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12 novembre 2014

"La collaborazione col governo? Interrotta non per colpa nostra"

Il presidente dell'ANM Rodolfo M. Sabelli intervistato da Affaritaliani.it


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ESCLUSIVO / Rodolfo Sabelli, presidente dell'Anm, sceglie Affaritaliani.it per fare il punto in materia di giustizia. Dalla confusione normativa all'eliminazione dell'appello, dalla legge Severino al rapporto col governo, dalla responsabilità civile al taglio degli stipendi, dallo scontro Bruti-Robledo al possibile sciopero: ecco il pensiero del n.1 dei magistrati...


@LorenzoLamperti


Dalla riforma del processo penale alla lotta alla criminalità organizzata, dalla legge Severino al rapporto con il governo, dalla responsabilità civile agli stipendi dei magistrati fino al possibile sciopero. Rodolfo M. Sabelli, presidente dell'Anm, sceglie Affaritaliani.it per fare il punto in materia di giustizia.


Qual è la prima cosa che bisognerebbe fare in materia di giustizia?

La prima cosa da fare è sottrarre la giustizia al terreno della propaganda e dello scontro politico. Sarebbe condizione fondamentale perché si possa procedere a quelle buone riforme, che finora un clima condizionato dal pregiudizio e dalla polemica ha contribuito ad ostacolare.

Le norme sono abbastanza chiare ed efficaci per fare sì che i magistrati svolgano al meglio il loro lavoro?

Purtroppo no. La proliferazione di leggi approvate sull'impulso di esigenze contingenti e spesso discutibili e sbagliate, l'assenza di un progetto di sistema, l'abbandono della tecnica codicistica, sono tutte concause di confusione normativa.

Per riformare il processo penale che cosa servirebbe? L'eliminazione dell'appello potrebbe essere un'idea?

Non è una buona strada quella di un approccio alle riforme in chiave puramente economicistica, che tenda cioè a valutare la risposta di giustizia in termini di produttività e non invece in termini di qualità e di garanzie. Il che non vuol dire che le impugnazioni siano strumenti intoccabili. Occorrerebbe piuttosto una riforma organica, che eviti, ad esempio, che le impugnazioni siano utilizzate al solo scopo di far decorrere i termini di prescrizione anziché come mezzo di verifica delle decisioni adottate nei precedenti gradi del procedimento. Occorre la capacità di distinguere la garanzia dal formalismo, vincendo ogni resistenza conservatrice.

Gli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata ed economica sono adeguati? Come si possono migliorare?

Indubbiamente disponiamo oggi di mezzi di contrasto ben maggiori rispetto a quelli che esistevano in passato. Lo dobbiamo in larga parte a persone come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre, che hanno favorito l'introduzione di strumenti assai efficaci; lo dobbiamo anche a un accresciuto impegno della comunità internazionale: penso ad esempio alle norme interne e internazionali in materia di criminalità transnazionale. Sarebbe opportuno qualche nuovo intervento che migliori ulteriormente la disciplina delle misure di prevenzione, ed occorre intervenire sulla prescrizione e su quei reati (penso a quelli in materia economica e di pubblica amministrazione) che sono strettamente connessi al tema della criminalità organizzata.

Senza entrare nel merito dei casi personali, crede che la legge Severino andrebbe modificata?

Se si riferisce alla questione delle incompatibilità, preferisco non entrare nel merito di una materia sulla quale è la politica a doversi interrogare, una materia in cui il tema dell'incompatibilità è legato a quello dell'etica pubblica. E sull'etica la politica come del resto tutte le istituzioni pubbliche devono conservare un grande rigore. Se invece si riferisce alle norme penali contenute nella legge Severino, credo sia necessaria una riforma. Penso al cosiddetto spacchettamento della concussione, che, nel caso della concussione per induzione, con la punibilità del concusso presenta limiti e problemi, penso alla disciplina insoddisfacente della cosiddetta corruzione privata, per limitarmi a qualche esempio.

Perché il governo sta andando in altra direzione? Qual è il clima con il governo e con il ministro Orlando? Ci sono condivisione e collaborazione?

Le dinamiche attuali, come ho già detto in apertura della nostra Assemblea Generale, non possono essere lette in chiave di contrasto polemico fra la magistratura e il Governo. Il che non vuol dire che noi magistrati non possiamo essere fortemente critici con riforme che riteniamo sbagliate e non dobbiamo difendere il decoro nostro e della nostra funzione. La collaborazione fra Governo e Anm si è interrotta non certo per scelta nostra. Noi speriamo che possa riprendere, ma su basi, appunto, di rispetto e di lealtà.

Il ddl sulla responsabilità civile mette a rischio l'indipendenza dei magistrati? Perché?

