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Il personale degli Uffici giudiziari, le riforme, l’Ufficio per il processo

di Nicola Stellato - 29 maggio 2017

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Il personale amministrativo: carenze e nuove politiche del Ministero


Questa è la stagione delle grandi riforme del processo civile, di quello penale, delle riforme ordinamentali e del Ministero della Giustizia della riforma della Pubblica Amministrazione. In particolare, la riforma del Ministero della Giustizia e quella della PA comportano un ripensamento del ruolo professionale del comparto e della dirigenza amministrativi.


Come dirigenti dello Stato nell’Amministrazione giudiziaria abbiamo attenzione, non soltanto ai temi della gestione delle risorse e del personale amministrativo, ma a come l’adeguatezza di questi possano condizionare l’andamento del processo riformatore. Siamo consapevoli che va superata la logica delle riforme a costo zero.


È necessario investire anche per ottenere a regime risparmi di spesa. La situazione di maggiore criticità è da tempo quella del personale amministrativo, che mette a rischio gli obiettivi cui mirano le riforme della giustizia.


L’insufficienza e il mancato accrescimento professionale del personale amministrativo impediscono di risolvere i problemi di funzionamento della macchina organizzativa. Per i magistrati il Consiglio Superiore della Magistratura conduce un’attenta politica di reclutamento e gestione. Si è sempre pronti a intervenire in caso di mutamenti del carico del lavoro giudiziario.


Ed è pienamente a regime anche l’attività formativa della Scuola Superiore della Magistratura. Il blocco pluriennale del turn over ha portato invece l’età media del personale amministrativo a ben 56 anni.


Di conseguenza si prevedono nei prossimi anni numerosi pensionamenti. Se ne può preventivare una crescita esponenziale. Stanno infatti arrivando all’età della pensione tutti i dipendenti assunti negli anni '70 e nella prima metà degli anni '80, il decennio nel quale, attraverso grandi procedure di concorso, venivano ad esempio assunti migliaia ex segretari giudiziari, ora inquadrati come funzionari giudiziari.


Molti di costoro, circa 3.500, andranno in pensione nei prossimi tre anni portando con sé il proprio prezioso bagaglio di conoscenze. A questi si aggiungono 2.500 assistenti giudiziari, prossimi al collocamento a riposo, in quanto entrati nell’Amministrazione tra l’inizio e la fine degli anni 70. Non molto migliore è la previsione delle uscite che può essere fatta per i rimanenti profili professionali.


Una situazione molto difficile, che richiederebbe al più presto altre, e massive, procedure di reclutamento, essendo insufficienti gli ottocento assistenti che saranno assunti entro il 2017, secondo quanto dichiarato dal Ministro Orlando, con il concorso recentemente bandito. La nostra organizzazione amministrativa ha un gran bisogno di giovani intelligenze.


È in atto un processo di progressivo innalzamento dell’età media del personale che pregiudica il funzionamento degli Uffici giudiziari. L’amministrazione contava, a fine 2014, 35.625 unità, su una dotazione organica di 43.702, con una scopertura del 18,48%.


A fine 2015 la scopertura di organico presentava ancora un dato di crescita, ammontando a 34.656 le unità in servizio, con una carenza di 9.046 unità, pari al 20,7%. Peggiorata ancora era la situazione a fine del 2016, quando a fronte di un dato dell’organico di 44.117 unità, ne erano presenti soltanto 34.301, per una scopertura totale arrivata a toccare le 9.816 pari al 22,25 %.


Si tratta di un dato medio nazionale allarmante, mentre ancor più pesante è la situazione di molti uffici grandi e medi del Nord del Paese, che arrivano a scoperture dell’organico superiori al 35%.


La maggiore scopertura degli organici negli uffici del settentrione è dovuta a una serie di interpelli e bandi previsti dall’accordo sindacale del 9 ottobre 2012, concluso dall’Amministrazione in occasione della revisione della geografia giudiziaria.


Queste procedure non sono state precedute da una avveduta valutazione delle esigenze e da una previa, imprescindibile, rideterminazione delle vecchie piante organiche. Ne è risultato una sortadi consistente “migrazione” del personale dagli uffici del Nord verso quelli del Centro e del Sud, che hanno resa molto disomogenea la carenza di personale sul territorio nazionale.


