29 gennaio 2024
Al Tribunale di Milano il ricordo di Emilio Alessandrini
Emilio Alessandrini venne assassinato da un commando terrorista di Prima Linea il 29 gennaio 1979. Aveva 36 anni e si stava recando nel suo ufficio al Tribunale di Milano. Proprio in quell’ufficio oggi, 45 anni dopo, è stata apposta una targa per ricordarlo. La Stanza 24 al quarto piano del Palazzo di Giustizia milanese avrà quindi al suo esterno un ricordo del magistrato. "In memoria di Emilio Alessandrini magistrato probo, attivo, capace, che faceva onore all'ordine giudiziario per le sue doti professionali e umane”, recita.
All’evento - voluto dalla sezione ANM di Milano - ha preso parte Marco Alessandrini, figlio di Emilio, oltre al presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, al procuratore della Repubblica di Milano Marcello Viola, al presidente della Corte d'Appello milanese Giuseppe Ondei, alla procuratrice generale Francesca Nanni e al presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano Antonino La Lumia. Quindi a seguire si è svolto un incontro sulla figura di Emilio Alessandrini con diversi contributi e riflessioni.
È intervenuto anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia. Queste le sue parole:
“Emilio Alessandrini era certamente un magistrato straordinario, ma al netto delle sue qualità personali, in quegli anni era il migliore di una classe di uomini normali. Noi dobbiamo tornare a riappropriarci dei modelli comportamentali migliori per poter tendere a essere come loro e per poter restituire alla funzione giudiziaria quella credibilità che molti oggi avvertono in grave crisi. La riappropriazione di quella credibilità passa nel nostro presente attraverso, non tanto il recupero della tecnica, anche perché abbiamo una magistratura su questo versante rassicurante, ma rinnovando l'impegno attraverso questi eventi commemorativi sul versante dei comportamenti e della capacità di umanizzare il nostro lavoro. Non significa essere indulgenti, ma rigorosi nella capacità di accostarci all'umanità con cui veniamo in contatto, comprenderne fino in fondo il senso, applicando la legge in maniera seria, non cieca né acriticamente indulgente, ma calata nella vicenda umana che si tratta”.