Le “Linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria per favorire le condizioni di accesso ad un sistema giudiziario di qualità” (European Commission for the efficiency of justice – CEPEJ – 23 giugno 2013).
Il diritto di ciascuno di agire in giudizio per la tutela delle proprie posizioni giuridiche soggettive, riconosciuto dall’art. 24 comma 1° Cost., è assicurato anche attraverso la predisposizione di un adeguato sistema di accesso alla giustizia.
Infatti, «la giustizia, insieme ad altri diritti fondamentali quali la salute, la sicurezza, la libertà, rappresenta uno dei più importanti diritti umani ed uno dei pilastri su cui è fondata la società civile. Per questo motivo, in quasi tutti i paesi del mondo si è sviluppata nel tempo una rete di Uffici giudiziari più o meno estesa con l’obiettivo di rendere l’amministrazione della giustizia il più possibile vicina ai cittadini» (Linee Guida CEPEJ-2013).
Nel contesto storico attuale più istanze sollecitano la revisione della geografia giudiziaria. Infatti: »sussistono esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica che richiedono l’ottimizzazione dell’allocazione delle risorse pur mantenendo un elevato livello di qualità del servizio;
»esiste una sempre crescente domanda di specializzazione nella trattazione delle controversie dovuta alla maggiore complessità del diritto e delle relazioni economiche e sociali; tale esigenza può essere soddisfatta attraverso la creazione di Uffici giudiziari di dimensione medio/grande;
»l’evoluzione della tecnologia agevola l’accesso al sistema giudiziario (si pensi all’implementazione delle infrastrutture, dei sistemi e mezzi di trasporto nonché al miglioramento delle modalità di interazione tra soggetti ed enti).
Le “Linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria per favorire le condizioni di accesso a un sistema giudiziario di qualità” (European Commission for the efficiency of justice – CEPEJ – 23 giugno 2013) definiscono gli “indicatori” da valutare per procedere a un riequilibrio della distribuzione territoriale delle risorse che consenta di costituire Uffici giudiziari con un livello dimensionale minimo idoneo a soddisfare contestualmente le richiamate istanze. Tali “indicatori” sono:
a) la densità della popolazione (determinazione della dimensione della sede giudiziaria in rapporto alla popolazione “servita”, pur dovendosi considerare che ogni distretto ha una sua peculiare “domanda di giustizia” che prescinde dal numero di abitanti. Ad esempio rilevano: il “tasso di litigiosità”, il “tasso di criminalità”, il “grado di industrializzazione del territorio”, poiché la presenza all’interno di un determinato contesto territoriale di un numero rilevante di imprese incide in misura significativa sulla tipologia del contenzioso generato;
b) le dimensioni dell’Ufficio giudiziario (un piccolo tribunale può presentare scarsa produttività per le seguenti ragioni: a) il flusso di procedimenti potrebbe essere troppo basso per esaurire la capacità di lavoro dei suoi giudici e del personale amministrativo; b) vi possono essere carenze di specializzazione nei giudici; c) la mobilità anche di una o poche unità – di giudici o personale amministrativo – costituisce un fattore di rallentamento della produttività);
c) i flussi di procedimenti e i carichi di lavoro;
d) ubicazione geografica, infrastrutture e trasporti (l’obiettivo è quello di ridurre al minimo la distanza tra l’Ufficio giudiziario e tutti i comuni del territorio);
e) l’informatizzazione e il ricorso alle tecnologie disponibili (allo scopo di ridurre quanto più possibile la presenza fisica delle parti al procedimento giudiziario);
f) disponibilità di procedure alternative alla risoluzione di controversie in funzione deflattiva del carico giudiziario e di accelerazione della definizione dei procedimenti; g) cooperazione con sistemi e istituzioni esterne (sistema penitenziario, Procure, forze di polizia).
LE PROPOSTE DI LEGGE IN MATERIA DI REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA. OBIETTIVI COMUNI DICHIARATI
Attualmente sono in discussione diverse proposte di legge che incidono, direttamente o indirettamente, sulla geografia giudiziaria. Gli obiettivi comuni di tali proposte sono:
a) la realizzazione di “risparmi di spesa” in “un periodo storico caratterizzato dalla sempre crescente carenza di risorse umane e finanziarie nel settore dei servizi pubblici essenziali”;
b) l’incremento dell’”efficienza del sistema giudiziario”;
c) la “specializzazione delle funzioni”. Il risultato tendenziale di tali progetti di riforma è quello di realizzare una “progressiva distrettualizzazione delle competenze giudiziali”, cioè la concentrazione delle funzioni in Uffici giudiziari ubicati nel capoluogo del distretto che, tendenzialmente, dovrebbe coincidere con il capoluogo di regione.
