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21 ottobre 2017

Relazione di Gianluca Grasso, Magistrato di tribunale destinato alla Corte Suprema di Cassazione

33° Congresso nazionale ANM


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XXXIII Congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati
Sabato 21 ottobre - Palazzo Squarcialupi
II Sessione - Ordinamento giudiziario: 10 anni dopo


Gianluca Grasso
Le valutazioni di professionalità


Sommario:



  1. Hegel, il “buon governo” e le finalità della valutazione.

  2. I documenti internazionali: la valutazione dei magistrati deve basarsi su criteri oggettivi per il miglioramento del sistema giudiziario. Il rilievo dei dati qualitativi.

  3. L'evoluzione del sistema delle valutazioni di professionalità dall'ordinamento giudiziario del 1941 alle c.d. riforme Castelli e Mastella.

  4. Luci e ombre del sistema attuale delle valutazioni di professionalità.

  5. Le proposte di modifica della commissione Vietti.

  6. La risoluzione del CSM del 13 settembre 2016.

  7. Considerazioni conclusive.


1. Hegel, il “buon governo” e le finalità della valutazione.


Un sistema di valutazione che non possiede un efficace insieme di indicatori e di fonti di conoscenza che consentano di far emergere dei dati concreti può essere paragonato allo stare al buio nelle stanze di Palazzo Vecchio, qui a Siena, davanti agli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, senza la possibilità di distinguere gli “effetti del buon governo” da quelli del “cattivo governo”, né apprezzare la bellezza del luogo e delle opere esposte.
Al di là di suggestioni hegeliane2, in mancanza di un sistema efficace di valutazione, i giudizi di professionalità rischiano tutti di assomigliarsi, considerando altresì che tali giudizi sono alla base del conferimento degli incarichi dirigenziali e delle promozioni in uffici diversi dal primo grado.
Il sistema delle valutazioni si distingue da quello disciplinare perché non si limita a constatare la violazione di norme comportamentali ma mira, in positivo, a considerare la professionalità del magistrato, precondizione della sua indipendenza e assolve alla duplice funzione di assicurare la correttezza delle decisioni prese, e quindi l’adeguatezza del servizio giustizia, e al tempo stesso di consentire la progressione in carriera dei magistrati, selezionati in base alle loro capacità tecniche e alle loro attitudini.


2. I documenti internazionali: la valutazione dei magistrati deve basarsi su criteri oggettivi per il miglioramento del sistema giudiziario. Il rilievo dei dati qualitativi.


I documenti internazionali evidenziano che la promozione dei giudici, ovunque esista un tale sistema, deve essere basata su fattori oggettivi tra cui, in particolare, la capacità, l’integrità e l’esperienza (Principi fondamentali sull’indipendenza della magistratura, adottati dal Congresso delle Nazioni Unite nel 1985).
La Magna Carta dei giudici del 2010, testo di sintesi delle principali conclusioni dei pareri adottati dal Consiglio consultivo dei giudici europei, al punto 5, sulle garanzie di indipendenza, prevede che «le decisioni sulla selezione, la nomina e la carriera debbono essere basate su criteri obiettivi determinati dall’organo di tutela dell’indipendenza».
Sul tema delle valutazioni è altresì intervenuta la Raccomandazione CM/Rec (2010) n. 12 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli stati membri sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità, adottata dal Comitato dei Ministri il 17 novembre 2010.
Il paragrafo 42 stabilisce che «per contribuire alla gestione efficace della giustizia e continuare a migliorare la sua qualità, gli stati membri possono istituire sistemi di valutazione dei giudici da parte delle autorità giudiziarie, conformemente al paragrafo 58».
Il par. 58 prevede che «ove le autorità giudiziarie istituiscano sistemi di valutazione dei giudici, questi devono essere basati su criteri oggettivi. Tali criteri devono essere resi pubblici dalla competente autorità giudiziaria. La procedura deve consentire ai giudici di esprimere il proprio punto di vista sulle loro attività e sulla valutazione delle attività stesse, nonché di impugnare la valutazione dinanzi ad un’autorità indipendente o un tribunale».
Tra i documenti specificamente dedicati alle valutazioni professionalità si distingue, inoltre, la relazione generale dell’Unione Internazionale dei Magistrati (UMI) del 2006, basata su una complessa e articolata attività di studio e comparazione tra i diversi sistemi ordinamentali.
Nelle sue conclusioni, l’UMI evidenzia alcune indicazioni particolarmente significative, tra cui quelle secondo cui la procedura deve applicare criteri chiari e definiti in precedenza, la motivazione o la fondatezza del giudizio non possono far parte della valutazione del giudice, a meno che non risulti chiaramente che sia arrivato a conclusioni di diritto errate in casi così numerosi da rendere ciò inaccettabile. La riforma delle decisioni, di per sé, non indica che il giudice non sia competente. Per essere efficace e lavorare con successo, un giudice deve poter giungere a quella che egli considera la soluzione corretta nel tempo più breve possibile e di fornire delle motivazioni adeguate per il caso posto alla sua attenzione. Il numero dei casi trattati in un certo periodo di tempo non è che un indice che riguarda la performance del giudice.
Nell’interesse generale, la valutazione individuale dei giudici deve dunque avere per obiettivo il miglioramento del sistema giudiziario, al fine di garantirne la migliore qualità possibile.