Il CSM con un’allarmata delibera del 15 giugno del 2016 proponeva al Ministro di correre ai rimedi con interventi correttivi e segnatamente di:


»indire con urgenza procedure concorsuali straordinarie volte al reclutamento di un consistente contingente di personale amministrativo, comprensivo di una significativa quota di unità in possesso di specializzazioni tecniche di tipo informatico, statistico, ingegneristico;


»avviare ulteriori procedure di mobilità extracompartimentale, assegnando prioritaria destinazione delle risorse agli Uffici giudiziari, anche tramite adeguati incentivi, professionali o economici, fissando un termine finale di ultimazione definitiva e certa del passaggio delle nuove risorse agli Uffici giudiziari di destinazione;


»avviare con urgenza un'idonea programmazione di lungo periodo relativa a ciascun Ufficio giudiziario, che preveda la valutazione delle necessità pluriennali in funzione dell'evoluzione della realtà politico sociale, con la previsione altresì di un'idonea struttura logistico-organizzativa di sostegno all’attività giurisdizionale, e della realizzazione in termini di urgenza di un efficiente ufficio del giudice».


I risultati della nuova attenzione verso il personale amministrativo del Ministero della Giustizia però stentano a venire. Anche la mobilità messa in campo dopo la soppressione delle Province non ha portato a consistenti ingressi.


Sinora, delle migliaia di unità di personale di cui è stata annunciata l’assunzione, ne hanno preso servizio un numero contenuto (600) e tale da non aver abbattuto la scopertura dell’organico, che anzi, come sopra detto, è ancora aumentata.


E ciò nonostante che, nel triennio 2015/2017, siano state stanziate risorse per il supporto alle politiche del personale amministrativo ammontanti ad oltre 412 milioni di euro.


Occorre pensare allora, e con urgenza, a ulteriori e più efficaci interventi. Peraltro, riesce difficile credere che si possa condurre a termine, come programmato, la procedura relativa al concorso a 800 posti, bandito nell’autunno del 2016, già entro l’autunno del 2017. In ogni caso sia il personale proveniente da mobilità, sia il personale assunto tramite scorrimento di graduatorie o nuovi concorsi, prima di poter essere utile, deve essere formato.


Va dato atto che costituiscono una netta inversione di rotta le procedure autorizzate con il decreto legge 117/2016 e con la legge di bilancio 2017.


Per la prima volta dopo 20 anni il Ministero della Giustizia procede all’assunzione di giovani, grazie al bando del 22 novembre 2016.


Contestualmente il decreto 25 ottobre 2016 del Ministro ha autorizzato l’assunzione di altre 200 unità tramite lo scorrimento di graduatorie aperte: 115 assistenti giudiziari, 55 funzionari informatici e 30 contabili.


Da rimarcare quest’apertura da tanti reclamata all’ immissione di risorse con profilo tecnico. Alle prime 1.000 unità di personale, se ne aggiungeranno altrettante grazie alla legge di bilancio per il 2017.


Con un decreto interministeriale attuativo della disposizione della legge di bilancio sarà disposto lo scorrimento di altri 600 posti da assistente giudiziario (dalla graduatoria del concorso aperto a 800 posti), di 250 posti da funzionario giudiziario e dei restanti 150 da graduatorie di ruoli tecnici.


La chiusura della mobilità al 1 febbraio 2017 crea inoltre le condizioni per liberare altre risorse e assumere ulteriori 1.500 unità di personale.


Per coprire il lasso di tempo necessario allo svolgimento di queste procedure gli Uffici giudiziari potranno, secondo quanto programmato dall’Amministrazione, contare sul supporto di personale dipendente dalle Regioni (circa 400), che presteranno servizio negli stessi, grazie alle Convenzioni tra Ministero e Regioni.


Rideterminazione delle piante organiche e nuovo ordinamento professionale


Non può essere compiuto alcun percorso di miglioramento organizzativo, senza una buona rideterminazione delle piante organiche del personale amministrativo, ora che è stata completata quella dei magistrati.


Il rapporto che si registra tra l’organico dei magistrati ordinari e quello del personale amministrativo è troppo diverso, da ufficio a ufficio. Oscilla tra le 2,50 unità per ogni magistrato del Tribunale di Milano e le 6 di quello di Sulmona.


Bisogna renderlo più omogeneo. E tener conto che negli uffici, in misura diversa a seconda che questi siano distrettuali o meno, si svolgono anche attività puramente amministrative.