L’obiettivo che si propone la presente disamina, dopo aver sommariamente illustrato il contenuto di tali proposte di riforma incidenti sulla geografia giudiziaria, è quello di verificarne la coerenza e conformità rispetto alle “Linee Guida” elaborate dalla CEPEJ; infatti, anche alle ridette “Linee Guida” si richiamano i richiamati progetti di riforma per definire i principi ispiratori degli interventi riformatori programmati.
LA REVISIONE DELLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA IN ITALIA
Dopo alcuni interventi attuati in esecuzione della delega contenuta nella legge 16 luglio 1997 n. 254 (d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 – “Norme in materia di istituzione di giudice unico di primo grado” – che determinò l’abolizione dell’Ufficio del Pretore; d.lgs. 3 dicembre 1999 n. 491 con l’istituzione dei Tribunali e delle Procure della Repubblica di Tivoli e Giugliano in Campania e revisione dei circondari di Milano, Roma, Napoli, Palermo e Torino), la significativa opera di revisione della geografia giudiziaria nel nostro Paese si è avuta con l’emanazione dei decreti legislativi 155 e 156 del 2012 in esecuzione della legge 14 settembre 2011 n. 148 (“Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli Uffici giudiziari”).
Il progetto di riorganizzazione dei Tribunali è stato attuato con l’esplicita previsione di due vincoli:
»mantenimento dei Tribunali ordinari (con relative Procure) aventi sede nei capoluoghi di provincia alla data del 30.6.2011;
»mantenimento, all’interno di ciascun distretto di Corte d’appello di tre Tribunali con relative Procure della Repubblica. È stato, inoltre, apportato un criterio “correttivo” alla riorganizzazione, rappresentato dal “tasso d’impatto della criminalità organizzata”.
Attualmente, quindi, abbiamo:
»135 Tribunali, cui devono aggiungersi i Tribunali di Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto, la cui soppressione è stata posticipata al 2018 per le difficoltà conseguenti al sisma del 2009;
»26 Corti d’appello;
»3 Sezioni distaccate di Corte d’appello (Bolzano, Sassari e Taranto), di fatto gestite come Corti d’appello autonome e come tali considerate nelle elaborazioni statistiche di fonte ministeriale.
DDL DELEGA 1640 E RELATIVE CRITICITA’
È in corso di discussione al Senato il ddl n. 1640 avente da oggetto la “Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli Uffici giudiziari, con riordino delle corti d’appello” (lo schema del disegno di legge-delega è stato approvato dalla Commissione giustizia del Senato nella seduta del 16.12.2014).
Esso prevede:
»quanto agli Uffici giudiziari di primo grado, “che non può comunque risultare soppresso il tribunale che abbia un bacino di utenza superiore ai 100.000 abitanti ed un carico di lavoro con media nel periodo 2006-2012 di oltre 4.000 sopravvenienze”;
»quanto gli Uffici giudiziari di secondo grado, che occorre procedere alla loro riduzione (anche tramite l’accorpamento di più distretti), “assicurando che: 1) le Corti d’appello abbiano sede soltanto nel comune capoluogo di regione; 2) le circoscrizioni di corte d’appello coincidano con il territorio della relativa regione; 3) le circoscrizioni di corti d’appello nelle quali, in seguito all’applicazione dei numeri 1) e 2), risulti un numero di residenti inferiore ad un milione, siano accorpate in un’unica corte d’appello con quella di una regione limitrofa”.
Con riferimento agli Uffici giudiziari di primo grado, quindi, l’idea di fondo del disegno di legge-delega è quella di superare il limite territoriale del carattere “provinciale” dei Tribunali con la previsione di un nuovo limite “dimensionale” legato al bacino d’utenza (ogni tribunale deve avere un bacino di utenza non inferiore a 100.000 abitanti); in questo caso, quindi, si è inteso privilegiare il fattore della “densità della popolazione”. Viceversa, a livello di distretti di Corte d’appello viene introdotto il limite territoriale “regionale” (una sola Corte d’appello per regione) con il correttivo del bacino della popolazione “servita” che, comunque, non può essere inferiore a un milione di abitanti.