3. L'evoluzione del sistema delle valutazioni di professionalità dall'ordinamento giudiziario del 1941 alle c.d. riforme Castelli e Mastella.


Il nuovo ordinamento giudiziario ha modificato in maniera significativa il sistema di valutazione della professionalità dei magistrati, superando l’automatica progressione per anzianità scaturente dalle riforme introdotte per a partire dagli anni ‘603.
L’ordinamento giudiziario del 1941 concepiva la carriera del magistrato come un sistema piramidale “a ruoli chiusi”, meritocratico e gerarchizzato, in cui la graduale progressione nelle funzioni e nella carriera avveniva attraverso l'espletamento di procedure concorsuali per titoli e per esami.
I limiti di un tale sistema sono noti: conformismo alle decisioni della Corte di cassazione, preminenza dello studio per l'esame piuttosto che attenzione all'amministrazione della giustizia, con il rischio di compromettere l'indipendenza del magistrato.
La legge n. 570 del 1966 c.d. Breganze e la legge n. 831 del 1973 consentirono il superamento del sistema dei concorsi, prevedendo un avanzamento in carriera sul parametro prevalente dell'anzianità, che veniva svincolato dalle funzioni effettivamente svolte.
Il sistema peraltro prevedeva che accanto all'anzianità si dovessero verificare, con un giudizio globale, le capacità professionali del magistrato in relazione ai parametri della preparazione, della laboriosità, della diligenza e dell'equilibrio.
Tali correttivi non escludevano che il passaggio alla qualifica superiore avvenisse quasi del tutto automaticamente, senza alcuna effettiva valutazione, se non quella del non demerito. Si veniva così a prospettare un rischio opposto a quello precedente, ovverosia dell'appiattimento verso il basso della professionalità sotto il profilo della diligenza e della produttività.
La legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario del 2005 e il decreto legislativo n. 160 del 2006 cercarono di riprodurre un modello di carriera dei magistrati molto simile a quello precedente la Costituzione del 1948, attraverso l'introduzione di qualifiche divise in quindici profili funzionali e prevedendo il rilievo preferenziale del concorso per il passaggio tra le diverse funzioni.
Il sistema delle progressione in carriera è stato profondamente modificato dalla legge n. 111 del 2007, che ha eliminato i concorsi per esami e riscritto il sistema delle valutazioni di professionalità.
La nuova normativa ha previsto un insieme di parametri (capacità, laboriosità, diligenza e impegno), ciascuno dei quali deve essere autonomamente positivo.
Tutti i magistrati (in ruolo o fuori ruolo) sono sottoposti a valutazione di professionalità ogni quadriennio a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità.
La valutazione di professionalità è operata secondo indicatori oggettivi che sono indicati dal Consiglio superiore della magistratura4.
La circolare del CSM5 affianca ai parametri indicati dalla legge (capacità, laboriosità, diligenza e impegno) alcuni prerequisiti (equilibrio, autonomia e indipendenza) che necessariamente devono essere posseduti da ciascun magistrato.
Le norme secondarie prevedono una disciplina di maggior dettaglio del contenuto dei singoli parametri. Inoltre, le previsioni declinano un insieme di indicatori per ciascun elemento che compone i singoli parametri, al fine di poter stabilire criteri predeterminati per la formulazione di un giudizio analitico e completo.
La circolare regolamenta sia i criteri del giudizio sia il procedimento, definendo fasi, tempi e modalità per la raccolta dei dati informativi.
In base la disciplina definita dal d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160 ciascuno dei parametri di professionalità (capacità, laboriosità, diligenza e impegno) deve essere autonomamente positivo. Il giudizio finale di professionalità è “positivo” quando risultano positivi tutti i parametri. Non è possibile compensare un parametro non positivo con un altro positivo (ad es. i ritardi con la produttività).


