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LA MAGISTRATURA | Articolo Rivista
16 ottobre 2017

Temporaneità dei magistrati onorari secondo la Costituzione

Parametri costituzionali rilevanti

In ordine all’inquadramento costituzionale della magistratura onoraria, la norma che in primis assume rilievo è l’art. 106 Cost., secondo cui le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

Quindi, la stessa disposizione costituzionale prevede che la legge sull’ordinamento giudiziario possa ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

Di seguito, il terzo comma dispone che, su designazione del CSM, possano essere chiamati a ricoprire l’ufficio di consigliere di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano 15 anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Per converso, in linea continuativa con la direttiva programmatica tracciata dall’art. 106, l’art. 102 Cost. demanda l’esercizio della funzione giurisdizionale ai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Invece, non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.

Possono soltanto istituirsi, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.

Ancora, l’art. 108 Cost. introduce una riserva di legge: le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni altra magistratura sono stabilite con legge. Al secondo comma prevede che la legge assicuri l’indipendenza, oltre che dei giudici delle giurisdizioni speciali e del pubblico ministero presso di esse, anche degli estranei all’amministrazione della giustizia.

Infine, l’art. 116 Cost. dispone che l’organizzazione della giustizia di pace può essere attribuita alle Regioni con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’art. 119.
Da questo quadro sinergico delle norme costituzionali rilevanti si ricava che, in forza della nostra Carta fondamentale, l’esercizio del c.d. “potere giudiziario” compete ai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario, il cui ingresso non può che avvenire tramite concorso pubblico; solo in via accessoria e residuale la Costituzione attribuisce una valenza integrativa (e non costitutiva) alla magistratura onoraria, nettamente differenziata dal ruolo organico della magistratura ordinaria.
Siffatta conclusione può essere desunta dai seguenti elementi:

Ruolo della magistratura onoraria secondo la Costituzione

Pertanto, il potere giudiziario è esercitato dai magistrati ordinari o togati o professionali o di carriera. Si tratta di categoria unitaria, ai sensi dell’art. 107, terzo comma, Cost., nonostante la distinzione delle funzioni in giudicanti e requirenti, la cui nomina deve avvenire a seguito di reclutamento per concorso, che è anch’esso un concorso unico, ai sensi dell’art. 106, primo comma, Cost.

In base alle norme costituzionali, i magistrati onorari possono essere collocati in quattro categorie: magistrati onorari ausiliari (ai sensi dell’art. 106, secondo comma, Cost.), magistrati onorari di cassazione per meriti insigni (ai sensi dell’art. 106, terzo comma, Cost.), magistrati onorari esperti (ai sensi dell’art. 102, secondo comma, seconda parte, Cost.) e giudici popolari (ai sensi dell’art. 102, terzo comma, Cost.).

Quanto alla prima categoria, solo in via eccezionale possono essere designati magistrati onorari per l’esercizio di funzioni attribuite ai giudici professionali singoli. In parziale attuazione di tale previsione, sono state istituite, di volta in volta, delle figure di magistrati onorari con compiti ausiliari, sempre connotati dalla temporaneità degli incarichi.

Nondimeno, una riforma organica della magistratura onoraria, in attuazione dell’art. 106, secondo comma, Cost., non è ad oggi ancora avvenuta. La legge delega 28 aprile 2016, n. 57 si prefigge di realizzarla.

Nel corso degli anni si sono succedute una serie di leggi che hanno perseguito scopi contingenti e non di revisione organica e di attuazione del precetto costituzionale. In specie, la figura dei giudici onorari di prossimità è stata regolata sin da tempi lontani con l’istituzione dei giudici conciliatori, poi dei vice-pretori onorari, quindi con l’istituzione del giudice di pace per effetto della legge 21 novembre 1991, n. 374.

Ancora, sono stati introdotti negli uffici giudicanti e requirenti di tribunale dei magistrati onorari con funzioni integrative (got: giudici onorari di tribunale e vpo: vice-procuratori onorari), in ragione della legge Carotti 19 febbraio 1998, n. 51. Infine, mediante la legge 22 luglio 1997, n. 276 recante “Disposizioni per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari”, allo scopo di diminuire l’arretrato in materia civile, è stata istituita la figura dei giudici onorari aggregati (Goa) per la composizione delle sezioni stralcio presso i tribunali, con funzioni delimitate allo smaltimento dell’arretrato.

