L'ANM è l'associazione cui aderisce circa il 90%
dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.




https://www.associazionemagistrati.it/1736/relazione-introduttiva.htm
ORGANI ANM | Documenti ufficiali
11 ottobre 2014

Riunione CDC 11 ottobre 2014, relazione introduttiva Presidente Sabelli

“C’è stato un tempo in cui il lavoro dei giudici era rispettato, magari criticato, ma considerato alla stregua di un’importante funzione istituzionale; anche per questo c’era chi sparava addosso ai magistrati. Ora ne viviamo un altro, in cui quello stesso lavoro viene spesso dileggiato e preso a pretesto per sminuirne il valore e il significato. (…) Il risultato è minarne la credibilità attraverso accuse che vanno dall’incapacità all’essere dei fannulloni, dal protagonismo all’essere prezzolati o politicamente orientati. (…) La consapevolezza di svolgere un servizio essenziale avendo come unico riferimento l’applicazione della legge uguale per tutti, però, aiuta ad andare avanti (…).”

Ho voluto introdurre questo Cdc con le stesse parole con le quali, pochi giorni fa, la nostra Alessandra Galli, in un’intervista al Corriere della Sera, ricordava il padre Guido. Quelle parole mi sembrano appropriate a un dibattito sulla riforma della giustizia – riforma alla quale è in larga parte dedicato l’ordine del giorno odierno – che non può non estendersi a una riflessione più ampia sul valore e sul ruolo della giurisdizione. Gli interventi annunciati e in parte già realizzati dal Governo non coinvolgono semplici profili di carattere organizzativo e processuale. Essi, in realtà, vanno considerati in una prospettiva che investe il ruolo stesso della giurisdizione, considerata in sé, nel rapporto con gli altri poteri dello Stato e nella sua funzione di garanzia all’interno della società e della realtà economica.
Le riforme che si vanno delineando, in realtà lontane da quella rivoluzione che, secondo facili slogan, dovrebbe restituire alla giustizia piena efficienza e decoro, si uniscono a dichiarazioni pubbliche, che associano i ritardi della giustizia a una presunta scarsa produttività dei magistrati. Tali dichiarazioni offensive si affiancano ai molti luoghi comuni, alimentati da quanti insistono sulla nostra presunta inefficienza e irresponsabilità. Sono veri e propri falsi, smentiti dai dati statistici: dati che evidenziano la serietà e la severità, talvolta anche eccessiva, del nostro sistema disciplinare; dati che collocano la produttività della magistratura italiana ai livelli massimi in Europa, con oltre 2 milioni 800.000 mila cause civili e con oltre 1 milione 200.000 procedimenti penali definiti in un solo anno.

Soltanto l’impegno straordinario dei magistrati e del personale di cancelleria ha consentito di consolidare la tendenza verso una lenta ma progressiva riduzione delle pendenze nel settore civile e del lavoro. Quanto alla materia penale, se la durata media dei nostri processi è purtroppo ancora lontana da standard ottimali, dobbiamo però anche ricordare i risultati conseguiti, nonostante le difficoltà, nel contrasto alla criminalità organizzata ed economica, nella lotta alla corruzione, nella tutela dell’ambiente e della sicurezza sui luoghi di lavoro; lo sforzo compiuto nel settore della prevenzione reale, con aziende e immobili sottratti alle mafie e recuperati alla legalità; l’impegno e la qualità del lavoro svolto dai colleghi degli Uffici minorili; lo sforzo dei colleghi della Sorveglianza, a fronte di competenze sempre crescenti e di organici immutati: è anche per merito loro se l’Italia si è sottratta a nuove condanne della Corte europea.

Senza indugiare in autocelebrazioni o cedere a impropri toni trionfalistici, occorre dunque ribadire il ruolo centrale e insostituibile della giurisdizione e la qualità del nostro lavoro.

Prima di affrontare la questione delle riforme, conviene trattare brevemente gli altri punti all’ordine del giorno.