4. Luci e ombre del sistema attuale delle valutazioni di professionalità.


A distanza di dieci anni dal compimento della riforma dell'ordinamento giudiziario ci si deve interrogare sull'efficacia del sistema vigente delle valutazioni e sulla sua effettiva idoneità a consentire un miglioramento del servizio giustizia.
Confrontando il sistema attuale con quello precedente, il cambiamento è stato effettivo e percepibile.
Si è abbandonato ogni automatismo nelle promozioni, introducendo e consolidando una cultura della valutazione, ed è stato inserito un numero superiore di momenti di verifica che, nel caso in cui si aspiri a ricoprire incarichi dirigenziali, accompagna l’intera vita lavorativa del magistrato.
È stato previsto un formato standard predisposto dal CSM per il rapporto del dirigente e i pareri dei consigli giudiziari, superando il precedente sistema che si basava, sostanzialmente, sul rapporto discorsivo del capo dell'ufficio redatto in formato libero, con il rischio di imprecisioni e di valutazioni personali, svincolate da elementi obiettivi. Manca, invece, un modello per l'autorelazione.
Ogni magistrato conosce prima che inizi il procedimento le fonti che saranno considerate e i metodi di acquisizione dei dati rilevanti.
Permane, tuttavia, il ruolo preminente del rapporto del capo dell'ufficio nell'iter procedimentale, con il rischio di spinte alla gerarchizzazione o della proposizione di moduli argomentativi dettati dalla soggettività o dal conformismo.
Si sono peraltro introdotti criteri misurabili sulla base dei dati statistici comparati, specie riguardo alla laboriosità e alla diligenza, pur dovendosi evidenziare, da un lato, il loro carattere circoscritto nell’insieme dei diversi indicatori rilevanti, dall'altro, il rischio di privilegiare il dato quantitativo su quello qualitativo della funzione giudiziaria. Va menzionata, inoltre, la mancata attuazione degli standard medi di definizione dei procedimenti6, che il Consiglio superiore della magistratura avrebbe dovuto individuare, in relazione agli specifici settori di attività e alle specializzazioni, e la cui sperimentazione è stata sospesa nel 2015 per difficoltà applicative. C'è da chiedersi se una loro attuazione sia effettivamente possibile (stante la pluralità e le differenze tra i diversi uffici giudiziari e tra i compiti affidati ai magistrati del medesimo ufficio) e se sia auspicabile realizzare un sistema in cui i dati di riferimento vengono conosciuti non all'inizio del periodo di riferimento ma soltanto alla sua conclusione.
L'attenzione rivolta ai dati quantitativi rischia peraltro di lasciare sullo sfondo la qualità del lavoro giudiziario, affidata nella sostanza alle indicazioni contenute nella relazione che il magistrato deposita per dare inizio alla procedura e ai provvedimenti assunti a campione, fermo restando il limite dell'insindacabilità dell'attività di interpretazione delle norme e della valutazione del fatto e delle prove. In negativo resta la possibilità di dare rilievo alle anomalie riscontrabili sul piano della riforma dei provvedimenti, ma soltanto in termini significativi sul piano quantitativo.
