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25 gennaio 2020

Caputo (Anm): "No ai processi con tempi fissati e alle multe per chi non li rispetta"

Il segretario dell'ANM a Repubblica: "Ecco cosa non va nella bozza Bonafede"


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 “Non si può trattare il giudice come se fosse un jukebox, imponendogli tempi rigidi e obbligati del processo. Noi magistrati siamo i primi a volere un processo rapido e già adesso questo è il nostro impegno quotidiano. Ma le scadenze rigide individuate dal governo, in assenza di risorse, sono una risposta sbagliata a un’esigenza”. È in corso il comitato direttivo centrale dell’Anm a piazza Cavour e il segretario generale Giuliano Caputo, pm a Napoli e toga di Unicost, in questa intervista a Repubblica.it, anticipa le prime critiche.
 
Cosa non va nella proposta di Bonafede sui tempi del processo? 
“Nella bozza del Guardasigilli ci sono molti interventi che l’Anm aveva chiesto, sui quali il nostro giudizio è positivo, ma siamo contrari all’idea di prevedere dei tempi predeterminati, delle scadenze fisse per il processo, soprattutto legando lo sforamento dei tempi ad azioni disciplinari contro i magistrati perché questo non risponde alla realtà dei fatti. In una sistema come quello attuale in cui mancano risorse umane e materiali pensare di individuare nel magistrato l’unica colpa dei ritardi è evidentemente sbagliato. Risposte semplicistiche come queste potrebbero sviare dalle vere cause di un processo che non si chiude in tempi rapidi”.


Ma perché le colpe dei ritardi non dovrebbero cadere su chi di fatto gestisce il processo?
“La brutalità di questa tesi è inaccettabile. Perché, anche a voler pensare a scadenze rigide, questo porterebbe inevitabilmente a sacrificare la necessità di accertare i fatti con tutti gli approfondimenti conseguenti. Non si può trattare il giudice come se fosse un jukebox, perché ogni processo ha una storia a sé, con gli indispensabili profili di approfondimento a tutela degli imputati”.
 
Quello dell’Anm è un no secco a quello che chiedono le forze politiche, cioè il fatto di avere tempi certi per ogni grado di giudizio?
“Sono state messe insieme esigenze diverse, a partire la prescrizione, una questione di principio che riguarda il modo in cui si pensa il processo penale. Sono vent’anni che ne chiediamo il blocco. Ma la durata del processo è un altra cosa. Siamo sempre stati attenti e propositivi, però la durata si affronta e si risolve con le risorse, con le riforme del processo, ma non certo con scadenze rigide e conseguenti sanzioni disciplinari. Perché, con le regole attuali, le scadenze rigide non possono essere rispettate se non a patto di sacrificare i diritti. Il rischio è che poi la qualità lasci a desiderare e venga anche criticata. Siamo tutti attenti alla tutela dei diritti, i magistrati in primo luogo, e questi meccanismi rischiano di non andare affatto in quella direzione”.
 
Ma ha visto però che tutti sono contro la prescrizione bloccata? 
“Voglio chiarire che non si tratta di una richiesta fatta dai magistrati nel proprio interesse, tutt’altro, perché può comportare sicuramente dei nostri sacrifici. È un contributo per rendere il processo migliore, anziché farlo girare a vuoto. È una richiesta che viene dal fatto incontestabile, come dimostrano le statistiche degli ultimi 15 anni, che i reati si prescrivono”.
 
Però c’è chi dice che una prescrizione bloccata di fatto renderebbe i processi infiniti. 
“Tutti noi pensiamo il contrario. I processi non saranno infiniti, soprattutto se ci saranno interventi sulle risorse e sul processo stesso. Non si può fare una riforma del genere a costo zero. Nella bozza ci sono interventi positivi, ma la politica deve capire che servono risorse per velocizzare il processo”.



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