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12 novembre 2013

In ricordo di Emilio Alessandrini

Sostituto Procuratore della Repubblica Milano, assassinato durante gli anni di piombo da un "commando" del gruppo terroristico Prima Linea.


Emilio-Alessandrini.jpg  Emilio Alessandrini

Emilio Alessandrini
(Penne, 30 agosto 1942 - Milano, 29 gennaio 1979)
Sostituto Procuratore della Repubblica Milano, assassinato durante gli anni di piombo da un "commando" del gruppo terroristico Prima Linea.
(tratto dalla pubblicazione del Csm "Nel loro segno")

Milano, ore 7.50 del 29 gennaio 1979. Emilio Alessandrini, 36 anni, come ogni mattina accompagna suo figlio Marco alla scuola elementare di via Colletta. Pochi metri e pochi minuti dopo, all'incrocio tra viale Umbria e via Muratori, muore in un agguato del "commando" dell' Organizzazione Comunista Combattente Prima Linea. Alessandrini è il primo giudice ucciso a Milano. Cinque i terroristi in azione; due a sparare i colpi di pistola, ben otto di cui due alla testa. La prima rivendicazione, alle 8.55, arriva per telefono al quotidiano "La Repubblica". Il volantino nel quale Alessandrini viene dipinto come: "Una figura centrale del comando capitalistico, capace di disarticolare il sistema" era già pronto.

I funerali di Emilio Alessandrini sono un tributo di popolo. "Tutta Milano si è riversata in piazza Duomo come ai funerali per piazza Fontana. La città non dimenticherà mai quel freddo mattino d'inverno. La chiesa è stracolma, la moglie Paola immobile e il piccolo Marco che piange straziato dal suo dolore. All'uscita della bara strade e piazze stracolme di gente applaudono quel giudice simbolo. È la prima volta che un magistrato ucciso riceve un tributo di folla".

Emilio Alessandrini nasce a Penne il 30 agosto del 1942 e si trasferisce a Pescara con la famiglia, conseguendovi la maturità nel 1960, al liceo classico D'Annunzio. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Napoli laureandosi con il massimo dei voti nel dicembre 1964 con una tesi in procedura penale. Entra in magistratura nel 1967 come uditore giudiziario a Bologna. Nel 1968 diventa sostituto Procuratore della Repubblica a Milano. L'anno seguente sposa Paola Cecilia Bellone e nel 1970 nasce il figlio Marco.
Alessandrini, come scrisse il giornalista Walter Tobagi, ucciso a sua volta da terroristi di sinistra, sul Corriere della Sera all'indomani del delitto, "è il prototipo del magistrato di cui tutti si possono fidare, che non combina sciocchezze". Si occupa, nell'ambito dell'attività giudiziaria, di indagini sul terrorismo e, dal 1972, delle indagini sulla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, per la prima volta tracciando quella che sarebbe stata poi definita "la pista nera".

Il 6 febbraio 1974 Alessandrini deposita la sua requisitoria per il rinvio a giudizio dei componenti della cellula fascista veneta. Poi avvia un'indagine sull'Autonomia operaia milanese. La sua attività e il suo impegno professionale attraggono l'attenzione dei gruppi terroristici che identificano in lui il "nemico" da combattere.
La svolta nelle indagini sull'uccisione di Alessandrini si ha nel maggio 1980 quando un terrorista rivela agli inquirenti la composizione del commando omicida. Il processo agli esponenti di Prima Linea si apre a Torino il 30 maggio 1983. conclude con pesanti condanne.

Marco Alessandrini, figlio del magistrato, oggi avvocato a Pescara e consigliere comunale ha raccontato che nel passato e nel presente in Italia occorrono spesso "fatti eclatanti e drammatici per smuovere le nostre non sempre deste e vigili istituzioni".
Tuttavia, secondo Marco Alessandrini, qualcosa sta cambiando oggi nel nostro Paese: "Il terrorismo per decenni è stato un argomento tabù nella società italiana, con un'attenzione maggiore verso i carnefici piuttosto che per le vittime. Questa tendenza sta tuttavia mutando. Mi piace al riguardo citare alcuni fattori: l'impegno costante dell'associazionismo legato alle tematiche della memoria e della legalità (nell'ambito della realtà abruzzese opera da circa un decennio l'associazione Emilio Alessandrini), (...) il grande impegno del presidente Napolitano con l'istituzione, il 9 maggio di ogni anno (data del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro), della giornata nazionale della memoria".

Marco, che in questi anni ha studiato e letto per cercare di capire il perché di quell'assassinio, alla fine non riesce a trovare altra spiegazione: "Gli spararono perché lavorava tanto e bene, tutto qui. (...) Nessun progetto. Solo un gioco sfuggito di mano a ragazzini che volevano fare i rivoluzionari".



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