L'ANM è l'associazione cui aderisce circa il 90%
dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.




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GRANDI EVENTI | Interventi
8 febbraio 2019

La relazione del presidente dell'ANM Francesco Minisci

Evento per i 110 anni dell'ANM

Inaugurazione della manifestazione per i 110 anni dalla fondazione dell’ANM
Relazione del Presidente Francesco Minisci 

Premessa
Il valore dell’associazionismo giudiziario
Il rapporto con la politica
La sicurezza negli uffici e l’edilizia giudiziaria
Il personale amministrativo
Le piante organiche e la procedura per l’ingresso in magistratura
Efficientismo, efficienza, qualità della giurisdizione, riforme e risorse
Il dialogo con l’Avvocatura
Rischio carrierismo, nomine e quote di genere
Il rapporto con la stampa e la sovraesposizione mediatica
Attenzione alla questione morale e accantonamento del corporativismo
Conclusioni

Premessa

Signor Presidente della Repubblica, Autorità, care colleghe e cari colleghi, signore e signori, gentili ospiti,
a nome dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ho l’onore di rappresentare, porgo a tutti il benvenuto a questo evento organizzato in occasione dei 110 anni dalla fondazione dell’ANM.
Ringrazio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ci onora della sua presenza, che rappresenta per noi un grande privilegio.
Grazie al Magnifico Rettore dell’Università Sapienza prof. Eugenio Gaudio per averci ospitato nella magnifica cornice di questo prestigioso ateneo, in cui ritorno con emozione dopo avervi vissuto da studente universitario.
Un ringraziamento sentito va all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza e alla Polizia di Stato per l’importante sostegno che ci hanno fornito per la riuscita di questo evento.
Un saluto particolare voglio farlo ai miei nove predecessori, che con la loro presenza impreziosiscono questa giornata: è la prima volta che dieci Presidenti dell’ANM partecipano tutti insieme ad una manifestazione.
Queste due giornate saranno ricche di significato perchè, attraverso i nostri rappresentanti del passato, rivivremo alcune delle tappe della nostra storia e ci soffermeremo a riflettere sul patrimonio che ci hanno lasciato importanti figure della magistratura italiana, le nostre 28 Rose spezzate, di cui alimenteremo la memoria, anche grazie alla mostra che sarà inaugurata domani, offrendo una testimonianza attiva del loro messaggio.
Una storia lunga quella dell’ANM, che parte nel 1909 con la fondazione dell’Associazione Generale tra i Magistrati Italiani formata da quarantaquattro colleghi, che si autoscioglie nel dicembre 1925 per non diventare un sindacato fascista e che risorge il 21 ottobre 1945 prendendo il nome attuale.
E consentitemi di affermare che la nostra è anche una storia prestigiosa se solo riflettiamo sul fatto che è da sempre l’unica Associazione dei magistrati italiani, impegnata a difendere i valori costituzionali che presidiano l’attività e la funzione della magistratura.
Una ANM impegnata da anni a diffondere la cultura della legalità e il valore della memoria nelle scuole e con la scuola, per la formazione delle giovani generazioni alle quali ci apprestiamo a consegnare le chiavi del futuro.
Un impegno che si è concretizzato nella firma tra Istituzioni lo scorso novembre e poche settimane fa di due Carte d’Intenti, che ci riempiono di orgoglio, rivolte proprio a promuovere i valori della legalità (insieme a MIUR, Ministero della Giustizia, CSM, DNAA e ANAC) e della memoria (con MIUR, UCEI e CSM).
E a raccontare la forza, il prestigio e l’importanza dell’ANM sono i numeri, che non tradiscono mai: sono iscritti 8840 su un totale di 9465 magistrati in servizio, pari al 93,5 %.
Numeri impressionanti, che dimostrano come siano tanti, tantissimi i magistrati iscritti, quasi tutti, e come ci si iscriva all’ANM fin dall’inizio del proprio percorso professionale, fin da magistrati in tirocinio. Segno che in tanti, quasi tutti ci riconosciamo nell’ANM.
Così come è certamente una bella notizia la presenza a queste due giornate di diverse centinaia di magistrati in tirocinio, segno dell’interesse che la nostra Associazione suscita tra i colleghi più giovani.
E il solo guardare quest’aula da questa prospettiva privilegiata provoca grande emozione.

