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AREA GENERALE | Interviste
1 agosto 2025

"La riforma Nordio è irrazionale"

La componente della Gec Paola Cervo al Dubbio

È difficile parlare razionalmente di riforma del Csm e introduzione dell’Alta Corte disciplinare per i magistrati ordinari. Questa riforma, infatti, non muove da alcun principio di efficienza o di necessità giuridica – non vi è spazio in questa sede per confutare il ragionamento che la correla all’art. 111 della Costituzione quasi ne fosse un prodotto obbligato – bensì da talune indimostrate petizioni di principio, contro le quali non può esservi razionalità che tenga, poiché esse, per definizione, non accettano ragioni.
Lo dimostrano le stesse modalità con cui la prima lettura della riforma è stata portata a compimento: tuttavia la razionalità è l’impegno che l’Anm ha assunto di fronte a questa riforma, per esprimere ai cittadini gli argomenti che inducono preoccupazione per l’indipendenza della giurisdizione.
Curiosamente, nessuno dei sostenitori della riforma ne coglie mai a pieno la portata: alcuni parlano solo della separazione delle carriere; altri enfatizzano l’Alta Corte; altri, purtroppo, plaudono al sorteggio dei componenti togati dei Consigli superiori della magistratura. Non molto tempo fa, ad esempio, il sottosegretario Delmastro ‘confessava’ in un fuori onda di apprezzare solo il sorteggio, di temere la separazione delle carriere e di avere scrupoli garantisti rispetto all’Alta Corte.
Un simile approccio è frequente, ed è eloquente. Nessuno dei sostenitori della riforma, infatti, è disposto a farsi carico della responsabilità, sia essa morale o politica, di ciò che la lettura del testo evidenzia: le tre riforme, nella loro sinergia, stravolgono l’assetto costituzionale dei poteri, spingono inesorabilmente il pm sotto l’imperio del potere esecutivo e producono una irrazionale (toh) modificazione della vita lavorativa del magistrato. Questi, infatti, per un trasferimento su domanda o il conseguimento della valutazione di professionalità o di un incarico (semi)direttivo, è affidato al giudizio di un Csm composto per due terzi da suoi pari e per un terzo da laici; invece, qualora affrontasse un procedimento disciplinare, fermo restando il quorum deliberativo di due terzi, non potrà essere prosciolto senza il voto di almeno un laico. Nei fatti, l’esito del procedimento disciplinare non dipenderà dai togati ma dai laici, che potranno quindi potenzialmente rivalersi in quella sede sul magistrato che, in qualsiasi modo, abbia arrecato ‘fastidio’ alla loro parte politica. Magari semplicemente per aver espresso un’opinione o ancora peggio per un’inchiesta o una sentenza sgradita. Questo meccanismo condiziona in maniera evidente l’autonomia e l’indipendenza del magistrato. Non solo, spicca poi la irrazionalità del giudice disciplinare, che torna ad essere unico per giudici e pm, nonostante essi siano affidati ciascuno al proprio Csm.
Quanto al sorteggio, la (in)validità di una simile scelta traspare dalle preoccupazioni postume espresse da taluni convinti sostenitori della separazione: il prof. Spangher ha di recente auspicato che il sorteggio ‘secco’ approvato in Parlamento venga trasformato in sorteggio temperato dai decreti attuativi. Costante nel tempo, invece, l’allarme lanciato dall’ Associazione italiana dei costituzionalisti.
In realtà, il sorteggio è un metodo irrazionale (toh) di composizione di un organo collegiale. Esso non garantisce in alcun modo la competenza dei sorteggiati ed anzi li espelle da qualsiasi meccanismo di rappresentanza e di responsabilità politica.
Pochi giorni fa questo giornale ha ospitato l’opinione del solo – allo stato – componente sorteggiato del Csm. Anch’egli, nell’esprimere la propria convinzione circa la bontà del sorteggio, è sembrato affidare al fato, più che a meccanismi razionali di rappresentanza, la qualità del collegio che ne risulterebbe. Sfugge però perché dovrebbe riscuotere fiducia, o risultare autorevole, un Csm composto da sorteggiati che, in ipotesi, ben potrebbero astenersi dalle votazioni più importanti ritenendo che la chiamata della sorte li sollevi da ogni forma di responsabilità.
Esaminando la questione in termini razionali, viceversa, deve convenirsi sulla debolezza di un collegio creato dal caso, nel quale la formazione di maggioranze e minoranze in seno alla componente togata potrebbe impiegare moltissimo tempo, lasciando intanto i laici a controllare l’organo di autogoverno della magistratura. Riaffiora qui lo stravolgimento del bilanciamento costituzionale dei poteri.
Illusorio, poi, dire che il sorteggio sia una panacea contro il correntismo. Anche i sorteggiati si aggregheranno intorno ad interessi o visioni comuni, con la differenza che lo faranno solo dopo essersi insediati. Inoltre tali elementi di aggregazione non saranno preventivamente conoscibili, a differenza di quanto accomuna coloro che fino ad oggi si candidavano nella medesima lista elettorale, sicché il collante dei voti dei togati sorteggiati può essere di varia natura e nessuno potrà controllare la coerenza dell’operato dei sorteggiati con i principii cui essi hanno dichiarato di ispirarsi.
L’efficienza della giustizia, poi, non interessa all’attuale legislatore costituente: tale constatazione, già imposta dalla mera lettura del testo, è stata confermata dal Guardasigilli in più occasioni, così come dalla senatrice Bongiorno proprio in questi mesi.
Non resta perciò che ribadire ciò che l’Anm afferma dal primo profilarsi di questa riforma: il suo unico scopo è la sottomissione della giurisdizione, in danno dei cittadini, cui viene sottratto un preziosissimo bene collettivo.