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6 giugno 2025

Lettera aperta su carceri

L’appello firmato da Parodi, Gatta e Petrelli


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Il sovraffollamento delle carceri ha raggiunto livelli intollerabili. Il 30 aprile scorso i detenuti erano 62.445, a fronte dei teorici 51.292 posti disponibili. Vi sono dunque almeno 11.153 persone detenute in più rispetto alla capienza regolamentare. E’ un problema che periodicamente si manifesta in modo critico. Dopo le misure emergenziali adottate durante la pandemia, il numero dei detenuti è cresciuto in modo considerevole. Nel 2020 erano infatti 53.363, cioè 9.000 in meno rispetto ad oggi. Continui interventi con i quali sono stati introdotti nuovi reati e nuove ostatività o aumentate le pene, come nel caso del d.l. sicurezza o del d.l. Caivano, promettono di aumentare l’entità del sovraffollamento. Il d.l. Caivano ha consentito la custodia cautelare in carcere per lo spaccio di lieve entità e ha introdotto preclusioni all’accesso alla messa alla prova per i minorenni. Il numero dei minori negli istituti loro dedicati (IPM) è aumentato di oltre il 50% dal 2023 ad oggi: erano 385 il 15 maggio 2023, prima del d.l. Caivano, e sono saliti a 600 due anni dopo, mettendo in crisi l’intero sistema della giustizia minorile. Anche per questo è preoccupante il continuo ricorso allo strumento penale come farmaco per curare i più diversi mali e fenomeni di disagio sociale, che dovrebbero trovare altrove adeguati strumenti di intervento. Il carcere non ha un effetto taumaturgico. Tanto più che le condizioni di sovraffollamento: a) incidono negativamente sulla capacità della pena di adempiere al suo fine costituzionale, cioè la rieducazione, riducendo la recidiva; b) gravano anche su quanti, da presunti innocenti, si trovano in carcere in custodia cautelare; c) compromettono la sicurezza all’interno degli istituti; d) complicano il lavoro degli educatori; e) pregiudicano l’assistenza sanitaria e psicologica impedendo agli operatori di intercettare le situazioni di disagio e di fragilità. Come ha rilevato anche il Garante nazionale dei detenuti, vi è una correlazione tra il sovraffollamento e il numero record dei suicidi in carcere che si è registrato nel 2024, quando sono stati 91. Quest’anno sono già 34 e l’estate, periodo critico, è oramai alle porte.

Per questo sono necessarie e non più differibili misure volte a ridurre il numero dei reclusi e a porre fine alla violazione dei diritti fondamentali dei detenuti, in quanto naturalmente i diritti umani vanno tutelati senza distinzione alcuna. Lo impongono la Costituzione e la civiltà del nostro Paese, che è esposto a livello internazionale a imbarazzanti giudizi: l’Olanda ha di recente rifiutato di consegnare all’Italia un sospetto omicida ritenendo le nostre carceri inadeguate a causa del sovraffollamento e del numero di suicidi.

Se da un lato si è tutti d’accordo nel ritenere necessario un intervento che incida sul sistema penitenziario nel suo complesso, deve, tuttavia, prendersi atto che riforme strutturali devono inevitabilmente accompagnarsi ad interventi urgenti di decompressione capaci di restituire ai detenuti una condizione di dignità e di umanità compatibile con la funzione costituzionale della pena.

Le soluzioni tecniche esistono o comunque possono essere studiate: sta alla politica individuarle, se vorrà, con l’aiuto dell’accademia, dell’avvocatura e della magistratura. La storia del nostro Paese insegna come, di fronte ad emergenze come quella in atto, la volontà politica può formarsi anche in modo trasversale.

La soluzione al sovraffollamento carcerario non può d’altra parte risiedere solo nell’aumento dei posti in carcere. Basti pensare che nell’ultimo anno i detenuti sono cresciuti di quasi 1.200 unità e che la capienza media di un carcere è di 300 posti: solo per non aggravare il sovraffollamento occorrerebbe aprire circa 4 nuovi penitenziari all’anno.

Si rischierebbe poi una mass-incarceration e si spenderebbero ingenti risorse pubbliche che potrebbero essere con maggior frutto destinate: a) all’ammodernamento delle strutture esistenti; b) all’assunzione di personale (educatori, medici, psicologi, mediatori culturali, assistenti sociali) che lavori in carcere e negli uffici di esecuzione penale esterna; c) a colmare i vuoti di organico del personale amministrativo degli uffici giudiziari di sorveglianza; d) ad aumentare il numero dei magistrati di sorveglianza (sono poco più di 200); e) a finanziare il reclutamento di addetti all’ufficio per il processo negli uffici di sorveglianza; f) a incrementare le risorse per l’assistenza legale per i non abbienti. Risorse sono necessarie anche per fronteggiare un’altra emergenza; quella degli oltre 90.000 liberi sospesi, cioè condannati definitivi a pene fino ai 4 anni che attendono per anni in stato di libertà la decisione sulla richiesta di una misura alternativa.

La soluzione al sovraffollamento oltre che nella riduzione del ricorso alla custodia cautelare in carcere, deve mirare anche ad allargare il canale di uscita anticipata dal carcere per quanti hanno intrapreso con successo un percorso di rieducazione. Basti pensare che sono circa 8.000 i detenuti con pena residua non superiore a un anno.
Quale che sia il rimedio, sul carcere bisogna intervenire subito.

Gian Luigi Gatta, Presidente dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale
Cesare Parodi, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati
Francesco Petrelli, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane



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