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La competenza per territorio e per materia delle sezioni specializzate in materie di impresa: profili problematici

di Guido Romano - 12 giugno 2014

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L’art. 2 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, in l. 24 marzo 2012, n. 27, sotto la rubrica «Tribunale delle imprese», ha istituito la nuova figura delle sezioni specializzate in materia di impresa, innestando la relativa disciplina sulle esistenti sezioni specializzate in materia di proprietà industriale, di cui al d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 che oggi risulta completamente riformulato. Le nuove sezioni sono istituite presso i Tribunali e le Corti d’Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (art. 1 primo comma d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168), presso i Tribunali e le Corti d’Appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città ora elencate (art. 1 comma 1 bis), nonché presso i Tribunali e le Corti d’Appello di Brescia e di Bolzano. Le sezioni in argomento hanno, dunque, una competenza territoriale più ampia rispetto a quella degli uffici giudiziari presso cui sono incardinate (la competenza fa riferimento ai comuni compresi nel distretto di ciascuna Corte d’Appello) e una competenza per materia che interessa una serie di cause e procedimenti, per tali intendendosi anche i procedimenti camerali nei confronti di una o più parti (comunemente denominati procedimenti di volontaria giurisdizione), che riguardano, in estrema sintesi, la materia industriale, la violazione della disciplina della concorrenza dell’Unione europea, i rapporti societari, le controversie in materia di appalti pubblici, forniture e servizi di rilevanza comunitaria e, infine, le cause e i procedimenti che presentino ragioni di connessione con i richiamati gruppi di materie. Scopo del presente lavoro è quello di indagare taluni profili connessi alla competenza per territorio e per materia delle sezioni specializzate che presentano punti problematici e che, a distanza di circa un anno e mezzo dall’entrata in vigore della riforma, non hanno ancora trovato soluzioni univoche e definitive nelle prime pronunzie della giurisprudenza di merito.

LA COMPETENZA PER TERRITORIO

L’art. 4 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 si limita a stabilire che le controversie, indicate nell’art. 3, che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale, dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nel territorio della regione sono assegnate alla sezione specializzata avente sede nel capoluogo di regione individuato ai sensi dell’art. 1, mentre alle sezioni specializzate istituite presso i Tribunali e le Corti d’Appello non aventi sede nei capoluoghi di regione sono assegnate le controversie che dovrebbero essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei rispettivi distretti di Corte d’Appello. Ciò posto, non appare revocabile in dubbio che il rapporto tra il Tribunale presso il quale è istituita le sezione specializzata e quello nel cui ambito tali sezioni non sono istituite involge, in senso proprio, una questione di competenza, con la conseguenza: che il Tribunale ove non è istituita sezione specializzata erroneamente investito di causa avente per oggetto una delle materie sopra indicate dovrà certamente declinare, con ordinanza (per come stabilito dalla l. 18 giugno 2009, n. 69) ovvero con sentenza (negli altri residui casi in cui la pronunzia di incompetenza deve avvenire con tale atto), la propria competenza in favore del Tribunale ove la sezione specializzata è invece istituita1; inversamente, che il Tribunale ove la sezione è istituita, erroneamente investito di controversia esulante dalle materie in questione, dovrà adottare provvedimento di segno analogo in favore del Tribunale competente secondo le regole ordinarie.
Diverso, e più problematico, il caso in cui una controversia, avente per oggetto una materia di competenza delle sezioni specializzate, venga proposta dinanzi al Tribunale ordinario (senza alcuna ulteriore precisazione) presso cui sia istituita la sezione specializzata medesima e non già direttamente dinanzi a quest’ultima.
Il legislatore non ha, infatti, esplicitamente chiarito se le sezioni specializzate siano da ricondurre a mere suddivisioni interne del medesimo ufficio giudiziario (come nel caso delle sezioni lavoro e fallimentare costituite nell’ambito di Tribunale suddiviso in sezioni) o vadano qualificate come uffici giudiziari autonomi e separati2, così che la giurisprudenza oscilla tra l’una e l’altra delle due soluzioni astrattamente possibili.
