L'ANM è l'associazione cui aderisce il 96% circa
dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

Codice etico

Premessa

Il nuovo codice etico aggiorna la figura del magistrato, inserito in una società ormai in continua evoluzione. Ricorda, nella sua premessa, che il magistrato opera al solo fine di conseguire la piena effettività dei diritti delle persone. Ne sottolinea parimenti la responsabilità nel buon andamento del servizio giustizia, ma al contempo ne tutela l'indipendenza sia nei rapporti esterni che nell'ambito dell'autogoverno. Prende significativa posizione sul delicato versante dei rapporti col mondo dell'informazione e soprattutto con le degenerazioni delle comunicazioni di massa. Ribadisce espressamente che, una volta eletto in organismi rappresentativi, il magistrato opera senza vincoli di mandato rispetto agli elettori ovvero ai gruppi associati. Con scrupolo rammenta e indica le condotte del magistrato nei suoi rapporti con gli altri protagonisti del processo.

Il magistrato che viene così disegnato è un soggetto consapevole della sua funzione, attento alle esigenze della collettività e rispettoso dei ruoli, sensibile altresì alle richieste di assoluta trasparenza. Un soggetto, in altre parole, che intende svolgere al meglio il delicato ed alto compito che gli è stato affidato, con serietà e distacco ma senza nascondersi le difficoltà di operare in un contesto non sempre facile.

Il risultato del lavoro svolto può contribuire a migliorare il nostro Paese. Ed è con questa convinzione che viene offerto ai cittadini ed alle Istituzioni.        


I. LE REGOLE GENERALI
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Art. 1 - Valori e principi fondamentali
Nella vita sociale il magistrato si comporta con dignità, correttezza, sensibilità all'interesse pubblico.
Nello svolgimento delle sue funzioni, nell'esercizio di attività di autogoverno ed in ogni comportamento
professionale il magistrato si ispira a valori di disinteresse personale, di indipendenza, anche interna,
e di imparzialità.
Il magistrato opera con spirito di servizio per garantire la piena effettività dei diritti delle persone; considera le garanzie e le prerogative del magistrato come funzionali al servizio da rendere alla collettività; presta ascolto ai soggetti che in diverse forme concorrono all'esercizio della giurisdizione
e ne valorizza il contributo.

Art. 2 - Rapporti con le istituzioni, con i cittadini e con gli utenti della giustizia
Nei rapporti con i cittadini e con gli utenti della giustizia il magistrato tiene un comportamento disponibile e rispettoso della personalità e della dignità altrui e respinge ogni pressione, segnalazione o sollecitazione comunque diretta ad influire indebitamente sui tempi e sui modi di amministrazione della giustizia.
Nelle relazioni sociali ed istituzionali il magistrato non utilizza la sua qualifica al fine di trarne vantaggi personali di procurare vantaggi a sé o ad altre persone. Si astiene da ogni forma di intervento che possa indebitamente incidere sull'amministrazione della giustizia ovvero sulla posizione professionale propria o altrui.

Art. 3 - Doveri di operosità e di aggiornamento professionale
Il magistrato svolge le sue funzioni con diligenza ed operosità, impegnandosi affinché alla domanda di giustizia si corrisponda con efficienza, qualità ed efficacia.
Partecipa attivamente e con assiduità ai momenti organizzativi e di riflessione comune interni all'ufficio. Conserva ed accresce il proprio patrimonio professionale impegnandosi nell'aggiornamento e approfondimento delle sue conoscenze nei settori in cui svolge la propria attività e partecipando alle iniziative di formazione, anche comuni agli altri operatori del diritto.

Art. 4 - Modalità di impiego delle risorse dell'amministrazione
Il magistrato cura che i mezzi, le dotazioni e le risorse d'ufficio disponibili siano impiegati secondo la loro destinazione istituzionale, evitando ogni forma di spreco o di cattiva utilizzazione,adotta iniziative organizzative che perseguano obiettivi di efficienza del servizio giudiziario.

Art. 5 - Informazioni di ufficio. Divieto di utilizzazione a fini non istituzionali
Il magistrato non utilizza indebitamente le informazioni di cui dispone per ragioni d'ufficio e non fornisce o richiede informazioni confidenziali su processi in corso, né effettua segnalazioni dirette ad influire sullo svolgimento o sull'esito di essi.