I consiglieri di cassazione per meriti insigni possono essere designati dal CSM, ai sensi della legge 5 agosto 1998, n. 303, e all’esito della designazione compongono in via stabile i collegi giudicanti.

Quanto alle altre figure di magistrati onorari contemplate dalla Carta costituzionale che operano, non già in prospettiva temporaneamente surrogatoria di funzioni che spetterebbero ai giudici togati singoli, ma con funzioni tecniche integrative loro proprie, alla stregua delle speciali conoscenze di cui dispongono, si distinguono:

In ultimo, in attuazione del dettato costituzionale che prevede la partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia, sono stati istituiti i giudici popolari, che integrano i collegi giudicanti delle corti d’assise e delle corti d’assise d’appello, quali persone estranee alla giustizia, cittadini comuni senza alcuna preparazione particolare, che costituiscono l’organo giudicante unitamente ai giudici togati, ai sensi della legge 10 aprile 1951 n. 287 e successive modificazioni; i giudici popolari durano per il tempo strettamente necessario allo svolgimento del processo e chiunque può farne parte, purché abbia almeno conseguito la licenza media e abbia compiuto 30 anni.

Fra i giudici onorari si annoverano anche i componenti delle commissioni tributarie, riformate ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che si occupano di tutte le controversie in materia tributaria in ambito provinciale (primo grado) e regionale (secondo grado). Nonostante il nome essi sono dei veri e propri giudici tributari. La durata del loro incarico è stata estesa sine die (ossia siano al raggiungimento dell’età pensionabile) da quella precedente di 9 anni.

Nondimeno, si tratta di giudici speciali.
Il problema della stabilizzazione si pone esclusivamente per la figura dei magistrati onorari ausiliari. Sennonché l’affidamento di funzioni onorarie, con compiti di ausilio alla magistratura, è concepito nella Costituzione in chiave fisiologicamente temporanea: al riguardo, si fa riferimento a soggetti estranei all’ordine giudiziario. Tuttavia, la garanzia di indipendenza si estende anche ai magistrati onorari.

Distinzione tra magistrati togati e onorari

Lo stesso riferimento alla natura “onoraria” dell’incarico è significativo dello svolgimento delle relative funzioni in modo non professionale, per un lasso di tempo determinato, senza ricevere una retribuzione, ma solo un’indennità per l’attività svolta. Infatti, la discriminazione tra magistrati professionali o togati e magistrati onorari è fondata sui seguenti indici: a) spontaneità dell’adesione di soggetti impegnati in altre occupazioni; b) precarietà e temporaneità delle funzioni esercitate. La previsione costituzionale della collaborazione degli onorari nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali è ricondotta all’esigenza di garantire il funzionamento dei tribunali e di armonizzare con il mondo esterno il sistema giudiziario. Inoltre, dai lavori preparatori risulta che l’opzione favorevole alla previsione degli onorari è legata altresì alla finalità di contenere il numero dei togati, pena la perdita di prestigio e la riduzione delle retribuzioni della magistratura professionale (per questo motivo non passò l’emendamento Leone del 1947). L’accesso alla magistratura esclusivamente tramite concorso risponde, d’altro canto, ad un duplice scopo: da un lato, la finalità di assicurare la par condicio tra candidati; dall’altro, l’esigenza indefettibile di garantire uno standard qualitativo minimo per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali. Tali requisiti non possono essere chiaramente soddisfatti mediante la stabilizzazione della magistratura onoraria.

