Editoriale di RODOLFO MARIA SABELLI per Guida al diritto
- Il Sole 24 Ore
Gli ideali che hanno ispirato l'azione dell'Associazione
nazionale magistrati in oltre cento anni dalla sua costituzione
sono sempre attuali pur nel mutato contesto politico e
culturale.
Di fronte al mutevole atteggiarsi
di politica e opinione pubblica, spesso in conseguenza di
situazioni contingenti, non si può che riaffermare la centralità
dei principi di autonomia e indipendenza della giurisdizione,
presenti fin dai primi passi della magistratura associata, quali
valori fondanti e identitari della nostra Associazione. Sorprende,
oggi, la modernità degli scopi che animavano i colleghi di inizio
Novecento, i quali, per bocca del primo presidente
dell'Associazione, dichiararono il bisogno della magistratura «di
uscire dal suo isolamento di fronte allo sviluppo economico e
sociale del Paese e ai complessi problemi che tuttora gravano
insoluti sugli ordinamenti della giustizia».
Ciò suscitò, nel Governo e fra gli
stessi colleghi d'alto grado, il timore, fondato, che l'apertura
della magistratura alla società e il suo intervento in settori
diversi dallo stretto esercizio della funzione giudiziaria
potessero mettere in discussione il principio di gerarchia interna,
la dipendenza dell'ordine giudiziario dal potere esecutivo e il
carattere di separatezza, che connotavano la magistratura di inizio
secolo. Se un sistema di stampo liberale trovò appena tollerabile
il nuovo fenomeno associativo, il Fascismo non mostrò alcuna
disponibilità. Davanti alla prospettiva di trasformarsi in
sindacato fascista, l'Associazione preferì sciogliersi; la
dittatura reagì, ordinando la destituzione dei suoi dirigenti.
Un esercizio della giurisdizione
coerente con gli assetti costituzionali richiede, peraltro, una
magistratura caratterizzata da forte professionalità e fedele a un
impegno non ideologico ma, al contempo, aperto alla società e
sensibile alle sue esigenze. Un'istituzione che, come la
magistratura italiana, non si fonda sul consenso elettorale, non
può rinunciare, a sostegno della propria legittimazione, a una
riconosciuta autorevolezza, anche al fine di prevenire i rischi di
autoreferenzialità e di chiusura corporativa. Non c'è dubbio,
infatti, che il rapporto fra i magistrati e i cittadini, come fra
questi e ogni altra pubblica funzione, debba essere regolato dal
principio di responsabilità, evitando, però, polemiche effimere e
strumentali sulla disciplina, in concreto, di quella
responsabilità, sia essa civile o disciplinare. Se corollari di
quel principio sono la necessità dei controlli e la legittimità
della critica, tuttavia una democrazia matura deve saper preservare
il ruolo della propria magistratura da attacchi pretestuosi che,
alimentando sentimenti di generale sfiducia, minano, con la
magistratura, le altre istituzioni dello Stato.
È dunque richiamandosi a tali
valori che sono stati elaborati i criteri ispiratori dell'azione
della nuova giunta dell'Associazione, impegnata prima di tutto
nella difesa dell'attuale assetto della magistratura e dunque della
sua indipendenza, dei giudici come dei pubblici ministeri. Poiché
presupposti di un'azione credibile sono l'autorevolezza
dell'istituzione e il rispetto del principio di responsabilità,
gli obiettivi sindacali sono individuati e perseguiti nell'ampia
prospettiva di un sistema affidabile, per efficienza,
professionalità, tensione morale.
La Giunta, davanti a recenti casi
di contiguità di alcuni magistrati con ambienti oggetto di
indagini penali, ha affermato la centralità della questione
morale, consapevole che la compro missione anche di un solo
magistrato costituisce un danno grave per l'intera istituzione. Al
rispetto delle regole, requisito minimo per coloro ai quali è
affidato il controllo di legalità, deve aggiungersi, anzitutto, un
esercizio serio del potere di autogoverno: nella scelta dei
dirigenti, nelle valutazioni di professionalità, nello svolgimento
della funzione disciplinare, attenta ai profili deontologici prima
che ad aspetti formali come il rispetto dei termini di deposito
delle sentenze.