Art. 6 - Rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione di massa
Nei contatti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione il magistrato non sollecita la pubblicità di notizie attinenti alla propria attività di ufficio.
Quando non è tenuto al segreto o alla riservatezza su informazioni per ragioni del suo ufficio concernenti l'attività del suo ufficio o conosciute per ragioni di esso e ritiene di dover fornire notizie sull'attività giudiziaria, al fine di garantire la corretta informazione dei cittadini e l'esercizio del diritto di cronaca, ovvero di tutelare l'onore e la reputazione dei cittadini, evita la costituzione o l'utilizzazione di canali informativi personali riservati o privilegiati.
Fermo il principio di piena libertà di manifestazione del pensiero, il magistrato si ispira a criteri di equilibrio, dignità e misura nel rilasciare dichiarazioni ed interviste ai giornali e agli altri mezzi di comunicazione di massa, così come in ogni scritto e in ogni dichiarazione destinati alla diffusione.
Evita di partecipare a trasmissioni nelle quali sappia che le vicende di procedimenti giudiziari in corso saranno oggetto di rappresentazione in forma scenica.

Art. 7 - Adesione ad associazioni
Il magistrato non aderisce e non frequenta associazioni che richiedono la prestazione di promesse di fedeltà o che non assicurano la piena trasparenza sulla partecipazione degli associati.


Art. 7 bis – Cariche associative e istituzionali
Il magistrato componente del Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati, delle Giunte Esecutive Sezionali, delle presidenze e delle segreterie nazionali dei gruppi associativi (comunque denominate) non si candida al Consiglio Superiore della Magistratura prima della scadenza naturale dell’organo di appartenenza;
Il magistrato componente dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Scuola Superiore della Magistratura non si candida al Consiglio Superiore della Magistratura prima della scadenza naturale dell’incarico;
Il magistrato fuori ruolo non si candida al Consiglio Superiore della Magistratura prima del decorso di due anni dal ricollocamento in ruolo;
Il magistrato già appartenente al Consiglio Superiore della Magistratura non presenta domanda per ufficio direttivo o semidirettivo, ove non ricoperto in precedenza, e non accetta incarichi fuori ruolo prima del decorso di due anni dal ricollocamento in ruolo.


II. INDIPENDENZA, IMPARZIALITÀ, CORRETTEZZA
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Art. 8 - L'indipendenza del magistrato
Il magistrato garantisce e difende, all'esterno e all'interno dell'ordine giudiziario, l'indipendente esercizio delle proprie funzioni e mantiene una immagine di imparzialità e di indipendenza.
Nell'espletamento delle funzioni elettive in organi di autogoverno, centrale o periferico, opera senza vincolo di mandato rispetto all'elettorato e ai gruppi associativi.
Evita qualsiasi coinvolgimento in centri di potere partitici o affaristici che possano condizionare l'esercizio delle sue funzioni o comunque appannarne l'immagine. Non permette che le relazioni dei suoi prossimi congiunti influenzino impropriamente il suo operato professionale.
Il magistrato continua ad operare con spirito di indipendenza e di imparzialità nello svolgimento di funzioni amministrative. Di esse limita comunque nel tempo la durata.
Non accetta incarichi né espleta attività che ostacolino il pieno e corretto svolgimento della propria funzione o che per la natura, la fonte e le modalità del conferimento, possano comunque condizionarne l'indipendenza.
In particolare, fermo il regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità stabilite dalle normative in materia, nel territorio dove esercita la funzione giudiziaria il magistrato evita di accettare candidature e di assumere incarichi politico-amministrativi negli enti locali.

Art. 9 - L'imparzialità del magistrato
Il magistrato rispetta la dignità di ogni persona, senza discriminazioni e pregiudizi di sesso, di cultura, di ideologia, di razza, di religione.
Nell'esercizio delle funzioni opera per rendere effettivo il valore dell'imparzialità, agendo con lealtà e impegnandosi a superare i pregiudizi culturali che possono incidere sulla comprensione e valutazione dei fatti e sull'interpretazione ed applicazione delle norme.
Assicura inoltre che nell'esercizio delle funzioni la sua immagine di imparzialità sia
sempre pienamente garantita. A tal fine valuta con il massimo rigore la ricorrenza di situazioni di possibile astensione per gravi ragioni di opportunità.

Art. 10 - Obblighi di correttezza del magistrato
Il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per altri.
Il magistrato che aspiri a promozioni, a trasferimenti, ad assegnazioni di sede e ad incarichi di ogni natura non si adopera al fine di influire impropriamente sulla relativa decisione, né accetta che altri lo facciano in suo favore.
Il magistrato si astiene da ogni intervento che non corrisponda ad esigenze istituzionali sulle decisioni concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e conferimento di incarichi.
Si comporta sempre con educazione e correttezza; mantiene rapporti formali, rispettosi della diversità del ruolo da ciascuno svolto; rispetta e riconosce il ruolo del personale amministrativo e di tutti i collaboratori.