Giurisprudenza della Corte costituzionale

Secondo la giurisprudenza della Corte cost., la natura onoraria della magistratura deve essere ravvisata proprio nei requisiti della precarietà e dell’occasionalità dell’assegnazione, che la distingue nettamente dalla nomina, riservata ai magistrati di carriera. Con riferimento ai vicepretori onorari, il Giudice delle leggi ha sostenuto che la supplenza alla quale si può ricorrere ai sensi dell’ordinamento giudiziario per integrare i collegi giudicanti consiste in un’assegnazione precaria ed occasionale, che la distingue nettamente dalla nomina, e che non può né deve incidere sullo “stato” del magistrato, tanto da trasformare l’incarico in un sostanziale incardinamento nell’ufficio e il magistrato addetto ad un ufficio monocratico – qual è il vice-pretore onorario – in magistrato appartenente ad un organo collegiale (Corte cost., sent. 7 dicembre 1964, n. 99; Corte cost., sent. 6 aprile 1998, n. 103; Corte cost., ord. 12 dicembre 1998, n. 400).
Inoltre, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha costantemente affermato l’impossibilità di assimilare le posizioni dei giudici onorari e dei magistrati che svolgono professionalmente ed in via esclusiva funzioni giudiziarie, nonché l’impossibilità di comparare tali posizioni ai fini della valutazione del rispetto del principio di uguaglianza, a causa dello svolgimento a diverso titolo delle funzioni giurisdizionali, connotate dall’esclusività solo nel caso dei magistrati ordinari di ruolo che svolgono professionalmente le loro funzioni (Corte cost., ord. 8 novembre 2000, n. 479; Corte cost., sent. 16 febbraio 2006, n. 60; Corte cost., ord. 6 luglio 2012, n. 174).
Nella stessa prospettiva della provvisorietà dell’incarico si colloca il d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), che ha previsto le nuove figure del got, in sostituzione del vice pretore onorario, e del vpo, stabilendo altresì all’art. 245 che le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificate o introdotte dal d.lgs., in forza delle quali possono essere addetti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario magistrati onorari, si applicano fino a quando non sarà attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria a norma dell’art. 106, secondo comma, della Costituzione, e comunque non oltre cinque anni dalla data di efficacia del presente decreto. A decorrere dal 2004 il termine di applicazione di 5 anni è stato modificato ogni anno, prima con le leggi mille proroghe e poi con le leggi di stabilità (a tale riferimento normativo si richiama la già citata Corte cost., ord. 12 dicembre 1998, n. 400).

Giurisprudenza della Corte di Cassazione

Anche l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è indirizzato verso la medesima conclusione. In particolare, Cass. S.U. 9 novembre 1998, n. 11272 evidenzia che i giudici di pace sono funzionari onorari e godono di un trattamento economico avente natura indennitaria e non corrispettiva, in assenza di un rapporto professionale di servizio. La Corte rileva che nelle numerose decisioni che si sono pronunciate sull’argomento è stato affermato che le caratteristiche proprie della figura del funzionario onorario debbono essere individuate non in positivo, ma in negativo, dal momento che, in carenza di un’organica disciplina (non dettata dal legislatore), la figura in questione necessariamente assume una connotazione, per così dire, residuale rispetto a quella del pubblico impiegato. E, avuto riguardo a questo rilievo, è stato quindi asserito che la figura di cui si discute ricorre quando esiste un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi che caratterizzano l’impiego pubblico (v., per l’enunciazione di tali concetti e come espressione di un indirizzo risalente nel tempo, Cass. S.U. 8 gennaio 1975, n. 27; Cass. S.U. 7 ottobre 1982, n. 5129; Cass. S.U. 20 marzo 1985, n. 2033; Cass. S.U. 14 gennaio 1992, n. 363; Cass. S.U. 17 febbraio 1994, n. 1556). Da parte di tali sentenze (cui adde Cass. S.U. 15 marzo 1985, n. 2016, che, in virtù del principio enunciato, ha escluso l’applicabilità dell’art. 36 della Costituzione al funzionario onorario) è stato osservato, in particolare, che i due rapporti si distinguono in base ai seguenti elementi:

Non per caso il suddetto art. 4 del r.d. n. 12 del 1941 distingueva (e ancora distingue, non avendo la suddetta modifica apportato mutamenti al riguardo) in due diversi commi le due categorie di magistrati ordinari, stabilendo nel primo comma che l’ordine giudiziario “è costituito” dai magistrati c.d. togati e nel secondo che “appartengono all’ordine giudiziario” anche gli altri magistrati c.d. onorari. Tale distinzione (considerate anche le due diverse locuzioni usate per definire le due categorie), dimostra che il legislatore ordinario, che è legittimato a legiferare sulla materia in forza della riserva di legge prevista dai suddetti artt. 102, primo comma, e 106 della Costituzione, ha ritenuto che i magistrati di carriera formino l’ordine giudiziario, cui accedono i magistrati onorari.
Da ultimo, Cass., Sez. Lav., 9 settembre 2016, n. 17862, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 38 Cost., delle norme che disciplinano la posizione del giudice di pace, non essendo quest’ultimo equiparabile ad un pubblico dipendente né ad un lavoratore parasubordinato, in quanto la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte, presuppone un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi caratterizzanti l’impiego pubblico, come l’accesso alla carica mediante concorso, l’inserimento nell’apparato amministrativo della P.A., lo svolgimento del rapporto secondo lo statuto apposito per tale impiego, il carattere retributivo del compenso e la durata potenzialmente indeterminata del rapporto.
In ultimo, Cass., Sez. 2, 3 maggio 2005, n. 9155 e Cass., Sez. VI-L, 4 novembre 2015, n. 22569 hanno escluso l’inquadrabilità della figura giuridica del giudice di pace in quella della parasubordinazione, delineata dall’art. 409, n. 3, c.p.c.

Riferimenti della legge ordinaria

Tra l’altro, la stessa impostazione delle leggi istitutive della magistratura onoraria è improntata sul canone della temporaneità delle funzioni. Il loro impiego prolungato, attraverso plurime proroghe, rappresenta una mera deviazione di fatto, un’anomalia sistemica. Sul piano eminentemente contingente si è ritenuto che il magistrato onorario potesse costituire una figura di magistrato semiprofessionale, cui affidare compiti di supplenza, piuttosto che di integrazione e di ampliamento della sfera della tutela giurisdizionale, compiti questi ultimi ai quali in via esclusiva la Carta fondamentale confina il ruolo degli onorari. In punto di fatto, il legislatore ha evocato la figura degli onorari per porre rimedio ai cronici problemi della giustizia, ossia per decongestionare i carichi dei ruoli e per favorire lo smaltimento dell’arretrato. Ma si tratta di un uso improprio della magistratura onoraria, non contemplato dalla Costituzione. Anziché incentivare sin dall’origine: a) l’accesso a forme di giustizia conciliativa o riparativa, i cui istituti (mediazione, conciliazione, arbitrato endoprocessuale e negoziazione assistita) sono stati introdotti solo in tempi relativamente recenti; b) la promozione di interventi di deformalizzazione dei riti; c) il ricorso all’equità come criterio di soluzione conciliativa dei conflitti; il legislatore, attraverso le plurime proroghe dell’esercizio delle funzioni a cura dei magistrati onorari, ha ritenuto erroneamente di poter così risolvere i noti punti critici del sistema giustizia (proliferazione del contenzioso e tempi non ragionevoli di definizione delle liti).
La legge delega 28 aprile 2016, n. 57, così come il primo decreto delegato 31 maggio 2016, n. 92, riconduce le funzioni onorarie al canone della temporaneità. Con l’istituzione delle nuove uniche figure del gop e del vpo, si prevede espressamente che il loro incarico abbia durata provvisoria di 4 anni, rinnovabile per un solo quadriennio, e in ogni caso non oltre il 65° anno di età. Con riferimento alle figure di magistrati onorari già in servizio, si prevede che il loro incarico debba cessare in ogni caso con lo svolgimento di quattro quadrienni e, ad ogni modo, non oltre il compimento del 68° anno di età, previo giudizio di conferma subordinato alla loro persistente idoneità (vedi il relativo regime transitorio anche sulle funzioni che essi possono ricoprire). Segnatamente nella seduta del 28 aprile la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge, già approvato dal Senato, recante delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace (C. 3672). Il Governo è stato delegato ad adottare, entro il 14 maggio 2017, uno o più decreti legislativi diretti a:

Unificazione della figura del giudice onorario:

Statuto della magistratura onoraria:

Organizzazione della magistratura onoraria:

Retribuzione della magistratura onoraria:

Formazione della magistratura onoraria:

Competenze della magistratura onoraria:

Regime transitorio e di coordinamento:

Allo stesso principio di temporaneità delle funzioni si attiene il d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, di attuazione della delega, secondo cui l’incarico di magistrato onorario ha natura inderogabilmente temporanea, si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali e non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego. Al fine di assicurare tale compatibilità, a ciascun magistrato onorario non può essere richiesto un impegno complessivamente superiore a due giorni a settimana. Ai magistrati onorari sono assegnati affari, compiti e attività, da svolgere sia in udienza che fuori udienza, in misura tale da assicurare il rispetto di quanto previsto dal presente comma. Il magistrato onorario esercita le funzioni giudiziarie secondo principi di autoorganizzazione dell’attività, nel rispetto dei termini e delle modalità imposti dalla legge e dalle esigenze di efficienza e funzionalità dell’ufficio. Con riguardo alle funzioni e ai compiti dei giudici onorari di pace, l’art. 9 prevede che i giudici onorari di pace esercitano, presso l’ufficio del giudice di pace, la giurisdizione in materia civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le disposizioni dei codici di procedura civile e penale e delle leggi speciali. I giudici onorari di pace sono, inoltre, assegnati alla struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo» presso il tribunale del circondario nel cui territorio ha sede l’ufficio del giudice di pace al quale sono addetti. I giudici onorari di pace assegnati all›ufficio per il processo non possono esercitare la giurisdizione civile e penale presso l’ufficio del giudice di pace. Nel corso dei primi due anni dal conferimento dell’incarico i giudici onorari di pace devono essere assegnati all’ufficio per il processo e possono svolgere esclusivamente i compiti e le attività allo stesso inerenti. Ai giudici onorari di pace inseriti nell’ufficio per il processo può essere assegnata, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 11, la trattazione di procedimenti civili e penali, di competenza del tribunale ordinario. Per converso, ai sensi dell’art. 16, il vice procuratore onorario inserito nella struttura organizzativa di cui all’articolo 2: a) coadiuva il magistrato professionale e, sotto la sua direzione e il suo coordinamento, compie tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giudiziaria da parte di quest’ultimo, provvedendo allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale ed alla predisposizione delle minute dei provvedimenti; b) svolge le attività e adotta i provvedimenti a lui delegati secondo quanto previsto dall’articolo 17. Il decreto delegato conferma che l’incarico di magistrato onorario ha la durata di quattro anni. Alla scadenza, l’incarico può essere confermato, a domanda, per un secondo quadriennio. L’incarico di magistrato onorario non può, comunque, essere svolto per più di otto anni complessivi, anche non consecutivi, includendo nel computo l’attività comunque svolta quale magistrato onorario, indipendentemente dal tipo di funzioni e compiti esercitati tra quelli disciplinati dal presente decreto. In ogni caso, l’incarico cessa al compimento del sessantacinquesimo anno di età. La temporaneità dell’incarico è altresì corroborata dal regime delle “indennità” spettanti ai giudici onorari: essa si compone di una parte fissa e di una parte variabile di risultato. Ai magistrati onorari che esercitano funzioni giudiziarie è corrisposta, con cadenza trimestrale, un’indennità annuale lorda in misura fissa, pari ad euro 16.140,00, comprensiva degli oneri previdenziali ed assistenziali. Ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari inseriti rispettivamente nell’ufficio per il processo e nell’ufficio di collaborazione del procuratore della Repubblica l’indennità di cui al comma 2 è corrisposta nella misura dell’ottanta per cento. Tali ipotesi di indennità non sono cumulabili. L’indennità di risultato può essere riconosciuta in misura non inferiore al quindici per cento e non superiore al trenta per cento dell’indennità fissa ed è erogata in tutto o in parte in relazione al livello di conseguimento degli obiettivi assegnati. Con riferimento ai magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto delegato, questi possono essere confermati, alla scadenza del primo quadriennio di cui al d.lgs. 31 maggio 2016, n. 92, per ciascuno dei tre successivi quadrienni. In ogni caso, l’incarico cessa al compimento del sessantottesimo anno di età. Ad essi continuano ad applicarsi, sino alla scadenza del quarto anno successivo alla medesima data, i criteri previsti dalle disposizioni in precedenza vigenti per il riconoscimento degli emolumenti spettanti. Invece, nel corso del primo quadriennio successivo, ai magistrati onorari in servizio che ne facciano richiesta, le indennità spettano in conformità alla complessiva disciplina detta per i nuovi magistrati onorari, sostituendo però l’importo dell’indennità lorda annuale in misura fissa di euro 16.140 con l’importo annuo di euro 24.210. Inoltre essi sono tenuti a garantire la loro attività in ufficio in relazione a tre, invece che a due, giorni a settimana.

