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Gli interventi di riforma nel quadro dell’efficienza del sistema giudiziario

di Luisa De Renzis - 9 gennaio 2015

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Gli approfondimenti dedicati al diritto civile proseguono su temi di grandissima attualità: le riforme del processo civile, la modifica della legge sulla responsabilità civile e le ferie giudiziarie. Apparentemente si tratta di tematiche differenti tra loro, tuttavia il tentativo di accomunarle nell’organicità di un’unica linea riformatrice ben evidenzia come la volontà del legislatore non sia quella di porre rimedio alle numerose inefficienze del sistema giudiziario italiano, ma quella di esibire una riforma organica, così tanto reclamizzata, la quale va a incidere oltre misura sullo status del magistrato. L’impatto mediatico è tanto più evidente ove si faccia perno sui difetti, sulle anomalie e sulle inefficienze del sistema giustizia, onerandone la magistratura del relativo peso sino a farne una categoria che ha sempre più urgenza di regole disciplinari da assicurare alla cittadinanza comprensibilmente insoddisfatta della prestazione. Un magistrato più responsabile e con meno possibilità di svagarsi è certamente più consono al decoro istituzionale e così diventa persino impossibile tentare la difesa della categoria. L’operazione, guardata con gli occhi dei tantissimi magistrati che lavorano a pieno ritmo e che negli anni hanno accettato di colmare le inefficienze con l’innalzamento di quella (purtroppo) invisibile asticella che misura il senso del dovere, ha avuto il sapore di una sconfitta dal retrogusto amaro e forte. La disponibilità a colmare i vuoti dell’amministrazione pubblica si è rivelata così un boomerang ad elevato impatto, almeno pari all’impegno portato avanti, negli anni, dalla magistratura (silenziosa) per colmare le inefficienze di sistema. L’operazione intrapresa si è rivelata ancora più efficace mediaticamente dal momento che l’inefficienza della giustizia incide, senza possibilità di smentita, sul prodotto interno lordo, provoca un evidente rallentamento dell’economia, genera situazioni di ingiustizia sociale perdurante e non più sanabile. Le riforme e i mali della giustizia, in modo tanto semplicistico quanto inadeguato, sono stati tutti incentrati sul binomio responsabilità civile - riduzione delle ferie come se tutte le inefficienze originassero dallo svago (o presunto tale) dei magistrati durante il periodo della pausa estiva o dallo scarso senso di responsabilità dei medesimi nell’amministrare giustizia. Persino la cosiddetta “degiurisdizionalizzazione”, parola tanto difficile quanto impronunciabile, è stata pensata come a una sorta di allontanamento della giustizia dello Stato (sotto forma di negoziazione assistita e “translatio” quale anomalo passaggio dal pubblico al privato), ipotizzando che la classe forense saprà meglio regolare le liti pendenti, sino a definirle in tempi rapidissimi. Quanto alla riforma sulla responsabilità civile, è evidente che il dibattito, a monte, è stato animato da plurime correnti di pensiero che hanno sollecitato, oltre ad una funzione compensativa e di ristoro del danno, anche una funzione di tipo preventivo-punitivo volta a conformare l’agire del magistrato, quasi a voler attribuire alla legge sulla responsabilità civile un ruolo che esula dal suo reale ambito, sino a conferirle una capacità di immediata reazione a fronte dell’operato della magistratura. L’approccio al tema però non può essere basato sulla veemenza delle argomentazioni ma richiede pacatezza e senso di responsabilità anche mediante uno studio accurato della giurisprudenza; solo tale approccio avrebbe consentito di valutare appieno l’impianto processuale della legge e gli esiti del filtro preventivo di ammissibilità (cfr. art. 5 l. 117/88), del quale si prevede l’abolizione. Dalla lettura dei decreti emessi sul territorio nazionale, a voler approfondire tecnicamente, il legislatore avrebbe rilevato che le azioni intraprese sottendono la pretestuosità delle doglianze e, nella gran parte dei casi, si tratta di azioni intentate dalla parte scontenta dell’esito del giudizio, con il fine di intraprendere nuove strade risarcitorie o di recuperare in altro modo gli esiti di un giudizio non favorevole. Il dato che conferma tale circostanza è quello relativo a un numero elevato di azioni intraprese senza nemmeno attendere il normale esito dei giudizi di impugnazione. La raccolta e l’analisi di numerosi decreti ex art. 5 legge 117/1988, condotta da chi scrive, sull’intero territorio nazionale, ha consentito di appurare che i giudici hanno correttamente impostato e definito l’istituto del filtro e, parimenti, le domande di responsabilità civile (per la maggior parte) si sono rivelate prive dei requisiti minimi di ammissibilità previsti dalla legge. In conclusione, non si può fare a meno di tracciare qualche linea di riflessione sul cammino delle riforme: il legislatore ha inteso porre vero rimedio alle inefficienze? La strada sinora intrapresa appare di facile spendibilità nell’era della comunicazione mediatica e procede sul solco dei luoghi comuni, sempre più popolati da giudici malaccorti e fannulloni. Noi che negli anni abbiamo posto, sempre più in alto, l’(invisibile) asticella del senso del dovere proviamo ora ad azzardare un’impossibile difesa tecnica certamente meno spendibile nell’era della comunicazione mediatica: l’argomentazione seria e pacata delle nostre ragioni nella speranza che il dialogo, e ancor prima l’ascolto, siano sempre fonte di crescita e di evoluzione per la società civile. Mi piace ricordare l’intervento svolto da Andrea Camilleri in occasione dell’incontro di studio, riservato ai giovani magistrati, dal titolo: “La magistratura nel cinema, nella letteratura e nei mezzi di comunicazione”, dove il celebre scrittore parla del suo racconto “La Revisione”, dedicato alla figura di un presidente di Corte di assise in pensione, che continua a interrogarsi con questo angosciante dilemma: «Sono riuscito sempre a far sì che i miei personali malumori, le mie idiosincrasie, le questioni casalinghe, i dolori, le scarse felicità non macchiassero la pagina bianca sulla quale stavo per formulare una sentenza?». «E quale che sia la conclusione del mio racconto», conclude l’autore, «esso vuole essere un omaggio a chi si è assunto il peso e la responsabilità d'essere un giudice». Ben presto si comprenderà che non basteranno più i luoghi comuni – affollati in ogni tempo da giudici malaccorti e fannulloni – a creare un sistema giudiziario più efficiente e moderno spendibile nel contesto sociale.

Autore
Luisa De Renzis
Comitato di redazione - Componente del CDC dell’ANM

Gli approfondimenti dedicati al diritto civile proseguono su temi di grandissima attualità: le riforme del processo civile, la modifica della legge sulla responsabilità civile e le ferie giudiziarie. Luisa De Renzis