Un primo orientamento, già formatosi con riferimento alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e recentemente ripreso dal Tribunale di Napoli e dalla Corte d’Appello della medesima città3, che richiama alcune pronunzie della Corte di Cassazione4, rileva come il legislatore – nell’intitolare le rubriche degli artt. 3 e 4 del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come oggi modificati, rispettivamente «competenza per materia delle sezioni» e «competenza territoriale delle sezioni» e nel precisare nel successivo art. 5 le competenze del presidente della sezione («nelle materie di cui all’art. 3, le competenze riservate dalla legge al presidente del tribunale e al presidente della corte di appello spettano al presidente delle rispettive sezioni specializzate») – abbia inteso, sia pure implicitamente attraverso il richiamo al concetto di competenza, sottolineare l’autonomia della sezione5, con la conseguenza che, nel caso prospettato, si porrebbe appunto una questione di competenza in senso proprio.
In questo ordine di concetti, è stato sottolineato, da una parte, che il legislatore, qualificando espressamente come specializzate le sezioni in questione, utilizza il medesimo aggettivo indicato dall’art. 102 secondo comma Cost. e, dall’altra, che sussisterebbe un naturale parallelismo tra le sezioni in materia di impresa e le sezioni specializzate agrarie delle quali non si è mai dubitato del carattere di autonomia6. Ancora, proprio il richiamo all’art. 102 Cost. consentirebbe di ritenere che possano essere costituite sezioni specializzate (autonome rispetto all’ufficio territoriale cui formalmente appartengono) anche, ma non necessariamente, con la partecipazione di cittadini idonei estranei all’ordine giudiziario.
Il descritto orientamento giurisprudenziale è stato, tuttavia, recentemente superato sia da parte della giurisprudenza di merito7 che di legittimità8 la quale è pervenuta alla diversa conclusione che la ripartizione delle funzioni tra le sezioni specializzate e le sezioni ordinarie del medesimo Tribunale – non involgendo un errore nell’individuazione dell’ufficio giudiziario e, quindi, la necessità di una ricollocazione territoriale della controversia – non implica l’insorgenza di una questione di competenza, attenendo piuttosto alla distribuzione degli affari giurisdizionali all’interno dello stesso ufficio. Ciò ha portato, in particolare, il giudice di legittimità a ritenere che, ove il Tribunale ordinario abbia impropriamente dichiarato la propria incompetenza per essere competente la sezione specializzata presso lo stesso ufficio, ovvero abbia dichiarato la propria competenza negando quella della predetta sezione specializzata, è inammissibile il regolamento di competenza proposto avverso la suddetta pronuncia, trattandosi, appunto, di questione concernente la ripartizione degli affari all’interno dello stesso ufficio.
Tale orientamento – che, alla luce delle considerazioni che si vanno a esporre, appare preferibile – richiama espressamente i principi affermati in materia di rapporti tra sezioni ordinarie del Tribunale e le relative sezioni lavoro e fallimentare le quali, come già accennato, costituiscono espressione dell’organizzazione interna dell’ufficio e non già un ufficio autonomo dotato di una propria competenza e, dunque, non sono qualificabili come giudici diversi: e ciò nonostante che l’art. 413 c.p.c. attribuisca al Tribunale in funzione di giudice del lavoro la “competenza” a decidere sui rapporti di cui all’art. 409 c.p.c. e che l’art. 24 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 stabilisca la “competenza” del Tribunale che ha dichiarato il fallimento a decidere di tutte le controversie che derivano dal fallimento9.
Quanto poi al descritto parallelismo con le sezioni specializzate agrarie è stato correttamente osservato che i presupposti su cui si basa la competenza delle sezioni agrarie si fondano su una normativa del tutto peculiare in base alla quale il rapporto di dette sezioni con le altre del medesimo Tribunale si connota nel senso di suggerire che tale rapporto si iscriva nell’ambito della nozione di competenza, in quanto all’unico dato contrario (e favorevole alla riconducibilità alla nozione della ripartizione interna a un unico ufficio), rappresentato dall’essere la sezione incardinata nell’ambito del Tribunale e, quindi, organizzativamente e burocraticamente nell’ufficio del Tribunale, se ne contrappongono tre favorevoli, costituiti il primo dall’uso da parte del legislatore del termine “competenza” per individuare la potestà giurisdizionale della sezione, il secondo dall’espresso riferimento della competenza proprio alla sezione, il terzo dall’essere la composizione della sezione del tutto peculiare10.
Sotto tale ultimo profilo, in particolare, le sezioni specializzate agrarie includono anche membri laici non togati – magistrati onorari altrimenti estranei al normale apparato organizzativo del tribunale – forniti di specifica qualificazione tecnica ritenuta normativamente necessaria all’integrazione delle cognizioni e del patrimonio culturale dell’organo, mentre la sezione specializzata in materia di impresa opera solo con membri togati, scelti attraverso procedure interne di selezione riguardanti il solo ufficio di Tribunale o di Corte interessato, sia pure avendo riguardo alla specifica competenza nella materia da trattare11.