Comunicazione della Commissione europea del 16 novembre 2015

Anche dalla comunicazione della Commissione europea del 16 novembre 2015 (che ha aperto una procedura di pre-infrazione) non possono ricavarsi elementi che approdano univocamente verso un obiettivo di stabilizzazione dei magistrati onorari. Infatti, in primo luogo, occorrerebbe stabilire, secondo la normativa nazionale, se i magistrati onorari possano essere qualificati come lavoratori a tempo determinato (in proposito è espressamente richiamata la pronuncia della Corte di giustizia sui magistrati inglesi: Corte giust. UE, 1 marzo 2012, C-393/10, O’Brien). Solo in tal caso verrebbe in campo il tema del “precariato” e ne seguirebbe l’applicazione della direttiva 1999/70/CE. Quand’anche ciò possa ipoteticamente avvenire e si ritenesse integrata la sua violazione, atteso che una mera esigenza di risparmio di spesa pubblica non può essere considerata “ragione obiettiva” di deroga alla direttiva 1999/70/CE, come ha prefigurato la Commissione europea, detta direttiva prescrive, non già il divieto «di fare ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato“tout court”», bensì la predisposizione di misure volte ad evitare abusi derivanti dalla successione di detti contratti. Dette misure possono consistere nella subordinazione del rinnovo alla sussistenza di ragioni oggettive ovvero nella fissazione di limiti massimi per durata o per numero di rinnovi dei contratti, soluzione alla quale hanno aderito gli ultimi provvedimenti normativi. Sicché il rilievo mosso all’Italia sarebbe piuttosto quello di aver formalmente previsto la temporaneità dell’incarico, nondimeno prorogando di volta in volta alla scadenza il mandato dei magistrati onorari. L’anomalia risiederebbe, dunque, non già nella temporaneità in sé, ma nella reiterata posticipazione alla scadenza della cessazione dell’incarico. Ora, nel caso di ricorso abusivo alla contrattazione a tempo determinato, la Corte di giustizia non ha mai riconosciuto l’obbligo di conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato; piuttosto ha profilato la necessità di ricorrere ad una “sanzione effettiva”, che può consistere nella previsione di idonei strumenti ristoratori. Occorre, in proposito, puntualizzare che la disciplina italiana di recepimento della direttiva citata esclude l’automatica conversione in rapporti a tempo indeterminato dei rapporti a termine nell’ambito del pubblico impiego, sulla scorta del principio costituzionale sancito dall’art. 97, quarto comma, Cost., che subordina l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni all’espletamento del concorso pubblico. Infatti, l’art. 36, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 dispone che, in ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Piuttosto, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Già in passato si è posta la questione circa la compatibilità di tale ultima previsione con la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE, che contempla l’introduzione negli ordinamenti nazionali di misure idonee a prevenire l’abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti a termine. Sul punto, la Corte di Giustizia ha in più occasioni specificato che una normativa nazionale che prevede solo una tutela risarcitoria non è di per sé contraria all’ordinamento europeo, purché essa garantisca l’effettività della prevenzione dell’utilizzo abusivo del contratto a termine, ossia che l’esercizio del diritto ad ottenere il risarcimento del danno non sia eccessivamente gravoso per il lavoratore (si vedano in proposito: C. giust. UE, 4 luglio 2006, C-212/04, Adeneler e altri; C. giust. UE, 7 settembre 2006, C-53/04, Marrosu; C. giust. UE, 7 settembre 2006, C-180/04, Vassallo; C. giust. UE, 12 giugno 2008, C-364/07, Vassilakis e altri; C. giust. UE, 23 aprile 2009, C-387/07, Angelidaki e altri; C. giust. UE, 24 aprile 2009, C-519/08, Koukou; C. giust. UE, 12 dicembre 2013, C-50/13, Papalia). La Commissione ribadisce dunque il dovere degli Stati di adottare misure idonee e capaci di prevenire la successione abusiva dei contratti di lavoro a tempo determinato: dovere che nel caso della magistratura onoraria non pare rispettato. Su questo aspetto la Commissione censura il rinnovo dei contratti a termine nelle