Quanto al tema dell’organizzazione interna degli Uffici di Procura, abbiamo ritenuto, per la sua complessità, di affidare a un gruppo di lavoro, costituito all’interno del CDC, l’elaborazione di una riflessione preliminare, che possa offrire una base di discussione al Comitato.

Come già ricordavo nella precedente riunione, vanno poi rinnovati i collegi dei probiviri e dei revisori dei conti, di durata biennale. I revisori hanno offerto la loro disponibilità alla conferma. Quanto invece ai probiviri, abbiamo raccolto la richiesta di sostituzione dei colleghi Pivetti e Cafiero de Raho.

Ancora, va sottoposta all’approvazione del CDC l’istituzione della sottosezione ANM di Napoli Nord.

Quanto al tema dell’eventuale valutazione in sede disciplinare delle mail pubblicate sulla nostra lista (tema inserito nell’ordine del giorno su richiesta del collega Reale), va premesso che è auspicabile che i messaggi conservino i limiti di un civile confronto, adeguato al ruolo della magistratura, pur nell’asprezza della discussione. La mailing list – che, lo ricordo, non prevede il controllo di un moderatore – deve restare un luogo di libera espressione e di confronto, riservato ai magistrati iscritti all’ANM e quindi privo di ogni carattere pubblico. Dobbiamo però ricordare a tutti i colleghi che gli organi direttivi dell’associazione non sono, ovviamente, in grado di garantire l’immunità da eventuali iniziative di natura disciplinare. Purtroppo, non possiamo non manifestare sconcerto e viva deplorazione a fronte della ripetuta divulgazione del contenuto di mail che dovevano restare riservate e che sono state invece propalate all’esterno e riprodotte sulla stampa, con tanto di nome degli autori. Si tratta di comportamenti gravi, che squalificano coloro che li compiono e che possono essere fonte per costoro di precise responsabilità.

A questi temi ne aggiungerei un altro, non inserito all’ordine del giorno ma sollecitato da più parti e al quale fin dall’inizio la nostra Giunta ha dedicato particolare attenzione: quello della comunicazione. E’ un tema delicato e complesso, che deve tenere conto:
- della varietà dei destinatari (a seconda, cioè, che si tratti di comunicazione interna o rivolta agli interlocutori istituzionali o alla generalità dei cittadini);
- della scelta dello strumento di volta in volta più idoneo (partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, social network, sito web, comunicati stampa, dichiarazioni alle agenzie, interviste a quotidiani e a periodici; comunicazioni istituzionali, partecipazione e organizzazione di convegni);
- della maggiore o minore complessità delle forme espressive;
- della natura e dell’attualità del tema trattato e dell’effettivo grado di interesse per coloro ai quali ci rivolgiamo.

La Giunta non ha trascurato nessuno dei mezzi disponibili, di volta in volta adattati alle circostanze, agli argomenti affrontati, alla platea dei destinatari della comunicazione, facendone l’occasione per manifestare un’idea condivisa. In questo compito siamo stati ottimamente sostenuti dal nostro infaticabile ufficio stampa, che, fra l’altro, cura i rapporti con le agenzie e promuove la diffusione di comunicati e dichiarazioni, che conquistano in tempi rapidi l’attenzione dei siti di informazione e delle pagine dei giornali. Ormai da un anno abbiamo affiancato al sito web, interamente ristrutturato, l’impiego dei social network più popolari. Consapevoli della difficoltà di tradurre in parole semplici temi complessi, abbiamo anche elaborato nei giorni scorsi forme espressive grafiche semplificate che non rinuncino però alla verità e non scadano nella banalizzazione. I risultati sul fronte della comunicazione crediamo che siano stati finora molto soddisfacenti, come testimoniato dall’attenzione dedicata dai mezzi di informazione e dalla quantità e qualità della nostra presenza sui media; ci impegniamo comunque a fare sempre più e sempre meglio. Allo scopo di assicurare la migliore comunicazione interna, approfittiamo oggi della presenza dei rappresentanti delle giunte sezionali per chiedere la loro collaborazione, perché ci sostengano nella diffusione di un’informazione sempre più capillare ed efficace.

