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AREA GENERALE | Interviste
10 gennaio 2021

Covid, Santalucia: cento toghe tra le vittime, processi da remoto fino al termine della pandemia

Il presidente dell’ANM intervistato da “La Repubblica”

Cento toghe vittime del Covid. Un dato che irrompe nell'assemblea dell'Anm. E il presidente Giuseppe Santalucia dice a Repubblica: "Basta proroghe a brevissimo termine, finché c'è il virus servono regole stabili per svolgere i processi da remoto". Santalucia si aspetta "investimenti importanti per la giustizia" dal Recovery fund. E su Viareggio e la prescrizione dice: "Sì alle norme di Bonafede ma serve un impegno certo sui tempi dei processi". Netta apertura sui giudici onorari: "Si riconoscano i loro diritti e si volti pagina". Le chat di Palamara? "Le deviazioni vanno colpite anche se riguardano solo una parte della magistratura".

Un dato forte irrompe nella riunione dei vertice dell'Anm, cento magistrati, dall'inizio del Covid, colpiti dal virus. Non le pare un numero inedito e grave?
"Sicuramente sì, è un dato che colpisce e che ci deve far riflettere sulla necessità, almeno fino a quando la pandemia non sarà sufficientemente controllabile o addirittura superata, che proseguano le norme sui processi da remoto".

Scusi, ma queste norme il Guardasigilli Bonafede le ha fatte.
"Sì, però hanno una scadenza, il 31 gennaio, che è dietro l'angolo. E che necessariamente bisognerà prorogare, almeno in linea con quello che è stato fatto con la giustizia amministrativa con il decreto Milleproroghe. E con la garanzia da parte dei magistrati, certamente per il settore penale, che non c'è la volontà di far sopravvivere il processo da remoto una volta fuori dall'emergenza. Mentre, nel caso del processo civile, la decisione potrebbe essere rimessa alla volontà delle parti con un uso intelligente delle tecnologie informatiche per udienze a distanza e magari più veloci".

Gli avvocati accetteranno?
"Con il consenso delle parti, gli avvocati avranno di volta in volta la possibilità di valutare le opportunità che la tecnologia offre. Se poi non intenderanno farlo, non lo faranno".

Crede davvero che queste cento toghe malate non ci sarebbero state con i processi a distanza? È tutta colpa di Bonafede e del governo?
"Senza le norme sull'emergenza i casi sarebbero stati certamente di più, e con i magistrati si sarebbero ammalati, in misura più consistente, anche gli avvocati e il personale amministrativo. Quelle norme sono l'unica via per tutelare la salute di tutti quelli che lavorano dentro e intorno al processo e garantire contestualmente l'interesse primario di fare i processi e non sospenderli".

È proprio sicuro che i suoi colleghi, i capi degli uffici, non abbiano alcuna responsabilità nell'organizzazione dei palazzi di giustizia?
"Credo proprio di sì. Ho assistito di persona a grandissimi sforzi organizzativi. Conosco numerosi esempi che risalgono ai primi mesi in cui l'Italia ha scontato un'impreparazione diffusa nel fronteggiare la pandemia. Dalle enormi difficoltà iniziali si è passati a piani organizzativi sempre più efficaci, ma ciò non basta se il legislatore non interviene subito a prorogare i decreti per l'emergenza".

Lei ha lavorato nel "palazzo", al ministero della Giustizia, pensa che una crisi di governo in questo momento possa complicare le cose?
"Ne parlo da cittadino. In un momento di grande difficoltà del Paese una crisi di governo non è un evento a cui si può guardare senza preoccupazione. L'auspicio è che l'azione di governo non subisca rallentamenti perché anche nel settore giustizia c'è bisogno di un interlocutore puntuale, rapido, efficace".

Cosa si aspetta per la giustizia dal Recovery fund?
"Mi aspetto che la grande crisi indotta dal Covid possa rappresentare un irripetibile occasione di difesa. Mi auguro che per la giustizia ci sia un importante investimento di risorse per problemi strutturali, che non possono essere fronteggiati facendo leva solo sull'impegno lavorativo dei magistrati e su soluzioni organizzative a costo zero. Penso per esempio all'ufficio per il processo che, senza adeguate risorse, muove i primi passi, anche grazie ai magistrati onorari, ma non può diventare una soluzione stabile e pienamente efficace".

