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4 giugno 2024

La separazione delle carriere, quale scenario per l’avvenire?

La lettera del segretario generale Casciaro alla Gazzetta del Mezzogiorno


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Il ddl costituzionale presentato dalla Presidente Meloni e dal Ministro Nordio nel Consiglio dei ministri del 29 maggio (“Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”) mira a introdurre – da quanto si legge nella bozza che è stata diffusa - la tanto decantata “separazione delle carriere”.

Tale progetto sarà attuato creando due distinti consigli superiori della magistratura per la carriera giudicante e requirente, i cui componenti verranno scelti mediante sorteggio. Inoltre, la materia disciplinare verrà sottratta a tali consigli superiori, per essere attribuita a un giudice speciale appositamente costituito (in deroga all’art. 102, secondo comma, della Costituzione), che viene denominato “Alta Corte disciplinare”, cui saranno destinati, per la componente togata e sempre col meccanismo del sorteggio, i soli magistrati di legittimità (requirenti e giudicanti) e non anche quelli di merito.
Un disegno che, nel complesso, non convince affatto ed è allarmante sotto diversi profili.

Iniziamo dal sorteggio per la designazione dei componenti del CSM.
Non più, dunque, come vollero i padri costituenti, un CSM dei più adatti e più capaci, di eletti tra tutti i magistrati all’esito di un confronto trasparente su differenti visioni della giurisdizione, ma composto di soggetti che la sorte deciderà di investire di tale delicatissima funzione. Il meccanismo del sorteggio ridurrà grandemente l’autorevolezza del CSM e ne svilirà il ruolo politico-costituzionale di garanzia volto a realizzare la migliore tutela dell’indipendenza della magistratura.

Per i membri c.d. laici di nomina politica, il sorteggio sarà invece “temperato” perché il Parlamento, appena insediatosi, compilerà mediante “elezione” un elenco di nomi di professori universitari in materie giuridiche ed avvocati, alcuni dei quali saranno estratti a sorte. Facile presagire che tanto più smilzo sarà l’elenco degli “eletti”, quanto più prevedibile sarà l’esito del sorteggio.

Secondo il Ministro Nordio, tale meccanismo automatico di designazione sarebbe, per i componenti “togati”, soluzione obbligata per rispondere alle degenerazioni delle correnti.
Ma i comportamenti sbagliati si contrastano, com’è in larga parte già avvenuto, sanzionando i responsabili e non privando del diritto di elettorato attivo e passivo tutti i magistrati ordinari, che sono, e il Ministro Nordio è il primo a riconoscerlo, le prime vittime delle tanto vituperate degenerazioni correntizie.

Ma il ddl di riforma del governo non si limita al sorteggio dei componenti del CSM.

Col proposito di realizzare la separazione delle carriere, lo smembra e lo trasforma in due diversi consigli superiori, senza alcun elemento di raccordo fra loro, ciascuno dei quali avrà una visione miope, settoriale e non organica della amministrazione della giurisdizione: l’uno inevitabilmente polarizzato sulla sola carriera giudicante, l’altro sulla requirente, di qui le intuibili disfunzioni che si produrranno sul piano organizzativo.

Il ddl intende sottrarre ai due futuri CSM quella che è, non da oggi, una competenza qualificante ed essenziale dell’autogoverno: la materia disciplinare. Tanto avverrà, si noti, solo per l’organo di autogoverno della magistratura ordinaria, che costituiva finora, nella sua disciplina costituzionale e di dettaglio, il paradigma di riferimento per tutte le altre magistrature (amministrativa, contabile, tributaria, militare).

Nel far ciò, il ddl tradisce una volontà ritorsiva nei confronti dei magistrati ordinari, rei evidentemente di aver esercitato in modo indipendente il ruolo di controllo di legalità loro attribuito dalla Costituzione. Ad essi viene tolto, infatti, l’elettorato attivo e passivo per l’organo di autogoverno, così contravvenendo a un principio, immanente nel sistema, di uniformità delle garanzie costituzionali tra le diverse magistrature.

Dalla lettura della bozza di ddl balza, poi, evidente un’altra non trascurabile incoerenza: la magistratura, con la proposta di modifica dell’art. 104 Cost., viene sì smembrata in due carriere, giudicante e requirente, ma si “riunifica” nell’istituenda Alta Corte, che si occuperà, con collegi misti anche di giudici e pubblici ministeri, dell’applicazione delle sanzioni disciplinari e ciò farà indistintamente per tutti i magistrati ordinari. Si riafferma così, malgrado i propositi di riforma e per una sorta di eterogenesi dei fini, quel modello di magistrato che, non solo sul piano dell’etica comportamentale e disciplinare ma in ogni ambito, dovrebbe essere (ed è) comune alle due funzioni, giudicante e requirente.

Il ddl di riforma costituzionale è stato annunciato con grande battage sui media.
La separazione delle carriere, s’è detto, era nel programma di governo: un progetto portato avanti benché vi fossero state plurime bocciature degli elettori nei referendum.
Ma qual è lo scenario che si delinea, per i cittadini, con questa riforma costituzionale?

I tempi dei processi non si ridurranno di un solo giorno né si preannuncia, come è stato affermato con enfasi da esponenti di governo, una giustizia più equa ed efficiente o, come anche è stato ventilato, un recupero del PIL del 2%. Tutt’altro. Il PM dell’avvenire diverrà, anzi, l’organo dell’accusa. Non sarà più “parte imparziale”, come si suol dire con un felice ossimoro, in quanto disinteressata all’esito del giudizio, assolutorio o di condanna che sia.

Un cambiamento, questo, che porterà con sé una perdita di garanzie per i cittadini. Se fino ad oggi essi potevano riconoscere nel pubblico ministero un soggetto che ricerca la verità processuale e raccoglie le prove anche a favore dell’indagato, d’ora innanzi non accadrà più. Ne perderanno i cittadini ma anche la funzione del pubblico ministero che, svincolata dalla cultura delle garanzie, si troverà giocoforza a essere ripiegata nell’angusto recinto professionale del pubblico accusatore.



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