Torno ora al tema indicato al primo punto dell’ordine del giorno, la riforma della giustizia. Ricorderete come già in occasione delle precedenti riunioni del CDC ci siamo soffermati su questo argomento, che oggi però, alla luce degli sviluppi recenti, assume un’importanza centrale. Non voglio indugiare sui profili processuali e di diritto sostanziale. Su questo mi limiterò a una breve sintesi. Quanto agli interventi realizzati nel settore civile, mi riporto al parere critico espresso dalla nostra commissione di studio e a quanto abbiamo riferito lo scorso 25 settembre alla Commissione Giustizia del Senato: le relazioni sono già state pubblicate sul nostro sito web. Aggiungo che prosegue il monitoraggio sul funzionamento del PCT: disservizi e problemi – di natura tecnica e processuale – sono stati rappresentati al Ministro nel corso delle riunioni a ciò dedicate. Quanto alla materia penale, pochi giorni fa il Governo ha presentato un emendamento alla legge sul rientro dei capitali, con cui si introduce il reato di autoriciclaggio; sui limiti e sulle probabili incertezze interpretative che la formulazione prescelta genererà ci siamo già espressi in alcuni interventi pubblici e confidiamo in modifiche nel corso dell’esame parlamentare. Si attende ancora l’esercizio della delega in materia di depenalizzazione, di sanzioni penali e di misure alternative. Quanto alla riforma della prescrizione, in base alle notizie che trapelano, il Governo sembra avviarsi verso un semplice ritocco della disciplina attuale, anziché all’auspicata, radicale destrutturazione della novella del dicembre 2005, che includa, fra l’altro, la sospensione della prescrizione almeno dopo la sentenza di primo grado. Quanto infine alle riforme processuali, le novità che si annunciano non sembrano tali da poter imprimere una svolta decisiva a una giustizia penale in affanno. In attesa di leggere i testi ufficiali e di raccogliere il parere della nostra commissione di studio, alla quale abbiamo sottoposto la bozza informale finora disponibile, ci riportiamo, per ora, ai dubbi espressi nel nostro documento del 9 settembre. Informo, da ultimo, che abbiamo investito le nostre commissioni di studio della bozza di legge delega in materia di tribunale della famiglia, che vorrebbe introdurre, fra l’altro, profonde trasformazioni di natura ordinamentale.

Mi piacerebbe, in realtà, indugiare più a lungo sui temi delle riforme processuali e dell’efficienza del sistema, sulle proposte che l’ANM ha elaborato già da tempo e che sono state finora raccolte solo in parte dal legislatore, sui temi, cioè, della buona giustizia. Assistiamo invece a un dibattito pubblico che si immiserisce in polemiche deprimenti su ferie e sospensione feriale dei termini e sulla presunta chiusura estiva dei tribunali; un dibattito purtroppo generato da una norma suggerita da esigenze di propaganda e da cedimenti di sapore demagogico piuttosto che da reale volontà di riforma. Del resto, è ormai chiaro anche al mondo politico, al di là di qualche residua dichiarazione polemica, che quella norma non aumenterà l’efficienza di un sistema giunto ai limiti ed anzi oltre i limiti massimi di possibile produttività, ma creerà, anzi, non pochi problemi organizzativi. La magistratura associata non intende farsi trascinare sul piano dello scontro sindacale, del tutto incompatibile con la specificità della funzione giudiziaria. La giurisdizione va tenuta indenne con ogni forza dai rischi di burocratizzazione e va salvaguardata, quale funzione di rango costituzionale, nelle sue caratteristiche di autonomia e di autorganizzazione, non quale privilegio nostro ma quale interesse della Repubblica. In una parola, la giurisdizione va salvaguardata nella sua dignità. Ed è appunto nella prospettiva della dignità e specificità della nostra funzione che devono trovare adeguato riconoscimento il nostro stato giuridico e i diritti che ci competono.