Le Corti non esercitano soltanto la funzione giurisdizionale ma gestiscono, a titolo esemplificativo, gli esami di avvocato, il servizio elettorale, la segreteria del consiglio giudiziario e della conferenza permanente per la gestione edifici giudiziari.


Un fondamentale obiettivo dell’azione di Governo del Ministro è stato il rinnovamento delle politiche del personale dell’Amministrazione della Giustizia. Seguendo gli indirizzi formulati dal Ministro nella Direttiva sulle politiche del personale del 7 settembre 2016, si è conseguentemente cominciato a metter mano ai contenuti dei profili professionali.


Strada attraverso la quale si può pervenire, in vista di un nuovo contratto collettivo nazionale, a un radicale rinnovamento dell’ordinamento professionale. L’articolo 21-quater dal decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n.132, e l’articolo 1 comma 2 bis del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito con modificazioni dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, dà impulso a una revisione della pianta organica del personale amministrativo, integrata nei processi di riordino organizzativo del Ministero.


In considerazione della necessità di dare compiuta attuazione al D.P.C.M. del 15 giugno 2015, n. 84 di riorganizzazione del Ministero della Giustizia, tale revisione dovrà procedere in linea con la revisione dei profili professionali e potrà consentire una distribuzione tra le varie figure professionali sia in sede centrale, sia sul territorio coerente e adeguata.


Il citato decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito con modificazioni dalla legge 12 agosto 2016, n. 161 prevede, infatti, la possibilità di introdurre nuovi profili, anche tecnici, e di rimodulare e rivedere i profili professionali e i relativi contingenti esistenti, prioritariamente per le accresciute competenze dell’Amministrazione collegate al trasferimento delle spese obbligatorie per il funzionamento degli Uffici giudiziari e al rinnovato impulso dei processi di digitalizzazione avanzata.


Questa occasione va colta in sostanza per rivedere, non soltanto il contenuto di qualche profilo professionale, ma anche per prefigurare un complessivo riordino ordinamentale del comparto amministrativo dell’Organizzazione Giudiziaria.


La valutazione dei profili, delle professionalità necessarie ai servizi giudiziari impone una ragionata ridefinizione del loro numero, in rapporto al carico di lavoro. Il privilegiato punto di vista della dirigenza amministrativa, funzionalmente dedicata alla gestione del personale, va proficuamente valorizzato, in questo momento di conclusione del parallelo lavoro di revisione delle piante organiche dei magistrati.


Al fine di delineare un nuovo quadro ordinamentale, riteniamo necessario che si acquisisca una consapevolezza.


E cioè che il lavoro di disegno dei profili professionali non può insistere a ricercare una sterile connessione immediata dell’attività del personale amministrativo con il lavoro del magistrato. Per costruire un modello moderno, e non informato agli assetti degli anni Sessanta, tutta l’organizzazione deve essere tesa a supportare l’attività giurisdizionale.


Senza inutili frammentazioni che finirebbero con il pregiudicare un ordinato e snello flusso di lavoro.


La riqualificazione del personale dell’amministrazione giudiziaria


Il 19 settembre 2016 sono state avviate per la prima volta procedure per la riqualificazione del personale amministrativo di cancellieri e funzionari UNEP. Sono 1.770 i posti disponibili con i bandi usciti il 19 settembre 2016: 1.148 per il profilo di funzionario giudiziario e 622 per quello di funzionario Unep.


Si dà corso al riconoscimento del lavoro quotidiano del personale amministrativo, che da anni sconta la mancanza di occasioni di crescita professionale e di riconoscimento delle proprie capacità lavorative.


Non è possibile pensare a reclutamenti di personale nell’Amministrazione Giudiziaria senza risolvere questo annoso problema della mancata riqualificazione. Il consenso intorno alle politiche di reclutamento, la buona integrazione e l’accoglienza del personale di nuova assunzione non può essere ottenuta senza un intervento legislativo che sani questo vulnus della mancata riqualificazione.


Non saranno tollerati i necessari ingressi in profili elevati, senza aver riconosciuto al personale in servizi la competenza e i risultati conseguiti nei lunghi anni di carriera senza accrescimento professionale. Il percorso di riconoscimento professionale del personale non deve pertanto fermarsi ai bandi già pubblicati, limitati a poche figure.


Le assunzioni di nuove risorse con gli ulteriori reclutamenti provenienti dalla mobilità, così come gli scorrimenti programmati per funzionario giudiziario con le risorse della stabilità 2017, consentiranno l’accesso entro l’anno alla riqualificazione verticale di una platea di 2.000 persone.