D’altra parte, nel sollecitare che i magistrati addetti alle sezioni specializzate in materia di impresa siano scelti tra quelli dotati di specifica nell’ambito dell’articolazione dell’ufficio giudiziario e non implica una competenza separata.
In questo ordine di concetti, invero, appare un vero e proprio artifizio concettuale ritenere che possa sussistere una questione di competenza in senso tecnico in una causa introdotta (erroneamente) dinanzi al Tribunale (senza ulteriore specificazione nell’atto introduttivo del processo o del procedimento) nell’ambito del quale sia presente la sezione specializzata effettivamente competente a conoscere quella controversia12.
Ancora, come osservato da altra giurisprudenza di merito13, la formale dichiarazione di incompetenza, ancorché eventualmente adottata con ordinanza, comporterebbe un irragionevole appesantimento processuale, con necessità di riassunzione della causa, senza che ciò costituisca per alcuna delle parti una maggiore garanzia o tutela.
In definitiva, alla luce delle precedenti considerazioni, appare preferibile considerare la sezione specializzata in materia di impresa quale articolazione interna al Tribunale presso il quale la stessa è, per legge, istituita. Trattandosi di una questione afferente alla distribuzione interna degli uffici, le parti non potrebbero, come sopra evidenziato, reagire all’erronea attribuzione della controversia mediante la proposizione di un’eccezione di competenza, ma potrebbero sollecitare il potere-dovere ufficioso dei giudici e del Capo dell’Ufficio di rispettare le previsioni tabellari14 e, dunque, appunto quella distribuzione degli affari che si assume violata. Conseguentemente, in caso di erronea assegnazione della causa a una sezione il giudice dovrà limitarsi a trasmettere gli atti al presidente del Tribunale perché questi provveda alla corretta riassegnazione del fascicolo senza emettere un provvedimento a contenuto decisorio della controversia15.

LA COMPETENZA PER MATERIA

Riformando l’art. 3 del d.lgs. 26 giugno 2003, n. 168, il legislatore ha inteso attribuire alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa una serie di controversie, indicate in una sorta di catalogo, che possono ricondursi, come già evidenziato in premessa, alle materie del diritto industriale, del diritto antitrust, del diritto societario e degli appalti pubblici di rilevanza comunitaria.
Le finalità del presente lavoro non consentono di soffermarsi analiticamente su tutte le questioni interpretative che l’elencazione di cui all’art. 3 imporrebbe. Tuttavia, appare utile esaminare due ipotesi che potrebbero dare luogo alle maggiori incertezze interpretative: ci si riferisce alle cause e procedimenti «relativi a contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria dei quali sia parte una società» (art. 4, comma 2, lett. f) e alle cause e procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti» (lett. b).
Con riferimento alla seconda delle ipotesi indicate, sorge il dubbio se siano devolute al c.d. “Tribunale delle Imprese” tutte le cause aventi ad oggetto, anche indirettamente, un trasferimento di partecipazioni sociali ovvero se, ai fini della attribuzione, sia necessario che la controversia verta su profili che afferiscano all’atto dispositivo e non già solo al suo oggetto. In altre parole, si pone il problema di stabilire se la competenza delle sezioni specializzate includa anche le azioni di cui il negozio avente ad oggetto partecipazioni sociali o diritti inerenti a partecipazioni sociali non costituisce né il petitum né la causa petendi, se non indirettamente16.
Infatti, la categoria dei procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti» è tanto ampia da risultare idonea a comprendere anche procedimenti che ben poco potrebbero avere a che fare con la materia societaria, come quello avente ad oggetto l’azione di divisione giudiziale di un patrimonio nel quale vi sia una partecipazione sociale ovvero un’impugnativa di un testamento ovvero ancora una causa relativa a una donazione che non abbiano diretta attinenza con la partecipazione che di quella divisione, di quel testamento o di quella donazione costituisce soltanto l’oggetto: tuttavia, qui è il centro del problema, perché la formula legislativa («ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali») sembra indicare la competenza delle sezioni specializzate proprio in ragione di quell’oggetto e non già del “contenitore” utilizzato per il trasferimento della partecipazione.
È stata, dunque, avvertita la necessità di un’interpretazione bilanciata della norma in quanto, altrimenti, si assisterebbe a un’eccessiva e peraltro dai confini assai incerti espansione della competenza delle sezioni specializzate in materia d’impresa. Tale strada, tuttavia, alla luce dell’ampio disposto normativo, appare però difficilmente percorribile.