Alcuni degli indicatori dei diversi parametri tendono inoltre a sovrapporsi (specie riguardo alla diligenza e all’impegno), mentre l'intero procedimento si presenta particolarmente complesso, talvolta farraginoso e ripetitivo nel passaggio dall'autorelazione al rapporto e poi al parere; né può essere sottaciuta la gravosità dei compiti dei consigli giudiziari, che devono esprimere pareri dettagliati per ogni magistrato del distretto. Ingente, altresì, è il numero di pratiche che la quarta commissione referente del CSM deve esaminare ogni settimana.
Riguardo al procedimento va ricordato che con delibera del 5 giugno 2014 non è stata approvata la modifica della circolare che aveva lo scopo di rendere più rapidi - a legislazione invariata - i procedimenti di valutazione. La proposta, incentrata su un sistema basato su pareri in forma semplificata in assenza di criticità7, è stata respinta in ragione dei problemi che avrebbe fatto emergere e del contrasto con il dato letterale della normativa primaria, ove espressamente si prevede che il giudizio del CSM sulla professionalità deve essere preceduto da un parere del consiglio giudiziario che «acquisisce e valuta» gli elementi di conoscenza tra i quali si annovera «il rapporto e le segnalazioni provenienti dai capi degli uffici» (art. 11 d.lgs. n. 160 del 2006).
Devono invece essere segnalate, in chiave positiva, alcune modifiche introdotte nella scorsa consiliatura con la finalità di rafforzare il diritto di informazione del magistrato e il principio del contraddittorio (obbligo di comunicazione del rapporto informativo8; obbligo di informazione in caso di possibile giudizio del CSM che possa sovvertire il parere positivo9 del consiglio giudiziario).
Sotto altro profilo, permane la difficoltà di valutare l'attività svolta dai magistrati che non sono addetti a funzioni giudiziarie perché collocati fuori dal ruolo organico della magistratura e nei cui riguardi deve essere comunque espressa una valutazione di professionalità secondo quanto stabilito dalle fonti primarie e secondarie, pur non essendo facilmente riconducibili le attività espletate fuori ruolo o in aspettativa (si pensi all'attività politica) alla griglia degli indicatori elaborati con specifico riferimento all'attività giudiziaria. Forse sarebbe opportuna la creazione di un format ad hoc.
Dopo la VII valutazione vi è il rischio dell’assenza di ogni verifica sull’attività giudiziaria se il magistrato non faccia richiesta di pareri attitudinali per concorrere all’assegnazione di incarichi direttivi e semidirettivi, o alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.
Ulteriore possibile criticità va segnalata riguardo alle interferenze tra il procedimento disciplinare e il procedimento di valutazione10.
Pur nella diversità ontologica tra i due procedimenti, sussistono tra loro diversi punti di contatto. Il rischio, in concreto, è quello di sovrapporre gli esiti dei due giudizi, di modo da far discendere, quasi automaticamente, dalla sanzione disciplinare una valutazione non positiva. Come ha sottolineato la giurisprudenza amministrativa, in tale ambito bisogna evitare di trasformare il giudizio di professionalità in un’automatica e ulteriore sanzione rispetto all’esito disciplinare, determinando un inaccettabile ne bis in idem. La soluzione è quella di valutare caso per caso, senza cedere a meccanici automatismi.