Il disegno di legge delega valorizza massimamente l’indicatore rappresentato dal “bacino di utenza” servito dell’Ufficio giudiziario; tuttavia, come si è già anticipato, il mero dato della “popolazione servita” rischierebbe di essere poco significativo o, addirittura, fuorviante per rilevare i carichi di lavoro di un Ufficio giudiziario, che spesso prescindono dalla popolazione residente potendo essere determinati da più complessi fattori ambientali o sociali anche contingenti (si pensi ai fenomeni migratori) quali l’efficienza della dislocazione dei presidi statuali sul territorio, la natura e l’intensità degli insediamenti produttivi, la composizione sociologica e la diversa valenza criminologica dei contesti territoriali considerati (cfr. la “Relazione tecnica definitiva sul progetto di rideterminazione delle piante organiche del personale della magistratura negli Uffici giudiziari di primo grado” - Ministero della Giustizia, 15.7.2016).
LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE “VIETTI”
Il tema della “revisione della geografia giudiziaria” è stato oggetto di una proposta di riforma elaborata dalla Commissione istituita con d.m. 12 agosto 2015 (“Commissione di studio incaricata di predisporre uno schema di progetto di riforma” riguardante, tra l’altro, “lo sviluppo del processo di revisione della geografia giudiziaria, attraverso una riorganizzazione della distribuzione sul territorio delle Corti d’appello e delle Procure generali presso le Corti d’appello, dei Tribunali ordinari e delle Procure della Repubblica ed una collegata promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze”; Commissione presieduta dal Prof. Avv. Michele Vietti).
Sull’argomento, la Commissione “Vietti” ha elaborato le seguenti proposte di legge-delega:
1) ulteriore riduzione del numero dei Tribunali ordinari di primo grado e delle relative Procure della Repubblica. “Il Governo, al fine di incrementare l’efficienza dei Tribunali ordinari e delle relative Procure della Repubblica e di realizzare la specializzazione delle funzioni e risparmi di spesa, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio dei predetti Uffici giudiziari, con l’osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
»ridurre, anche in coerenza con le riduzioni di cui all’articolo precedente, gli Uffici giudiziari di primo grado ridefinendone l’assetto territoriale, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto: »dell’indice delle sopravvenienze;
»dei carichi di lavoro;
»del numero degli abitanti; »dell’estensione del territorio,
»tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e del tasso d’impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane”.
Al riguardo, si osserva che “in occasione della precedente riforma della geografia giudiziaria, è stato elaborato uno studio (nell’ambito di apposita Commissione ministeriale) che ha individuato un modello di tribunale ordinario sulla base dei valori medi degli uffici 'intangibili' e in relazione a questi valori si sono fondate le scelte attuative della riforma. Lo schema che segue esprime in modo sintetico i suddetti parametri medi: MEDIE UFFICI INTANGIBILI: popolazione: 382.191; superficie: 2.169 km/q; magistrati: 28; amministrativi: 95; sopravvenuti medi annui civ.-pen. (2006/2010): 18.094; sopravvenuti medi annui civ.-pen. (per ciascun magistrato): 647,1; definiti medi annui civ.-pen. (2006/2010): 17.851; definiti medi annui civ.-pen. (per ciascun magistrato): 638,4”.
Secondo la proposta elaborata dalla Commissione, quindi, un riequilibro della distribuzione territoriale degli Uffici giudiziari di primo grado dovrebbe partire dal “modello di tribunale ordinario” determinato sulla base dei “valori medi degli uffici intangibili” come innanzi indicati – tenendo, altresì, conto degli effetti della riforma del 2012 che “ha certamente innalzato la media dei requisiti dimensionali dei Tribunali” – così da procedere alla soppressione degli Uffici giudiziari di primo grado, anche “provinciali”, che non rispondano ai parametri del richiamato “modello di tribunale”; la riduzione degli Uffici giudiziari di primo grado andrebbe, in ogni caso, adeguata alla contestuale riorganizzazione degli Uffici giudiziari di secondo grado.
2) Riduzione e razionalizzazione del numero delle Corti d’appello esistenti e delle relative Procure generali; soppressione – o riduzione - delle Sezioni distaccate delle Corti d' Appello (Bolzano, Sassari, Taranto):
1. Il Governo, al fine di incrementare l’efficienza del sistema giudiziario e di realizzare la specializzazione delle funzioni e risparmi di spesa, è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio dei distretti di Corte di appello e delle relative Procure generali, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) ridurre, mediante attribuzione di circondari o porzioni di circondari di Tribunali appartenenti a distretti limitrofi, il numero delle Corti d'appello esistenti, secondo i criteri oggettivi: »dell’indice delle sopravvenienze; »dei carichi di lavoro; »del numero degli abitanti e dell’estensione del territorio; »tenendo comunque conto della specificità territoriale, del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e del tasso d’impatto della criminalità organizzata;
b) sopprimere le sezioni distaccate delle Corti d'appello ovvero ridurne il numero anche mediante accorpamento alle Corti d'appello limitrofe, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera a)”.
