L'Anm ha segnalato ripetutamente che il divieto di destinare i
magistrati ordinari, al termine del loro tirocinio, a funzioni
requirenti o giudicanti monocratiche penali, comprese quelle di
giudice per le indagini preliminari e di giudice dell'udienza
preliminare, avrebbe comportato drammatiche conseguenze, in tempi
brevissimi, in taluni uffici del meridione: è noto, infatti,
che molti di questi uffici (considerati sedi poco appetibili) si
reggono su un organico composto in larga parte da magistrati di
prima nomina, sicché tale normativa impedisce la loro
sostituzione.
La conseguenza è che i vuoti di organico determinati dai
trasferimenti ad altre sedi dei magistrati di quegli uffici non
potranno essere più colmati, con ricadute facilmente immaginabili
in sedi già particolarmente esposte nel contrasto alla
criminalità.
In occasione delle assemblee tenute nei distretti della Calabria
e della Sicilia l'Anm ha raccolto i dati relativi alle scoperture
di organico che si verranno a determinare nel prossimo futuro, che
sono stati raccolti in un dossier inviato al Ministro e al
Consiglio Superiore della Magistratura e che viene consegnato alla
Commissione Giustizia.
Quasi tutti i Tribunali e le Procure delle due Regioni superano
il limite del 20% di scopertura di organico previsto dal
decreto-legge; molti superano il 30/40%. Situazioni di scopertura
che sono destinate ad aumentare in misura rilevante nei prossimi
mesi in ragioni dei trasferimenti in corso.
A titolo di esempio si segnala la situazione delle Procure di
Enna e di Gela dove entro la fine dell'anno si verificherà una
scopertura pari al 75%. La situazione della Procura di Locri
che presenta una scopertura superiore al 50%. Il Tribunale di
Agrigento entro la fine dell'anno registrerà una scopertura
superiore al 30%, mentre il tribunale di Caltanissetta arriverà
oltre il 40%. Il Tribunale di Vibo Valentia registra già una
scopertura di circa il 40%
Tali dati confermano la assoluta necessità, ripetutamente
segnalata dalla Anm, di introdurre un correttivo alla norma che
prevede il divieto di assegnazione dei magistrati di prima nomina
alle funzioni requirenti e alle funzioni monocratiche penali, con
la possibilità di specifiche deroghe da parte del Consiglio
superiore della magistratura in presenza di imprescindibili
esigenze di servizio, da indicare specificatamente e congruamente
motivare.
Del resto non si può non sottolineare l'irrazionalità di un
sistema che non consente l'esercizio di determinate funzioni a
magistrati ordinari, vincitori di concorso e all'esito di un
tirocinio di diciotto mesi, mentre consente che le medesime
funzioni vengano svolte da magistrati onorari.
Inoltre, per gli Uffici di Procura, le preoccupazioni
all'origine del divieto possono ritenersi superate dall'attuale
assetto ordinamentale, che ha attribuito forti poteri di controllo
sull'attività dei sostituti da parte del dirigente
dell'Ufficio.
La Giunta ribadisce che le disposizioni contenute nel disegno di
legge all'esame della Commissione rappresentino un rimedio
insufficiente alla soluzione del grave ed urgente problema
segnalato, giacché è prevedibile che gli incentivi economici e di
carriera approvati non basteranno ad indurre un numero idoneo di
magistrati già in servizio ad affrontare il trasferimento in una
sede disagiata.
Basti considerare che gli uffici in questione sono sempre stati
coperti quasi integralmente da magistrati di prima nomina; e ciò
anche dopo l'approvazione della legge n. 133 del 1998, che non ha
quasi mai trovato applicazione per i magistrati più anziani ed è
servita quasi esclusivamente ad assicurare una più lunga permanenza
nelle sedi degli uditori giudiziari.
Passando all'esame delle disposizioni del provvedimento in
esame, l'Anm rileva che i concorrenti criteri per la individuazione
delle sedi disagiate di cui all'art.1 comma 2 appaiono
insufficienti a definire correttamente la sede disagiata, in quanto
il numero di uffici che verranno a trovarsi nelle condizioni
indicate (anche in considerazione della estensione della disciplina
all'intero territorio nazionale) saranno presumibilmente in numero
ben maggiore di sessanta, con la conseguenza che il Csm dovrà
fissare parametri ulteriori per la individuazione delle sedi
disagiate.
La mancata previsione di un limite regionale per lo spostamento
in una sede disagiata comporta il serio rischio che si determinino
contemporaneamente nuove scoperture in uffici di provenienza
destinati a loro volta a divenire sede disagiata. Ad esempio,
un magistrato in servizio in una sede siciliana potrebbe essere
trasferito ad una sede disagiata della stessa Regione.
La esclusione dai benefici economici e di carriera per i
magistrati di prima nomina destinati a sedi disagiate (evenienza
possibile con riferimento alla attribuzione di funzioni civili e di
funzioni penali collegiali) rappresenta una evidente e
ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni
analoghe.
Forti perplessità, anche da un punto di vista di coerenza
sistematica, desta l'abolizione del divieto di conferimento di
incarichi apicali ai magistrati riammessi in servizio ai sensi
della legge n. 126 del 2004 che abbiano superato i 75 anni di età.
L'Anm, infatti, rivendica da tempo l'esigenza di un forte
rinnovamento nella dirigenza degli uffici con la valorizzazione del
merito e delle attitudini a scapito dell'anzianità.
L'Anm valuta negativamente il meccanismo previsto per
l'operatività del trasferimento d'ufficio nelle sedi a copertura
necessaria che da un lato rischia di entrare in conflitto con il
principio costituzionale della inamovibilità (art. 107 Cost.), e
dall'altro è fondato su parametri di scelta del magistrato di
complicata applicazione che, presumibilmente, ne vanificheranno il
concreto impatto.
Ancora, il decreto legge contiene una disposizione che limita la
operatività della preferenza accordata nei trasferimenti ai
magistrati già beneficiari del regime introdotto dalla legge
133/98. Tale norma, incidendo negativamente sulla portata di un
incentivo in precedenza previsto in favore della permanenza nelle
sedi disagiate, appare contraddittoria con le finalità della nuova
disciplina e ingiustamente lesiva delle aspettative di chi a suo
tempo ha scelto la destinazione di servizio facendo affidamento
sull'operatività del beneficio.