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25 settembre 2015

Intervento di uno studente del Liceo Classico, Linguistico e Coreutico “R. Settimo” di Caltanissetta

Cerimonia in ricordo dei giudici Saetta e Livatino, 25 settembre 2015

Signor Presidente,
La Sua presenza qui, nella nostra città e nel nostro Palazzo di Giustizia, è un onore immenso e altrettanto grande è la gioia di parlare con Lei, simbolo autorevole e autentico di legalità, in questo luogo in cui la “legalità” è la parola d’ordine.

Sono una studentessa del Liceo “Ruggero Settimo”, la scuola dove il giudice Antonino Saetta ha studiato e nel 1940  ha conseguito la maturità, e dove prima di lui aveva studiato il giudice Gaetano Costa, nostro concittadino.

Il giudice Rosario Livatino, che ha lavorato  in questo Palazzo, nel primo anno della sua carriera in magistratura, aveva scritto nei suoi appunti: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”.

Essere credibili significare perseguire un obiettivo, essere credenti significa limitarsi a proclamarlo. Essere credibili, per Rosario Livatino e Antonino Saetta, ha significato essere coerenti, anche a costo della vita, nel compimento del proprio dovere. Ma essere credibili a “qualcuno” non sta bene, anzi, e per questo che Livatino e Saetta sono stati uccisi, eroi silenziosi, che hanno lavorato senza apparire sui circuiti mediatici, senza prestarsi a spettacolarizzazioni, come il giudice Costa, che in tutta la sua vita non aveva mai concesso neppure un’intervista.

Questi esempi che la nostra Sicilia ha generato (Sicilia che vogliamo liberare dallo stereotipo dell’identificazione con la mafia, l’omertà  e la sottomissione),  questi siciliani di cui siamo orgogliosi,  non si sono rassegnati mai a trascorrere un’esistenza tranquilla, protetti da una professione che potevano vivere come un privilegio, ma si sono impegnati con intelligenza, coscienza e rigore, combattendo come veri guerrieri, in prima fila, senza incertezze né “accomodamenti”.

Hanno vissuto con coraggio. Lo stesso coraggio coerente e inflessibile che riconosciamo in Lei, Signor Presidente, nei suoi atti, nelle sue parole, e anche nei suoi silenzi, che spesso parlano di più, come nell’abbraccio, questa estate, a Manfredi Borsellino.

Il Suo discorso di insediamento, il 3 febbraio,  (che il giorno dopo abbiamo letto in classe e analizzato insieme ai nostri professori),  per noi giovani è stato un momento di respiro e di serenità, perché nei suoi occhi traspariva una determinazione pacata e forte nell’indicare i riferimenti della Sua azione di Presidente di tutti gli Italiani.

Eravamo presenti anche noi in quel discorso, quando Lei ha parlato della speranza che non deve abbandonare i giovani, “che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito”.

E oggi proprio noi giovani ci troviamo  a combattere contro mille difficoltà che oscurano il nostro futuro schiacciati da quello che lei ha definito “il cancro pervasivo che distrugge le speranze e calpesta i diritti”:  la mafia, nata in Sicilia ma morta in nessun luogo, che è ancora una presenza infida e silenziosa, che non fa più scalpore con il tritolo, che non appare più così tanto sui giornali.

Eppure non è scomparsa, la mafia. Si è soltanto infiltrata ancora più a fondo di  prima, nell’economia, nel potere, nelle istituzioni, in tutta Italia. Scava scava, chi ti trovi?  Sempre lei, beffarda e feroce, perché tanto “mancu mi tucchi…”. Ovunque, avvolta nelle spire della burocrazia, mascherata con giacca e cravatta. Non per niente il nostro Paese ha uno dei tassi più alti di corruzione  a livello mondiale.

Ma questo cancro pervasivo può essere, deve essere combattuto, con la consapevolezza, la volontà e la tenacia.

E noi ragazzi vogliamo impegnarci seriamente in questa lotta di liberazione, in cui la posta in gioco è il nostro futuro,  la possibilità che ognuno di noi possa fare, nella propria vita, il lavoro che lo rende felice. Non il meno peggio, o l’emigrazione, lontano.

Bisogna essere pronti a mettersi in gioco, a riprendere il testimone da dove i nostri padri hanno fallito. La nostra generazione vuole prendere in mano questa responsabilità: perché chi nasce in questa terra tanto sofferta e tormentata riceve, anche dalla scuola, l’eredità della cultura, che deve essere alimentata con interrogativi nuovi, con l’amore nel riscoprire le proprie radici, perché viviamo in una terra che racchiude l’universo di tutte le arti. E che, spesso, pensiamo a Leonardo Sciascia, ha detto la verità su di sé più con la letteratura che con la politica.

Siamo anche noi, come Lei, siciliani. E siamo fieri di esserlo, di “sentirci” siciliani. Perché la Sicilia è bellezza, e questo deve rappresentare per l’Italia. L’Italia che è una repubblica fondata sul lavoro, lavoro che è dignità e vita. E vogliamo sperare che la nostra terra non sia solo un sogno per i nostri fratelli migranti che volentieri accogliamo,  ma che sia il luogo ideale anche per tutti noi. Un luogo in cui non bisogna temere lo sguardo di un prepotente e non bisogna piegarsi alle soverchierie di chi ha le conoscenze “giuste”.

Abbiamo bisogno di una scuola che ci insegni non solo il passato per capire il presente ma ci parli del presente per poter sognare e costruire il futuro.

A scuola dovremmo imparare, con l’arte e la letteratura, a vedere la bellezza nella credibilità (quella di cui scriveva il giudice Livatino) e nella legalità; imparare ad essere capaci di individuare, di denunciare e di contrastare il compromesso e il degrado, la cecità di fronte agli illeciti e al disprezzo delle regole condivise.

L’educazione alla credibilità è il sorriso che ci lascia ogni servitore dello Stato ucciso dalla mafia. L’educazione alla bellezza è lotta contro la mafia.
Come insegna Cicerone “Fundamentum autem est justitiae fides, id est dictorum conventorumque constantia et veritas” [Fondamento della giustizia è  la fede, cioè la costanza e la sincerità nel mantenere le cose dette e convenute].

In questo consiste il senso dell’onore, per troppo tempo appannaggio distorto dei mafiosi e dei corrotti: onorare gli impegni e tenere fede alla parola data.

Benvenuto Signor Presidente!

Liceo Classico, Linguistico e Coreutico  “R. Settimo”