more di un’assunzione mai verificatasi, richiamando anche il precedente sui c.d. “precari della scuola”, ove la violazione rilevata dalla Corte di Giustizia era dovuta alla mancata previsione di un risarcimento e al mancato espletamento di concorsi per oltre 10 anni (Corte giust. UE, 26 novembre 2014, cause riunite C-22/13, da C61/13 a C63/13 e C418/13, Mascolo). In realtà, la protrazione degli incarichi dei magistrati onorari, differentemente che nel caso della scuola, non è conseguita alla mancata indizione di un concorso per l’assunzione, bensì al difetto di una riforma organica del ruolo, riforma che, all’esito della legge delega n. 57 del 2016 e del primo decreto delegato n. 92 del 2016, non va nella direzione di un’assunzione a tempo indeterminato dei magistrati onorari, ma di un incarico di durata quadriennale rinnovabile una sola volta in ordine alla nuova figura dei GOP (in ogni caso non oltre il raggiungimento del 65° anno di età) e, con riferimento ai magistrati onorari già in servizio, nel senso di prevedere una conferma massima per quattro quadrienni, in ogni caso non oltre il raggiungimento del 68° anno di età, ribadendosi dunque che la durata temporanea dell’incarico è requisito essenziale delle cariche onorarie. Pertanto, l’infrazione ipotizzata alle condizioni stabilite non è dirimente ai fini della stabilizzazione. Ulteriore aspetto rilevato dalla Commissione attiene alla possibile violazione del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 della direttiva 1990/70/CE, secondo cui la sola circostanza di aver stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato non può giustificare un trattamento deteriore rispetto a quello riservato ai lavoratori a tempo indeterminato, salvo che sussistano ragioni “oggettive” di discriminazione. La “ragione oggettiva” richiesta dalla direttiva 1990/70/CE non può essere ravvisata qualora la normativa nazionale sia totalmente sproporzionata, a danno dei lavoratori a tempo determinato, pur essendo le mansioni da essi esercitate identiche a quelle dei lavoratori a tempo indeterminato. In proposito, la Corte di giustizia censura la normativa nazionale che esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione dei periodi di servizio svolti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione (C. giust. UE, 7 marzo 2011, C-393/2011, Bertazzi e altri; C. giust. UE, 12 ottobre 2012, C-302/2011, Valenza e altri). Ma anche in ordine a tale aspetto, premesso che è inibita la conversione della posizione dei magistrati onorari in assunzione definitiva nell’ambito del pubblico impiego, con equiparazione ai magistrati ordinari, la soluzione ipotizzabile non è certamente quella della stabilizzazione.
Ulteriore ed ultima questione affrontata dalla Commissione europea attiene alla compatibilità della normativa sulla magistratura onoraria con il combinato disposto delle direttive 2003/88/CE e 1999/70/CE, nella parte in cui prevedono che gli Stati membri debbano garantire a ciascun lavoratore almeno 4 settimane di ferie retribuite all’anno, indipendentemente dal fatto che si tratti di lavoratori a termine o a tempo indeterminato. Se i magistrati onorari non debbono subire un trattamento deteriore rispetto a quelli ordinari, le ferie spettanti ai primi devono essere commisurate a quelle spettanti ai secondi (pur applicando, se del caso, il principio del “pro rata temporis”). Ancora una volta il profilo della commisurazione del periodo feriale non è affatto emblematico di una necessità di stabilizzazione.
Alla luce delle predette considerazioni, si rileva come qualora la procedura di infrazione, in conseguenza della presentazione di un ricorso per inadempimento, portasse l’Italia di fronte alla Corte di giustizia e la stessa accogliesse le osservazioni della Commissione europea, inquadrando, dunque, i magistrati onorari nella nozione di lavoratore a tempo determinato, essi avrebbero diritto al risarcimento del danno per l’abusivo rinnovo dei contratti a tempo determinato in violazione della normativa europea, nonché alle ferie retribuite, alla previdenza sociale, all’indennità di maternità, alla malattia, alla tredicesima ed a una retribuzione commisurata a quella dei magistrati ordinari, ma non avrebbero comunque un diritto alla stabilizzazione.

