I cittadini italiani hanno diritto di ottenere sentenze
in tempi ragionevoli: la riforma della giustizia è possibile, con
alcune riforme necessarie e urgenti dirette ad assicurare
funzionalità ed efficacia al sistema giudiziario, nell'interesse
della collettività.
L'Associazione nazionale magistrati ha diffuso un documento, in
vista dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, in programma domani
in Cassazione e sabato nei distretti di Corte d'appello. In
particolare, le riforme indicate riguardano:
- la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con
l'accorpamento degli uffici più piccoli, sulla base di dati e
parametri oggettivi, e tenendo conto delle peculiarità del
territorio;
- la riforma del processo civile, strumento fondamentale di
tutela dei diritti lesi dei cittadini, e punto chiave per lo
sviluppo economico e gli investimenti, anche dall'estero. Il ddl in
discussione al Senato accoglie alcune proposte dell'Anm, che
tuttavia ritiene necessari interventi più coraggiosi e incisivi:
sfoltimento e razionalizzazione dei riti, abrogazione del rito
societario, tempestiva adozione dei decreti legislativi sulla
mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale;
- attuazione del processo civile telematico, con investimenti
adeguati (dotazioni informatiche, costruzione dei software,
adeguamenti normativi, formazione degli operatori coinvolti),
inconciliabili con i tagli effettuati alle risorse della
giustizia;
- riforma del processo penale, attraverso alcuni interventi
prioritari: notificazione atti con posta elettronica certificata;
depenalizzazione dei reati minori e archiviazione per irrilevanza
del fatto; abolizione dell'avviso di conclusione delle indagini;
revisione del processo in contumacia; riforma della prescrizione e
della recidiva;
- adeguamento delle strutture, organici e risorse, recuperando le
risorse tagliate dall'ultima legislazione finanziaria. È in gioco
la dignità della funzione, intesa non come valore autoreferenziale
dei magistrati ma come contrassegno della giurisdizione;
- abolizione del divieto, per i magistrati di prima nomina, di
assumere le funzioni monocratiche e requirenti di primo grado, per
evitare un "disastro" imminente, ampiamente preannunciato dall'Anm:
la "desertificazione" di alcune sedi giudiziarie del meridione (e
non solo), anche a seguito della messa a concorso di numerosi posti
di Procura. Il decreto legge 143/2008 sugli incentivi per le sedi
disagiate rappresenta un rimedio insufficiente.
Non sarebbero utili né al funzionamento della giustizia, né
all'interesse dei cittadini ad ottenere decisioni rapide, riforme
che alterino i principi di indipendenza e autonomia della
magistratura, come delineati nell'attuale assetto
costituzionale.
L'Associazione nazionale magistrati ribadisce, invece, l'allarme
per le proposte di modifica della disciplina delle intercettazioni,
che indebolirebbero uno strumento investigativo indispensabile per
individuare i responsabili di gravi delitti, e rafforzerebbero
forme di illegalità sempre più diffuse nel paese. Né possono dirsi
incoraggianti le proposte per sottrarre poteri investigativi
all'ufficio del pubblico ministero, per affidarli all'iniziativa
autonoma della polizia giudiziaria.