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LA MAGISTRATURA | Articolo Rivista
12 giugno 2014

L'impresa innanzi al Tribunale delle Imprese

Il testo riproduce integralmente l’intervento dell’autore alla “Giornata europea della giustizia civile” di Milano del 25 ottobre 2013

Il compito che mi è stato affidato consiste nell’illustrare il funzionamento della sezione specializzata in materia di impresa presso la Corte d’Appello di Milano.
È stata istituita il 5.7.2012 con un presidente e otto consiglieri con doppio incarico e con esenzione di un terzo dal lavoro delle sezioni di provenienza. Il modulo riproduceva quello della sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale. Questa sezione veniva contestualmente soppressa e le sue cause venivano trasferite sui ruoli della nuova sezione.
La soluzione adottata era stata scelta a seguito di un ampio dibattito con i presidenti e i consiglieri delle sezioni civili, all’esito del quale era stata scartata la proposta di istituire una sezione autonoma, non giustificata dal numero delle pendenze (178 cause) e dalla previsione di un flusso di circa 150 nuove cause all’anno; la proposta di creare una sezione autonoma inoltre appariva irrealizzabile sia per la difficoltà di sottrarre almeno sei magistrati da altre sezioni, sia per le carenze di organico del personale di cancelleria.
Il doppio incarico è stato attuato prevedendo di dedicare una settimana al mese alla materia di impresa, con un giorno per l’udienza in camera di consiglio e un altro per l’udienza pubblica. L’obiettivo era quello di definire almeno 100 cause all’anno, in modo da contenere la durata delle cause specializzate nella metà del tempo necessario a definire quelle ordinarie.
I risultati corrispondono solo parzialmente alle aspettative:da gennaio a fine settembre 2013 sono stati definiti 89 processi e nei successivi tre mesi è facile prevedere che il numero minimo venga superato; la durata dei procedimenti della sezione specializzata è però ancora di 814 giorni rispetto ai 1.198 di quelli della prima sezione civile.
Bisogna quindi fare di più per velocizzare le definizioni, per eliminare l’arretrato, che è ancora di 176 cause e per fronteggiare l’aumento del prossimo flusso di sopravvenienze (vecchie cause societarie, antitrust, appalti pubblici di rilevanza comunitaria), che è destinato a raggiungere la quota di 150 calcolata dalla Commissione flussi del Consiglio Giudiziario (a settembre 2013 era di sole 79 cause).
Per migliorare la produttività sono allo studio interventi sulla capacità dei magistrati addetti alla sezione e sulla loro organizzazione.
L’ipotesi più accreditata consiste nell’incardinare la sezione specializzata nella prima civile, prevedendone la composizione con tutti o la maggior parte dei consiglieri, per la loro specializzazione già acquisita in passato. La materia di questa sezione ordinaria comprendeva infatti sia quella industriale sia quella societaria e l’antitrust prima dell’istituzione delle specializzazioni e quindi può garantire, specie in campo societario dove la specializzazione è più recente, la migliore competenza.
Inoltre, l’appartenenza a una stessa sezione facilita le presenze in udienza e i momenti di riunione indispensabili per discutere e concordare indirizzi comuni. Tutto questo incontra grosse difficoltà nell’attuale composizione di tre consiglieri e del presidente della prima sezione, di due consiglieri della seconda e di due della terza e di un consigliere della quarta.
Infine, per sopportare il peso delle materie specializzate ed evitare che la definizione delle cause ordinarie impedisca la rapida soluzione delle liti in materia di impresa, si prevede di integrare l’attuale organico di undici consiglieri della prima civile di almeno un’unità.
Tutta questa problematica formerà oggetto delle modifiche tabellari che dovranno essere predisposte entro fine anno, per divenire operanti con l’approvazione del CSM, nella primavera del 2014.
Per aumentare la produttività è anche indispensabile la collaborazione degli avvocati per consentire il rispetto dell’art. 132 c. 2 n. 4 c.p.c., che insegna di redigere la sentenza con “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.
Al proposito ricordo che il presidente della Corte di Cassazione ha indirizzato al presidente del Consiglio Nazionale Forense in data 17.6.2013 l’invito a suggerire agli iscritti di «contenere ricorsi e memorie nel limite di 20-25 pagine, e, ove la complessità del gravame non consentisse di rispettare questo limite, a formulare all’inizio di ogni atto una distinta ed evidenziata sintesi». Attualmente siamo invece costretti a leggere centinaia di pagine, per ognuno dei tre atti consentiti, spesso in larga parte ripetitivi, con conseguente difficoltà di individuare gli argomenti decisivi, nascosti in espressioni ridondanti e/o devianti.
Mi è stato chiesto di indicare qualche problematica incontrata nella soluzione delle liti: mi limito a segnalarne tre.