LA CONDOTTA NELL'ESERCIZIO DELLE FUNZIONI
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Art. 11 - La condotta nel processo
Nell'esercizio delle sue funzioni, il magistrato, consapevole del servizio da rendere alla collettività, osserva gli orari delle udienze e delle altre attività di ufficio e programma lo svolgimento delle stesse anche al fine di evitare inutili disagi ai cittadini e ai difensori e fornendo loro ogni chiarimento eventualmente necessario.
Svolge il proprio ruolo con equilibrio e con pieno rispetto di quello altrui ed agisce riconoscendo la pari dignità delle funzioni degli altri protagonisti del processo assicurando loro le condizioni per esplicarle al meglio.
Cura di raggiungere, nell'osservanza delle leggi, esiti di giustizia per tutte le parti, agisce con il massimo scrupolo, soprattutto quando sia in questione la libertà e la reputazione delle persone.
Fa tutto quanto è in suo potere per assicurare la ragionevole durata del processo.

Art. 12 - La condotta del giudice
Il giudice garantisce alle parti la possibilità di svolgere pienamente il proprio ruolo, anche prendendo in considerazione le loro esigenze pratiche.
Si comporta sempre con riserbo e garantisce la segretezza delle camere di consiglio, nonché l'ordinato e sereno svolgimento dei giudizi. Nell'esercizio delle sue
funzioni ascolta le altrui opinioni, in modo da sottoporre a continua verifica le proprie convinzioni e da trarre dalla dialettica occasione di arricchimento professionale e personale.
Nelle motivazioni dei provvedimenti e nella conduzione dell'udienza esamina i fatti e gli argomenti prospettati dalle parti, evita di pronunciarsi su fatti o persone estranei all'oggetto della causa, di emettere giudizi o valutazioni sulla capacità professionale di altri magistrati o dei difensori, ovvero - quando non siano indispensabili ai fini della decisione - sui soggetti coinvolti nel processo.
Nel redigere la motivazione dei provvedimenti collegiali espone fedelmente le ragioni
della decisione, elaborate nella camera di consiglio.
Non sollecita né riceve notizie informali nei procedimenti da lui trattati.

Art. 13 - La condotta del pubblico ministero
Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del suo ruolo.
Indirizza la sua indagine alla ricerca della verità acquisendo anche gli elementi di prova a favore dell'indagato e non tace al giudice l'esistenza di fatti a vantaggio dell'indagato o dell'imputato.
Evita di esprimere valutazioni sulle persone delle parti, dei testimoni e dei terzi, che non sia conferenti rispetto alla decisione del giudice, e si astiene da critiche o apprezzamenti sulla professionalità del giudice e dei difensori.
Partecipa attivamente alle iniziative di coordinamento e ne cura opportunamente la promozione.
Non chiede al giudice anticipazioni sulle sue decisioni, né gli comunica in via informale conoscenze sul processo in corso.

Art. 14 - I doveri dei dirigenti
Il magistrato dirigente dell'ufficio giudiziario cura al meglio l'organizzazione e l'utilizzo delle risorse personali e materiali disponibili. in modo da ottenere il miglior risultato possibile in vista del servizio pubblico che l'ufficio deve garantire.
Assicura la migliore collaborazione con gli altri uffici pubblici, nel rispetto delle specifiche competenze di ciascuna istituzione.
Garantisce l'indipendenza dei magistrati e la serenità del lavoro di tutti gli addetti all'ufficio assicurando trasparenza ed equanimità nella gestione dell'ufficio e respingendo ogni interferenza esterna. Cura in particolare l'inserimento dei giovani magistrati ai quali assicura un carico di lavoro equo.
Si attiva per essere a tempestiva conoscenza di ciò che si verifica nell'ambito dell'ufficio, in modo da assumerne la responsabilità e spiegarne le ragioni e si dà carico delle questioni organizzative generali e di quelle che si riflettono sul lavoro del singolo magistrato.
Esamina le lagnanze provenienti dai cittadini, dagli avvocati e dagli altri uffici giudiziari o amministrativi, vagliandone la fondatezza e assumendo i provvedimenti necessari ad evitare disservizi. Anche a tal fine deve essere disponibile in ufficio.
Vigila sul comportamento dei magistrati e del personale amministrativo intervenendo tempestivamente, nell'esercizio dei suoi poteri, per impedire comportamenti scorretti.
Sollecita pareri e confronti sulle questioni dell'ufficio da parte di tutti i magistrati, del personale amministrativo e, se del caso, degli avvocati.
Cura l'attuazione del principio del giudice naturale.
Redige con serenità, completezza e oggettività i pareri e le relazioni sui magistrati dell'ufficio, così lealmente collaborando con coloro cui è rimessa la vigilanza sui magistrati, con il Consiglio giudiziario e con il C.S.M.
Il dirigente non si avvale della propria posizione per ottenere benefici o privilegi per se o per altri.



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