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AREA GENERALE | Notizie
18 maggio 2017

Capaci 25 anni dopo: il ricordo dell'ANM

Iniziative distrettuali a Palermo e Reggio Calabria

Nel 25esimo anniversario della strage di Capaci l'Anm vuole ricordare i colleghi Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Vito Schifani, Antonio Montinari e Rocco Dicillo, agenti della Polizia di Stato, pubblicando un bellissimo ricordo dello stesso Giovanni Falcone scritto da Sergio Lari, procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, al quale rivolgiamo un sentito ringraziamento per aver aderito alla nostra richiesta con entusiasmo ed efficacia comunicativa.

Anche le sezioni distrettuali Anm di Palermo e di Reggio Calabria hanno organizzato delle iniziative in occasione dell'anniversario della strage di Capaci:  

Il Contributo di Sergio Lari su Giovanni Falcone

23 MAGGIO 2017.

Sono già trascorsi venticinque anni da quando Giovanni Falcone fu trucidato da “cosa nostra” insieme alla moglie Francesca Morvillo ed ai valorosi agenti della Polizia di Stato Vito Schifani, Antonio Montinari e Rocco Dicillo.
Oggi che la “stagione delle stragi” appare lontana, probabilmente sono in molti, soprattutto tra coloro i quali nel 1992 non erano ancora nati o erano troppo giovani, a non rendersi pienamente conto di quali rischi abbiano corso, a quell’epoca, le nostre Istituzioni a causa della pericolosità sociale, economica e militare di “cosa nostra” ed al contempo di quanto grande debba essere il debito di gratitudine dei cittadini italiani nei confronti dei tanti, troppi, servitori dello Stato che, come Falcone, hanno sacrificato la loro vita per contrastare la criminalità organizzata di stampo mafioso.
Di questa consapevolezza non sono certamente privi gli appartenenti alla mia generazione, in specie quelli che, come me, per ragioni legate alla professione esercitata, non soltanto hanno vissuto da dentro le Istituzioni giudiziarie questi ultimi quattro decenni, ma hanno anche avuto l’opportunità di frequentare magistrati come Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, divenendo testimoni privilegiati delle loro vicende umane e professionali, fino al tragico epilogo delle loro esistenze.
Avendo conosciuto Giovanni Falcone non esito a definirlo un eroe dei nostri tempi, perché egli ha subito la stessa sorte che il destino riservò ad Ettore sotto le mura di Troia dove perì per salvare la sua gente e la sua patria lottando contro Achille, un nemico invincibile.
Faccio questa affermazione con piena cognizione di causa perché, avendo indagato, nella qualità di procuratore della Repubblica di Caltanissetta, sulle stragi del 1992, conosco la storia del nemico che dovette affrontare Giovanni Falcone, la storia, cioè, di “cosa nostra” che, a quell’epoca, era nel pieno la sua potenza militare ed economica.
Avendo vissuto questa esperienza, non ignoro, altresì, che se gli artefici della uccisione di Falcone furono gli uomini di “cosa nostra”, che identificavano in esso, oltre che in Paolo Borsellino, il magistrato simbolo della lotta alla mafia, è anche vero che la sua vita professionale fu segnata da una quantità impressionante di delegittimazioni provenienti dal mondo delle Istituzioni cui esso stesso apparteneva.
E’ bene, tuttavia, ricordare che Falcone aveva un senso dello Stato a dir poco eccezionale e che, malgrado le ingiuste bocciature ricevute, non attaccò mai le Istituzioni di cui faceva parte.
Egli, inoltre, amava profondamente la professione di magistrato tanto che, sul finire degli anni ottanta, trovò il tempo e le energie per impegnarsi all’interno della ANM dove dette vita, insieme ad un gruppo di altri colleghi, ad una nuova esperienza associativa con l’intento di proporre la costruzione di un modello di magistrato diverso da quello dominante.
Secondo Falcone, occorreva abbandonare la figura del giudice tuttofare capace di passare nel corso della carriera dal civile al penale, dal settore requirente a quello giudicante per porre al centro del dibattito il tema delle varie professionalità individuabili all’interno del variegato mestiere di magistrato ed occorreva rimeditare il sistema di reclutamento ed avanzamento in carriera dei magistrati.
L’impegno e l’entusiasmo trasfusi da Giovanni Falcone in questa attività fu notevolissimo e, a mio modo di vedere, contribuì notevolmente ad animare positivamente il dibattito interno alla A.N.M. sui temi da lui sollevati.
Giovanni Falcone merita di essere ricordato non soltanto per il suo impegno associativo e per i successi conseguiti nel contrasto a “cosa nostra”, ma anche per l’eccezionale contributo fornito, a decorrere dal marzo del 1991, non appena prese servizio al Ministero di grazia e giustizia, nella elaborazione di nuove norme in materia di collaboratori di giustizia ,in materia di confische di beni dei mafiosi, in materia di carcere duro per i boss, istituzione della DIA,delle D.D.A. e della D.N.A .
Egli, a ben vedere, è stato l’artefice di quella legislazione che ha consentito di ottenere significativi successi nel contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso e questa è forse la più importante eredità che ci ha lasciati.
Per commemorare degnamente Giovanni Falcone è dunque necessario prendere atto delle complessità della sua vicenda esistenziale e non dimenticare mai quanto incommensurabile sia stato il suo contributo per la difesa delle nostre Istituzioni, solo così sarà possibile dare un senso al suo sacrificio e fare tesoro del suo insegnamento.

Sergio Lari,
procuratore generale della Repubblica
presso la Corte d’Appello di Caltanissetta