La proposta di riforma in questione valorizza massimamente il fattore della “dimensione dell’Ufficio giudiziario” sul rilievo che:
a) la natura del giudizio di appello e i servizi erogati dalle Corti e dalle Procure generali rendono assai meno rilevante il parametro della distanza tra la Corte e l’utenza amministrata;
b) il giudice d’appello non può prescindere da requisiti dimensionali minimi in grado di garantire l’equa distribuzione dei carichi nazionali e la specializzazione delle funzioni; c) i processi di ammodernamento anche telematici dei servizi giudiziari rendono sempre meno rilevante la prossimità territoriale del giudice (sia per il cittadino che per l’utenza professionale).
Pertanto, a fronte di un territorio esteso oltre 301.000 kmq., il valore medio che ciascun distretto dovrebbe possedere è pari a 10.341 km/q. La proposta formulata dalla Commissione è, dunque, nel senso della creazione di distretti di Corte d’appello “tendenzialmente a base monoregionale”, purché “ciascun distretto nella singola regione sia dotato di requisiti dimensionali minimi e coerenti con un modello di efficienza ideale individuato sulla base dell’estensione territoriale, della popolazione amministrata, dell’indice delle sopravvenienze e dei carichi di lavoro, nonché della specificità territoriale del bacino di utenza, della situazione infrastrutturale e dell’effettivo tasso d’impatto della criminalità organizzata”.
3) Creazione di Uffici di Procura generale ultradistrettuale sulla base di macro-aree; “lett. c) ridefinire l’assetto ordinamentale e organizzativo degli uffici di Procura generale presso la Corte di appello e delle corrispondenti funzioni del Pubblico Ministero, nonché la possibilità di accorpare più uffici di Procura generale indipendentemente dall’accorpamento dei corrispondenti distretti di Corte d’appello, prevedendo in tali casi che l’ufficio di Procura generale accorpante possa svolgere le funzioni requirenti di secondo grado presso più Corti d’appello anche mediante l’istituzione di un presidio presso le Procure della Repubblica aventi sede presso i capoluoghi dei rispettivi distretti di Corte di appello”.
4) Razionalizzazione dimensionale – ultradistrettuale o inter-distrettuale – degli uffici minorili; “lett. d) ridefinire, anche mediante riduzione in coerenza con i criteri di cui alla lettera a), l’assetto ordinamentale dei Tribunali per i minorenni e dei corrispondenti uffici requirenti indipendentemente da l l ’accorpamento dei corrispondenti distretti di Corte di appello, prevedendo in tali casi per detti uffici una competenza territoriale su uno o più distretti di Corte di appello”.
La Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha formulato la seguente “Risoluzione” (o.d.g. 1260 del 27.7.2016) sulla proposta di riforma della geografia giudiziaria formulata dalla Commissione “Vietti”: “Il Consiglio ritiene di esprimere una sostanziale condivisione sulla gran parte di tali proposte di riforma. In specie, quanto alle modifiche normative va segnalata la preferenza per il mantenimento, per gli organi giudiziari di secondo grado, di una corrispondenza tra uffici giudicanti e requirenti, e – così come già sostenuto dal CSM con la delibera del 13 gennaio 2010 – “la corrispondenza fra tali uffici e il territorio regionale”: ciò senza trascurare quelle situazioni particolari che possano giustificare per un verso l’accorpamento di due distretti, per altro verso l’istituzione di più distretti per regione ovvero il mantenimento delle sezioni distaccate, in ragione delle specificità territoriali ovvero delle peculiarità delle compagini criminali. Con riferimento alle modifiche più strettamente ordinamentali, se va vista con favore una modifica della disciplina relativa all’utilizzo dei magistrati distrettuali e la valorizzazione delle competenze del CSM nella istituzione di nuove sezioni specializzate negli uffici giudicanti di primo o di secondo grado, perplessità sorgono in relazione alla (invero, ancora genericamente delineata) figura dei magistrati della ‘task force’ da utilizzare contemporaneamente in più uffici, trattandosi di istituto che potrebbe mettere in discussione la valenza del principio costituzionale della inamovibilità dei magistrati”.