Il valore dell’associazionismo giudiziario

Oggi più che mai l’associazionismo giudiziario è e deve essere percepito, veicolato e vissuto come un valore, come la sede in cui crescono e si alimentano quei principi costituzionali del pluralismo e della democrazia che stanno alla base dello Stato di diritto.
Purtroppo rileviamo una ciclica  confusione tra la presenza nella magistratura di gruppi associativi, che denota appunto  pluralismo culturale e garanzia di democrazia interna, e l'imparzialità dei magistrati nell'esercizio della giurisdizione.
E' una grave confusione che non accettiamo: l'adesione ad un gruppo non c'entra nulla con l'imparzialità dei magistrati, così come è sbagliato ogni parallelismo tra le correnti e la politica.
Associazione significa dibattito culturale e crescita reciproca, significa partecipazione.
Ed è proprio questo l’invito che rivolgiamo alle nuove generazioni di colleghi: partecipate alla vita associativa, per offrire il vostro contributo alla elaborazione culturale anche per la politica giudiziaria e per vivere con maggiore consapevolezza l’importanza e la delicatezza dei nostri compiti, di diretta derivazione costituzionale, al servizio dei cittadini.
Rifuggendo dalle derive del correntismo, soprattutto nell’ambito dell’autogoverno, dalle logiche spartitorie e utilitaristiche che fanno male alla magistratura sia in termini di qualità del servizio sia in termini di prestigio dell’ordine giudiziario.

Il rapporto con la politica

Spesso nel dibattito pubblico torna il tema della supplenza della magistratura rispetto alle carenze della politica.
Diciamolo con chiarezza e con altrettanta fermezza: non aspiriamo ad alcun ruolo di supplenza, abbiamo ben presente quali siano i confini dei nostri compiti e delle nostre prerogative.
E soprattutto svolgiamo il nostro ruolo senza condizionamenti di tipo politico o ideologico, ma in modo tecnicamente rigoroso e nel pieno rispetto del principio di  imparzialità, è bene ricordarlo sempre.
Conosciamo il perimetro della nostra azione e non abbiamo alcuna aspirazione a superarlo, ma è evidente che reagiamo ad ogni tentativo di invadere il nostro campo, da chiunque provenga.
Allo stesso modo è passata una certa idea secondo la quale alla magistratura sia affidato il compito di intervenire, con la propria azione, su fenomeni sociali che hanno risvolti penalistici, quasi in funzione moralizzatrice della società.
Ebbene, questa non solo non è la nostra idea, ma non rientra nei compiti a noi affidati: i magistrati intervengono su fatti che vanno provati nel processo, che possono essere più o meno complessi, reiterati, estesi e duri da scardinare, ma sono dei fatti.
Sicuramente l’azione della magistratura ha come conseguenza una funzione di deterrenza, perché contribuisce, insieme a tutto il resto, ad evitare il ripetersi di fatti illeciti, ma di certo la magistratura non ha il compito di moralizzare la società o categorie della società, tanto meno la politica.
Ogni categoria deve occuparsi della deontologia dei propri appartenenti e la magistratura interviene quando la violazione del codice deontologico di ciascuna categoria costituisce anche reato.
Altri compiti di supplenza non sono a noi attribuiti.
Non  vogliamo sostituirci a nessuno, ma chiediamo che vengano rispettate le nostre prerogative costituzionali.
Non siamo sovrapposti alla politica, ma non intendiamo neanche contrapporci alla politica ed è per questo che cercheremo sempre la via del dialogo e del confronto, fedeli ai quei valori costituzionali che vogliamo gelosamente custodire.
E tra i compiti che la Costituzione assegna ai magistrati vi sono il dovere e l'obbligo di svolgere indagini e accertamenti nei confronti di tutti, senza esclusioni.
Ed è per questo motivo che oggi ribadiamo la nostra profonda gratitudine a Lei Signor Presidente Mattarella, che con la Sua saggezza istituzionale e nel Suo ruolo di garante della Costituzione ha precisato che “nel nostro ordinamento non esistono giudici elettivi: i giudici traggono la loro legittimazione dalla Costituzione. Nessuno è al di sopra della legge, neppure gli esponenti politici. Il rispetto delle regole è rispetto della democrazia”.
Ci riconosciamo completamente  nelle sue preziose parole Signor Presidente, perché delineano perfettamente il perimetro di azione di ciascuno degli attori del panorama costituzionale.
Ecco perché, ancora una volta Le diciamo: grazie.
Al Governo e al Parlamento, dunque, chiediamo quel necessario e imprescindibile sostegno che deve concretizzarsi nella messa a nostra disposizione di tutti quegli strumenti (legislativi, di riforme, di strutture e di risorse) che contribuiscano a far guarire i mali della giustizia e a farci svolgere al meglio i nostri compiti.
Non lasciateci soli a combattere le mafie, la corruzione e il malcostume della pubblica amministrazione, a fronteggiare la crisi economica che spesso si scarica sui Palazzi di Giustizia, a dare risposte ai cittadini su temi e materie sempre più attuali ma scarsamente regolamentati.
Una giustizia che funziona dà fiducia ai cittadini e misura il grado di civiltà di una Nazione: noi siamo disposti, come abbiamo sempre fatto, a fare ogni sacrificio per raggiungere gli obiettivi di efficienza e di efficacia dell’azione giudiziaria, ma abbiamo bisogno della rimozione di tutti quegli ostacoli che rallentano e rendono difficoltosa la marcia di una macchina dalle enormi potenzialità.