Il tema della credibilità è legato
a quello dell'efficienza. È pregiudizio diffuso che smaltimento
dei carichi di lavoro e qualità della giustizia siano obiettivi
confliggenti, quando è vero il contrario. A un rinnovato impegno
individuale devono però accompagnarsi una migliore organizzazione
degli uffici, un'ampia informatizzazione, un'assegnazione adeguata
delle risorse e una razionalizzazione di quelle già disponibili,
un mutamento culturale, che sia alieno da vecchie incrostazioni
quanto da impostazioni di taglio aziendalistico. Tali condizioni in
parte sono realizzabili con l'impegno degli stessi magistrati, in
parte richiedono l'intervento delle altre istituzioni.
Anche la tutela sindacale si lega
alla difesa della peculiare funzione giudiziaria. L'attenzione ai
temi retributivi non si risolve nella pretesa di inaccettabili
privilegi, ma in garanzia di indipendenza, assicurata dal rifiuto
di incarichi extra-giudiziari fonte di cospicue remunerazioni, ma
anche dal rispetto di meccanismi automatici di salvaguardia del
potere d'acquisto, collegati alla misura media degli adeguamenti
nel settore del pubblico impiego, che sottraggano la magistratura
alla necessità di inopportune trattative periodiche. La tutela dei
magistrati, esposti a conseguenze disciplinari da situazioni
organizzative carenti e da carichi di lavoro eccessivi, è
strumentale a consentire un esercizio efficiente della loro
funzione, nell'interesse della collettività. In tale prospettiva va
considerata l'attenzione prestata all'indipendenza interna, ai
rapporti con i capi degli uffici, al rispetto delle regole
organizzative, a una distribuzione razionale dei carichi di lavoro,
all'attuazione degli standard di rendimento e all'individuazione di
una fascia di produttività sostenibile.
Un obiettivo di efficienza e,
insieme, di qualità del servizio, impone anche interventi
legislativi sul processo, piuttosto che sulla magistratura.
Un'inversione di tendenza si richiede nel sistema penale,
diventato, nell'ultimo decennio, sempre più rigoroso nei confronti
dei soggetti "marginali", con le norme in tema di recidiva, droga,
immigrazione, ma più lassista nei confronti dei fenomeni corruttivi
e della criminalità economica e tributaria, anche grazie alla
riduzione dei termini di prescrizione, in assenza, peraltro, di
riforme che consentano di semplificare le procedure e ridurne i
tempi; a tal fine si impone, fra l'altro, la modifica del sistema
delle notifiche e del processo contumaciale.
Quanto al rito civile, occorre
promuovere l'operatività del processo telematico, la creazione
dell'ufficio del giudice, la riforma del regime delle
impugnazioni, l'adozione di strumenti che impediscano l'abuso del
processo, la promozione di corsie prioritarie perle cause che
maggiormente incidono sulla vita dei cittadini.
Quanto al rapporto fra
magistratura e politica, nel rispetto delle prerogative garantite
al magistrato come cittadino, si impone una seria analisi dei casi
in cui la partecipazione del magistrato alla vita politica, anche
locale, possa appannarne l'immagine di autonomia e indipendenza, in
vista di un intervento legislativo che estenda la normativa già in
vigore per le elezioni politiche a quelle amministrative,
introducendo un divieto di partecipare alle elezioni e di assumere
incarichi nelle amministrazioni dei luoghi dove si esercita
l'attività giudiziaria.
Si tratta di obiettivi ambiziosi,
sui quali si misureranno l'impegno di autoriforma della
magistratura e la volontà e capacità delle altre istituzioni di
offrire ai cittadini un servizio giustizia efficiente e
moderno.