Voci critiche rispetto alla proposta di ulteriore revisione della geografia giudiziaria si sono levate dall’Avvocatura; nel “Documento relativo al riassetto organizzativo dei distretti di Corte d’Appello e dei circondari” (marzo 2016), il Consiglio Nazionale Forense ha espresso un “parere contrario” circa la proposta di riduzione dell’attuale numero delle Corti di appello, rappresentando le possibili controindicazioni alla creazione di distretti a base “monoregionale” sulla scorta di uno studio condotto dall’Università “Cà Foscari” (“Le Corti di appello: stato attuale e riflessioni sui possibili cambiamenti. Alcune evidenze del lavoro di ricerca”).
In particolare, è stato evidenziato che la proposta di riduzione del numero delle Corti d'appello omette di considerare alcune “specificità territoriali” quali: »la conformazione orografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali fra territori; »la diversa dimensione della “domanda di giustizia” espressa dal territorio (“che appare decisamente superiore al Sud rispetto al Nord”), sia sul versante civile (“tasso di litigiosità”) che sul versante penale (“tasso di criminosità”); »i carichi di lavoro attualmente pendenti a fronte della inidoneità delle Corti di appello, allo stato attuale, di smaltire il pregresso; donde la conseguenza che Corti di appello di “grandi dimensioni” potrebbero avere “performance meno positive”.
PROFILI DI CRITICITA’ DELLE PROPOSTE ELABORATE DALLA COMMISSIONE VIETTI
1) Sono in sede di approvazione alcuni progetti di riforma in materia di processo penale al cui interno si riscontrano norme che introducono possibili momenti di frizione con la proposta di ulteriore ridimensionamento delle sedi giudiziarie, in particolare delle Corti di appello. Vengono all’attenzione, ad esempio, alcune proposte di modifica del codice di procedura penale contenute nel d.d.l. 2067 (“modifiche al codice penale ed codice di procedura penale”), attributive di ulteriori competenze ai Tribunali e alle Corti di appello.
Ci si riferisce, in particolare:
»alla previsione dell’appellabilità della sentenza di non luogo a procedere (modifica dell’art. 428 c.p.p che nel testo attuale contempla il rimedio del ricorso per cassazione);
»all’introduzione nell’art. 603 c.p.p. del comma 3 bis, secondo cui “nel caso di appello del pubblico ministero contro la sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale”; si tratta di una disposizione che ha normativizzato il consolidato orientamento espresso dalla S.C. secondo cui il giudice di appello che intenda riformare in “peius” la pronuncia assolutoria di primo grado ha l’obbligo – in conformità all’art. 6 CEDU, come interpretato dalla Corte EDU nel caso Dan c/Moldavia – di disporre la rinnovazione della prova orale (da ultimo sull’argomento cfr. Cass. 47722 del 6.10.2015, A. ed altri);
»da ultimo, la proposta di creazione di uffici di Procura generale inter-distrettuale su base di “macroaree” risulterebbe poco compatibile con l’immaginabile carico di lavoro che eventualmente conseguirebbe a seguito dell’ulteriore attribuzione assegnata a tale ufficio nel già citato d.d.l. 2067, consistente nel potere di “prorogare con decreto motivato” il termine di “tre mesi dalla scadenza delle indagini preliminari” entro cui il P.M. “è tenuto ad esercitare l’azione penale o a richiedere l’archiviazione” (testo del comma 3 bis introdotto all’art. 407 c.p.p.).
L’introduzione nell’ordinamento processuale delle richiamate disposizioni imporrebbe, quindi, di tener conto, in sede di ridefinizione dell’assetto territoriale degli Uffici giudiziari di primo e secondo grado, sia di tali eventuali ulteriori carichi di lavoro, sia delle implicazioni connesse al coinvolgimento delle parti nei possibili sviluppi procedimentali ipotizzati nelle proposte di riforma al c.p.p.; in particolare, la richiamata modifica all’art. 603 c.p.p. con l’obbligo della rinnovazione della prova dichiarativa nel giudizio di appello mal si concilia con l’affermazione – contenuta nella proposta di riforma elaborata dalla Commissione “Vietti” - secondo cui “la natura del giudizio di appello ed i servizi erogati dalle Corti e dalle Procure generali rendono assai meno rilevante il parametro della distanza tra la Corte e l’utenza amministrata”.
