli operatori della giustizia. Il difensore ha potuto diradare i suoi accessi fisici presso le cancellerie, potendo consultare direttamente i fascicoli dal proprio studio, effettuare dalla propria postazione depositi, comunicazioni e notificazioni.


Il personale di cancelleria è ormai impegnato quotidianamente al videoterminale, nell’attività di verifica/accettazione/ controllo degli atti depositati telematicamente.


Grazie alla consolle, il giudice ha la possibilità di consultare il proprio ruolo in maniera ordinata e schematizzata, avendo chiaro il quadro delle cause più remote, delle attività in svolgimento, delle scadenze processuali; può organizzare meglio le udienze, programmare le attività, gestire il proprio calendario di impegni; può eseguire ricerche complesse sul proprio ruolo (a fini conoscitivi, per la riunione o la semplice trattazione congiunta di controversie omogenee); può aggiornare costantemente il contenuto del fascicolo informatico, redigere i provvedimenti sfruttando un redattore che riempie in automatico alcune parti dello scritto.


Per avvocati e magistrati c’è il vantaggio di potere lavorare e depositare atti e provvedimenti direttamente da luoghi diversi dall’ufficio, risparmiando il tempo necessario per spostarsi fisicamente e potendo conciliare il lavoro con altre attività.


Tuttavia, l’introduzione dell’uso così generalizzato delle nuove tecnologie ha comportato il sorgere di nuove problematiche prima inesistenti e la cui soluzione condiziona addirittura l’esercizio delle attività difensive e processuali: il giudice, l’avvocato, il cancelliere sono tenuti a effettuare una serie di adempimenti di natura tecnica per il corretto funzionamento del sistema e a fornire risposte a una serie di problematiche tecniche spesso del tutto estranee rispetto alla loro formazione di base (si pensi al corretto uso del software, della firma digitale, all’interpretazione delle norme regolamentari sulle caratteristiche delle attività telematiche).


Vi è stata una indubbia accelerazione degli adempimenti legati alle comunicazioni degli atti e provvedimenti, ma è sbagliato ritenere che ciò abbia potuto portare un beneficio all’annoso problema della eccessiva durata dei processi.


Anzi, paradossalmente, l’avere velocizzato e accelerato i passaggi procedurali intermedi propri della vicenda contenziosa (attraverso il più immediato compimento delle attività delle parti e degli adempimenti di cancelleria) ha fatto emergere ancora di più (ove mai ve ne fosse bisogno) come il vero punto critico di tutto l’iter processuale vada individuato nella delicata fase della decisione della causa, consistente nella lettura degli atti, nella loro comprensione, nell’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale, nella meditazione necessaria ad assumere la determinazione finale, nella stesura del provvedimento.


Il vero collo di bottiglia della giustizia civile, in altri termini, è il momento del passaggio della causa in decisione. Questo perché l’introduzione del PCT ha interessato quasi esclusivamente l’informatica giuridica giudiziaria (quella che si occupa dell’informatizzazione delle procedure giudiziarie) e non ha riguardato l’aspetto dell’informatica giuridica che va sotto il nome di “informatica metadocumentale”, o “decisionale”, quella che si occupa di fornire al giudice (ma all’interprete, in generale) un ausilio nella decisione delle questioni controverse.


L’argomento è particolarmente delicato, perché nessuna macchina, per quanto evoluta e ben programmata, potrà mai sostituire il giudice nella difficile opera di interpretazione dei fatti e delle norme da applicare.


Tuttavia, ove si abbia l’accortezza di inquadrare esattamente il compito della macchina in quello destinato a sollevare il giudice da azioni ripetitive e routinarie, necessarie nel suo compito di giudicare, l’operazione potrebbe risultare meno imprudente di quanto si possa temere.


Possibili sviluppi evolutivi dell’informatica “decisionale”


Nell’attuale contesto, appena accennato, paiono possibili alcune soluzioni tecnologiche in funzione di un reale ausilio al lavoro del giudice, per passare dal momento organizzativo del deposito, della comunicazione e dello scambio degli atti a quello dell’esame degli stessi e a quello decisionale. Un primo settore di intervento può essere quello che riguarda l’analisi e la soluzione dei problemi nati proprio per effetto dell’applicazione dell’informatica al procedimento. Mi riferisco alla verifica della regolarità delle attività compiute telematicamente.