5. Le proposte di modifica della commissione Vietti.


Riguardo al tema delle valutazioni professionalità, la commissione ministeriale per il progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario (c.d. commissione Vietti), confermando la struttura generale, ha cercato di intervenire sui difetti e sui limiti che in questi anni sono stati riscontrati (l’eccessiva onerosità rispetto alle scarse risorse disponibili; la tendenza verso una deriva cartacea e burocratica, l’insufficienza delle fonti; i tempi lunghi di approvazione per la stessa complessità dell’iter).
Prima di esaminare le singole  proposte, va richiamata, a monte, la prospettata abolizione degli articoli 8 e 16 del d.lgs. 27 gennaio 2006, n. 25, che esclude i componenti avvocati e professori universitari dalle deliberazioni del consiglio direttivo della Corte di cassazione11 e dei consigli giudiziari relative alle valutazioni di professionalità dei magistrati, oltre a  quelle relative a pareri richiesti dal C.S.M. su materie attinenti alle proprie competenze e quelli relativi alle attività di formazione dei magistrati in relazione a proposte da formularsi al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura. Tale disciplina è stata ritenuta contrastante con il ruolo assegnato all’avvocatura dalle più recenti iniziative assunte in sede legislativa e istituzionale, attraverso il suo coinvolgimento nell’attività giurisdizionale.
Questa modifica incide significativamente sulla struttura del giudizio di professionalità, non più riservato ai membri dell’ordine giudiziario, potendo i componenti non togati divenire anche relatori delle relative pratiche.
Sul procedimento, nello specifico, le direttrici seguite sono state quelle dell’integrazione dei parametri di valutazione, dell’incremento delle fonti di conoscenza, della semplificazione e del decentramento ai consigli giudiziari.
È stato proposto l’inserimento di una valutazione in più rispetto alla VII, sei anni dopo quest’ultima, allorquando il magistrato non sia stato già positivamente valutato in occasione di domande per un altro incarico.
Riguardo ai parametri di valutazione è stata proposta l’introduzione del riferimento all’indipendenza e all’equilibrio, che finora era presente soltanto nelle circolari del consiglio. La carenza di questo parametro porta automaticamente a un giudizio negativo diversamente dalla valutazione degli altri. Si è suggerito di accorpare la diligenza e l’impegno, «riguardando requisiti omogenei relativi all’atteggiamento del magistrato verso l’ufficio e l’attività giudiziaria».
Sono stati mantenuti invece i giudizi finali (positivo, non positivo, negativo) e la valutazione della carenza come grave (in due o più degli altri parametri) che conduce parimenti al giudizio negativo o semplice (di uno dei parametri di capacità, laboriosità e diligenza ed impegno) che conduce a un giudizio non positivo.
Con riferimento alle fonti di conoscenza, accanto a quelle attuali, è stato proposto l’inserimento delle segnalazioni di fatti specifici provenienti dall’Ufficio giudicante o requirente corrispondente e dall’Ufficio competente per le impugnazioni. Tuttavia, onde evitare possibili utilizzi strumentali o ritardati di tali fatti, è stato previsto l’obbligo di trasmettere tutte le segnalazioni annualmente al fine di consentirne l’utilizzazione in sede di valutazione di professionalità in modo da garantire trasparenza e diritto al contraddittorio.
Sono state altresì arricchite le statistiche, precisando che le stesse devono essere qualitative oltre che quantitative, dovendo differenziare le tipologie degli affari trattati e dei provvedimenti presi, l’esito degli stessi e gli eventuali ritardi.
Sul rapporto tra procedimenti disciplinari e valutazioni di professionalità si è previsto che i due procedimenti sono autonomi, ma i fatti oggetto del procedimento disciplinare, al di là dell’esito, sono comunque considerati nella valutazione di professionalità.
Ulteriori misure riguardano la semplificazione del procedimento al fine di eliminare la ripetitività e la burocratizzazione dell’attività valutativa.
La commissione ha prospettato al riguardo due ipotesi.
Qualora il giudizio del consiglio giudiziario sia unanime e positivo, lo stesso consiglio giudiziario delibera la valutazione di professionalità in termini di “adeguato”, inviandola al CSM che provvede con il meccanismo del silenzio assenso.
Qualora il consiglio giudiziario non formuli un giudizio unanime o formuli un parere “non positivo” o “negativo” il giudizio sarà sinteticamente motivato e normalmente limitato ad una valutazione sintetica per ciascuno dei parametri. È facoltà del consiglio giudiziario emettere un parere motivato in tutti i casi in cui non condivida il parere del dirigente, all’esito di eventuale istruttoria.