La sicurezza negli uffici e l’edilizia giudiziaria

Vi è poi il tema della edilizia giudiziaria e della sicurezza negli Uffici giudiziari che ha ormai assunto i caratteri dell’emergenza diventando una assoluta priorità.
Da due diversi monitoraggi fatti dall’ANM nel 2017 e nel 2018 è emerso un quadro allarmante proveniente dai vari Distretti di tutto il territorio nazionale: i nostri Palazzi di Giustizia sono spesso obsoleti, insufficienti e privi dei requisiti minimi di sicurezza.
Negli ultimi anni sempre più spesso abbiamo assistito ad infortuni anche gravi, causati dalla inadeguatezza delle strutture, ai danni di magistrati, avvocati e personale amministrativo.
Il culmine si è raggiunto a Bari, sede nella quale la scorsa estate ci si è visti costretti a svolgere le udienze nelle tende a causa dell’inagibilità del Palazzo di Giustizia, in una situazione poco dignitosa per l’esercizio della giurisdizione.
Solo grazie all’alto senso dello Stato di magistrati e personale amministrativo e alla grande collaborazione offerta dagli avvocati è stato possibile proseguire l’attività giudiziaria.
Ma la vicenda di Bari è solo la punta di un iceberg di una situazione ormai insostenbile.
Per non parlare  delle aggressioni che con troppa facilità avvengono all’interno dei Tribunali, in cui ogni giorno è a rischio l’incolumità di tutti gli operatori (magistrati, avvocati, personale amministrativo, polizia giudiziaria) ma anche dei privati cittadini che vi accedono.
Ci vengono alla mente i tragici eventi del palazzo di giustizia di Milano del 9 aprile 2015.
Così come le successive aggressioni subite durante le udienze a Palermo, Bari  e  Perugia che sarebbero potute costare la vita ai nostri colleghi. Episodi che dimostrano come il problema abbia assunto contorni drammatici per cui appare urgente e indifferibile trattarlo seriamente.
Ed è per questo che abbiamo chiesto al Ministro della Giustizia un piano straordinario di risorse per l’edilizia giudiziaria.
Occorre avere a cuore e affrontare con urgenza il tema della sicurezza negli Uffici giudiziari, all’interno dei quali tutti noi trascorriamo buona parte della nostra vita; perché un Tribunale in cui le udienze si tengono nelle tende, cadono i soffitti, gli ascensori impazziti provocano lesioni, avvengono aggressioni anche letali, piove nelle aule, un Tribunale in cui avviene tutto questo non è da Paese civile.
E dentro quelle aule, sotto quei soffitti e dentro quegli ascensori ogni giorno ci siamo noi, ci sono gli avvocati e ci sono i cittadini.
E’ paradossale come il luogo in cui i diritti vengono tutelati sia diventato un luogo insicuro e pericoloso per la vita e l’incolumità di chi vi opera.

