La riforma Cartabia ha fissato il principio di chiarezza e sinteticità degli atti del processo civile rimettendo al Ministro della Giustizia, sentito il CSM e il CNF, il compito di definire i limiti dimensionali degli atti.
Tale compito era stato assolto dal Ministro con uno schema di decreto che indicava, su parere di apposita commissione, il limite di 25 pagine per gli atti introduttivi, citazione e comparsa di risposta, di 13 pagine per le memorie, repliche e, in genere, per tutti gli atti interni al processo, e di 2 pagine per le note d`udienza.
Dimensioni in linea con quelle vigenti per la redazione degli atti dinanzi al Consiglio di Stato e alla Corte di Cassazione, anche per effetto di protocolli siglati dall`Avvocatura.
Lo schema di decreto prevedeva che non entrassero nei limiti l`intestazione dell`atto, i nomi delle parti, gli estremi del provvedimento impugnato, l`indicazione dei mezzi di prova, le conclusioni, l`indice dei documenti, gli avvertimenti di legge e che a tale restrizione peraltro solo nominale, esplicando possibili riflessi sulla regolamentazione delle spese di lite -, si potesse comunque derogare, senza permesso del giudice, purché il difensore si facesse carico di chiarire le ragioni per cui necessitava tale «sconfinamento».
A seguito delle vibrate proteste del Consiglio nazionale forense e dell`Organismo congressuale forense, che hanno lanciato l`allarme denunciando la compressione del diritto di difesa, è stato adottato un nuovo decreto ministeriale, entrato in vigore il 1° settembre scorso, con il quale tutti i limiti dimensionali degli atti sono stati senza indugio raddoppiati.
Non solo: si è previsto, benché la legge non contempli deroghe all`applicazione del principio, che sopra il valore di euro 500.000 non esistono più limiti dimensionali, i quali opereranno per le cause introdotte dopo il 1° settembre e non anche per i processi in corso. Si è così vanificata del tutto l`efficacia di una previsione che è fondamentale per l`accelerazione dell`iter dei processi civili.
Il legislatore aveva ritenuto tale intervento indifferibile non solo in quanto funzionale all`attuazione del principio di ragionevole durata del processo, ma anche in considerazione dello sviluppo e del consolidamento del processo civile telematico, che impone nuove e più agili modalità di consultazione e gestione degli atti processuali da leggere tramite video, tanto per le parti quanto per i giudici.
Spiace che organismi istituzionali dell`Avvocatura, con tale levata di scudi, non abbiano colto la sfida culturale sottesa a tale previsione, che non mortifica ma semmai esalta il ruolo e la professionalità del difensore in un processo moderno, imponendo la selezione delle sole questioni rilevanti e un diverso approccio all`argomentazione giuridica con il definitivo abbandono di tecniche redazionali inutilmente ripetitive e ridondanti.
Chiarezza e sintesi dovrebbero orientare tutti gli operatori del diritto, avvocati e magistrati, spesso abituati a un lessico iper-tecnico e quasi esoterico, verso un nuovo modo di redigere gli atti processuali, più comprensibile per i cittadini nel nome dei quali viene amministrata la giustizia.
Ma il rammarico è che anche il Ministro della Giustizia, il quale ha ribadito al forum Ambrosetti l`urgenza di interventi volti a garantire la ragionevole durata dei processi civili, la cui lentezza costa all`Italia oltre 2 punti percentuali di PIL, abbia inspiegabilmente sottovalutato tale essenziale passaggio.