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https://www.associazionemagistrati.it/2623/non-violate-rapporto-tra-avvocato-e-assistito.htm
AREA GENERALE | Interviste
26 maggio 2017

Non violate rapporto tra avvocato e assistito

Antonio Sangermano, vicepresidente dell'Anm, intervistato da Il Dubbio

«C’è un principio sacro nel sistema sociale che è l’inviolabilità dei rapporti familiari, e in particolare della relazione tra moglie e marito. Allo stesso modo nella democrazia liberale è sacro e altrettanto inviolabile il rapporto tra difensore e assistito». Antonio Sangermano è procuratore presso il Tribunale dei minori a Firenze e da alcune settimane è il vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati. Fa parte di una corrente, Unicost, considerata il “centro” dell’associazionismo giudiziario e ne è forse espressione autentica anche sul piano culturale: la considerazione di cui sopra difficilmente può ascoltarsi da chi non è cattolico. Al di là di questo è importante che una figura di vertice del “sindacato dei giudici” afferri da quel versante le “captazioni” di colloqui tra avvocato e cliente, tema rimesso in gioco dall’incredibile fuga di notizie sull’intercettazione fra Tiziano Renzi e il suo legale.

L’avvocatura propone una soluzione: aggiornare la norma attuale, l’articolo 103 del codice di rito, in modo che le conversazioni tra difensori e assistiti siano esplicitamente dichiarate non ascoltabili: che ne pensa? 
Che non sarebbe possibile e non è un caso che le pronunce della Cassazione dicano altro. 

Perché non è possibile?
Va innanzitutto tenuto presente che un avvocato può essere a propria volta indagato e che dunque l’intercettazione potrebbe essere autorizzata proprio nei suoi confronti. Rispetto alle comunicazioni con un assistito, nel flusso dialogico possono esserci passaggi che integrano essi stessi una notizia di reato. Nel nostro ordinamento l’azione penale è obbligatoria, di fronte alla notizia di una condotta illecita si deve procedere: come si potrebbe non ascoltare una telefonata in cui per esempio un difensore suggerisce che un certo indagato fugga per sottrarsi all’arresto? Sono quei comportamenti che esorbitano dal mandato difensivo e per i quali appunto anche la Cassazione stabilisce si possa derogare al principio dell’inutilizzabilità.

E come si fa a proteggere i colloqui che attengono solo alla funzione difensiva?
Con l’assoluto rigore da parte del pubblico ministero nel disporre che gli ufficiali di polizia giudiziaria non trascrivano quei colloqui. Le registrazioni andranno quindi distrutte in seguito all’udienza filtro. In quella sede il magistrato informa il difensore dell’esistenza di quelle intercettazioni, anche per correttezza processuale.

Bene, ma se si ascolta tutto il pm conoscerà anche la strategia difensiva dell’avvocato.
È vero, esiste questo rischio ma l’ordinamento deve sopportarlo, in nome di concomitanti interessi pubblicistici. Ma qui la correttezza può essere d’aiuto anche al di là delle forme processuali.

A cosa si riferisce?
Al fatto che quando la polizia giudiziaria indicizza un certo colloquio come attinente solo all’esercizio del mandato difensivo, quelli poniamo in cui si valuta se accedere a un rito abbreviato o al patteggiamento, credo che il pubblico ministero debba trattenersi da intrusioni non necessarie.

Intanto ci sono casi in cui il colloquio con il legale finisce persino sui giornali: vuol dire che la giustizia penale è una guerra e ogni mezzo è lecito?
Guardi, parte integrante della professionalità, della credibilità e della correttezza deontologica di un magistrato è la consapevolezza dei propri limiti, e naturalmente parlo in astratto e per tutti. Siamo nel pieno della definizione di rigore professionale. Che non è solo energia nella ricerca della prova ma appunto anche rispetto dei limiti. In particolare di fronte alla tentazione di inseguire la prova ad ogni costo.

Non sempre questo rigore prevale?
Posso dire che in fatto di garanzie i pubblici ministeri non dovrebbero prendere lezioni da nessuno, neppure dagli avvocati. E che nel momento in cui un pm viene anche solo percepito come proteso a forzare la regola in nome dell’esito processuale, arreca un danno immenso all’intera categoria. Proprio perché costituiamo un potere diffuso i comportamenti di ciascuno di noi hanno conseguenze per tutti gli altri magistrati.

Il discorso vale anche nel rapporto con i mezzi di informazione?
È evidente che se un collega rende un’intervista inopportuna le conseguenze ricadono anche su di me. Intendiamoci: io non voglio un magistrato timoroso, ma si deve essere consapevoli dell’inevitabile ricaduta che possono avere dichiarazioni anche informali.

Pur senza entrare nel merito del caso Consip, dal punto di vista dell’avvocatura è stato sconcertante notare come ci si sia scandalizzati solo per la pubblicazione del colloquio tra Matteo e Tiziano Renzi e non di quello tra quest’ultimo e il suo legale.
Non mi pronuncio minimamente sul caso concreto, che non conosco. Però concordo con gli avvocati e in particolare con quanto sostenuto dal presidente del Cnf Andrea Mascherin, persona dal profilo indiscutibilmente elevato: in una democrazia il rapporto tra difensore e assistito è sacro. E il rispetto di quel rapporto è proprio il cuore della democrazia liberale. Solo nelle dittature non ci si ferma davanti all’inviolabilità di quel rapporto, che ha una sacralità analoga a quella dell’altrettanto inviolabile rapporto tra marito e moglie. Si tratta di principi da rispettare nel modo più assoluto a meno che non si sia in presenza di reati: di un marito che picchia la moglie o di un avvocato che, come dicevo, eccede il mandato fino a istigare altri a commettere reati, per esempio. Fatte salve circostanze limite, queste sfere insondabili non vanno mai neppure lambite.

Giusto, come propone il procuratore Gratteri, bandire dagli atti le trascrizioni integrali per tutelare la privacy di chi è intercettato?
No, la via maestra è la non trascrivibilità del brano captato quando non vi si riscontri rilevanza processuale. Le sintesi possono essere pericolose perché lasciano spazio, pur in modo involontario, a interpretazioni sovrastrutturali. E anzi il magistrato deve sapersi assumere la responsabilità di riportare anche quei brani che incorniciano e contestualizzano la parte relativa all’investigazione. Spieghino negli atti perché hanno inserito anche parti di colloqui dal tenore intimo, se serve anche a fini di garanzia, piuttosto che esporre l’intercettato alla vaghezza delle incognite interpretative.