Verifica che investe tutti i protagonisti della procedura, compresi il difensore e il cancelliere, ma che demanda in ultima analisi al giudice il compito di decidere se un atto debba entrare nel processo e che livello di efficacia debba possedere. Un esempio serve per chiarire il concetto: che trattamento riservare al deposito di un atto che riporti il numero di Registro Generale errato ovvero venga depositato nel registro sbagliato (Ruolo contenzioso, piuttosto che di Volontaria giurisdizione e viceversa)?


Le soluzioni, alla luce dell'attuale giurisprudenza, sono state le più varie:


1) atto inammissibile;


2) atto irregolare, suscettibile di regolarizzazione da parte della cancelleria su ordine del giudice;


3) atto ridepositabile previa rimessione in termini da parte del giudice;


4) atto efficace per raggiungimento dello scopo. Ebbene, una soluzione che, sulla scorta di un intervento legislativo, preveda l’automatica accettazione o l’automatico rifiuto dell’atto da parte del sistema, non mi pare affatto rivoluzionaria, ma solo di buon senso e avrebbe il pregio:


a) di sollevare l’interprete da un’attività di scarso peso giuridico e di rilievo pressoché esclusivamente formale;


b) di rendere immediatamente noto al difensore il risultato (positivo o negativo) dell’attività posta in essere. Altro esempio potrebbe farsi con riferimento all’uso da parte del difensore di atti non conformi a quelli previsti nelle specifiche tecniche adottate dal Responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati (vedi Provvedimento del Ministero della Giustizia 16 aprile 2014, in Gazz. Uff., 30 aprile 2014, n. 99).


In altri termini, non ci si dovrebbe scandalizzare ove, a fronte di problematiche di carattere squisitamente tecnico-formale, quali sono molte di quelle che sono nate per effetto dell’introduzione del processo telematico, il sistema generasse una risposta automatica in termini di regolarità/irregolarità, ricevibilità/irricevibilità dell’atto, sollevando il giudice dall’attività decisionale sul punto.


Ciò comporterebbe anche un enorme vantaggio in termini di prevedibilità delle decisioni, non essendo concepibile che a fronte dello stesso vizio formale legato all’utilizzo delle nuove tecnologie possano essere date risposte differenti a seconda dell’Ufficio giudiziario investito della questione. Il contenuto squisitamente tecnologico del quesito potrebbe giustificare l’automatismo nel responso.


Sembra andare in questa direzione la previsione della delega al Governo predisposta dalla Commissione Berruti, laddove all’art. 1, comma 2, lettera h) così recita: «h) adeguamento delle norme processuali all’introduzione del Processo Civile Telematico, anche modificando il codice di procedura civile, prevedendo altresì: …4 ) un sistema di monitoraggio della funzionalità e delle interruzioni del sistema informatico, con automatica rimessione in termini delle parti processuali per l’ipotesi di impossibilità di rispettare i termini processuali generata da mancata funzionalità del sistema informatico del Ministero della Giustizia, che non consenta alla parte di caricare gli atti processuali e i documenti nel sistema informatico medesimo».


Cos’è la rimessione in termini, se non un’attività tipicamente decisionale rimessa al giudice in presenza di taluni presupposti (art. 153, co. 2, c.p.c., come introdotto dall’art. 45, comma 19, legge 18.06.2009, n. 69)?


Ebbene, tale attività, fondata sull’accertamento di alcuni presupposti di natura squisitamente tecnica (il mancato funzionamento del sistema informatico del Ministero della Giustizia, che non consenta alla parte di caricare gli atti processuali e i documenti) si auspica possa essere automatizzata.


Ulteriori possibili sviluppi evolutivi: il “Redattore interattivo”


Un altro settore nel quale è possibile ipotizzare (direi, auspicare) uno sviluppo dell’informatica quale reale ausilio al lavoro del giudice potrebbe essere quello della messa a punto di redattori in grado di sollevare il giudice, ma anche le parti, da attività ripetitive e routinarie. Mi riferisco ai controlli e alle verifiche che costantemente giudici e avvocati (ma anche cancellieri) fanno sul contenuto degli atti difensivi, a fronte di citazioni di norme di legge o di giurisprudenza.