La revisione dei profili professionali dovrà consentire, in una seconda fase e anche attraverso interventi legislativi dedicati, di aprire a nuovi percorsi e modalità di valutazione delle professionalità, assicurando una prospettiva di avanzamento professionale a una platea più allargata rispetto a quella oggi coinvolta dalle procedure selettive di cui all’articolo 21-quater del già più volte richiamato decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83. Con la contrattazione integrativa aperta con i sindacati il Ministero conta anche di arrivare presto alla revisione dei profili professionali e avviare le procedure per la riqualificazione orizzontale di almeno 8.000 persone.


La nuova gestione diretta delle spese di funzionamento degli Uffici Giudiziari


La riforma della “gestione diretta” delle spese di funzionamento degli edifici giudiziari da parte del Ministero della Giustizia,ha sicuramente rappresentato un problema da affrontare, ma, per altro verso, è stata un’opportunità da cogliere per definire compiti e responsabilità e contribuire così a migliorare le condizioni di lavoro e il benessere organizzativo negli Uffici giudiziari.


La legge di stabilità per il 2015 (art. 1, commi 526 – 530, della legge 190 del 2014), modificando la legge n. 392 del 1941, ha previsto il trasferimento al Ministero della Giustizia, dal 1 settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli Uffici giudiziari, in precedenza a carico dei Comuni.


Nella fase transitoria, si è disposto di poter utilizzare convenzioni con altri Enti per far fronte alla carenza di figure tecniche nell’Amministrazione Giudiziaria.


È stato necessario garantire la continuità di tutti i servizi essenziali resi in favore degli Uffici giudiziari, e ciò mediante il subentro nei rapporti in corso ovvero la stipula di nuovi contratti, in caso di scadenza di quelli al momento in atto o di esercizio della facoltà di recesso da parte del Ministero della Giustizia.


Una dirigenza amministrativa forte, incaricata e responsabile di compiti gestionali e amministrativi è indispensabile al buon governo delle spese di funzionamento degli Uffici giudiziari.


Un magistrato capo dell’ufficio che si occupa di ogni problema gestionale sottrae energia ai suoi più propri compiti. Non può essere direttamente gestore di risorse, né rivestire i ruoli che il codice degli appalti prevede nei contratti di lavori, servizi e forniture. Proprio per tali esigenze è opportuno che sia affiancato da una figura dirigenziale con una elevata, ma diversa, professionalità.


La riorganizzazione del Ministero


La riorganizzazione del Ministero di cui al d.p.c.m 84 del 15 giugno 2015 è una profonda opera di ristrutturazione e semplificazione. Pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 29 giugno 2015, questo d.p.c.m. contiene il «Regolamento di riorganizzazione del Ministero della Giustizia e riduzione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche».


Sostituisce il regolamento di organizzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55, con l’intenzione di dare attuazione alla riduzione degli uffici del Ministero della Giustizia e delle relative dotazioni organiche di personale dirigenziale e non dirigenziale previste da diverse disposizioni legislative.


Si provvede al tempo stesso alla riorganizzazione del Ministero della Giustizia e alla razionalizzazione delle relative strutture, rese necessarie dalla riduzione degli uffici e delle relative dotazioni organiche di personale.


Il regolamento dà anche attuazione al decentramento delle funzioni amministrative del Ministero della Giustizia previsto dal decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, introducendo le necessarie modificazioni del previgente assetto organizzativo (come previsto dall’articolo 7, comma 4 del citato decreto legislativo), e operando una rideterminazione delle articolazioni periferiche dirigenziali di livello generale dell’amministrazione giudiziaria (come consentito dall’articolo 6 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240).


Dette strutture complesse, di livello generale, sono state ridotte a tre, con sede a Milano, Roma e Napoli. Si è perseguito l’obiettivo di aumentare l’efficienza, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa attraverso l’eliminazione di duplicazioni di funzioni e gestioni.


E rendere la struttura del Ministero compatibile con le prescrizioni in materia di riduzione della spesa pubblica succedutesi dal 2006 ad oggi. È stata anche introdotta una riduzione significativa dei dirigenti generali, passati da 61 a 36, e dei dirigenti di seconda fascia, passati da 1.006 a 712.