Secondo un’ipotesi interpretativa, chiaramente restrittiva, la competenza delle sezioni specializzate sarebbe limitata, in caso di negozi tra vivi di trasferimento delle partecipazioni sociali, alle sole cause il cui oggetto incide effettivamente sulla composizione della società, e quindi, ad esempio, ai casi in cui si impugna il negozio traslativo per fare valere o ottenere la caducazione dei suoi effetti, ciò comportando l’accertamento della persistenza della preventiva composizione della compagine societaria (es. nullità, simulazione, risoluzione di un negozio di cessione di partecipazioni sociali); dovrebbe, al contrario, escludersi la competenza delle sezioni specializzate laddove invece si discuta del medesimo negozio, ma senza una diretta incidenza sulla compagine sociale (es. azione di adempimento del pagamento del prezzo di una vendita di partecipazioni). Tale opzione interpretativa, tuttavia, introduce un criterio discretivo (incidenza della risoluzione della controversia all’interno dell’organizzazione societaria) che la norma non prende a presupposto per l’attribuzione della controversia alle sezioni specializzate e porta a escludere tutte le cause di adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto traslativo di partecipazioni sociali che, già sotto il regime del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 517, erano pacificamente soggette al c.d. “rito societario”.
Peraltro, vi sono azioni che, pur non incidendo direttamente sulla composizione della società, appaiono certamente rientrare nella competenza delle sezioni specializzate. Si pensi, ad esempio, alla causa in cui l’acquirente di una partecipazione sociale intenda far valere eventuali clausole di garanzia in ordine alla consistenza patrimoniale della partecipazione stessa. In tale ipotesi, la controversia – ove non destinata a ottenere la risoluzione del contratto, ma eventualmente la riduzione del prezzo ovvero il risarcimento del danno – non ha un diretto riflesso sulla composizione della società, rimanendo il rapporto giuridico confinato tra le parti del negozio traslativo delle quote e restando la società (e il suo assetto organizzativo) sullo sfondo: tuttavia, non appare errato considerare come proprio tali controversie rispondono maggiormente alla ratio dell’istituzione del c.d. “Tribunale delle Imprese” in quanto, proprio in esse, si avverte la necessità di una maggiore specializzazione del giudice e di una maggiore celerità della risposta giudiziaria18 che costituiscono, come è noto, i presupposti ideali dell’introduzione della nuova normativa.
Conseguentemente – sebbene non possano offrirsi soluzioni definitive, anche in relazione alle scarse pronunzie della giurisprudenza di merito sul punto – deve ritenersi preferibile l’orientamento secondo il quale la competenza delle sezioni specializzate sussisterebbe in tutti i casi in cui l’oggetto della domanda è un diritto derivante da un negozio avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali. Venendo ora alla materia dei contratti pubblici di appalto, le sezioni specializzate sono competenti, quando sia parte una delle società individuate nella prima parte del secondo comma dell’art. 3, per le cause e procedimenti «relativi» a «contratti pubblici di appalto di lavori, servizi o forniture di rilevanza comunitaria».
In forza della seconda parte della lett. f), la competenza delle sezioni specializzate ricorre anche quando una delle dette società non sia direttamente parte della causa o del procedimento, ma partecipi «al consorzio o al raggruppamento temporaneo cui i contratti (pubblici di appalto di rilevanza comunitaria) siano stati affidati».
Condizione, ovviamente, sempre necessaria è che sussista la giurisdizione del giudice ordinario. Occorre, pertanto, in primo luogo, attribuire significati concreti alle espressioni «cause e procedimenti relativi a» e «contratti pubblici di appalto» per individuare la portata del nesso di relatività e il contenuto del suo oggetto.
Prendendo le mosse dal secondo aspetto, pare certo che le cause e i procedimenti di competenza delle sezioni specializzate debbano essere relativi a contratti pubblici di appalto di rilevanza comunitaria nell’ambito della giurisdizione riconosciuta al riguardo al giudice ordinario, il cui difetto, comunque, non potrà che essere dichiarato dalla sezione specializzata adita. A tale riguardo non pare possa dubitarsi che per l’individuazione dei contratti pubblici di appalto si debba fare riferimento alle disposizioni del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture – che, come previsto al primo comma dell’art. 1, disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere.