In tema di azione di responsabilità degli amministratori, introdotta da un socio di srl con richiesta di liquidazione del danno in favore della società, può avvenire che l’amministratore in conflitto di interessi, per evitare la nomina del curatore speciale, inviti l’assemblea a nominare un amministratore amico che, costituendosi, chieda il rigetto della domanda in un contesto di conclamata irregolarità della gestione. Si è discusso se accogliere la domanda del socio, non essendo in atti la rinuncia della società al credito, approvata con le maggioranze qualificate; se dichiarare il difetto di legittimazione processuale della società, con nullità degli atti compiuti o con necessità di integrazione del contraddittorio e rimessione al primo giudice; se respingere la domanda e trasmettere gli atti al pubblico ministero, per le iniziative da assumere contro il vecchio e il nuovo amministratore; se assumere iniziative contro il difensore per aver svolto le difese in situazione di palese conflitto di interessi.
A lungo si è discusso, anche sollevando eccezione di illegittimità costituzionale, sulle conseguenze della modifica dell’art. 2495 c.c. in tema di cancellazione della società dal registro delle imprese: mentre in precedenza l’atto formale della cancellazione non determinava l’estinzione della società, che manteneva la legittimazione processuale per i rapporti non ancora esauriti, la nuova formulazione sembra giustificare la soluzione che con la cancellazione la società perda la sua capacità processuale, con conseguente estinzione del processo, e così si è espressa la Cassazione a sezioni unite (n. 4060/2010). Questa soluzione consente però all’amministratore, chiamato in giudizio come legale rappresentante dell’ente, di provocare l’estinzione della società per rendere difficoltoso il recupero dei crediti sociali. È intervenuta ancora la Cassazione a sezioni unite (n. 6070/2013) per chiarire che alla cancellazione non corrisponde il venir meno dei rapporti giuridici ancora in essere, ma si determina un rapporto di tipo successorio in virtù del quale l’obbligazione si trasferisce dalla società ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto disposto nella liquidazione o illimitatamente se pendente societate già lo fossero. Si è così accolta la tesi che, quando la cancellazione si verifica nel corso di un giudizio, si determina un evento interruttivo, con eventuale prosecuzione dell’azione da parte o nei confronti dei soci; inoltre l’impugnazione di una sentenza pronunciata nei confronti di una società cancellata deve provenire o essere indirizzata ai soci. Non risultano precedenti autorevoli.
La terza difficoltà riguarda la scelta della procedura da seguire nelle varie controversie in cui è interessata la CONSOB. Non si tratta di materia espressamente assegnata alla specializzazione, ma riguarda comunque il rapporto tra giustizia e impresa, proprio di questo convegno. L’annunciata semplificazione dei riti si è rivelata in questo campo di difficile applicazione: l’art. 6 del d.lgs. n.150/2011 assoggetta al rito del lavoro le controversie previste dall’art. 22 legge n.689/1981, tra le quali non sembrano rientrare le sanzioni CONSOB o Banca d’Italia, che sono una specializzazione, regolata dal TUF, delle sanzioni amministrative.
Essendo ancora in vigore il comma 7 dell’art. 195 TUF, le opposizioni alle sanzioni di cui al titolo II della parte V (irregolarità nello svolgimento di operazioni sociali: false comunicazioni, opa) vengono decise in camera di consiglio con le formalità della giurisdizione volontaria.
Le opposizioni di cui al capo III del Titolo I della parte V (turbative del mercato: insider trading, aggiotaggio) erano regolate, ai sensi del comma 6 dell’art. 187 septies TUF dal rito previsto dall’art. 23 della legge n.689/1981 (che praticamente coincide col rito del lavoro) ma questo articolo è stato abrogato dall’art. 34 del d.lgs. di semplificazione, lasciando l’alternativa se procedere per queste opposizioni col rito del lavoro, previsto dall’art. 6 del citato d.lgs., o con quello ordinario; la nostra scelta è stata quella di non ricorrere all’applicazione analogica di un rito speciale e quindi di seguire la procedura ordinaria.
Per le sanzioni connesse alle attività dei revisori contabili, previste dall’art. 163 comma 1 lettera b del TUF, non è prevista una procedura di opposizione; essendo comprese nella parte IV e non nella V del TUF, non possono seguire il rito di queste ultime; si è adottata la soluzione di procedere col rito generale di opposizione alle sanzioni amministrative, ora disciplinato ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. sulle semplificazioni, col rito del lavoro. Per concludere, osservo che il processo ordinario nella forma contenziosa, prevista come prevalente per la soluzione delle liti in materia di impresa, non può trarre gran giovamento dagli strumenti acceleratori predisposti efficacemente dal recente legislatore:
il rito sommario, previsto agli artt. 792 bis-quater c.p.c. (disciplinato con legge n. 69/2009, in vigore dal 4.7.2009) non è applicabile alle procedure collegiali;
la decisione contestuale di cui all’art. 281 sexies c.p.c., introdotta in grado di appello con la legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011 in vigore dal 1.1.2012) non è praticabile in presenza di diverse questioni da trattare e risolvere;
i casi da definire con il novellato art. 342 e il nuovo art. 348 bis c.p.c (introdotti dal decreto sviluppo n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, in vigore dal 12.8.2012) sono isolati a causa della specifica preparazione del Foro: ricordo soltanto una causa filtrata in tema di responsabilità sociale di amministratore unico di srl, dove gli addebiti erano circoscritti e risolvibili con precedenti costanti.