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dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

7 febbraio 2013

Brescia, inaugurazione anno giudiziario 2013/2014


Sig.ra Presidente, Sig. Procuratore
Generale, Autorità, Signore e Signori,

l'anno appena terminato ha visto un importante novità
ordinamentale, consistente nella soppressione dei Tribunali e
relativi uffici di Procura cosiddetti "minori" e nella chiusura di
tutte le sezioni distaccate, programmate per il settembre
2013.

Si tratta di una svolta che da anni l'Anm auspicava, al fine non
solo di un recupero di risorse organizzative, ma anche della
creazione di strutture giudiziarie di dimensioni "ottimali", in
grado di  fronteggiare con la necessaria specializzazione ed
ovviando alle incompatibilità tutti gli snodi dei processi civili e
penali.



Non dobbiamo tuttavia nasconderci
che proprio in vista della prossima soppressione di tribunali
minori e sezione distaccate è in corso una fase delicata di
revisione, a parità di organico complessivo, degli organici sia di
magistratura che del personale amministrativo dei singoli uffici
giudiziari, di cui il primo passo è la recente proposta di
rideterminazione delle piante organiche dei magistrati trasmessa
dal Ministro al Csm.



I primi segnali sono
incoraggianti,  anche se ovviamente sono già in corso le
proteste di distretti che si vedono penalizzati dalla
proposta.

Il distretto di Brescia si aspetta molto da questa revisione, posto
che è un distretto che tutti gli indicatori (di popolazione,
economici, di criminalità, ecc.) danno come gravemente
sottodimensionato o, se preferiamo, molto più sottodimensionato e
in sofferenza di altri.



I magistrati del distretto, in
primo grado e in grado di appello, da anni, consentitimi di dirlo,
con spirito di sacrificio, cercano di operare per ridurre (o non
aggravare) le pendenze senza sacrificare sull'altare della sola
produttività la qualità che deve avere la giurisdizione, posto che
nostro compito è quello di rendere un servizio alla collettività
che certamente è fatto anche di numeri e di tempi del giusto
processo, ma che altrettanto certamente, pur con tutti i limiti
oggettivi e soggettivi, è anche volto a far sì che la
decisione  renda giustizia, nel senso ampio e nobile del
termine.

E pur tuttavia chiaro a tutti noi che senza un ampliamento degli
organici degli Uffici giudiziari in maggior sofferenza, cui
consegua ovviamente anche l'ampliamento quantitativo e qualitativo
degli organici del personale amministrativo, la sola abnegazione
individuale  non è sufficiente a contenere in limiti
accettabili i tempi del processo e a soddisfare l'esigenza di
giustizia.



Numerose sono state anche le novità
che hanno caratterizzato nell'ultimo anno il processo civile, sia
dal punto di vista della sua architettura (penso in particolare
alle sezioni specializzate in materia di impresa o al cd. filtro in
appello), che della sperimentazione informatica, con l'avvio del
Processo Civile Telematico.

L'auspicio non può che essere che il nuovo parlamento, le cui
elezioni sono imminenti, e il conseguente nuovo governo, sappiano
proseguire un'opera appena iniziata, avendo tuttavia anche la
capacità di cogliere gli eventuali aspetti negativi delle novelle e
di porvi rimedio, nonchè di investire le necessarie risorse per
l'innovazione tecnologica ad oggi insufficienti, ed ancor più
largamente insufficienti nella prospettiva dell'implementazione del
sistema.



Le note più dolenti sono come al
solito da molti anni quelle del settore penale.

Voglio qui ricordare solo due aspetti eclatanti.

Per la seconda volta la legislatura si è chiusa senza che giungesse
ad approvazione definitiva la legge in materia di pene alternative
non carcerarie e di sospensione del procedimento con la messa alla
prova, istituto già positivamente sperimentato nel processo
minorile, nonché la riforma radicale del processo contumaciale a
carico degli irreperibili, classico esempio di giustizia che gira a
vuoto e fonte di condanne in sede CEDU per la scarso rispetto dei
diritti dell'imputato.



L'altro aspetto, collegato al
primo, è indubbiamente l'emergenza carceri, riportata alla ribalta,
se ancora ve ne fosse bisogno, dalla recente sentenza della Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo che ha condannato l'Italia per la
situazione inaccettabile dei detenuti,  situazione di cui
peraltro i magistrati italiani sono non da oggi consapevoli.

Siamo tuttavia anche consapevoli delle esigenze di difesa della
collettività, in un momento storico che vede da un lato il
dispiegarsi e l'espandersi di fenomeni criminali, organizzati e
non, di notevole gravità e dall'altro, l'acuirsi di comportamenti
devianti per effetto della crisi economica.

A ciò si risponde certamente con l'edilizia carceraria di
competenza del ministero, ma anche dando al giudice la possibilità
di scegliere fra una pluralità di sanzioni, in modo tale che
l'alternativa non sia solo fra detenzione sì o detenzione no, ma
sia possibile differenziare e calibrare misure e sanzioni in modo
tale da coniugare la sicurezza sociale con la prevenzione e il
reinserimento del condannato.