Si tratta di contratti di appalto di lavori pubblici nei quali committente può essere tanto una pubblica amministrazione quanto un soggetto privato, quando, per la natura dell’opera da realizzare e per la connessa presenza di finanziamenti pubblici, tali contratti coinvolgono il pubblico interesse. Tali soggetti privati sono indicati nell’art. 3, commi 25- 31 e nell’art. 32, comma 1, del citato d.lgs., ai quali deve aversi riguardo per individuare i contratti pubblici di appalto di competenza delle sezioni specializzate (concessionari di lavori pubblici, società con capitale pubblico, altri soggetti privati che fruiscono di contributi pubblici etc.).
Per quanto riguarda, invece, il significato da attribuire all’espressione «cause relative ai contratti pubblici di appalto», si deve ritenere che l’esistenza del contratto pubblico di appalto rilevi ai fini della competenza delle sezioni specializzate quando l’oggetto della causa concerne, nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario, diritti e obblighi derivanti da tale contratto e debba farsi applicazione della normativa di cui al citato d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, non sembrando possibile dilatare la portata della norma fino a r icomp render vi ogni rapporto, di per sé estraneo al contratto pubblico di appalto, intercorso con uno dei soggetti sopra indicati, ma che trovi, quale mero presupposto di fatto, la sua origine in un contratto di appalto pubblico. Sotto questo profilo, in particolare in materia di subappalto, l’orientamento della giurisprudenza è costante nel ritenere che il contratto di subappalto stipulato dall’appaltatore di un’opera pubblica è strutturalmente distinto dal contratto principale e, stipulato fra soggetti entrambi privati, rimane sottoposto alla normativa del codice civile e al contenuto pattizio che le parti hanno inteso dargli, mentre non gli sono applicabili, se non attraverso gli eventuali richiami pattizi delle parti, le disposizioni di impronta marcatamente pubblicistica tipiche dell’appalto di opere pubbliche19. Ne discende che le cause aventi per oggetto tali contratti di subappalto dovrebbero ritenersi sottratte, indipendentemente da ogni considerazione circa l’eventuale esistenza di precedenti disposizioni interne relative alla distribuzione della competenza tabellare fra le varie sezioni del Tribunale, alla competenza per materia delle sezioni specializzate.


NOTE:
1 Così, Cass. Sez. VI, 23 settembre 2013, n. 21762.
2 Sulla problematica in esame, cfr., Iuorio Maria Assunta, Tribunale delle imprese, in www.judicium.it, Merlin, Le nuove sezioni delle imprese fra corsie preferenziali e sviluppo del mercato, in www.diritto24.it; Riva Crugnola Elena, Il Tribunale delle imprese, in Il libro dell’anno del diritto, 2013, Enciclopedia Treccani; Paolo Celentano, Commento al decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, in Le Società, 2012, pag. 820.
3 Precisamente, Trib. Napoli, ord. 10 marzo 2014, inedita, e App. Napoli, sent. 20 febbraio 2014, n. 763, in www.ilcaso.it. Ma si vedano, altresì, Trib. Venezia, 30 aprile 2008 in Foro it., 2008, 1733.
4 Cass., sez. I, ord. 14 giugno 2010, n. 14251; Cass., sez. I, ord. 25 settembre 2009, n. 20690.
5 In questo senso, Cass., sez. III, 28 novembre 2001, n. 15151; Cass., sez. lav., 19 gennaio 2001, n. 736.
6 Sulla autonomia delle sezioni specializzate agrarie, cfr., fra le molte, Cass., sez. III, 13 marzo 2007, n. 5829, in Giust. civ. Mass., 2007, 3; Cass., sez. VI, 26 luglio 2010, n. 17502, in Giust. civ. Mass., 2010, 9, 1153; Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19512, in Giust. civ. Mass., 2008, 9, 1293.
7 Per la quale cfr.: Trib. Torino, 13 luglio 2012; Trib. Milano 1 giugno 2009, in Dir. ind., 2011, 233, con nota di G. Ciccone, Sezioni specializzate e sezioni ordinarie: questioni di competenza o di ripartizione interna?; Trib. Torino 24 aprile 2008, in Foro it., 2009, I, 1285; Trib. Milano 13 luglio 2006, in Dir. ind., 2006, 582; Trib. Napoli, 27 ottobre 2009; U. Scotti, Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale. Osservazioni relative ad alcune questioni processuali, in Giur. mer., 2003, IV, 2614 ss.; M. Scuffi, La competenza per materia e per territorio delle sezioni specializzate, in Dir. ind., 2006, 78; Trib. Bologna 22 giugno 2010, Dir. ind., 2011, 230.
