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ORGANI ANM | Documenti ufficiali
13 maggio 2023

Iniziativa disciplinare del Ministro della Giustizia, l’Anm convoca l’assemblea generale

Il documento approvato dal CDC

Il Ministro della Giustizia ha chiesto alla Procura Generale di esercitare l’azione disciplinare contro i giudici della Corte d’Appello di Milano che hanno trattato la fase cautelare del procedimento per l’estradizione del cittadino russo Artem Uss.
L’addebito, come noto, è di aver applicato, in luogo della custodia in carcere, gli arresti domiciliari ‘rafforzati’ con il c.d. braccialetto elettronico.
Oltre tre mesi dopo il provvedimento, Uss si è allontanato dagli arresti e dal territorio italiano e, dopo le proteste degli Stati Uniti, che ne avevano chiesto l’estradizione, il Ministro ha formulato l’addebito nei confronti dei magistrati milanesi, che avrebbero tenuto “un comportamento connotato da grave e inescusabile negligenza”.
Già più di un commentatore ha fatto notare che la norma che individua l’illecito disciplinare, evocata dal Ministro, non si riferisce ai “comportamenti” ma alla “violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”.
E nessuno (neppure il Ministro) è in grado di individuare tale violazione, grave o lieve che sia.
Del resto la supposta violazione non è stata neppure nominata, neanche in sede di dibattito parlamentare, dove pure il Ministro ha offerto la sua ricostruzione della vicenda in termini di fatto e di norme da applicare.
Siamo certi che un vaglio sereno della vicenda non potrà mai condurre all’instaurazione del procedimento e tanto meno all’applicazione di una sanzione.
E la conclusione non cambia se anche volessimo per un momento ipotizzare che le critiche “nel merito” del Ministro fossero tutte fondate e inattaccabili e il provvedimento potesse considerarsi sbagliato, perché il punto è che oggetto della “critica disciplinare” non può essere il merito del provvedimento e la norma del decreto 109/2006 che lo vieta non fa che declinare nel caso di specie il principio costituzionale dell’indipendenza della magistratura.
Proprio per questo dobbiamo riflettere sul significato di questa richiesta e sulle ricadute che essa avrà non solo e non tanto sulla serenità dei colleghi coinvolti, ma su tutti i magistrati che ogni giorno sono chiamati al delicato bilanciamento di interessi fra libertà personale, esercizio della potestà punitiva, strumenti di cautela e scelta fra questi.
Non si tratta solo di interrogarsi sugli effetti che un’iniziativa così pensata avrà sui magistrati, ma sul fatto che si contribuisce a creare un clima, se non una cultura, che è già stata definita argutamente “giurisprudenza difensiva”.
I tradizionali canoni di giudizio rischiano di essere capovolti e la misura cautelare, nel dubbio, dovrà essere sempre la più grave, ponendo al riparo il magistrato, che in una delle due funzioni se ne occupa, da qualsiasi possibilità di rimostranza o censura.
Un capovolgimento che danneggerà soprattutto i cittadini, cioè i destinatari dei provvedimenti della magistratura, come ben ha compreso più di un organismo forense, che non ha esitato a criticare lucidamente l’iniziativa del ministro.
Riteniamo pertanto compito ineludibile e prioritario dell’ANM e del CDC che ne costituisce l’organo elettivo affrontare la questione, adottando ogni iniziativa, a cominciare dallo stato di agitazione, senza attendere la convocazione dell’Assemblea Generale che pure diverse sezioni distrettuali hanno già chiesto.
Non si tratta di emettere un vuoto proclama ma, da un lato, di sollecitare l’attenzione delle formazioni politiche e sociali, nonché della cittadinanza tutta, sulle nefaste conseguenze dell’iniziativa ministeriale e, dall’altro, a coinvolgere in un percorso comune tutti gli attori della giurisdizione:

oltre alla cittadinanza tutta.

Tanto premesso il CDC dell’ANM:

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