Il personale amministrativo

E’ poi prioritario coprire i vuoti di organico del personale amministrativo, procedendo inoltre ad incentivare e gratificare il lavoro dei nostri collaboratori già in servizio, vera spina dorsale del buon funzionamento del sistema.
Attualmente vi è una carenza di circa 9.000 unità rispetto a quanto previsto in organico, una carenza significativa, tale da incidere negativamente e rallentare il lavoro giudiziario.
Anche sotto questo profilo chiediamo al Ministro della Giustizia una pianificazione strutturale dei concorsi per assistenti e cancellieri, tale da colmare i vuoti e fronteggiare le conseguenze dei pensionamenti, ancora più imponenti, che vi saranno per effetto della riforma cosiddetta quota 100.
A partire dal reclutamento dei 1860 giovani idonei all’ultimo concorso e in attesa dello scorrimento della graduatoria, prima che la stessa scada rendendo vano il lavoro già fatto dal Ministero e da questi ragazzi meritevoli.

Le piante organiche e la procedura per l’ingresso in magistratura

E’ indiscutibilmente positiva la scelta di bandire ogni anno un concorso in magistratura, misura che impedisce carenze di organico che avrebbero conseguenze negative sugli Uffici. L’auspicio è quello che si possa proseguire anche per il futuro mediante una pianificazione sistematica dei concorsi.
Così come abbiamo accolto con favore la decisione del Ministro della Giustizia di aumentare la pianta organica della magistratura di 600 unità.
Ora però occorre razionalizzare e capitalizzare questo provvedimento e cogliere questa importante occasione affinchè sia al massimo portatrice di benefici.
Perciò è necessario assegnare i nuovi posti in primo luogo agli Uffici che si trovano nelle condizioni di maggiore sofferenza e procedere in modo efficace ad una complessiva redistribuzione delle piante organiche, andando in soccorso di Tribunali e Procure in effettiva difficoltà.
Ma una delle misure che ci sta particolarmente a cuore è quella del ritorno del concorso in magistratura a concorso di primo grado, come in passato.
La sua trasformazione nella formula attuale non si è rivelata vincente e ciò per diverse ragioni.
L’acquisizione dei titoli di legittimazione avviene a distanza di alcuni anni dalla laurea, per cui i tempi per sostenere del prove del concorso e per assumere le funzioni giudiziarie si dilatano grandemente.
Si arriva, dunque, all’obiettivo ad un’età che spesso supera di gran lunga i 30 anni (mentre nel passato a 30 anni si era già maturata una buona esperienza), dopo aver fatto vari percorsi, così rischiando di consentire l’accesso in magistratura solo a chi proviene da famiglie agiate che possono permettersi di mantenere i figli agli studi per molti anni dopo la laurea.
E il rischio di un concorso in magistratura il cui accesso si dovesse basare, anche solo eventualmente, sulle possibilità economiche non possiamo correrlo.
Devono accedere in magistratura i migliori giovani laureati, i quali devono poter sostenere il concorso subito dopo la laurea e formarsi alla cultura della giuridizione, fin da subito, dentro la giurisdizione, con una formazione permanente successiva all’ingresso affidata alla Scuola Superiore della Magistratura, in necessaria sinergia con il Consiglio Superiore della Magistratura.
Nel passato magistrati giovanissimi hanno combattuto la criminalità organizzata, rappresentando per anni un pilastro per gli uffici giudiziari specie nelle terre più difficili, dove in genere vengono destinati i magistrati di prima nomina che tanto hanno dato al nostro Paese.
Il concorso in magistratura deve tornare ad essere un concorso di primo grado.
E per il raggiungimento di questo obiettivo l’ANM è in prima linea, impegnandosi con determinazione, facendosi promotrice di una globale proposta di modifica che deve necessariamente coinvolgere i Ministri della Giustizia e dell’Istruzione, il CSM, la Scuola Superiore della Magistratura, senza dimenticarci dell’apporto imprescindibile che dovremo chiedere all’Università.