Il tema è assai complesso e, purtroppo, viene in genere trattato in termini superficiali e carichi di slogan e pregiudizi. Scelte come l'azione diretta, la sindacabilità dell'interpretazione della legge e della valutazione del fatto e delle prove, che si leggono in alcune proposte pendenti o periodicamente reiterate, mettono a rischio l'indipendenza perché sono un attacco all'essenza stessa della giurisdizione e, in questo modo, ledono le garanzie di una giustizia indipendente e imparziale. Aggiungo che la modifica della responsabilità civile dei magistrati non è affatto richiesta dall'Europa, come invece spesso si ripete.

Ferie, età pensionabile, stipendi. Perché sembra sempre che il problema della giustizia siano i magistrati? Di chi è la responsabilità di questa visione distorta della magistratura come di una casta che chiede privilegi?

Sono convinto, purtroppo, che è il controllo imparziale di legalità, che è affidato alla magistratura, ad essere troppo spesso percepito come un problema e attraverso riforme che toccano lo stato giuridico dei magistrati si incide sulle modalità di esercizio della funzione giudiziaria. Questo non vuol dire, ovviamente, che nel servizio giustizia vada tutto bene, anzi. C'è un gran bisogno di riforme e noi siamo i primi a volerle. Occorre mettersi intorno a un tavolo per affrontare i problemi veri, ma dobbiamo farlo senza pregiudizi e uscendo da un approccio in cui la semplificazione cede alla banalizzazione e la critica motivata cede al pregiudizio.

E' sbagliata la riduzione degli stipendi?

In tempi di difficoltà per tutti i cittadini tutti devono contribuire e chi ha di più deve dare di più. Questo deve avvenire, però, secondo criteri di equità contributiva, cioè con lo strumento fiscale, che, lo ricordo, è retto dal principio di progressività, e non con riduzioni stipendiali che colpiscano soltanto qualche categoria specifica. Altrimenti è alto il sospetto che col pretesto dell'equità stipendiale si voglia colpire quella categoria specifica. Quanto alla magistratura, il nesso fra sistema retributivo e indipendenza lo ha affermato la Corte costituzionale.

Rispetto a un tempo i carichi di lavoro sono aumentati o diminuiti?

Non solo i carichi sono aumentati ma è anche aumentata la complessità del nostro lavoro. Oggi, ad esempio, il codice di procedura penale di stampo accusatorio ci mette di fronte a un modo di lavorare più complesso rispetto a trenta anni fa. Inoltre, con l'evoluzione della società, anche le forme di svolgimento del nostro lavoro si fanno più complesse. Per non dire degli effetti negativi che la crisi economica produce in termini di aumento di illeciti, inadempimenti e fallimenti di realtà aziendali, con ovvie ricadute sul nostro lavoro.

Sarebbe giusto destinare alla giustizia le somme recuperate attraverso il Fondo Unico Giustizia?

Assolutamente sì. È una delle richieste che abbiamo rivolto al Governo. È bene che si sappia, a fronte di chi rappresenta il servizio giustizia come fallimentare, che la giustizia consente, con le sanzioni pecuniarie, i sequestri e le confische, di acquisire risorse importanti.

Quanto è lesiva per la magistratura una situazione come quella della Procura di Milano?

Non entro nello specifico della Procura di Milano. Che all'interno di un ufficio giudiziario possano realizzarsi certe dinamiche, fino a una certa misura è cosa fisiologica. Le tabelle di Tribunali e Corti e i criteri organizzativi delle Procure esistono proprio per regolare queste situazioni. Oltre un certo limite questi fenomeni possono dare un'immagine negativa ed allora è bene che siano gli organismi del nostro governo autonomo a intervenire tempestivamente.

C'è sempre polemica quando un magistrato decide di entrare in politica. Per lei è una decisione così inaccettabile?

Non si può impedire l'esercizio di un diritto costituzionale come quello di accedere alle cariche elettive. Tuttavia occorre porsi il problema delle ricadute di immagine sull'imparzialità dei magistrati che questo comporta. Per evitare confusione, servono regole più rigide, ad esempio, in tema di accesso agli enti locali e in tema di rientro nei ruoli della magistratura, una volta finita l'esperienza politica.

Quanto è difficile oggi per i magistrati tenere la schiena dritta?

Non è difficile oggi, più di quanto lo è stato in passato. Il rispetto imparziale e indipendente dei valori della Costituzione e della legge è nel nostro DNA. Questa è la sostanza del nostro lavoro, a dispetto di chi ci dipinge e ci vorrebbe solo come una casta di burocrati. Su quei valori non siamo disposti a cedere, per quei valori molti di noi non si sono inchinati davanti a mafiosi e terroristi e per questo hanno pagato col prezzo della propria vita.

Esiste davvero il rischio di uno sciopero?

L'Assemblea lo ha chiarito. Se vi saranno interventi che mettano a rischio la nostra indipendenza e autonomia, allora i magistrati saranno pronti allo sciopero.


 


Fonte: Affaritaliani.it 
Leggi l'articolo sul sito di Affaritaliani.it



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