È stato previsto l’ampliamento delle competenze del Dipartimento per la giustizia minorile, assegnando a questo anche l’esecuzione di tutte le misure alternative e le sanzioni sostitutive alla detenzione in carcere e configurando un nuovo “Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità”.


E poi si è inteso:


»innovare e completare il decentramento delle funzioni amministrative di competenza del Ministero;


»avviare un processo di unificazione e razionalizzazione della gestione dei beni e dei servizi serventi tutte le articolazioni ministeriali, in un’ottica di maggiore efficienza complessiva e di complessivo risparmio per l’Amministrazione;


»rendere la struttura del Ministero più efficace e con maggiori livelli di specializzazione e competenza, favorendo, nel contempo, l’integrazione operativa tra le diverse articolazioni, sia a livello centrale che periferico;


»connotare lo statuto regolamentare in funzione delle fondamentali istanze di maggiore effettività delle garanzie in tema di privacy delle persone coinvolte nell’azione amministrativa, trasparenza e prevenzione della corruzione.


Tenendo conto dell’obiettivo di eliminare le duplicazioni delle strutture organizzative ove esse hanno competenze omogenee, si sono introdotte le strutture del contenzioso e quella in materia di beni e servizi e tecnologie, con competenze trasversali. Il Ministero si è articolato, con questa riorganizzazione, in quattro uffici centrali di gestione amministrativa: il dipartimento per gli affari di giustizia; il dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi; il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria; il dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. È stata inoltre istituita la Conferenza dei Capi dipartimento, con compiti di programmazione, indirizzo e controllo, composta dal Capo di gabinetto e dai Capi dipartimento. Per ogni dipartimento sono stati istituiti degli uffici dirigenziali generali.


Per il dipartimento per gli affari di giustizia è stata creata la Direzione generale della giustizia civile, la Direzione generale della giustizia penale, la Direzione generale degli affari giuridici e legali.


Invece, il dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi si è articolato in: Direzione generale del personale e della formazione, Direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie, Direzione generale del bilancio e della contabilità, Direzione generale dei magistrati, Direzione generale per i sistemi informatici automatizzati, Direzione generale di statistica e analisi organizzativa.


La Direzione Generale per i sistemi informativi automatizzati ha competenza sulla programmazione, progettazione, sviluppo e gestione dei sistemi informativi automatizzati, di telecomunicazione e fonia per tutti gli uffici del Ministero. Ma mentre prima la DGSIA era una Direzione Generale in posizione di staff rispetto al Ministro, adesso è incardinata nel DOG.


Nel dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, vengono istituite la Direzione generale del personale e delle risorse, la Direzione generale dei detenuti e del trattamento, la Direzione generale della formazione. Nel dipartimento per la giustizia minorile e di comunità sono state create la Direzione generale del personale, delle risorse e per l’attuazione dei provvedimenti del giudice minorile, la Direzione generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova.


Per ogni ufficio dirigenziale, il decreto elenca le specifiche competenze. Nella seconda parte del regolamento sono dettate le disposizioni sull’Amministrazione periferica. Con riguardo all’art. 8 del D.P.C.M. che disciplina le Direzioni regionali, organi periferici di livello dirigenziale generale del Ministero della Giustizia, va detto che non se ne prevede la concreta operatività.


L’art. 16 comma 4 del DPCM 85 del 2015 disciplina una fase transitoria che rischia di diventare definitiva, atteso che non risulta programmata dal Ministero alcuna attività per l’avvio di queste nuove direzioni generali regionali.


Per detta norma «fino alla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti del Ministro di cui al comma 2, le funzioni attribuite alle direzioni generali regionali sono esercitate dall’amministrazione centrale» e «fino alla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti del Ministro di cui al comma 2 le funzioni attribuite alle direzioni generali regionali possono essere delegate anche in parte agli Uffici giudiziari distrettuali».


Detta opzione transitoria si è verificata molto frequentemente e contribuisce ad aggravare la crisi di risorse umane di cui soffrono gli Uffici giudiziari, in quanto incrementa il loro carico di lavoro senza alcuna assegnazione di personale esperto nelle funzioni delegate.


Il citato art. 16 ha disposto inoltre l’emanazione di tutti i decreti ministeriali ai fini della piena attuazione della nuova organizzazione amministrativa. Decreti che in gran parte sono già stati emanati e pubblicati nel sito del Ministero della Giustizia.