8 Così, Cass., sez. VI, 22 novembre 2011, n. 24656 (che ha operato il revirement rispetto alla giurisprudenza formatasi tra il 2009 ed il 2010 segnalata alla nota n. 3); Cass., 7 ottobre 2004, n. 19984, nonché, da ultimo, Cass., sez. VI, 20 settembre 2013, n. 21668.
9 Si vedano, quanto ai rapporti fra sezione ordinaria e sezione fallimentare del Tribunale in riferimento alle azioni di cui all’art. 24 l.fall., fra le molte, Cass., 17 aprile 1962, n. 738; 26 aprile 1969, n. 1359; Cass., sez. I, 17 novembre 1982, n. 6153; Cass., sez. I, 15 marzo 1990, n. 2117; Cass., sez. I, 25 marzo 1997, n. 2619; Cass., sez. I, 14 giugno 2001, n. 8025; Cass., sez. I, 25 luglio 2002, n. 10912; Cass., sez. I, 1 aprile 2011, n. 7579. Quanto ai rapporti fra Tribunale e Tribunale in funzione di giudice del lavoro dello stesso circondario, cfr., e multis, Cass., sez. III, 23 settembre 2009, n. 20494; Cass., sez. I, 1 febbraio 2001, n. 1399; Cass., sez. un. 28 settembre 2000, n. 1045. Infine, con riferimento ai rapporti fra sezione che doveva trattare delle controversie soggette al c.d. “rito societario” e altra sezione dello stesso Tribunale, cfr. Cass., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23891 che ha dichiarato inammissibile il regolamento di competenza contro l’ordinanza con la quale il giudice, ritenendo la questione di competenza della c.d. “sezione societaria”, aveva disposto il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo ex art. 1 d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5).
10 Cass., sez. III, 7 ottobre 2004, n. 19984, in Giust. civ. Mass., 2004, 10. La motivazione della richiamata decisione è stata, peraltro, ripresa dalla citata Cass., sez. VI, 22 novembre 2011, n. 24656.
11 Così, Trib. Torino, 13 luglio 2012, cit.
12 Cfr., Cass., sez. I, 15 marzo 1990, n. 2117 secondo la quale con riguardo alla causa instaurata davanti al Tribunale che ha dichiarato il fallimento, nell’ambito delle attribuzioni contemplate dall’art. 24 del R.d. 16 marzo 1942 n. 267, non spiega effetti invalidanti, sull’atto di citazione, la circostanza che si indichi il giudice adito nel Tribunale stesso, anziché nella sua sezione fallimentare, tenendo conto che questa è espressione dell’organizzazione interna dell’ufficio giudiziario e non costituisce un ufficio autonomo, munito di propria competenza.
13 Trib. Milano, 13 aprile 2010, in Riv. dir. ind., 2011, 231.
14 Così, P. Celentano, Commento al decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, in Le Società, 2012, pag. 825.
15 E ciò anche quando la sezione specializzata in materia di impresa sia competente a conoscere, in virtù del disposto di cui del secondo comma dell’art. 2, di quella controversia quale “processo diverso” assegnato alla trattazione della sezione, essendo ciò necessario sia ai fini delle rilevazioni statistiche che ai fini dell’eventuale integrazione del pagamento del contributo unificato.
16 La problematica è analizzata da P. Celentano, Commento al decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, cit., pag. 825
17 Si ricorda che l’art. 1, primo comma, lett. b) dell’art. 1 del d.lgs. citato nel testo («trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti») presentava una disposizione del tutto analoga a quella contenuta nell’art. 4, secondo comma, lett. f. dell’attuale d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168.
18 Se si parte dall’idea che il c.d. Tribunale delle Imprese sia stato istituito anche al fine di attirare in Italia gli investimenti delle aziende straniere, altrimenti allontanati dalla lentezza della giustizia civile, può legittimamente dedursi che la controversia che ha ad oggetto il prezzo pagato in rapporto alla consistenza patrimoniale della società si ripercuota direttamente sulla capacità di investimento di un soggetto all’interno della società. 19 Cass., sez. I, 20 giugno 2000, n. 8384, in Giust. civ., 2000, I, 2577.

Autore
Guido Romano
Giudice del Tribunale di Roma

Le sezioni hanno una competenza territoriale più ampia rispetto a quella degli uffici giudiziari presso cui sono incardinate Guido Romano