2) Nella prospettiva estrema della creazione di distretti di Corte di appello a “base tendenzialmente mono-regionale”, un aspetto non secondario da affrontare dovrà necessariamente riguardare il riassetto degli Uffici giudiziari penali attualmente strutturati su base distrettuale (Uffici del GIP/GUP ex art. 51 commi 3 bis e quater in relazione a procedimenti penali per reati di cui alla stessa norma, Tribunale della Libertà ex art. 309 comma 7° c.p.p., richiamato anche dall’art. 310 comma 2° c.p.p.).
L’esigenza di offrire uno stabile e sempre efficace intervento di prossimità è, in questo ambito, particolarmente avvertita soprattutto nei contesti a elevato tasso di criminalità, quali tendenzialmente quelli delle regioni meridionali; a mero titolo di esempio, si immaginino le difficoltà operative cui andrebbe incontro la p.g. se, nell’ambito delle indagini per i reati di cui all’art. 51 comma 3° bis c.p.p. (terreno elettivo per una serie di attività di urgenza quali le intercettazioni di conversazioni), dovesse rapportarsi con gli uffici del GIP situati nell’unico distretto di Corte d’appello della regione.
Per non parlare, poi, dei disagi (sia con riguardo alla materiale trasmissione degli atti, sia in relazione alla traduzione dei custoditi che intendano presenziare alle udienze camerali) prevedibilmente conseguenti alla trattazione in un unico Tribunale delle Libertà. operante a livello distrettuale dei procedimenti in materia de libertate, notoriamente caratterizzati da termini perentori o, comunque, particolarmente ristretti (si richiama, a tal proposito, l’indicazione formulata dalle Linee Guida CEPEJ circa la necessità della “Cooperazione con sistemi ed istituzioni esterne” in sede di revisione della geografia giudiziaria).
3)
3a) La conformazione orografica e la situazione dei collegamenti infrastrutturali tra territori (Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria) renderebbe disagevole l’accesso agli Uffici giudiziari agli operatori professionali e ai cittadini;
3b) Rischio di aumento del carico di procedimenti pendenti e di aumento del tempo di giacenza media con disfunzioni per il sistema (del documento elaborato dal CNF si cita l’esempio delle possibili disfunzioni connesse all’eventuale accorpamento delle Corti di appello di Napoli e Salerno);
3c) a ciò si aggiunga un ulteriore e non certo secondario aspetto rappresentato dalla necessità di dotare i costituendi Uffici giudiziari di un adeguato organico di personale amministrativo di supporto alla giurisdizione e, soprattutto, di consentire a tale personale condizioni di agevole accesso a detti uffici, obiettivo questo reso non certo agevole in presenza di cronici deficit strutturali del sistema dei trasporti pubblici (anche su questo aspetto si rimanda alle citate “Linee guida”, allorché segnalano che “non solo vi è la necessità di assicurare che un tribunale sia dotato di un numero sufficiente di giudici formati, ben motivati e con assegnazione stabile, ma occorre lavorare affinché si determinino le stesse condizioni per il personale amministrativo”); 3d) ulteriore profilo che andrebbe valutato in via prioritaria rispetto a qualsiasi ipotesi di ulteriore riduzione e/o soppressione di Uffici giudiziari è quello legato all’organizzazione logistica dei nuovi uffici, che come è noto è attualmente di competenza statale ai sensi del D.P.R. 18 agosto 2015 n. 133, emanato in attuazione dell’art. 1, commi 527, 528, 529, 530 l. 23 dicembre 2014 n. 190.
Ed infatti le “Linee guida – CEPEJ” evidenziano che i processi revisione della geografia giudiziaria devono tendere all’equilibrio di tutti i seguenti fattori:
a) l’accesso alla giustizia in termini di vicinanza degli Uffici giudiziari ai cittadini;
b) la previsione di una dimensione minima dell’Ufficio giudiziario in modo che sia garantita la presenza di specializzazioni e funzioni;
c) la riduzione dei costi unita all’ottimizzazione della qualità del servizio reso.