Efficientismo, efficienza, qualità della giurisdizione, riforme e risorse

La sempre maggiore domanda di giustizia, sia nel settore civile che in quello penale, comporta il crescente rischio di un approccio efficientista alla giurisdizione.
Da molti anni, gli studi condotti a livello europeo, ci dicono che i magistrati italiani si collocano ai primi posti per capacità di definizione degli affari, pur dovendo fare i conti con fenomeni criminali che non hanno eguali altrove e con risorse certamente inferiori agli altri Paesi dell’Unione Europea.
Il numero degli affari per ciascun magistrato è spesso insostenibile, ai magistrati si chiede di produrre sempre di più, secondo uno schema aziendalistico/quantitativo che mal si concilia con la giurisdizione e con la risposta che i cittadini ci chiedono: la qualità dei nostri provvedimenti.
L’efficientismo è contrapposto all’efficienza, la quantità non sempre garantisce la qualità.
Ma per garantire livelli soddisfacenti di efficienza e di qualità è necessario intervenire sui numeri e snellire le procedure.
Ed è per questo che nei mesi scorsi abbiamo consegnato al Ministro della Giustizia le nostre proposte di riforma del processo penale e del processo civile.
Tra le criticità maggiori che vive il settore civile vi è l’imbuto che si crea nella fase della decisione
Possiamo adottare tutte le riforme che vogliamo, tagliare tempi, modificare modalità di accesso alla giustizia civile, ma se non curiamo l’arretrato non risolveremo i problemi.
Quanto alle nostre proposte sul processo penale, si tratta di interventi finalizzati esclusivamente ad incidere sulle lungaggini dei processi, il male maggiore del nostro sistema penale.
Se si analizzano separatamente e poi nel loro complesso non troviamo una singola proposta di modifica che possa essere tacciata di favorire i magistrati o l’attività dei magistrati, ma si tratta di norme che incidono sul sistema e che consentono al sistema di ripartire.
Abbiamo a cuore le garanzie dei cittadini allo stesso modo di come abbiamo a cuore l’efficacia dell’azione giudiziaria: ed è per questo che abbiamo cercato, e riteniamo di aver trovato, un punto di equilibrio.
Quelle proposte non sono il portato della decisione di pochi,  ma il frutto di quello che la base associativa sostiene da decenni, il frutto della frustrazione e dello sconforto dei magistrati che poco o nulla possono fare rispetto ad un dibattimento penale che ha in gran parte fallito.
Le riforme che si adottano devono guardare all’impatto sul sistema e non essere fatte a seguito di un caso di cronaca o sull’onda emotiva perché in questo caso hanno le gambe corte e fanno più danni di quelli che intendono evitare.
Solo se si ha una visione d’insieme nel fare le riforme e si dimostra lungimiranza, si potrà veramente dire di avere a cuore l’efficacia dell’azione giudiziaria dello Stato e  le garanzie costituzionali dei cittadini.
E soprattutto occorre prendere definitiva consapevolezza che non esistono riforme a costo zero.
Un sistema giudiziario moderno, al passo con i tempi, celere, efficiente e credibile richiede necessariamente misure economiche imponenti, da destinare alle strutture, all’informatica e al reclutamento del personale.
Magari partendo dall’autonomia economica, dal trasferimento di parte delle somme del FUG dal Ministero dell’Economia a quello della Giustizia.
E rifuggendo da ogni tentazione di riformare anzichè la giustizia, la magistratura, come troppo spesso nel passato è stato fatto.

Il dialogo con l’Avvocatura

Per raggiungere gli obiettivi che, per molti aspetti riteniamo comuni a tutte le componenti del mondo giudiziario, è fondamentale il dialogo con l’avvocatura, perché siamo convinti che una azione comune con il foro, pur nella fisiologica diversità di vedute, sia imprescindibile.
E sotto questo profilo ormai da tempo abbiamo instaurato un virtuoso percorso di dialogo finalizzato alla verifica delle possibili riforme nella comune ottica del miglioramento del sistema giudiziario.
Siamo convinti dell’alta funzione dell’avvocato nel nostro sistema ed è proprio per questo che non ci appartiene e non deve appartenerci la logica della contrapposizione, una visione antagonista dei ruoli, sterile e fine a se stessa che non fa bene a nessuno e che pregiudica specialmente i cittadini.

Rischio carrierismo, nomine e quote di genere

Occorre, ancora, evitare le degenerazioni derivanti dal carrierismo, che rischia di coinvolgerci fin dai primi anni dall’ingresso in magistratura; quella corsa affannosa all’acquisizione di titoli, talora vuoti simulacri privi di reali contenuti che, privilegiando il personalismo a svantaggio dei valori costituzionali sui quali abbiamo giurato, ha come unica conseguenza l’abbassamento della qualità del nostro servizio, a svantaggio dei cittadini.
Nei nostri uffici lo ricordiamo spesso ai magistrati in tirocinio di cui siamo affidatari, ma è bene rammentarlo a tutti noi: non è importante quante attività ho fatto e quanti incarichi ho avuto se si tratta di attività prive di sostanza e con scarsa qualità. Conta come li ho espletati.
E sotto questo profilo è fondamentale il massimo impegno del CSM, l’altra nostra casa insieme all’ANM, un CSM che, nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, deve essere attento al merito, alla giurisdizione  e alla sostanza e non all’appartenenza o ad una mera elencazione curriculare.
Con una particolare attenzione alle motivazioni che portano alle nomine, troppe volte annullate dal giudice amministrativo.
Un risvolto, questo, non certamente fisiologico per le dimensioni che sta assumendo, da non sottovalutare e su cui è necessario interrogarsi e prestare la massima attenzione, per correre adeguatamente ai ripari.
Un CSM, ancora, che abbia a cuore e curi il tema delle quote di genere nel conferimento degli incarichi per la dirigenza giudiziaria, putroppo troppo spesso messo da parte anche dal legislatore.