Ma lo vede che proprio le toghe onorarie di ogni categoria sono in subbuglio, fanno scioperi della fame e manifestano sotto i palazzi di giustizia? L'Anm sta col loro?
"Proprio oggi il Comitato direttivo centrale ha approvato una mozione che si muove in continuità con l'azione svolta dall'Anm e che proverei a sintetizzare così: piena tutela ai diritti della magistratura onoraria in servizio da anni, e per il futuro norme che assicurino il ruolo che le è proprio senza che si possano creare nuove forme di precariato. Noi vorremmo chiudere un capitolo non bello nel rapporto con i magistrati onorari riconoscendo i loro diritti e voltando pagina".

Ma le pronunce della Corte di giustizia, dei tribunali civili e la stessa decisione della Consulta non vanno nella direzione di riconoscere a questi giudici la possibilità di ottenere dallo Stato un rapporto di lavoro stabile, non retribuito a cottimo e garanzie previdenziali e pensionistiche?
"Sul piano dei principi non c'è nessuna preclusione dalla parte della magistratura ordinaria a che il governo riconosca le necessarie tutele per questi professionisti. Le aggiungo però che in tempi rapidi la giunta dell'Anm incontrerà i rappresentanti dei magistrati onorari per mettere a fuoco i punti critici che si frappongono ai loro diritti riconosciuti da molte sentenze".

Scusi presidente Santalucia ma lei quando pensa ai magistrati onorari pensa a dei colleghi?
"Penso alla loro figura com'è delineata in Costituzione, cioè penso a dei professionisti che quando esercitano il mandato onorario svolgono la medesima funzione".

Viareggio: la sentenza della Cassazione è lì e ha sconvolto i familiari delle vittime. La legge Bonafede sulla prescrizione bloccata in primo grado è in vigore dall'inizio del 2020, pur con le contestazioni politiche che conosciamo. Non crede che fermare il corso della prescrizione sia giusto?
"Il tempo della prescrizione è incompatibile con il tempo del processo. Nel senso che il primo è il tempo dell'oblio, mentre il secondo è il tempo della memoria. Detto questo, ritengo che si possa sicuramente arrestare lo scorrere della prescrizione con il rinvio a giudizio oppure con la sentenza di condanna di primo grado, ma allo stesso tempo ritengo che, nel farlo, bisogna farsi carico di governare i tempi dei processi. Che oggi - piaccia o non piaccia - sono governati dai tempi della prescrizione. Possiamo anche decidere di adottare la formula di Bonafede, ma il legislatore deve studiare un meccanismo di governo ragionevole dei tempi del processo".

Le chat di Palamara: 24 suoi colleghi scrivono all'ex pm invocando la pubblicità delle chat. La stessa Anm ancora non riesce a entrare in possesso ufficialmente di quelle carte. È mai possibile che proprio quelle chat diventino l'unico strumento per misurare la moralità e la correttezza delle toghe italiane?
"Non devono diventarlo, ma ciò non significa che non abbiano oggi una grande rilevanza. Io ho ereditato dalla giunta Poniz un impegno serio e rigoroso sull'accertamento delle violazioni del codice etico. Abbiamo appena nominato il collegio dei probi viri e ripartiremo subito per acquisire le carte nel rispetto delle norme e dei diritti delle persone. La procura di Perugia non ci ha negato le carte, ha solo correttamente precisato che l'acquisizione delle chat deve avvenire nel rispetto dei diritti di tutti quelli che sono coinvolti. È un'operazione laboriosa ma non preclusa".

Lei è davvero convinto che, scoperte quelle chat, siano finite per sempre le raccomandazioni e le manovre per avere un posto? Non è che rimane tutto uguale, Palamara ha pagato per tutti, ma la logica del "di' che ti mando io" resta la stessa?
"Sarebbe ingenuamente illusorio pensare che tutto sia finito con Perugia e che magicamente siano scomparsi dal nostro orizzonte il pericolo delle cadute etiche e i comportamenti scorretti. Ma sono fermamente convinto che per fronteggiare questo pericolo sia necessario il costante impegno, anche dentro l'Associazione dei magistrati, per riconfermare la centralità culturale del codice etico. Strappandolo alla posizione marginale in cui è rimasto per anni e riproponendolo nella vita quotidiana dei magistrati non come uno strumento o una minaccia di sanzione e repressione, ma come un fattore di promozione di un rinnovato modo di intendere l'essere magistrato. Ma sono certo che la stragrande maggioranza dei magistrati non abbia bisogno di questo monito per comportarsi correttamente. Però l'efficacia di un'azione politica si misura sul contrasto alle degenerazioni, anche se riguardano solo una parte della magistratura".

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