Trascrizione dell’audizione svolta il 15 ottobre 2018 dal Presidente dell’ANM, Francesco Minisci, davanti alle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati
Ancora una volta l’Anm con grande piacere è chiamata a offrire il proprio contributo tecnico alle proposte di riforma. In questo caso sappiamo tutti e siamo tutti d’accordo che la corruzione sia uno dei mali maggiori del nostro Paese perché poi in qualche modo va ad alterare il sistema dell’economia pubblica e abbassa la qualità delle opere che vengono realizzate o dei servizi che vengono prestati. È evidente che se una parte non irrilevante delle somme destinate per un’opera finisce nelle tasche di dipendenti pubblici corrotti, il prodotto risulta necessariamente più scadente. Per questo motivo occorre trovare tutte quelle misure necessarie per rendere più efficaci le indagini e soprattutto celere l’accertamento dei fatti. Su questo profilo focalizzerò la mia attenzione alla fine del mio intervento.
Mi concentrerò su alcune delle misure, su alcune delle norme, quelle un po’ più problematiche, quelle che hanno visto il dibattito pubblico un po’ più acceso, se vogliamo.
Partiamo da questa incapacità perpetua a contrattare con la pubblica amministrazione, il Daspo a vita per i corruttori. Diciamo subito che si tratta di un termine mediatico che non ci convince: non chiamiamolo più Daspo, perché il Daspo è una misura amministrativa che riguarda altra materia, altro tema, che interviene nell’immediatezza dei fatti, nell’arco di poche ore, e che ha struttura, finalità, caratteristiche, connotazioni, natura giuridica completamente diverse. Quindi non facciamo tutti quanti un buon servizio se continuiamo a chiamarlo Daspo, perché, tra l’altro, il Daspo vero interviene nell’immediatezza, mentre questa misura interviene dopo moltissimi anni. E su questo ritorneremo.
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