6. La risoluzione del CSM del 13 settembre 2016.


Il Consiglio superiore della magistratura ha adottato con delibera del 13 settembre 2016 una risoluzione sulla relazione della commissione ministeriale, esprimendo la tendenziale adesione alle proposte formulate sulle valutazioni di professionalità.
Vengono peraltro effettuate due rilevanti precisazioni.
La prima è che il tema dell’ampliamento delle fonti di conoscenza ha visto il Consiglio dividersi sulle possibili soluzioni, ma con l’adozione di due delibere (6 e 19 marzo 2014) con le quali si è escluso di integrare la normazione secondaria coinvolgendo formalmente e sistematicamente i consigli dell’ordine degli avvocati in occasione del procedimento valutativo del magistrato, richiedendo loro di formulare eventuali segnalazioni in ordine a fatti specifici comunque incidenti sulla professionalità, e si è respinta la proposta intesa a rendere obbligatoria per il consiglio giudiziario, nel caso di valutazione di un magistrato giudicante, la richiesta di un parere della procura e, nel caso di valutazione di un magistrato requirente, di un parere del tribunale.
In secondo luogo, il Consiglio evidenzia che la previsione di una sostanziale mancanza di motivazione dei pareri positivi dei consigli giudiziari e l’omessa previsione dell’inoltro al CSM per la valutazione complessiva di professionalità presenta significative controindicazioni. Si finisce infatti per valorizzare eccessivamente il solo rapporto del capo ufficio – con il rischio di accentuare negativi fenomeni di gerarchizzazione – e si rinuncia all’acquisizione di dati di conoscenza utili per definire il profilo del magistrato anche ad altri fini, come nel caso di successiva valutazione per l’assegnazione di incarichi dirigenziali.
La risoluzione, inoltre, rappresenta l’opportunità di rivedere la disciplina delle valutazioni di professionalità inserendo criteri di compensazione e bilanciamento tra i parametri valutativi.
Norme specifiche sarebbero altresì opportune con riferimento ai magistrati sospesi dal servizio per un lungo periodo, onde escludere la valutabilità degli intervalli di sospensione, e ai magistrati fuori ruolo, stabilendo meccanismi di valutazione calibrati su documentazione relativa ad attività che non siano in alcun modo assimilabili a quella giudiziaria.
Su questi temi il CSM si riserva comunque di intervenire in sede di parere al momento dell’eventuale presentazione del disegno di legge.


7. Considerazioni conclusive.


Quello delle valutazioni di professionalità non è un tema corporativo perché interessa tutti i cittadini, in quanto strettamente connesso alla qualità del servizio giustizia.
L'efficacia di un sistema di verifica della professionalità non può d'altronde essere misurato in relazione al numero delle valutazioni non positive o negative (nella specie molto basse), ma, come è stato sottolineato nella relazione illustrativa della commissione Vietti, «nella maggiore articolazione dei pareri, che più si attagliano alle diversità di capacità e attitudini dei magistrati e alla incentivazione verso un modello positivo di magistrato».
Ciò non vuol dire che non possano essere introdotti dei miglioramenti e delle semplificazioni. Le proposte formulate dalla commissione di studio sull’ordinamento giudiziario costituiscono degli interessanti spunti di riflessione.
Bisogna peraltro guardare con cautela all'ampliamento delle fonti “esterne” al fine di evitare condizionamenti in grado di incidere sull'esercizio dell'attività giudiziaria; già nel sistema attuale, peraltro, sono possibili segnalazioni da parte degli altri attori della giurisdizione, tra cui gli organismi di rappresentanza degli avvocati e gli uffici giudiziari con cui il magistrato interagisce. Altra cosa è prevedere che il magistrato debba essere sottoposto al parere di gradimento delle altre parti processuali.
Sotto altro profilo, l'estensione a soggetti estranei alla giurisdizione della facoltà di esprimere un voto sulla professionalità dei magistrati al momento dell'approvazione del parere da parte del consiglio giudiziario contrasta con l'assetto ordinamentale e con i documenti internazionali elaborati in materia.
Non va dimenticato che i componenti laici del CSM, che votano sulle valutazioni di professionalità in commissione e in plenum, non possono esercitare la professione legale durante il loro mandato, ciò che non è impedito ai componenti laici dei consigli giudiziari, che esercitano la loro attività proprio nel distretto del magistrato sottoposto a valutazione e non sono soggetti ad alcun regime di incompatibilità in base al d.lgs. 27 gennaio 2006, n. 25. Il diritto di tribuna, pur talvolta previsto nei regolamenti dei consigli giudizi, non può trasformarsi, de jure condendo, in un diritto di voto.
A prescindere dalle scelte del legislatore, è senz'altro auspicabile - de jure condito - una riscrittura della circolare, così come si è fatto in tempi recenti del testo unico sulla diligenza giudiziaria e per la circolare sulle tabelle.
Riguardo all'enfasi talvolta attribuita ai dati statistici, va evidenziato infine che, a livello europeo12, si registrano notevoli differenze sul loro utilizzo e particolare rilievo viene attribuito ai dati qualitativi. Ricordando i polli di Trilussa13, le statistiche sono importanti ma bisogna essere prudenti con il loro utilizzo.


