Credo di interpretare il sentimento di tutti se invito i presenti a un minuto di raccoglimento, nel ricordo di quanto accaduto a Milano giovedì 9 aprile.
Fernando Ciampi.
Lorenzo Claris Appiani.
Giorgio Erba.
Un magistrato, un avvocato, un cittadino, colpiti da una violenza rabbiosa, nel luogo che è l’antitesi della violenza. Davanti a tanta enormità restiamo sgomenti, sgomenti davanti alla rabbia che può raccogliersi sulla giustizia.
Appena venti giorni fa vi è stato anche un altro tribunale violato e vi è un altro nome che oggi desidero ricordare. E’ quello del collega turco Mehmet Selim Kiraz. Sono fatti accaduti lontano da qui, ma idealmente assai vicini. Vicini nel valore universale della giurisdizione. Vicini perché a noi richiamano la memoria dei colleghi caduti per mano della violenza terroristica e per mano del crimine organizzato. Colleghi, il cui valore e il cui insegnamento non è nel sangue versato ma è nell’impegno coerente e nel dovere al quale essi hanno adempiuto senza incertezze, pur consapevoli che il sangue poteva essere il prezzo di quell’impegno e di quella coerenza.
Davanti alla violenza che ha colpito nel cuore del tribunale di Milano, i magistrati e gli avvocati hanno reagito riaffermando i principi che sono a fondamento delle nostre funzioni. Richiamando il valore della giustizia e dell’indipendenza. Dunque, anche nello sgomento e nel dolore, noi continueremo a fare il nostro dovere: quella sciagurata mano omicida troverà un avvocato a difenderla e troverà un giudice a giudicarla secondo la legge.
Questa è la giustizia, questi sono i principi nei quali noi crediamo. Ma proprio in nome di questi principi noi chiediamo rispetto e fiducia. Chiediamo quel rispetto diffuso, che spesso è mancato e che può contenere la rabbia e tenere a freno le tensioni, che induce ogni cittadino al rispetto. Chiediamo fiducia nella giustizia, pilastro della democrazia, garanzia di eguaglianza, motore di progresso sociale. Nei tribunali ogni giorno noi tocchiamo con mano i drammi dei diritti violati; gli effetti della crescente crisi economica e sociale; i conflitti familiari; le disuguaglianze prodotte da una realtà che ancora attende la piena realizzazione dell’art. 3 della Costituzione; la tragedia dell’immigrazione dal mare, che trasforma in sangue le acque del Mediterraneo e oggi ci colpisce con la notizia di un nuovo, spaventoso dramma.
Troppo spesso, purtroppo, si considera la giustizia nelle sue responsabilità e nelle sue colpe – vere o presunte – e non nei suoi meriti; nelle sue inefficienze e non nei suoi risultati. Troppo spesso si trascura il valore della legalità, onorata a parole ma tradita nei fatti. Dobbiamo allora affermare con forza quel valore e ricordare che la giustizia è amministrata in nome dei cittadini, è dei cittadini e deve essere in grado di corrispondere alle loro richieste. La sicurezza che noi chiediamo con forza per i palazzi di giustizia non deve trasformare idealmente la giustizia nell’immagine di una fortezza assediata.
Questo credo debba essere il tempo dell’unità e della responsabilità ed è proprio in nome di questa comune responsabilità che noi chiediamo che i magistrati, gli avvocati, il personale amministrativo, non siano lasciati soli. Per questo noi chiediamo alle istituzioni politiche rispetto, ascolto, buona organizzazione, leggi adeguate. Per la giustizia, per chi lavora nella giustizia, per tutti i cittadini.