Il processo telematico: opportunità da cogliere, criticità da superare


Nell'attuale carenza di risorse, l’unica strada che ha impedito l’interruzione dei servizi negli Uffici giudiziari è stata quella dell’innovazione e del miglioramento organizzativo, resi possibili dalla disponibilità delle modalità telematiche e digitali di gestione dei flussi documentali.


Ciò è avvenuto in particolare nella gestione del processo civile diventata in gran parte telematica. Abbiamo condiviso con le rappresentanze degli operatori della giustizia la posizione di rifiutare, nel giugno del 2014, ogni ipotesi di rinvio della obbligatorietà del Processo Civile Telematico, anche attraverso interventi che ne permettessero un avvio graduale e sostenibile.


Per questo risultato è stato importante il confronto nell’ambito del “Tavolo tecnico permanente”, istituito presso l’ufficio di gabinetto del Ministro Orlando. Questo metodo di confronto paziente e sistematico tra gli attori della giurisdizione, le associazioni, i cittadini, il mondo economico si è rivelato proficuo per gestire la fase di avvio del PCT.


Siamo stati concordi con gli altri operatori del mondo della giustizia nel definire in tempi certi, con approccio analogo a quello che il legislatore ha avuto con il d.l. 179 del 2012, un piano di completamento del PCT. Abbiamo espresso la nostra ferma contrarietà all’introduzione di una libertà assoluta nella forma, cartacea o digitale, dei flussi documentali processuali.


Dobbiamo cercare assieme di capire ora quali siano i passi ancora da fare e le criticità da superare. Ciò risulta di fondamentale importanza ora che, completato il dispiegamento del sistema informatico del settore penale, si punta anche al Processo Penale Telematico.


Occorre fare una scelta strategica per la tenuta del fascicolo processuale in ambito digitale, cominciando con il definire una data per l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti introduttivi e costitutivi e dell’intero procedimento civile. E dobbiamo prendere atto della progressiva insufficienza della stipula di protocolli locali con gli ordini forensi.


Se non intendiamo disincentivare il telematico, dobbiamo fornire all’avvocato che opera da remoto anche servizi adeguati di assistenza informatica a prescindere dal Foro di appartenenza.


Siamo consapevoli che occorre pensare a una gestione diversa delle copie cartacee di cortesia, utili sino a che il formato degli atti non consentirà una lettura e una ricerca agevoli. Ma non si può chiedere agli avvocati di sostenere spese e rivedere per il PCT l’organizzazione degli studi per poi costringerli ad avere un domiciliatario soltanto per la consegna di queste copie.


Né è ipotizzabile che gli avvocati siano chiamati a un accesso fisico soltanto per consegnare una ricevuta cartacea di pagamento del contributo unificato. La tipizzazione, la capitolazione degli atti e l’indicizzazione dei documenti con link, il caricamento di atti e documenti tramite un sistema di upload, sono altri passi che riteniamo importanti sulla strada di una completa gestione digitale del processo.


Il modello dell’ufficio per il processo: osservazioni critiche e valutazione dell’impatto sul cittadino


Il modello dell’ufficio per il processo, che pur può contribuire efficacemente al miglioramento organizzativo e all’implementazione di modalità digitali e telematiche, non può essere risolutivo della carenza di risorse umane. Troppo numerose, precarie e diversificate le presenze che si prevedono. Occorre interrogarsi su quanto sia proficuo l’utilizzo di risorse destinate a vario titolo a tale misura organizzativa.


Nel solo anno 2016, sono quantificabili in oltre 17 milioni di euro così distribuite:


»8.000.000 per borse di studio tirocinanti laureati


»7.813.000 per borse per stage di perfezionamento in cancelleria


»800.000,00 per ulteriore sviluppo della Consolle dell’assistente e per implementare la banca dati della giurisprudenza di merito


»1.000.000 circa per l’acquisto di PC, per la gestione amministrativa dei tirocinanti e per il consolidamento dei sistemi informatici: Il d.m. 1 ottobre 2015, pubblicato sulla G.U. del 2 novembre 2015, che pure è un tentativo di dare sistematicità al modello dell’ufficio per il processo, suscita anche perplessità.


Come dirigenti siamo stati partecipi della discussione che, negli anni, si è sviluppata intorno a tale modello organizzativo, anzi si può dire che l’abbiamo alimentata al punto di aver contribuito a coniare l’espressione che la connota.


