In un’epoca, quale è quella attuale, connotata da spinte innovative che investono la società nel suo complesso, rientra fra le prerogative della Associazione Nazionale Magistrati la “mission” di rendere realmente democratico il funzionamento delle istituzioni giudiziarie, promuovendo la ‘effettiva’ partecipazione delle donne magistrato alle scelte di politica giudiziaria, siano esse da esprimersi nell’ambito della politica associativa, come anche della dirigenza giudiziaria ed, ancora, nell’ambito della composizione del Consiglio Superiore della Magistratura.
Per attuare il principio di eguaglianza sostanziale declinato nella Carta Costituzionale vanno individuati concreti ed effettivi rimedi di riequilibrio, anche attraverso l’introduzione temporanea di misure positive, come del reato è già stato previsto, a tutela degli interessi pubblici, dal legislatore in taluni ambiti (ad esempio con la Legge n. 165 del 2001 recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, la Legge 23.11.2012 n. 215 recante disposizioni per promuovere il “riequilibrio di genere nei Consigli e nelle Giunte degli Enti Locali e nei Consigli Regionali”; la Legge 22.04.2014 n. 65 “per le elezioni del Parlamento Europeo”; la Legge n. 20 del 15.02.2016 “sull’equilibrio della rappresentanza fra uomini e donne nei Consigli Regionali” od, anche, la Legge elettorale 3.11.2017 n. 165, che disciplina la rappresentanze di genere nelle liste per le elezioni della Camera e del Senato)
L’adozione di consimili misure è di stretta urgenza ove si considerino i provvedimenti da approntare per la riforma della “giustizia” strumentale al “Recovery Plan”.
Nel Trattato dell’Unione Europea l’obiettivo della “uguaglianza tra i generi” è espressamente indicato tra quelli da perseguire da parte degli Stati-Membri (art.157 TFUE e nell’art. 23 della Carta Dir. Fondamentali) e da attuare attraverso l’adozione di ogni strumento di riequilibrio.
Il Parlamento Europeo, già nel 2000 (risoluzione B5-0180), aveva sollecitato gli Stati-Membri ad adoperarsi attivamente per conseguire una più equa presenza di “donne e uomini” in ogni istituzione, indicando, quale minimale misura necessaria, quella di “almeno un terzo” di donne presenti negli organismi istituzionali ed affermando che la sotto-rappresentanza femminile nei settori-chiave possa essere riequilibrata anche con l’introduzione di ‘quote’, quali misura transitoria per conseguire lo scopo.
Nel nostro Paese, le donne magistrato elette al CSM, dal 1959 ad oggi, sono appena di 28 a fronte di quasi 500 uomini, pari, questi ultimi, a ben il 95% degli eletti.
La sottorappresentanza di genere, dunque, è innegabile nell’Organo di Autogoverno, pur a fronte di una maggioranza femminile, oramai, all’interno della magistratura
Nella introduzione del disegno di legge per la riforma del sistema elettorale del C.S.M. il legislatore tende ad “…una profonda revisione del sistema elettorale dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura e delle modalità di funzionamento del medesimo organo”.
Ebbene, al di là di ogni considerazione sul sistema elettorale da adottare, la Commissione Pari Opportunità presso l’Anm segnala al Cdc come necessaria, quale che sia il sistema che si andrà ad adottare, l’introduzione urgente di misure di riequilibrio miranti ad assicurare pari rappresentanza di genere nell’Organo di autogoverno (quali, ad, esempio, la previsione di liste contrapposte con elenchi di candidati e candidate posti in ordine con alternanza di genere oppure l’introduzione dell’istituto della doppia preferenza di genere od, ancora meglio, di quote temporanee, per almeno tre consiliature, paritarie, od almeno del 40%, di risultato).
Occorre anche nella Magistratura finalmente dare “voce alle donne” anche nell’organo di autogoverno per assicurare reale democraticità all’intero ordinamento.
Le componenti della Commissione Pari Opportunità ANM
Versione stampabile