Un sistema di tutoraggio in collegamento con il CED della Suprema Corte di Cassazione e con la banca dati Normattiva consentirebbe al “Redattore interattivo” di:


1. controllare automaticamente la giurisprudenza di legittimità citata dai difensori nei propri atti, al semplice passaggio del puntatore (mouse);


2. controllare automaticamente l’esistenza di massime successive conformi/difformi/vedi, ma anche delle precedenti, secondo i criteri già sperimentati e in uso al CED;


3. controllare automaticamente l’eventuale rimessione della questione trattata alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione;


4. controllare automaticamente l’applicazione e la vigenza della normativa nazionale citata, soprattutto in materie particolarmente complesse e soggette a frequenti interventi legislativi (ad esempio, in materia fiscale, ma anche processuale …);


5. controllare automaticamente l’applicazione e la vigenza della normativa dell’Unione europea, il cui reperimento e la cui consultazione non è sempre agevole;


6. controllare automaticamente l’esistenza e il contenuto della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), particolarmente rilevante nell’attuale contesto politico/normativo. Ancora, e in maniera più raffinata, si potrebbe pensare ad un sistema di redazione di atti difensivi e di decisione nell’ambito del quale, alla digitazione di un atto normativo o di un istituto processuale, il sistema offra i presupposti applicativi dell’istituto e gli arresti più recenti della giurisprudenza di merito e di legittimità.


CONCLUSIONI


L’idea che l’introduzione del Processo Civile Telematico sia in grado di accelerare i tempi della giustizia è errata. A fronte di un consistente risparmio di spesa per le comunicazioni e notificazioni di cancelleria, l’introduzione del PCT ha comportato un radicale cambiamento nel modo di lavorare di tutti gli operatori del diritto: magistrati, avvocati, personale di cancelleria.


Ciascuno di essi deve oggi fare i conti con una richiesta di attitudini e abilità non preventivate e per le quali non è previsto un adeguato piano formativo e di assistenza.


L’introduzione del telematico, mentre ha comportato indubbiamente dei vantaggi in termini di maggiore speditezza di veicolazione degli atti, ha comportato il nascere di una serie di problemi legati alla regolarità formale degli stessi e alla corretta esecuzione delle procedure tecniche richieste, le cui conseguenze, in termini di mancata osservanza, sono tutte da studiare e risolvere e si sono aggiunte al già ponderoso carico di questioni da risolvere da parte dell’interprete.


Poiché non sono stati incentivati gli aspetti della informatica “metadocumentale” (o “decisionale”), il collo di bottiglia costituito dal momento conclusivo del contenzioso, la decisione della causa, risulta ancora più evidente e ingolfato, tanta è la richiesta di giustizia pendente su ciascun giudice. In prospettiva, sarebbe auspicabile lo studio di sistemi esperti finalizzati a fornire risposte automatiche a quesiti caratterizzati da basso contenuto giuridico e da contenuto esclusivamente (o quasi esclusivamente) tecnologico.


Inoltre, andrebbero studiati modelli di redattore evoluti, interattivi, destinati a facilitare le attività ripetitive e routinarie del magistrato nella fase decisoria, quali: controllo e aggiornamento automatico delle massime di legittimità contenute negli atti difensivi; proposta da parte del redattore degli orientamenti più recenti e consolidati della Suprema Corte sui temi in trattazione; collegamento del redattore Consolle del magistrato alle banche dati giurisprudenziali e della Suprema Corte, anche per assicurare la valorizzazione del principio della prevedibilità delle decisioni, nell’interesse degli utenti del servizio giustizia.

Autore
Michele Ancona
Presidente di Sezione civile della Corte d’appello di Bari

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’accelerazione dello sviluppo dell’informatica e della sua applicazione alla gestione dei procedimenti giudiziari: il processo civile telematico è ormai una realtà avviata; sono prossimi a entrare a regime i processi telematici penale, amministrativo, contabile e tributario. Michele Ancona