Gianluca Grasso
Magistrato addetto all’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione


2È noto che nella prefazione alla Fenomenologia dello spirito (Phänomenologie des Geistes, 1807) Hegel, polemizzando con Schelling a proposito del “formalismo” in cui l’Assoluto come identità pura è contrapposto alla conoscenza distinta e compiuta, lo paragona alla «notte in cui tutte le vacche sono nere». Cfr. Dizionario di filosofia Treccani, Roma 2009, in http://www.treccani.it/enciclopedia/fenomenologia-dello-spirito_%28Dizionario-di-filosofia%29/


3D. Cappuccio, Le valutazioni di professionalità dei magistrati alla prova dei numeri: rigore punitivo o ripiegamento corporativo?, in Questione giustizia, 2013, fasc. 6, 120 ss.; M. Frasca, La valutazione della professionalità: l’art. 11 del d.lgs. 160/2006 e le circolari del Consiglio Superiore; l’autorelazione; la funzione dei capi degli uffici, dei Consigli Giudiziari; il Giudizio del CSM, in <www.csm.it>; 10D. Cavallini, Le valutazioni di professionalità dei magistrati: prime riflessioni tratte da una ricerca empirica sui verbali del Csm, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 1226; P. Filippi, La valutazione di professionalità, in E. Albamonte, P. Filippi (a cura di), Ordinamento giudiziario. Leggi, regolamenti e procedimenti, Torino, 2009, 351 ss.; N. Zanon, F. Biondi, Il sistema costituzionale della magistratura, Bologna, 2014, 138 s.; A. Iacoboni, Le valutazioni di professionalità, in Foro it., 2016, V, 202; Id., La carriera ed il controllo di professionalità, in Foro it., 2008, V, 92; Id., La carriera e la formazione, in Foro it., 2006, V, 15; A.P. Viola, Valutazioni di professionalità. principi generali e regime transitorio, relazione tenuta a Roma, 17 gennaio 2008, incontro di studio sul tema: “Il nuovo ordinamento giudiziario; valutazioni di professionalità e tramutamenti”.


4La disciplina demanda al CSM la definizione di alcuni aspetti:
a) i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali delle udienze, ferma restando l’autonoma possibilità di ogni membro del consiglio giudiziario di accedere a tutti gli atti che si trovino nella fase pubblica del processo per valutarne l’utilizzazione in sede di consiglio giudiziario;
b) i dati statistici da raccogliere per le valutazioni di professionalità;
c) i moduli di redazione dei pareri dei consigli giudiziari per la raccolta degli stessi secondo criteri uniformi;
d) gli indicatori oggettivi per l’acquisizione degli elementi necessari per la valutazione di professionalità; per l’attitudine direttiva gli indicatori da prendere in esame sono individuati d’intesa con il Ministro della giustizia;
e) l’individuazione per ciascuna delle diverse funzioni svolte dai magistrati, tenuto conto anche della specializzazione, di standard medi di definizione dei procedimenti, ivi compresi gli incarichi di natura obbligatoria per i magistrati, articolati secondo parametri sia quantitativi sia qualitativi, in relazione alla tipologia dell’ufficio, all’ambito territoriale e all’eventuale specializzazione.


5La normativa secondaria è contenuta, principalmente, nella circolare n. 20691 dell’8 ottobre 2007 e successive modifiche.


6In dottrina, sul tema dei carichi esigibili e degli standard di rendimento, oltre ai contributi citati apparsi su La Magistratura, cfr. R. Fuzio, La misura del lavoro del magistrato tra standard e carichi esigibili. Problema nuovo? A che punto siamo, in Foro it., 2016, III, 58; A. Penta, Fino a che punto si può pretendere da Gondrano?, in <http://tinyurl.com/j4t5rju>; G. Miccoli-M. Sciacca, Managerialità giudiziaria e programmi di gestione dei procedimenti civili, in Riv. dir. proc., 2015, 174; C. Castelli, Standard, carichi esigibili, carichi sostenibili: discussione infinita o indicazioni di lavoro concrete?, in <http://tinyurl.com/zggaede>; A. Lepre, Analisi della giustizia civile. Un’idea di riforma, Soveria Mannelli, 2013; V. Pezzella, Carichi esigibili e produttività, ma anche qualità del decidere e rispetto del codice, in Cass. pen., 2009, 2247


