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28 gennaio 2013

Alessandrini, “Il magistrato di cui ci si può fidare”

"Uno che non combina sciocchezze,il prototipo del magistrato di cui tutti si possono fidare", cosìlo descrisse un'altra vittima del terrorismo, Walter Tobagi,all'indomani dell'attentato che il 29 gennaio 1979 costò la vita adEmilio Alessandrini per mano dei terroristi "rossi" di PrimaLinea.  Entrato in Magistratura nel 1967 a soli 25 anni, dal1968 pm  a Milano, Alessandrini per le sue grandi capacità siera visto assegnare ben presto indagini per vicende tra le piùdelicate della nostra storia nazionale, quali quella per la stragedi piazza Fontana. "Gli spararono perché lavorava tanto e bene,tutto qui", sintetizzò senza retorica il figlio Marco. (trattodalla pubblicazione del Csm "Nel loro segno")


Emilio Alessandrini

(Penne, 30 agosto 1942 - Milano, 29
gennaio1979),

Sostituto Procuratore della Repubblica Milano, assassinato durante
gli anni di piombo da un "commando" del gruppo terroristico Prima
Linea.

(tratto dalla pubblicazione del Csm "Nel loro segno")



Milano, ore 7.50 del 29 gennaio
1979. Emilio Alessandrini, 36 anni, come ogni mattina accompagna
suo figlio Marco alla scuola elementare di via Colletta. Pochi
metri e pochi minuti dopo, all'incrocio tra viale Umbria e via
Muratori, muore in un agguato del "commando" dell' Organizzazione
Comunista Combattente Prima Linea. Alessandrini è il primo giudice
ucciso a Milano. Cinque i terroristi in azione; due a sparare i
colpi di pistola, ben otto di cui due alla testa. La prima
rivendicazione, alle 8.55, arriva per telefono al quotidiano "La
Repubblica". Il volantino nel quale Alessandrini viene dipinto
come: "Una figura centrale del comando capitalistico, capace di
disarticolare il sistema" era già pronto.



I funerali di Emilio Alessandrini
sono un tributo di popolo. "Tutta Milano si è riversata in piazza
Duomo come ai funerali per piazza Fontana. La città non
dimenticherà mai quel freddo mattino d'inverno. La chiesa è
stracolma, la moglie Paola immobile e il piccolo Marco che piange
straziato dal suo dolore. All'uscita della bara strade e piazze
stracolme di gente applaudono quel giudice simbolo. È la prima
volta che un magistrato ucciso riceve un tributo di folla".



Emilio Alessandrini nasce a Penne
il 30 agosto del 1942 e si trasferisce a Pescara con la famiglia,
conseguendovi la maturità nel 1960, al liceo classico D'Annunzio.
Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Napoli laureandosi con
il massimo dei voti nel dicembre 1964 con una tesi in procedura
penale. Entra in magistratura nel 1967 come uditore giudiziario a
Bologna. Nel 1968 diventa sostituto Procuratore della Repubblica a
Milano. L'anno seguente sposa Paola Cecilia Bellone e nel 1970
nasce il figlio Marco. Alessandrini, come scrisse il giornalista
Walter Tobagi, ucciso a sua volta da terroristi di sinistra, sul
Corriere della Sera all'indomani del delitto, "è il prototipo del
magistrato di cui tutti si possono fidare, che non combina
sciocchezze". Si occupa, nell'ambito dell'attività giudiziaria, di
indagini sul terrorismo e, dal 1972, delle indagini sulla strage di
Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, per la prima volta tracciando
quella che sarebbe stata poi definita "la pista nera".



Il 6 febbraio 1974 Alessandrini
deposita la sua requisitoria per il rinvio a giudizio dei
componenti della cellula fascista veneta. Poi avvia un'indagine
sull'Autonomia operaia milanese. La sua attività e il suo impegno
professionale attraggono l'attenzione dei gruppi terroristici che
identificano in lui il "nemico" da combattere.

La svolta nelle indagini sull'uccisione di Alessandrini si ha nel
maggio 1980 quando un terrorista rivela agli inquirenti la
composizione del commando omicida. Il processo agli esponenti di
Prima Linea si apre a Torino il 30 maggio 1983. conclude con
pesanti condanne.



Marco Alessandrini, figlio del
magistrato, oggi avvocato a Pescara e consiglio comunale ha
raccontato che nel passato e nel presente in Italia occorrono spesa
"fatti eclatanti e drammatici per smuovere le nostre non sempre
deste e vigili istituzioni". Tuttavia, secondo Marco Alessandrini,
qualcosa sta cambiando oggi nel nostro Paese: "Il terrorismo per
decenni è stato un argomento tabù nella società italiana, con
un'attenzione maggiore verso i carnefici piuttosto che per le
vittime. Questa tendenza sta tuttavia mutando. Mi piace al riguardo
citare alcuni fattori: l'impegno costante dell'associazionismo
legato alle tematiche della memoria e della legalità (nell'ambito
della realtà abruzzese opera da circa un decennio l'associazione
Emilio Alessandrini), (...) il grande impegno del presidente
Napolitano con l'istituzione, il 9 maggio di ogni anno (data del
ritrovamento del cadavere di Aldo Moro), della giornata nazionale
della memoria".



 Marco, che in questi anni ha
studiato e letto per cercare di capire il perché di
quell'assassinio, alla fine non riesce a trovare altra spiegazione:
"Gli spararono perché lavorava tanto e bene, tutto qui. (...)
Nessun progetto. Solo un gioco sfuggito di mano a ragazzini che
volevano fare i rivoluzionari".




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