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13 febbraio 2022

"No a misure emotive, ma il sistema di voto è equilibrato"

Intervista al segretario generale dell'Anm, Salvatore Casciaro, su Avvenire


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Un appello al dialogo e un invito a non seguire «onde emotive». Che per Salvatore Casciaro, segretario generale dell'Associazione nazionale magistrati ed esponente di Magistratura Indipendente, si sintetizza in una citazione letteraria: «Camus suggeriva, in tempo di catastrofi, "lo sforzo di dominare i propri risentimenti"». Uno sforzo che, a parere del consigliere di Corte d'appello di Roma, dovrà prevalere dal momento in cui il maxiemendamento del governo alla riforma Bonafede del Csm arriverà in commissione Giustizia alla Camera: «Il mio auspicio è che siano accantonate logiche di scontro».


Segretario, l'Anm preferisce per il Csm un sistema elettorale proporzionale: chiederete ai gruppi parlamentari di cambiare la proposta Cartabia? Quale sistema di voto consente di superare il peso eccessivo delle correnti?
Personalmente credo che il sistema proposto, con un maggioritario bi-nominale e un forte correttivo proporzionale, potrebbe realizzare un punto di equilibrio tra l'esigenza di valorizzare la volontà dell'elettore e quella di assicurare il pluralismo. Quale che sia l'opzione prescelta, è naturale che i gruppi associativi non rinuncino a partecipare alla competizione elettorale: nessun sistema potrebbe realizzare tale effetto.


Sulle "porte girevoli" la soluzione trovata vi convince o ritenete, come affermano alcuni magistrati, che serva una norma costituzionale?
È una scelta draconiana, figlia di situazioni che hanno creato comprensibile disorientamento nella pubblica opinione. La Costituzione mira a favorire il libero accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive. L'emendamento governativo intende limitare per i soli magistrati, indirettamente, l'elettorato passivo ponendoli di fronte alla scelta: rinuncio a funzioni pubbliche elettive o, dopo il mandato elettivo, cambio lavoro?


L'altro punto critico pare essere il coinvolgimento degli avvocati nella valutazione dei magistrati: è un punto sul quale cederete?
È un punto che impatta su autonomia e indipendenza del giudice ma anche, mi creda, sul ruolo dell'avvocatura, che viene inquinato: non c'è sana dialettica processuale se uno dei due avvocati dismette la toga in udienza ed entra nel Consiglio giudiziario per esprimere il voto sul magistrato dinanzi al quale ha discusso la causa poco prima.


La ministra Cartabia ha detto che il dialogo con la magistratura c'è stato e che sono proprio i giudici ad avere l'esigenza di essere severi verso se stessi: è così? O vi sentite "puniti"?
C'è un rapporto di fiducia con i cittadini che va rinsaldato, ma servono riforme equilibrate e non dettate dall'onda emotiva del "caso Palamara". Occorre evitare risentimenti e dare avvio a un sereno confronto parlamentare sulla giustizia nell'interesse della collettività.


Con i casi Open ed M5s c'è la conferma che i nodi tra politica e giustizia vanno oltre la vicenda di Silvio Berlusconi. A 30 anni da Tangentopoli, secondo lei ci sono anime della magistratura che hanno una volontà "moralizzatrice" verso la politica e, allo stesso tempo, leader politici che mal sopportano il lavoro dei pm?
È innegabile che il rapporto tra politica e magistratura resti complicato. Tutti, anche i leader politici, dovrebbero però mantenere sempre fede al senso delle istituziuni e rispettarne le reciproche sfere di attribuzione.


Il presidente Mattarella ha chiesto alla magistratura una «rigenerazione etica»: non è sinora troppo poco quanto messo in campo in autonomia dalle toghe?
Il processo di rigenerazione etica si è avviato, dentro e fuori dall'Anm. E presto se ne vedranno i frutti. 


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