7Nella proposta si prevedeva che, in assenza di criticità o comunque di valutazioni che si discostassero dalle risultanze del rapporto informativo e delle altre fonti di conoscenza, il consiglio giudiziario, nel caso in cui intendesse esprimere un parere positivo all’unanimità, avrebbe potuto rendere il parere in forma semplificata (limitandosi, cioè, a indicare per ciascun “parametro” ed “indicatore”, la dicitura “nulla da osservare rispetto a quanto emerge dal rapporto informativo”). Là dove, invece, fosse emersa qualche criticità, anche in presenza di una valutazione positiva unanime del consiglio giudiziario, il parere avrebbe dovuto illustrare compiutamente i profili problematici. Questa semplificazione avrebbe dovuto trovare applicazione in gran parte delle valutazioni di professionalità, fatta eccezione per i pareri parziali, per quelli che seguono a una precedente valutazione non positiva o negativa, per quelli relativi al conferimento delle funzioni, alla prima e alla settima valutazione di professionalità.


8Delibera del 6 marzo 2014.


9Delibera del 13 marzo 2014.


D. Cavallini, L'evoluzione della responsabilità disciplinare dei magistrati, in D. Cavallini (a cura di), Argomenti di ordinamento giudiziario, Bologna, 2014, 94); G. Grasso, Procedimento disciplinare e valutazione di professionalità: differenze e interferenze, in Magistratura,Gennaio-Giugno 2015. Anno LXIV - Numero 1 - 2, 60 ss.; Cfr. B. Giangiacomo, Interferenze tra sistema disciplinare e valutazioni di professionalità dei magistrati, in Questione giustizia, 2010, 2, 103 ss.


11La disciplina prevista per il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione prevede peraltro che il presidente del Consiglio Nazionale Forense, componente di diritto del consiglio direttivo, non ha limitazioni alla partecipazione alle delibere dell’organo di cui fa parte, diversamente da quanto accade per il componente avvocato designato dal Consiglio nazionale forense (art. 8 d.lgs. 27 gennaio 2006, n. 25).


12Una recente e dettagliata analisi comparata dei diversi sistemi è presente nell'attività di studio preparatoria alla redazione del parere n. 17 (2014) del Consiglio consultivo dei giudici europei. I lavori preparatori in lingua inglese o francese e il rapporto di sintesi possono essere letti in <http://www.coe.int/t/dghl/cooperation/ccje/textes/Travaux17_en.asp>.
Riguardo ai criteri quantitativi, sono spesso presi in considerazione il numero di casi trattati, il tempo speso per ogni singolo caso e il tempo medio di giudizio (Albania, Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Romania, Slovenia, Turchia). In altri Stati rileva soltanto il criterio del numero dei casi decisi (Bosnia ed Erzegovina, Estonia, Ungheria, Spagna, Macedonia, Ucraina).
Il modo in cui tali criteri sono usati nella valutazione varia notevolmente.
In alcuni Stati, i dati quantitativi, come il numero dei casi decisi, sono rappresentati in una percentuale o in punti che riflettono la performance di un singolo giudice rispetto agli altri (Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Estonia, Macedonia). In altri Stati, il dato quantitativo costituisce il punto di partenza per una valutazione individuale (Austria, Francia, Germania, Slovenia).
In relazione ai dati qualitativi (analisi della tipologia, oggetto e complessità dei casi trattati da un giudice e le sue decisioni; il numero di ricorsi presentati in rapporto alla numero dei casi decisi; il numero di decisioni riformate o casi rimessi dalla Corte d’appello; i tipi di casi il cui decisioni sono state riformate e/o i casi rimessi; la motivazione della riforma del provvedimento), alcuni paesi li utilizzano pienamente nel processo di valutazione (Albania, Austria, Bulgaria).
In molti Stati, la qualità dell’analisi giuridica compiuta e la complessità dei casi sono considerate di grande importanza nel processo di valutazione (Albania, Belgio, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Romania, Slovenia).
In Spagna i criteri qualitativi sono applicati solo quando un giudice deve essere valutato per una promozione.


13La celebre poesia “La Statistica”.



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