Sarebbe un errore affrontare i disegni di riforma in chiave ora processuale, ora organizzativa, ora ordinamentale, secondo la materia di volta in volta affrontata. Il tema delle riforme, infatti, è molto più di questo, assume un valore in senso lato politico, che investe, come anticipavo, il ruolo stesso della giurisdizione. Assistiamo da tempo a interventi che, in modo asistematico e spesso incoerente, eccedono i confini della semplice riforma tecnica.

Solo a titolo di esempio:
- le modalità e i tempi della riduzione dell’età pensionabile, che produrrà la decapitazione, in contemporanea, di centinaia di incarichi di vertice e consistenti vuoti in un organico già in sofferenza;
- la riduzione della sospensione feriale e delle ferie, peraltro fra loro impropriamente confusi, che richiamo non tanto per la sostanza della riforma ma per le modalità con cui essa è stata annunciata e realizzata, in diretta televisiva, senza interlocuzione con le categorie coinvolte, con l’ossimoro di un decreto legge a efficacia differita e con l’accostamento suggestivo e offensivo tra una presunta – e inesistente – chiusura estiva dei tribunali e i ritardi della giustizia;
- la valorizzazione, nel processo civile, di strumenti deflattivi, astrattamente apprezzabili, ma che rischiano di essere non già troppo pochi ma piuttosto troppi, costosi e male armonizzati fra loro e con le regole del processo;
- un progetto di riforma della responsabilità civile, da tempo pendente in Senato, che mortificherebbe il ruolo del magistrato e ne comprimerebbe l’indipendenza e la libertà di interpretazione, finendo col promuovere, per dirla con le parole di Rosario Livatino, una giustizia non più giusta ma più innocua e più conformista;
- l’assenza, finora, di seri investimenti in personale e strumenti di lavoro, oggi impediti, ci viene detto, dalla scarsità delle risorse ma, in passato, nei tempi delle vacche grasse, forse dai troppi sprechi.

A ciò si uniscono:
- una cultura della legalità e della qualità del processo come luogo di tutela dei diritti in ritirata dinanzi a un’insistenza ossessiva sul tema dell’efficienza ad ogni costo;
- dichiarazioni che, traendo spunto da indagini nel settore economico o da provvedimenti del giudice del lavoro, appiccicano alla funzione giudiziaria un’immagine di ingerenza impropria e lasciano in ombra il collegamento che invece esiste tra giurisdizione ed effettività dei diritti, tra legalità e corretto funzionamento del mercato e dell’economia;
- le ripetute accuse di supplenza rivolte a una magistratura spesso lasciata sola su materie che il legislatore non sa o non vuole affrontare;
- inutili provocazioni, come il ritornello, ripetuto fino all’altro ieri, che l’ANM avrebbe protestato contro il tetto stipendiale massimo e avrebbe considerato la riduzione delle ferie alla stregua di un attentato alla democrazia; favole che non diventano più vere solo perché raccontate più spesso;
- un dibattito pubblico quasi sempre superficiale, intriso di pregiudizi e di luoghi comuni, che fa dei magistrati una casta fra le caste e bolla di corporativismo qualsiasi espressione o parere che provenga dalla magistratura associata, in un evidente fastidio per il controllo di legalità.

Offriamo oggi ai colleghi questi spunti di riflessione. A piccoli passi, si rischia di retrocedere, in una progressiva erosione del ruolo della giurisdizione, con riforme condotte in assenza di un progetto organico, con strumenti normativi impropri e con soluzioni inefficaci, accompagnate da slogan che ne dissimulano l’inutilità. Eppure, non mancherebbero i segnali positivi.

