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18 aprile 2012

Audizione Comm. Giustizia Camera su falso in bilancio

La criminalità economica è unadelle emergenze del Paese che ne condiziona la crescita ed è causadi arretratezza economica e finanziaria e di profondadiseguaglianza sociale. Da qui la necessità di dotarsi di strumentiseri per combatterla. La materia oggetto della Proposta di legge dicui si discute è stata profondamente riformata nell'aprile del 2002con legge n. 61.


Osservazioni sulla
materia oggetto delle proposte di legge C. 1895 Palomba e C. 1777
Di Pietro, recanti disposizioni in materia di false comunicazioni
sociali e di altri illeciti societari



La criminalità economica è una
delle emergenze del Paese che ne condiziona la crescita ed è causa
di arretratezza economica e finanziaria e di profonda
diseguaglianza sociale. Da qui la necessità di dotarsi di strumenti
seri per combatterla.



La materia oggetto della Proposta
di legge di cui si discute è stata profondamente riformata
nell'aprile del 2002 con legge n. 61.



Quel testo ha sostituito il Titolo
XI del libro V del codice civile, contenente disposizioni penali in
materia di società e di consorzi, modificando vecchie figure di
reato e introducendone di nuove, con l'espressa previsione di cause
di non punibilità, di estinzione del reato e di circostanze
attenuanti in alcuni casi particolari.



A seguito di tale modifica, la
normativa attualmente vigente:



a) ritiene indispensabile, ai
fini dell'applicazione di una pena piuttosto che di un'altra più
mite, la prova dell'effettivo danno cagionato alla società, e non
anche la sola idoneità a trarre in inganno i destinatari della
comunicazione sociale;



b) conseguentemente, in caso di mancata prova di danno, il
reato si è trasformato da delitto in contravvenzione, con una pena
notevolmente inferiore a quella originariamente prevista;



c) ove vi sia la prova del
danno, occorre effettuare l'ulteriore distinzione tra società
quotate in borsa o no;



d) nel primo dei due casi
predetti viene prevista la condizione di procedibilità della
querela da parte della persona offesa;



e)  sono state introdotte
soglie quantitative per l'esclusione della punibilità.



Questa disciplina ha subito
prestato il fianco a numerose critiche sia da parte della
giurisprudenza che della dottrina.



La dottrina più autorevole infatti
aveva sempre sottolineato che il reato di falso in bilancio,
previsto non come reato di danno ma di pericolo, garantiva la
tutela di un complesso di interessi, e segnatamente, oltre quelli
della società, dei soci uti singuli e dei creditori, anche e
soprattutto l'interesse generale dell'economia del paese, per le
ripercussioni che sull'economia stessa può avere il funzionamento
delle società di commercio (Antolisei).



In tale linea di pensiero si
colloca la giurisprudenza tradizionale della Suprema Corte di
Cassazione, la quale aveva da sempre ritenuto che la previsione dei
reati societari mira alla tutela di una pluralità di interessi, da
quelli patrimoniali della società, dei soci e dei creditori ad
avere una rappresentazione veritiera delle condizioni economiche
della società, a quelli generali della fede pubblica e del corretto
funzionamento delle società commerciali, in considerazione della
loro rilevanza nel sistema economico valutato complessivamente
(Cass. 13.12.1983, Schmidt).



Anche dal punto di vista pratico e
concreto, chiunque abbia esperienza della realtà economica delle
società di capitali ha presente che il danno conseguente alle false
comunicazioni sociali si manifesta soltanto nel corso degli
esercizi successivi e si rivela spesso di prova assai difficile, da
acquisire a costo di lunghe e onerose indagini peritali. Ne
discende che, in considerazione dei ristretti termini di
prescrizione, indirettamente determinati dalla riforma, e della
previsione di una querela come condizione di procedibilità, di
fatto si è determinata una sostanziale depenalizzazione dei reati
societari, in contrasto con l'orientamento comunitario che impone
un maggiore rigore per garantire la verità dei bilanci e, quindi,
la sicurezza del sistema economico.



Si sono così rivelate fondate le
molteplici critiche, incentrate da subito sull'insufficienza della
risposta sanzionatoria anche con riferimento all'ordinamento
comunitario e internazionale.



La controprova della sostanziale
depenalizzazione sta nei numeri, come evidenziato da un'indagine
empirica condotta dal prof. Alberto Alessandri su dieci anni di
applicazione della nuova disciplina in materia di falso in
bilancio.



Significativi i dati dei processi
pervenuti in Cassazione: erano 47 nel 1996; 51 nel 1997; 55 nel
1998; 58 nel 1999; 52 nel 2000; 65 nel 2001; 42 nel 2002; 35 nel
2003; 23 nel 2004 e soli 9 nel 2005. Attualmente, ad esempio a
Milano, sede di tribunale particolarmente significativa per questa
tipologia di reati, a giudizio non arrivano più reati di falso in
bilancio, e ciò non perché siano venute meno le condotte di
alterazione, ma perché per le ragioni sopra sommariamente
esposte  non si riesce a perseguirli. Ne è riprova  il
fatto che vi pervengono invece i più gravi reati di aggiotaggio e
di bancarotta  impropria o meno,  che ne sono
frequentemente la logica  prosecuzione.



E' quindi opportuna una profonda
revisione della disciplina in materia. In tale prospettiva, la
proposta di legge di cui si discute va nella giusta direzione.
L'opzione normativa che risulta da questa proposta è
sostanzialmente quella di un ritorno alla disciplina del 1942.



Peraltro, non si tratta di
un'operazione nostalgica, ma della vera e propria  necessità
di rendere effettiva la tutela giuridica in un settore cruciale per
la nostra economia. La filosofia di fondo è, infatti, quella di
riportare il falso in bilancio nell'alveo dei reati contro
l'economia pubblica, laddove la riforma del 2002 lo aveva confinato
nell'ambito dei reati contro il patrimonio.



In sintesi, è quindi auspicabile che, come previsto:




  • sia abrogata la figura della contravvenzione; 


  •  il delitto non sia più procedibile a querela;


  • sia abrogata la soglia di rilevanza quantitativa; 


  • sia abrogato il riferimento al dolo intenzionale laddove è già
    sufficiente il dolo specifico; 


  • le figure di reato siano calibrate in una forma-base
    (eventualmente aggravata dal danno) e in una fattispecie (più
    gravemente sanzionata) riferita alle società quotate in
    borsa. 



Un'effettiva repressione delle
falsificazioni contabili e delle comunicazioni sociali, reati
prodromici a reati più gravi che creano dissesti nella realtà
economica e nei mercati, è infatti uno dei prerequisiti necessari
per combattere  fenomeni di corruttela, anche nell'ipotesi da
ultimo proposta di "traffico di interferenze illecite". Spesso,
infatti, le alterazioni di bilancio e le manovre speculative
sottese sono funzionali alla creazione di riserve occulte
utilizzabili illegalmente.



E', infine, di tutta evidenza la
centralità del tema della trasparenza della contabilità, nella
generale prospettiva degli interventi nel settore della lotta alla
corruzione e all'evasione fiscale.




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