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17 luglio 2019

"Coltiviamo il vizio della memoria": il presidente ANM Poniz ricorda Borsellino

L'intervento al Teatro Antico di Segesta in apertura della serata-concerto "In coro per la legalità"


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Ho il privilegio di portare a tutti Voi il saluto dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ho l’onore di rappresentare qui, in questa serata di grande emozione, e di devota memoria.

Coltiviamo, è doveroso coltivare il vizio della memoria: perché, se come dice un grande scrittore contemporaneo, “la memoria non è ciò che noi ricordiamo, ma ciò che ci ricorda, un presente che non finisce mai di passare” (Octavio Paz), allora essa è l’unico modo per non far passare mai il “presente” di chi non è più tra noi, e con ciò far rivivere, e vivere ancora - idealmente per sempre - il senso altissimo di un’esistenza, che chi ha avuto la fortuna di condividere non può dimenticare, e che gli altri debbono conoscere, e ricordare sempre, oltre quel tempo in cui si è tragicamente consumata.
La memoria, dunque, con il suo immenso carico di evocazioni, e con esse, di profonde emozioni, e di dolori incancellabili; ma anche come occasione per onorare, con profonda gratitudine, una vita esemplare, per quelle qualità, quei tratti, quei gesti che hanno reso alcune persone capaci di lasciare un segno indelebile nella memoria, individuale e collettiva.

Certo, la memoria è anche un esercizio profondamente doloroso; per questo, il nostro primo pensiero, il più profondo e sincero, va ai figli e ai famigliari di Paolo Borsellino, a chi gli ha voluto bene e ha subito lo strazio del suo barbaro delitto; ai famigliari di Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, trucidati in quella terribile domenica del 19 luglio 1992.

Quel giorno rimane scolpito per sempre nella memoria di ciascuno: è uno di quei momenti in cui ognuno di noi ricorda esattamente, e lo farà per sempre, che cosa stesse facendo nel momento esatto in cui giunse quella terribile notizia. Il giorno della strage di via D’Amelio – così come quella di Capaci – fissano per sempre nella nostra mente il ricordo esatto di quell’istante: spartiacque della storia, e per molti, della propria vita. Io ricordo che stavo studiando per affrontare l’esame orale del concorso che di li a pochi mesi mi avrebbe portato a cominciare quella carriera che allora sognavo - come tanti altri giovani – ispirandomi anche alla storia – era già storia, prima ancora che accadesse – di magistrati coraggiosi, impegnati, servitori della Repubblica, simboli di un Paese che non vuole arrendersi all’illegalità, vera incultura del nostro Paese. Essere diventato un collega di Paolo Borsellino – sia pure alla sua memoria… – è qualcosa che ancora oggi mi riempie d’orgoglio, e sono certo riempia di orgoglio generazioni di magistrati italiani, riconoscenti per l’esempio che dalla sua figura deriva non solo per la magistratura italiana, ma per l’intera società civile.

La memoria ha bisogno anche di gesti simbolici, che non devono ridursi a celebrazioni e riti, a forte rischio di inutile retorica; che, nel loro essere simbolici, non potranno mai, dico mai, ripagare il senso di un sacrificio, e compensare il valore perduto, di quelle vite; epperò, questi gesti, sono l’unico modo che noi uomini abbiamo per dare segno tangibile di questa memoria, forse anche per esorcizzare una sorta di senso di colpa che ci accompagna, e forse per poterci illudere di accompagnare, ed essere accompagnati, dalle persone che non ci sono più, e che vorremmo ancora con noi. Ecco perché momenti come questo, di questa sera, assumono il significato di un rito civile, un doveroso tributo ad un’idea altissima e credibile di impegno per la legalità incarnato da chi, come Paolo Borsellino, non è mai arretrato, e non si è arreso, arrende nemmeno davanti al pericolo, o persino all’annuncio di morte. La memoria però esige anche operazioni di verità, senza reticenze, e senza oblii. E’ uno sforzo doloroso, che interpella le coscienze di tutti, e sollecita il ricordo individuale, e quello collettivo. E impone alle istituzioni, tutte, la più rigorosa ricerca della verità, di tutte le verità che ancora oggi sembrano nascondersi tra le tante e ancora incomplete ricostruzioni giudiziarie, politiche, storiche. Per questo è apprezzabile che questa doverosa memoria oggi si arricchisca, senza peraltro completarsi, di documenti a lungo rimasti coperti da un segreto non comprensibile; e ci restituisca frammenti reali, veri, pezzi di vita vissuta da Paolo Borsellino, narrati dalla sua viva voce…

Queste le parole di Paolo Borsellino alla Commissione antimafia nel 1984, rispondendo ad un commissario dopo le sue parole sulla drammatica insufficienza di mezzi e persone : "Quanto al personale, non si tratta solo di dattilografi e segretari….; ma mi riferisco anche agli autisti giudiziari: la mattina con strombazzamento di sirene la gran parte di noi viene accompagnata in ufficio dalle scorte ma il pomeriggio c'è una sola macchina blindata e io sistematicamente vado in ufficio con la mia auto per poi tornare a casa verso le 21-22… ; la libertà la riacquisto ma non vedo che senso ha perdere la libertà la mattina per essere libero di essere ucciso la sera". Parole agghiaccianti, ed in qualche modo sinistramente profetiche; che non fecero però recedere di un passo Paolo Borsellino, il suo lavoro, il suo impegno, nemmeno dopo lutti e stragi che colpirono, prima di lui, chi con lui aveva condiviso quella straordinaria stagione.

In questi giorni, che hanno visto la scomparsa di Andrea Camilleri, sono state ricordate molte sue parole bellissime; tra esse, queste, che troviamo bellissimo rievocare qui: “'...Perché bisogna essere matti come Falcone, Borsellino, Livatino, Chinnici e tanti altri eroi civili, per sacrificare la propria vita in nome della legalità. In questo i Giudici sono diversi, per combattere la mafia hanno il coraggio di rischiare la vita. Spero che mi facciano giudice ad honorem, per condividere ed onorare questa diversità dei Giudici'.
Ecco, queste parole hanno saputo cogliere il senso dell'impegno e sacrificio estremo dei magistrati, il senso del loro giuramento alla Costituzione. Speriamo di saper continuare ad onorare la memoria ed il sacrificio di Paolo Borsellino, e di essere degni di indossare la sua stessa toga.



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