GLI ULTERIORI PROGETTI DI RIFORMA SUSCETTI BILI DI INCIDERE SULLA GEOGRAFIA GIUDIZIARIA. CRITICITÀ
6a) Ampliamento delle competenze del “Tribunale dell’impresa”, oggetto del d.d.l. 2953 e del successivo d.d.l. 2284; questo obiettivo, nell’intento del Legislatore, dovrebbe concorre alla realizzazione del contestuale programma di revisione della geografia giudiziaria, come peraltro evidenziato nella “Relazione di accompagnamento” all’originario disegno di legge 2953 (il Tribunale delle imprese ha sede nel Tribunale del capoluogo di distretto di Corte d’appello);
6b) proposta di delega al Governo, sempre contenuta nel d.d.l. 2284, per l’adozione di atti legislativi necessari per istituire presso i Tribunali ordinari e presso le Corti di appello, sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori (nonché per la trattazione di procedimenti penali a carico di questi ultimi), con contestuale soppressione dei Tribunali per i minorenni e degli uffici del Pubblico Ministero presso i Tribunali per i minorenni. Il progetto di legge opera, inoltre, una differenziazione delle competenze degli uffici giudicanti di nuova istituzione, nel senso che:
»alle sezioni istituite presso i Tribunali del capoluogo di distretto di appello sarà assegnata la trattazione delle materie (civile e penale) di cui attualmente si occupa il Tribunale per i minorenni;
»le sezioni istituite presso i Tribunali ordinari circondariali si occuperanno del contenzioso e della volontaria giurisdizione già assegnata ai Tribunali ordinari. Presso le Corti di appello si prevede, infine, l’istituzione di sezioni specializzate per la trattazione dei procedimenti in sede di appello e di reclamo, con la contestuale previsione dell’esclusività dei magistrati ad esse assegnati.
Il d.d.l. 2284 licenziato dalla Camera dei Deputati il 10.3.2016 supera, allo stato, le proposte elaborate dalla Commissione “Vietti” circa il differente assetto geografico dei Tribunali per i minorenni, destinati – secondo la ridetta proposta – ad essere mantenuti (invero, anche il testo originario del d.d.l. 2953 conservava integralmente l’operatività dei Tribunali per i minorenni e delle relative Procure, nel contempo prevendendo l’istituzione presso i Tribunali ordinari di sezioni specializzate per la famiglia cui sarebbero state trasferite le competenze già devolute al Tribunale ordinario in materia di famiglia e persona).
6c) Sempre sullo stesso tema, merita menzione la proposta di legge di iniziativa parlamentare, prestata l’8.4.2016 e attualmente al vaglio della Commissione giustizia in sede referente avente ad oggetto la “soppressione delle Commissioni tributarie Provinciali e Regionali” e la contestuale attribuzione al giudice ordinario delle relative competenze, previa «istituzione di sezioni specializzate tributarie in ogni Tribunale con sede presso i capoluoghi di Provincia».
I progetti di riforma in tema di ampliamento delle competenze del “Tribunale delle imprese”, di soppressione dei “Tribunali per i minorenni e relative Procure della Repubblica” – con contestuale trasferimento delle loro attribuzioni a Sezioni specializzate istituite a livello circondariale e distrettuale e la soppressione delle Commissioni tributarie e il trasferimento delle relative attribuzioni alle sezioni specializzate istituite presso i Tribunali circondariali, si muovono tutti nella direzione dell’unità e unitarietà della giurisdizione, secondo il principio stabilito dall’art. 102 Cost., attraverso l’abbandono del “modello ordinamentale” costituito dal “Tribunale specializzato autonomo e separato” e l’approdo verso il diverso “modello organizzativo” della creazione di “sezioni specializzate” all’interno dello stesso Ufficio giudiziario.
La logica di privilegiare la “specializzazione” rispetto ad altri parametri, quali la prossimità dell’ufficio all’utenza, ha animato la stessa proposta di riforma della geografia giudiziaria elaborata dalla Commissione “Vietti” ed è stata ribadita dal Ministro della Giustizia nell’intervento reso dinanzi al Consiglio Superiore della Magistratura in occasione della seduta plenaria del 27.7.2016: »…..la specificità, la criminalità organizzata, la peculiarità del territorio, tutti elementi che confliggono…..con una esigenza che è quella di una efficienza e specializzazione della giurisdizione……; l’unica risposta che può venire su questo fronte e che sia compatibile con il nostro impianto costituzionale è quella di una più forte specializzazione».
Si tratta di una scelta da più parti sollecitata e condivisa – anche alla luce della positiva esperienza delle “sezioni lavoro” e dei risultati conseguiti dalla “sezioni specializzate d’impresa” – poiché consente di coniugare la necessità di garantire la specializzazione professionale dei magistrati addetti con le istanze di razionalizzazione e concentrazione delle risorse disponibili.
Con particolare riguardo al progetto di riforma dei Tribunali per i minorenni, poi, particolarmente avvertita è l’esigenza di «unificazione delle competenze, oggi frammentate tra Tribunale ordinario e Tribunale per i minorenni, nonché di uniformità dei riti e di garanzie processuali omogenee» (Delibera del Plenum del CSM del 13.7.2016).
