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17 aprile 2023

Un francobollo trent'anni dopo

Storia di un’immagine realizzata all’indomani della strage di Capaci e nel tempo divenuta l’icona simbolo dei magistrati caduti nell’adempimento del dovere


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di Antonio Romano, Architetto, ideatore dell’immagine delle “Rose Spezzate”


Comincio con un ricordo, che rivivo come la scena di un film. Giovanni e Francesca Falcone sono seduti con altri amici intorno al tavolo da pranzo di casa. Laura, mia moglie, serve un risotto molto lodato, si fanno discorsi più o meno seri con l’intermezzo degli immancabili scambi di battute.


Risalgo alla data: era giovedì 14 maggio 1992 ed era l’ultima volta in cui ci saremmo visti, ma nessuno poteva immaginarlo e la serata passò in allegria, come altre prima…Ci eravamo conosciuti poco dopo il suo arrivo a Roma, in casa di Liliana Ferraro, una donna straordinaria, magistrato, scomparsa purtroppo un anno fa.


Con la carismatica Livia Pomodoro, all’epoca capo di gabinetto del Ministro Martelli, era stata tra le persone più vicine a Falcone, in un momento ancora più difficile di una vita che non era mai stata facile.


Come tutte le prime volte, trovai confermata la differenza tra l’immagine pubblica di una persona e la percezione che se ne ricava attraverso un dialogo diretto.


L’uomo Giovanni Falcone era incline al sorriso e, a sorprendermi ancora di più, fu la passione, comune e incontenibile, per le battute di spirito e per i giochi di parole.


Nacquero così una frequentazione e un’amicizia in cui i riferimenti al ruolo e alla professione costituivano una sorta di inevitabile corollario perché al centro c’erano il desiderio di stare con gli altri, di ridere e scherzare, del buon cibo… Un attaccamento alla vita che lo spingeva a trovare una sua possibile normalità, una piccola isola in un mare di provocazioni e anche di insulti, che lo additavano come uno “scappato” da Palermo e dalle proprie responsabilità.


Ricordo le sue reazioni “pubbliche” dove, con sguardo sornione, riusciva a contenere la rabbia e zittiva l’interlocutore di turno con l’arma dell’ironia.


Con tutt’altra ironia, invece, mi aveva detto più volte che a Roma poteva muoversi con relativa libertà, ma in Sicilia era soltanto “un morto che cammina”. E la profezia si avverò nel modo che tutti ricordano, con l’esplosione di Capaci, quel sabato 23 maggio 1992.


Con la vita di Falcone, si spense anche il fuoco delle polemiche e dei rancori che lo aveva circondato, in particolare durante il periodo romano. Da morto, divenne subito e per tutti eroe.


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