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24 settembre 2025

«Basta etichette, noi non facciamo politica»

Il presidente Parodi ad Avvenire


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Di Vincenzo R. Spagnolo

«Chi vuole l'approvazione della riforma, punta a vincere dicendo che noi siamo oppositori del Governo. Comodo, perché così si chiamano i cittadini a un voto politico, anziché cercare il confronto sui contenuti». Sobrio nei toni, ma granitico sulla contrarietà alla riforma Nordio, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi affila gli argomenti in vista di mesi roventi.

Il ddl costituzionale viaggia verso l’ultima lettura e il referendum pare inevitabile. Siete pronti alla “disfida” col Governo a colpi di Sì e di No?
«Abbiamo costituito un Comitato per il No e ci stiamo preparando a fare comunicazione, anche sui canali social. Ma restiamo magistrati, non siamo oppositori politici di questa maggioranza e di questo esecutivo... »

Allora perché non partecipare al voto da “semplici” cittadini?
«Abbiamo dato vita a un Comitato proprio per evitare di essere tacciati di voler fare politica. Non siamo una forza politica, siamo un movimento di idee formato da cittadini con una professione in comune e che vogliono difendere determinati valori della Costituzione. Perciò, il Comitato avrà un direttivo composto solo da magistrati e non potranno aderirvi partiti politici, sindacati o altre associazioni, ma solo singoli che non abbiano ricoperto cariche politiche.»

Questi paletti vi eviteranno l’accusa di «toghe politicizzate»?
«Non lo so, ma sono necessari. Ciò detto, siamo preoccupati.»

Perché?
«Ormai più che controbattere alle nostre idee, ci appiccicano addosso etichette, epiteti e insulti, tipo “siete dei banditi”, “siete asserviti alla politica” o anche “fate sentenze solo per contestare il Governo”. I miei colleghi giudicanti a volte potranno sbagliare, come avrò sbagliato io in 35 anni di magistratura, ma non con fini politici. Anzi, mi lasci dire una cosa che non ho mai detto…»

La ascolto.
«Ci accusano di voler difendere, col nostro No, il potere, i privilegi di casta. Ma quale potere? La maggioranza dei magistrati italiani, anche quelli che partecipano alla vita associativa attraverso i gruppi, pensa solo a lavorare, a risolvere gli enormi problemi del settore giustizia. Sa, noi potremmo tranquillamente stare a guardare come finirà il referendum: se la riforma passasse, non avremmo decurtazioni di stipendio o di ferie; e di cambi di funzioni se ne vedono pochissimi. Ma la verità è che il nodo non è questo...»

E qual è?
«Che non possiamo tacere o fregarcene, perché questa riforma non danneggerà noi, ma il Paese. E non risolverà nemmeno uno dei reali problemi della giustizia.»

Può elencarcene alcuni?
«Quanti ne vuole? Ahinoi, l’elenco è lungo. Partiamo da qualche dato: in Italia, su 100mila abitanti ci sono 11 giudici, in Europa la media è 18. Ai pubblici ministeri italiani tocca 6 volte il numero dii procedimenti dei colleghi europei. Poi c’è l’organico sempre più basso del personale amministrativo. In Piemonte siamo sotto il 40% del totale previsto, quale azienda funzionerebbe bene con 4 impiegati su 10? E ancora il sistema informatico che non funziona, la mancata conferma degli addetti all’Ufficio per il processo, le carceri che traboccano... Facile criticare la magistratura, se i numeri sono questi.»

Nodi che la riforma non scioglierà?
«Purtroppo no. Anzi, finirà per peggiorare le cose. Pensiamo al Csm: dividerlo in due lo depotenzierà, indebolendo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.»

L’Unione Camere penali ritiene di no, sostiene la riforma e difende il metodo del sorteggio per i candidati al Consiglio superiore.
«Già. E hanno fatto un Comitato per il Sì. Ma vorrei che spiegassero come si fa ad adottare solo per i magistrati un criterio simile: se mandiamo al Csm colleghi magari anche bravissimi, ma scelti a caso, viene meno il principio di rappresentatività. Nessuna categoria, avvocati compresi, sceglie i propri rappresentanti col bussolotto. Perché solo noi?»

Lei snocciola pacatamente dati, statistiche, obiezioni. Ma i toni ormai sono aspri: per il ministro Musumeci i magistrati «hanno il compito di fare i killer».
«Mi sono avvilito per quella frase, ma ancor di più del fatto che nessun altro politico o avvocato ci abbia espresso solidarietà o si sia dissociato. Evidentemente il ministro lo dice, ma molti lo pensano. Non ho nulla da ribattere a Musumeci, ma se lo incontrassi proverei a convincerlo che quella sua affermazione non è vera.»

E col Guardasigilli Nordio, ci parla?
«Non della riforma, su cui ormai non c’è più dialogo. Ma siamo in attesa di risposte sui problemi dell’organico e su altre questioni. Oggi lo incrocerò a un convegno a Roma e gli chiederò se le ha trovate.»



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