Il rapporto con la stampa e la sovraesposizione mediatica

E’ sempre attuale il tema del rapporto del singolo magistrato con i mezzi di informazione.
Affermeremo e difenderemo sempre la libertà di manifestazione del pensiero di ogni magistrato in quanto cittadino e come tale uguale a tutti gli altri.
Ma è evidente che l’alveo all’interno del quale muoversi è quello fissato dai parametri costituzionali, legislativi e ordinamentali, cui aggiungere quello del codice etico dell’ANM (il primo codice etico d’Europa e apprezzato all’estero) al cui rispetto sono tenuti tutti i magistrati iscritti all’associazione.
Non vi è dubbio che nella nostra storia abbiamo assistito a casi di sovraesposizione mediatica, talora involontaria perché determinata dalle vicende trattate, talora, probabilmente, cercata.
Ma la sovraesposizione del singolo non trova affatto il gradimento degli appartenenti all’ordine giudiziario (delle migliaia di magistrati che in silenzio e con grandi sacrifici fanno il proprio dovere in tutto il territorio nazionale).
Così come va stigmatizzata la ricerca della esposizione mediatica strumentale a fini diversi da quelli legati alla giurisdizione.
E più in generale occorre rigettare l’ottica della tifoseria e la ricerca del consenso popolare.
Non abbiamo giurato per questo e non ci spetta questo compito.

Attenzione alla questione morale e accantonamento del corporativismo

Diverso è il tema della credibilità e della fiducia che i cittadini devono avere in noi.
E credo di poter affermare che la stragrande maggioranza dei magistrati, pur con grandi sacrifici, con i propri comportamenti e con la propria azione adempia nel migliore dei modi a questo compito.
La magistratura nel suo insieme è un corpo sano e deve continuare a dimostrare, come spesso ha fatto, anche nell’ultimo periodo, di avere gli anticorpi per intervenire, con rigore e celerità e senza tentennamenti, nei confronti dei suoi appartenenti che con le proprie frequentazioni, i propri comportamenti e le proprie condotte hanno violato le regole, prime fra tutte quelle dell’opportunità, quelle etiche e quelle penali.
Solo così saremo credibili e legittimati a svolgere con autorevolezza le nostre prerogative costituzionali.
Opacità dei comportamenti, ma anche corporativismo, arroccamento, chiusura sulle proprie posizioni, contrapposizione: sono tutti concetti che, tutti insieme, dobbiamo bandire dal nostro vocabolario e dal nostro operato, sia come magistratura associata sia come singoli che ogni giorno esercitano la giurisdizione.
Apertura al dialogo e al confronto, impegno costante per offrire il nostro contributo, che riteniamo prezioso e qualificato in quanto forti della nostra esperienza nelle aule di giustizia e profondi conoscitori dei problemi e delle difficoltà del sistema giudiziario.
Ma allo stesso tempo rigore nella applicazione dei valori costituzionali per la tutela dei diritti dei cittadini e rigore nella pretesa che tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, rispettino gli stessi valori.
E fermezza nella difesa delle prerogative che la Carta Costituzionale assegna alla magistratura, a partire dalla autonomia e dalla indipendenza, su cui non arretreremo di un passo, perché come ci ricorda il Presidente Mattarella“Il rispetto delle regole è rispetto della democrazia”.

Conclusioni

Con l’orgoglio e il privilegio derivanti dal ruolo di rappresentanza che oggi ricopro e con la soddisfazione di percepire, guardando quest’aula, che la nostra Associazione è ancora affascinante e gode di ottima salute, dichiaro aperti i lavori della manifestazione  per i 110 anni dalla fondazione dell’Associazione Nazionale Magistrati.

Grazie.