L’opzione verso il modello ordinamentale delle “sezioni specializzate” presenta, come contraltare, l’insidia rappresentata dal possibile deficit di un’adeguata diffusione territoriale dell’Ufficio giudiziario, rischio tanto maggiore quanto più ontologicamente radicata nella specifica realtà locale è l’attività dell’Ufficio giudiziario; proprio questo è il caso degli uffici minorili (Tribunale ma anche Procura), che notoriamente operano in quotidiano contatto con i presidi sociosanitari territoriali e gli operatori sociali locali, anche in una prospettiva di filtro pre-procedimentale rispetto alle numerose istanze di disagio minorile nei contesti di più ampio disagio sociale quale, soprattutto, quello proprio dei distretti che maggiormente hanno subìto gli effetti della crisi economica e della grande industria (l’esempio di Taranto è, al riguardo, emblematico).
Del tutto condivisibilmente, quindi, nel parere formulato dal Consiglio Superiore della Magistratura in relazione al progetto di “Delega al Governo per la soppressione del Tribunale per i minorenni e dell’ufficio del pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni” (delibera adottata dal plenum il 13.7.2016, relatori Cons.ri Morosini e Palamara), la “prossimità territoriale” è classificata tra i “punti fermi da e verso cui qualsiasi intento riformistico dovrebbe muovere”; ciò, “sia per la necessità pratica di destinare a tali categorie deboli la possibilità di fruire di un servizio agilmente raggiungibile sul piano territoriale, sia per offrire alla cittadinanza tutta, soprattutto giovanile, un presidio, che è anche emblema, plasticamente percepibile, di legalità attiva”.
L’esigenza di assicurare la “prossimità geografica” degli Uffici giudiziari minorili è tanto maggiore se si considera che, nel progetto di riforma di cui al d.d.l. 2284, la trattazione delle materie di cui attualmente si occupa il Tribunale per i minorenni sarà assegnata alle sezioni specializzate istituite nei Tribunali del capoluogo di distretto di appello, ossia – in ipotesi – a un solo Tribunale per ciascuna regione nell’eventualità dell’approvazione della proposta di revisione della geografia giudiziaria formulata dalla Commissione “Vietti” che, come si è visto, prevede la creazione di distretti di Corte d’Appello “tendenzialmente a base mono-regionale”.
Gli Uffici giudiziari minorili, è bene ricordare, operano anche con finalità marcatamente preventive, svolgendo un’indubbia opera di prevenzione e di argine alla devianza criminale; basti pensare agli interventi che si adottano per contrastare il fenomeno dell’evasione e della dispersione scolastica, anche attraverso l’inserimento dei giovani in progetti di formazione professionale e di borse-lavoro, per comprendere il ruolo nevralgico che svolge il giudice minorile nella prevenzione dei fenomeni di disagio sociale e di criminalità; oppure ai progetti di mediazione penale e di giustizia riparativa che si stanno avviando con i Servizi Ministeriali per ridurre il rischio della recidiva, e il recupero dei minori che transitano dal circuito penale al rispetto delle regole della società civile.
In questo ipotetico scenario, ben si comprende l’indicazione – nel citato parere dell’Organo di autogoverno – di un eventuale correttivo destinato a garantire la “prossimità territoriale” degli uffici minorili, ossia la possibilità di mutuare la struttura del Tribunale di Sorveglianza che siede in sede distrettuale in composizione collegiale ed è composto da magistrati che operano anche in sede periferica presso gli uffici di sorveglianza istituiti presso alcuni Tribunali del distretto; invero, “detta soluzione consentirebbe di salvaguardare l’unicità delle funzioni e dell’ufficio, l’integrale specializzazione delle persone che vi operano, la prossimità nei territori dell’esercizio di alcune competenze giurisdizionali che non possono essere allontanate in maniera significativa da coloro che vi sono interessati…… . In altri termini, l’obiettivo primario di una riforma in piena sintonia con le fonti sovranazionali dovrebbe pervenire alla creazione di un Tribunale per la persona e la famiglia autonomo e su base distrettuale, con articolazioni territoriali, sul modello del Tribunale di Sorveglianza, che realizzi per quanto possibile il modello di giustizia di prossimità”. Tale soluzione andrebbe “doppiata” dall’istituzione di un ufficio autonomo del pubblico ministero con analogo profilo distrettuale.