Va riconosciuta l’attenzione finalmente dedicata al problema del trattamento penitenziario, benché molto ancora ci sia da fare, sul fronte della qualità delle carceri e degli organici della magistratura di sorveglianza e del personale amministrativo; si apprezzano i progressi fatti sul fronte dell’innovazione, i quali però rischiano di disperdersi, se non sostenuti da investimenti che assicurino la piena funzionalità del PCT e da un maggiore impulso nella promozione delle buone prassi e nell’estensione dell’informatica al settore penale; attendiamo che la volontà dichiarata di un intervento riformatore nel campo della prevenzione patrimoniale si traduca nella sua concreta realizzazione; le iniziative, condivisibili, in materia di riforma del sistema penale (depenalizzazione, non punibilità per tenuità del fatto, riforma delle sanzioni), richiedono una sollecita e completa attuazione della delega; sul tema della responsabilità civile dei magistrati, prendiamo atto dell’impegno del Governo a evitare derive punitive e soluzioni contrarie ai principi costituzionali, benché il disegno presentato nei giorni scorsi non si sottragga a critiche, per l’eliminazione, ad esempio, del filtro di ammissibilità, in controtendenza rispetto alle scelte generali fatte in materia di processo civile.

Sui temi tecnico-giuridici siamo ripetutamente intervenuti e continueremo a farlo, avvalendoci dell’esperienza delle nostre commissioni di studio. Su quel che attiene alla giurisdizione e alle condizioni del suo esercizio abbiamo invece sollecitato la riflessione di tutti i colleghi, attraverso le assemblee distrettuali. Dobbiamo esprimere sincera soddisfazione per la qualità del confronto e delle proposte che ne sono venute. E’ una via sulla quale il dibattito associativo dovrà proseguire, trovando nuova occasione di incontro e discussione nell’assemblea generale, la cui convocazione la Giunta, fin dal 18 settembre scorso, ha deciso di proporre al CDC, in considerazione della particolarità del momento, e che ha trovato ampia condivisione nelle assemblee sezionali. Dunque fin da oggi occorre avviare un percorso di pubblico confronto, che conduca all’elaborazione di proposte concrete. Proposte che, speriamo, possano costituire una base condivisa di discussione per l’assemblea generale, che dovrà essere la sede di approfondimento e di decisione delle strategie future.

La magistratura italiana ha sempre dimostrato maturità, senso di responsabilità, forte condivisione etica. Noi vogliamo discutere del nostro ruolo e del nostro stato giuridico, perché sappiamo che esso è presidio, della dignità della nostra funzione; noi chiediamo strutture adeguate, condizioni di lavoro decorose e personale sufficiente e preparato, perché sono condizioni indispensabili per rendere un servizio efficiente al cittadino; chiediamo investimenti nell’innovazione e nell’informatizzazione del sistema, funzionali a una giustizia moderna e al passo con i tempi. Su questo e sulle buone riforme noi chiediamo alle altre istituzioni un impegno formale.

La magistratura, così come rifiuta la deriva di una burocratizzazione del proprio ruolo, al tempo stesso rifiuta la via delle polemiche pretestuose e delle chiusure corporative; non vuole privilegi ma respinge le offese e difende con intransigenza il proprio decoro, in coerenza col suo rango costituzionale; rifiuta ogni conservatorismo e chiede le riforme, non rinunciando a esprimere il proprio parere su quelle in atto, severo e critico se necessario ma sempre obiettivo e motivato; offre la propria professionalità e il proprio contributo di collaborazione e di proposte. Sulla difesa dei valori costituzionali e della funzione giurisdizionale, però, non potremo mai cedere. Perché quando una vittima della mafia o del malaffare chiederà soccorso, o un cittadino invocherà la tutela dei propri diritti, quando, insomma, una persona vorrà giustizia, possa sempre trovarla, nella professionalità e nell’indipendenza di un magistrato.