Decisione del Comitato europeo dei diritti socia li presso il Consiglio d’Europa del 16 novembre 2016

Anche con riferimento alla decisione del Comitato europeo dei diritti sociali presso il Consiglio d’Europa del 16 novembre 2016 non si rinviene alcun indice significativo di una propensione alla stabilizzazione. Piuttosto, si rimprovera che nelle more i giudici di pace non hanno goduto di alcuna tutela previdenziale e assistenziale, che è questione ben diversa dalla rivendicazione di un diritto alla stabilizzazione, secondo i principi costituzionali.
Infatti, con decisione del 5 luglio 2016, pubblicata il 16 novembre 2016, il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, con sede presso la Commissione europea dei diritti dell’uomo (Strasburgo), in accoglimento del reclamo presentato dall’Associazione nazionale dei giudici di pace, ha accertato la violazione, da parte del Governo italiano, del codice europeo di sicurezza sociale e della carta sociale europea, in quanto, operando un’indebita discriminazione rispetto ai magistrati di ruolo, non riconosce ai giudici di pace le dovute ed obbligatorie tutele previdenziali ed assistenziali, comprensive del diritto alla pensione, del diritto ad una ragionevole retribuzione in caso di malattia, maternità o paternità, dell’assicurazione per infortuni sul lavoro, etc…, come anche disposto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa con la raccomandazione CM/Rec(2010)12 del 17 novembre 2010. La salvaguardia delle posizioni previdenziali e assistenziali concerne tuttavia un aspetto completamente assestante dall’esigenza di definitiva assimilazione dei magistrati onorari ai
magistrati professionali.

Conclusioni

Pertanto, alla luce degli aspetti esaminati, deve essere escluso che i magistrati onorari in servizio possano essere stabilizzati ed assimilati tout court ai giudici togati. In tal caso i parametri costituzionali di riferimento sarebbero irrimediabilmente violati sotto più profili. L’esercizio delle funzioni giurisdizionali è riservato ai magistrati professionali, che vi accedono attraverso la via infungibile del concorso pubblico. Del resto, le funzioni affidate alla magistratura onoraria mediante designazione hanno una portata meramente integrativa della tutela giurisdizionale riservata ai magistrati professionali e volta ad armonizzare il sistema giudiziario. Sicché non possono mai sfociare nell’equiparazione ai compiti istituzionali demandati alla magistratura ordinaria. Non è indicativa della possibilità di stabilizzazione la legge 18 maggio 1974, n. 217, recante “Sistemazione giuridico-economica dei vice pretori onorari incaricati di funzioni giudiziarie ai sensi del secondo comma dell’articolo 32 dell’ordinamento giudiziario”; e ciò perché, pur avendo disposto tale legge la conservazione dell’incarico a tempo indeterminato per i vice pretori onorari incaricati di funzioni giudiziarie in servizio al 1° dicembre 1973, comunque non oltre il raggiungimento del 65° anno di età, - per un verso - ha lasciato fermi gli incarichi onorari da essi già svolti, non assimilabili a quelli svolti dai magistrati togati, sistemandoli più che stabilizzandoli, e - per altro verso - ha previsto la facoltà del Consiglio superiore della magistratura di revocare in ogni tempo l’incarico con provvedimento motivato. Né tale legge, per come è strutturata, pare esente da censure di incostituzionalità.