Tornando alla situazione
complessiva del "pianeta giustizia", vorrei citare a questo punto
qualche dato tratto dall'annuale rapporto Cepej, redatto cioè dalla
Commissione Europea  per l'efficacia della giustizia, 
istituita presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.

Si tratta del rapporto 2012, contenente dati riferiti al 2010,
pubblicato nel settembre 2012, in occasione della Conferenza dei
ministri della Giustizia dei Paesi del Consiglio d'Europa.

Ebbene, con riferimento al settore penale, risulta dal predetto
rapporto che in Italia per ogni 100.000 abitanti vengono iscritti
nell'anno 2651 procedimenti penale (di cui 2.243 per infrazioni di
competenza del Tribunale), contro i 1631 procedimenti della
Francia, e i n. 1.445 della Germania (pag. 211 del rapporto).

Deteniamo anche il triste primato europeo dei procedimenti penali
pendenti a fine 2010, pari 1.371.497 in primo grado e a n. 217.545
in gradi di appello (tab. 9.29, pag. 213).



Per ciò che concerne il settore
civile, sempre nel 2010, sono stati registrati n. 3958 nuove 
cause per 100.000 abitanti, contro n. 2758 in Francia e 1935 in
Germania.

Si tratta di numeri ai quali i magistrati italiani hanno fatto
fronte come hanno potuto, con un impegno che non è esagerato
definire eccezionale, ma a fronte dei quali occorre una riflessione
di fondo e di sistema, poiché o a questi numeri si risponde con una
dilatazione generalizzata degli organici di magistratura e
amministrativi non proponibile, non fosse altro per la situazione
di crisi economica in cui si dibatte il paese, ovvero occorre
incidere sull'entrata dei procedimenti, con una varietà di
strumenti atti a deflazionare il carico senza ledere diritti, né
minare la sicurezza sociale.



Da ultimo, non posso non dedicare
una riflessione alla disciplina della responsabilità civile dei
magistrati, fonte nell'ultimo anno di talune iniziative in sede
parlamentare nel senso della responsabilità diretta del giudice, in
preteso adempimento di pronunce della  Corte di Giustizia
Europea che in realtà dicevano tutt'altro.

Vogliamo ribadire, anche in questa sede, con forza che la
disciplina della responsabilità civile dei magistrati deve tenere
conto della peculiarità della funzione giurisdizionale,
salvaguardando l'indipendenza della magistratura e l'eguaglianza
dei cittadini davanti alla legge.

L'azione civile diretta di una parte contro il magistrato, in
nessun modo richiesta da pronunce di Corti europee, né vigente
negli altri paesi dell'Unione, si presta ad usi strumentali e
distorti, tali da condizionare gravemente l'esercizio indipendente
della funzione giurisdizionale.

Non solo, la responsabilità diretta sarebbe altresì destinata a
essere causa di gravissime ulteriori inefficienze del sistema
giudiziario per l'obbligo del magistrato citato in giudizio di
astenersi dalla trattazione del procedimento, con l'ovvia
conseguenza che la parte economicamente forte potrebbe sempre
determinare il mutamento del giudice sgradito.



Non vogliamo sottrarci ad alcuna
responsabilità, anche di tipo civile, ma deve essere chiaro che la
disciplina della responsabilità civile dei magistrati non può che
collocarsi in un assetto costituzionale che deve necessariamente
salvaguardare il principio del giudice naturale precostituito per
legge, l'attività interpretativa delle norme di diritto e quella di
valutazione del fatto e delle prove.

Non vogliamo inoltre che siano trasferite sul singolo magistrato
responsabilità che derivano dai carichi eccessivi, dalle risorse
insufficienti, che non assicurano neppure l'acquisto di qualche
codice, e dalla cattiva organizzazione.

Siamo per una magistratura moderna, culturalmente attrezzata e
responsabile, che operi nel rispetto delle leggi ed in primis della
Costituzione della Repubblica.

Chiediamo tuttavia che vengano rispettati, nel quadro
costituzionale, l'autonomia e l'indipendenza della giurisdizione,
ovvi capisaldi di uno stato democratico.



L'Associazione Nazionale Magistrati
sta elaborando una proposta complessiva di riforme, che a breve
verrà offerta alla riflessione pubblica ed intende perciò guardare
al futuro.

Nel momento in cui il Paese si appresta a votare, si rivolge a chi
si candida per governare nella prossima legislatura affinché venga
avviato, in un rinnovato clima di collaborazione tra poteri dello
Stato, un processo riformatore che restituisca efficacia e
funzionalità alla giustizia, rafforzandone la credibilità.

I magistrati auspicano che a tal fine venga respinto ogni
tentativo, da chiunque provenga, di piegare l'attività legislativa
a interessi particolari, avendo come unico obiettivo il
miglioramento del servizio giustizia nell'interesse dei
cittadini.




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