di Giovanni Longo
Salvatore Casciaro, barese, consigliere di Cassazione, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati. Si aspettava uno scontro governo-magistratura così acceso sull'immigrazione?
«È uno scontro in cui i magistrati sono stati tirati dentro; che non hanno né voluto né cercato: alcuni colleghi sono stati accusati di essere politicizzati, addirittura anti-italiani solo per aver fatto il loro dovere. Se le politiche migratorie non ottengono i risultati sperati, non dipende dai magistrati, ma dal fatto che le norme interne si inseriscono nell'alveo di una disciplina sovranazionale alla quale debbono necessariamente uniformarsi».
Il governo accusa una parte della magistratura di fare politica nei tribunali. Come rispondete?
«Si contesta che i magistrati possano interloquire sui requisiti per definire un paese come sicuro, ma la Corte di giustizia ha ricordato, nella sentenza della Grande Sezione del 4 ottobre scorso, che spetta proprio al giudice comunitario dire l'ultima parola sulla sicurezza del paese terzo, a garanzia del migrante destinatario del provvedimento di respingimento. I magistrati si sono quindi limitati ad applicare la legge e, prima di tutto, le norme UE. Non hanno certo "esondato", come afferma il Ministro Nordio, dalle loro attribuzioni, piuttosto è la politica che sembra in alcuni casi voler influenzare l'attività interpretativa dei giudici o comunque attendersi che essa si allinei con l'azione del Governo, cosa che sarebbe fuori dal perimetro costituzionale».
Alcuni suoi colleghi hanno chiesto alla Corte di Giustizia di interpretare le norme interne sul respingimento di migranti irregolari. Cosa vuol dire in concreto?
«Partire dalla constatazione che il diritto dell'Unione ha un indiscusso ruolo di primazia sul diritto interno, le cui disposizioni, se direttamente in contrasto col primo, debbono essere disapplicate o, in caso di dubbio, sottoposte, com'è stato fatto dai giudici di Bologna e di Roma, al vaglio della Corte di Giustizia UE, la quale, in sede di rinvio pregiudiziale, dirà qual è l'interpretazione più corretta della disciplina comunitaria con effetti vincolanti per tutti i giudici dei paesi membri».
Il deputato Sara Kelany (FdO ha proposto di trasferire la competenza sulla convalida del trattenimento di un richiedente protezione internazionale alla Corte d'Appello. Può essere una soluzione valida?
«Dopo la reintroduzione, con il decreto flussi del 2 ottobre scorso, dell'appello contro le decisioni del Tribunale dell'immigrazione in materia di protezione internazionale, si presenta ora quest'ulteriore inatteso emendamento. Si tratta di scelte poco meditate, adottate con l'obiettivo estemporaneo di scavalcare i giudici delle sezioni specializzate immigrazione, in quanto ritenuti ostili, scelte oltretutto controproducenti perché renderanno lungo e farraginoso l'iter processuale sulle domande di asilo, con il rischio che il migrante irregolare, che non ha titolo per restare in Italia, continui a soggiornarvi per un tempo indefinito. Sono modifiche che metteranno tra l'altro in ginocchio le Corti d'appello che saranno sommerse da decine di migliaia di fascicoli che, in aggiunta a quelli già pendenti, renderanno illusorio il raggiungimento degli obiettivi di definizione dell'arretrato fissati con il Pnrr, col rischio anche di perdere i finanziamenti Ue».
Cambiamo tema, dossieraggio: vi sentite sotto attacco?
«Nel quadro di ripetuti recenti attacchi alla giurisdizione si collocano purtroppo anche le campagne di stampa contro i giudici. Uno "stato" su Whatsapp di un magistrato, visibile solitamente non più 24 ore, viene recuperato a distanza di due anni e trasmesso, non si sa da chi, a una testata giornalistica che lo adopera per dipingere quel magistrato come politicizzato. Altro noto quotidiano nazionale rastrella informazioni, prive d'ogni rilevanza pubblica, sulla vita personale, se non addirittura intima, di un magistrato solo per connotarne ideologicamente la decisione. Iniziative anch'esse funzionali a intimidire i giudici e a turbare l'indipendente esercizio della giurisdizione. C'è di che stare preoccupati».
Oggi si conclude il Comitato direttivo centrale dell'Anm. Quale sarà la sintesi?
«L'Anm parla oggi più che mai con una sola voce, ed è quella della difesa dell'assetto costituzionale della giurisdizione, che vede nel magistrato colui che esercita con indipendenza le sue funzioni a garanzia dei diritti fondamentali delle persone. Ove, con il varo della riforma costituzionale in cantiere, questo un domani non accadesse più o si aprisse un varco a condizionamenti esterni della politica, con perdita di indipendenza dei giudici, non esisterebbe più la giurisdizione, almeno come tutti finora la intendiamo. Per questo occorre tenere alta la guardia».