Stentiamo però a riconoscere un modello che doveva essere centrato sul lavoro di squadra, nel rispetto dei ruoli e delle peculiarità professionali, con un dettato che prevede che «il presidente della corte d’appello o del tribunale articola le strutture organizzative denominate ufficio per il processo (…). Il dirigente amministrativo adotta le misure di gestione del personale di cancelleria coerenti con le determinazioni del capo dell’ufficio». «Il coordinamento e il controllo delle strutture organizzative di cui al comma 1 sono esercitati dai presidenti di sezione o dai giudici delegati…».


Il disposto normativo, considerando da una parte, got e tirocinanti laureati, dall’altra il personale di cancelleria e i tirocinanti non laureati, sembra voler tenere separata funzione giurisdizionale e cancelleria, quasi che quest’ultima non si occupasse del processo.


Un sereno raffronto di queste previsioni con quanto disciplinato dalla norma primaria racchiusa nell’art. 2 del d.lgs. 240/2006 consente di individuare una forte incoerenza in quanto: «il dirigente amministrativo (…) è responsabile della gestione del personale amministrativo, da attuare in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività».


Se si affermasse una prassi interpretativa per cui ai magistrati capi ufficio viene demandato di stabilire perfino chi, tra il personale di cancelleria, viene a far parte della nuova struttura, e ai presidenti di sezione o a magistrati delegati viene attribuito “il coordinamento e il controllo” su tale personale, saremmo in palese contrasto con una norma di rango superiore.


E faremmo, nell’architettura del governo degli uffici, un passo indietro di decenni, resuscitando assetti superati. Le risorse umane, la direzione, l’impiego del personale amministrativo vanno lasciati, a chi risponde della loro gestione che, in un’organizzazione complessa, non è composta soltanto dalle attività più contigue all’esercizio della giurisdizione.


Gli assetti che ne deriverebbero sarebbero, a nostro parere, dannosi per la stessa autonomia della giurisdizione, a cui non basta presidiare la produttività del giudice e i tempi di risposta della cognizione penale o civile.


È per questo che è importante puntare sulla dirigenza amministrativa. Vincolata, com’è, agli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e a un concordato programma delle attività, ma responsabile dei risultati gestionali che contemplano anche i prodotti finali che arrivano sino ai bisogni concreti della gente.


Facendo scorrere le disposizioni del decreto sull’ufficio per il processo sembra di rilevare anche che il focus della nostra organizzazione debba essere centrato soltanto sul sostegno alla produttività del giudice.


È necessario un cambio di prospettiva che metta al centro dell’attenzione il cittadino e i suoi bisogni. In tale direzione andrebbero ripensati i sistemi di valutazione della performance negli uffici giudiziari.


Non basta misurare la produttività del giudice e i tempi del processo di cognizione penale o civile. Occorre valutare anche quando concretamente gli effetti si producono nella sfera personale del cittadino e incidono sulla sua vita e sui suoi bisogni.


La direzione degli uffici, nel valutare l’andamento della performance, dovrebbe utilizzare anche strumenti come quello del monitoraggio e del governo della domanda. Su questo si può fare molto, in quanto la trasparenza delle decisioni, le banche dati, le sentenze accessibili, ricercabili, massimate, possono contribuire a contenere la domanda e di conseguenza la pendenza dei procedimenti giudiziari.


Anche l’interlocuzione con gli stakeholder può contribuire a verificare quali siano i reali bisogni che ci si attende siano soddisfatti attraverso l’attività degli uffici giudiziari, intervenendo in modo da tenere sotto controllo anche la domanda.


Gli uffici giudiziari vanno premiati anche quando lavorano sulla trasparenza e sul contenimento delle sopravvenienze. Non soltanto quando producono di più per smaltirle.


L’azione di un ufficio giudiziario è tanto più efficace, quanto più le sue risorse, i suoi giudici sono concentrati sulle questioni nuove e controverse e non sul lavoro routinario.


Anche le esigenze di assistenza e supporto al lavoro quotidiano del magistrato, cui mira il modello organizzativo dell’Ufficio per il processo, devono essere valutate e possono essere soddisfatte soltanto nell’ambito di una complessiva e manageriale organizzazione dei servizi che miri alla soddisfazione dei bisogni della gente.

Autore
Nicola Stellato
Presidente Associazione Dirigenti Giustizia

L’azione di un ufficio giudiziario è tanto più efficace, quanto più le sue risorse, i suoi giudici sono concentrati sulle questioni nuove e controverse e non sul lavoro routinario. Nicola Stellato