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AREA GENERALE | In memoria
23 giugno 2013

In ricordo di Mario Amato

Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, assassinato dai Nuclei Armati Rivoluzionari.

Mario Amato
(Palermo, 24 novembre 1937 -  Roma, 23 giugno 1980)
Sostituto Procuratore della Repubblica di Roma, assassinato dai Nuclei Armati Rivoluzionari
(Tratto dal volume "Nel loro segno" edito dal Csm)

Quello di Mario Amato è l'ultimo omicidio di un magistrato compiuto dal terrorismo politico italiano. Sono trascorsi 97 giorni dall'assassinio del giudice Giacumbi, 98 da quello del giudice Minervini, 100 da quello del giudice Galli.

È il 23 giugno 1980 quando, di buon mattino, Amato esce di casa per dirigersi a Piazzale Clodio. Mentre cammina sul marciapiede, due terroristi dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), espressione dello spontaneismo armato di estrema destra, ne decretano la morte sparandogli alle spalle un colpo di rivoltella. Dichiarerà agli inquirenti un testimone oculare : «Intorno alle 7.55 ho visto il dottor Amato che scendeva per via Monte Rocchetta e svoltava per viale Ionio. Ho avuto la sensazione che un uomo vestito di beige Io stesse seguendo». Quell'uomo, alto circa un metro e 75, viso scoperto, capelli bruni e abiti da travet, appare sulla scena con fredda determinazione alle spalle dal giudice. Estrae una calibro 38 e gli esplode un solo colpo alla nuca.

Fu Sergio, il figlio piccolo del giudice, ad avvertire la sorella Cristina che era successo qualcosa al loro papà: allora lui aveva sei anni e ricorda di aver sentito la mamma piangere e urlare. Ma la verità la verranno a sapere solo più tardi; sul momento Cristina pensò si trattasse solo di un incidente: "L'ho pensato tutto il giorno, finché mio fratello è arrivato e mi ha detto: «Papà l'hanno ucciso con la pistola»".

Amato è titolare di tutte le inchieste sull'eversione nera a Roma e nel Lazio e la sua morte serve a bloccarle. Questa la spiegazione del delitto che viene data nella immediatezza Al Palazzo 1i Giustizia la notizia della morte di Mario Amato dà vita a una protesta senza precedenti e, finalmente, alla istituzione di un pool per le indagini sull'antiterrorismo di destra che, negli anni successivi, riuscirà a ricomporre "l'arcipelago dei guerrieri fascisti romani".

Nel 1990 sarà Valerio Fioravanti, al microfono di Sergio Zavoli nel programma La notte della Repubblica, a raccontare il delitto Amato: "Non fu un'azione particolarmente difficile. Avevamo preso le nostre misure perché lui di solito andava in ufficio in automobile, quel giorno andò addirittura alla fermata dell'autobus, per cui fu più semplice di quello che s'immaginasse".
A 24 ore dall'assassinio giunge la telefonata di rivendicazione: "Siamo i NAR, abbiamo ucciso noi il giudice Amato. Troverete un volantino nella cabina telefonica di via Carlo Felice". Si tratta del celebre documento Chiarimenti, summa dello spontaneismo armato nero. Recita: "Abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore dottor Amato, per la cui mano passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito di piombo. Altri la pagheranno". Qualche settimana dopo un altro evento sconvolgerà l'Italia, è il 2 agosto 1980, scenario del dramma, la stazione ferroviaria di Bologna.

Mario Amato nasce a Palermo il 24 novembre del 1937. Dal 1971 al 1977, ricopre il ruolo di Sostituto Procuratore in Rovereto. Commenterà al riguardo Giovanni Minoli: "Beffa della sorte, la stessa cittadina in cui nasce Valerio Fioravanti", quel "fondatore e capo dei NAR" che definirà Amato "il giudice più odiato dalla destra eversiva". Mario Amato ama la montagna e lo sci. Nel lavoro si occupa di morti bianche, rapine e microcriminalità. Nel giugno del 1977 viene trasferito alla Procura di Roma. In meno di tre anni il suo ruolo cambia profondamente. Il Procuratore capo, Giovanni de Matteo, gli affida l'incarico di riprendere le indagini avviate dal magistrato Vittorio Occorsio, ucciso nel 1976 proprio mentre stava indagando sui gruppi di destra eversiva.

Amato fu tra i pochi, dopo il giudice Occorsio, a tentare una lettura globale del terrorismo nero. "Attraverso i parziali successi delle indagini su singoli episodi terroristici" disse davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 13 giugno 1980 -solo dieci giorni prima di essere ucciso-: "sto arrivando alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi". Amato ricostruì le connessioni tra destra eversiva e banda della Magliana e intuì i legami tra sottobosco finanziario, economico e potere pubblico. Aveva scoperto, tra l'altro, che i NAR cercavano un'alleanza "tattica" con gli estremisti di sinistra per sferrare l'attacco congiunto allo Stato. Durante quell'audizione al Consiglio Superiore dichiarò: «Vi sono un sacco di ragazzi o di ragazzini che sono come i miei e i vostri figli, o come i figli di persone assolutamente perbene, che vengono armati o comunque istigati ad armarsi e che poi troviamo che ammazzano. Li troviamo con armi, con silenziatori, o colti nel momento in cui stanno ammazzando. Si tratta di un fenomeno grave che non può essere trascurato e che non si risolve prendendo i ragazzini e mettendoli in galera. O meglio, mettiamoli pure in galera, ma teniamo presente il gravissimo danno sociale di questi giovani che vengono travolti da vicende di questo tipo. Si tratta di un danno che noi pagheremo. Ciò che dico ovviamente vale sia per la sinistra che per la destra. Per la sinistra in numero spropositato, per la destra in numero ridotto perché le proporzioni politiche sono diverse. Ho fatto una relazione in cui indicavo la gravità del fenomeno, l'opportunità di seguirlo e di estendere le indagini, perché non ci interessa solamente arrestare la persona che ha commesso un reato: se tale persona fa parte di un'organizzazione, mi interessa catturarla ma poi risalire anche agli altri».

Nell'assemblea plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura tenutasi dopo l'omicidio, prese la parola il Presidente della Repubblica Sandro Pertini: "Dopo la fine prematura del giudice Amato, vilmente assassinato, sarebbe fuori luogo e fuori tempo fare un necrologio. I morti si onorano custodendone il ricordo nel nostro animo, cercando di imitare l'onestà della loro vita, pensando ai parenti ed ai colleghi del giudice Amato... i magistrati hanno oggi il diritto di far sentire le loro ragioni e di vedere giustamente accontentate le loro richieste concernenti progetti e problemi messi da tempo sul tappeto e finora rimasti lettera morta".

Per Sergio Amato, il figlio del magistrato, che all'epoca aveva sei anni, i mandanti e gli autori dell'omicidio "Non si sono pentiti. Hanno un atteggiamento da pentiti ma in realtà non lo sono. Loro mi hanno privato di mio padre. Mi hanno privato, probabilmente, di tante possibilità nella mia vita."