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dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

24 ottobre 2015

Relazione di Giovanni Legnini, vicepresidente del CSM

XXXII Congresso nazionale ANM


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Ringrazio l’Associazione Nazionale Magistrati per l’opportunità che ha inteso riservare a me ed al Consiglio Superiore di partecipare ad una sessione di questo trentaduesimo congresso, dedicata a: “governo autonomo della magistratura e indipendenza della giurisdizione”.


E’ per me un onore potermi rivolgere a questa platea per la prima volta,  nel ruolo di Vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Ringrazio il Dottor Maurizio Carbone per la ricca introduzione appena svolta e, insieme con lui, tutta la giunta esecutiva centrale. 


Saluto il Presidente Rodolfo Sabelli con il quale, sin dal principio, si è sviluppato un proficuo rapporto di collaborazione accompagnato da una larga condivisione dell’analisi e delle proposte concernenti l'ordine giudiziario e il sistema di giustizia italiano tutto. Ne ho chiaramente percepito lo spirito nell’esaustiva ed importante relazione di ieri, pur registrando qualche elemento di dissenso. 


Dopo aver letto le prime pagine di alcuni quotidiani di oggi, devo dire che nella relazione del Presidente Sabelli, nel successivo confronto sul tema “economia e giustizia”, nel clima complessivo che si percepisce in questo congresso e che ha caratterizzato questi ultimi mesi di lavoro comune, non ho registrato la volontà di alimentare quella nuova stagione di scontro che viene evocata in alcuni titoli ed articoli di stampa.


Le critiche alle riforme e le preoccupazioni ascoltate ieri non mi sembrano diverse da quelle formulate nei mesi scorsi, benché su alcuni temi non ho condiviso accentuazioni che personalmente ritengo forzate.


Penso, ad esempio, che il nostro sistema disponga oggi di strumenti normativi ed istituzionali, anche sul fronte della prevenzione, più efficaci nel contrasto alla corruzione ed al malaffare, che deve sempre piu' essere elevato ad obiettivo prioritario del Paese, cosi' come penso che disponiamo di un apparato normativo e di sicurezza, di strumenti investigativi, capacità organizzative e professionalità di primissimo ordine nella lotta alla criminalità organizzata, di cui possiamo essere orgogliosi.


Il percorso d’innovazione e riforma del governo autonomo, di cui parlerò nel mio intervento, attenendomi al tema della sessione, e quello delle riforme pendenti in parlamento, è in pieno svolgimento.


Mi auguro che prevalga, da parte di tutti, la volontà, pur da legittime posizioni critiche, di conseguire l’obiettivo di un sistema giudiziario efficiente, veloce e capace di rispondere alla crescente domanda di giustizia dei cittadini, delle imprese e delle Istituzioni.


Penso, in sintesi che la stagione che abbiamo di fronte a noi non possa essere affrontata con gli strumenti di analisi e i posizionamenti di 5, 10, 20 anni fa.


Saluto, inoltre, il Presidente Christophe Régnard, rinnovandogli il benvenuto nel nostro Paese e ringraziandolo per l’impegno che sta profondendo nel ruolo di guida dell’Associazione Europea dei Magistrati.


L’ATTIVITA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE DEL CSM


La collaborazione ed il confronto tra le magistrature dei Paesi europei, costituisce una delle condizioni imprescindibili per una più avanzata e solida costruzione dello spazio europeo di libertà, giustizia e sicurezza, che dispiega effetti benefici anche sul versante dell’economia e degli scambi commerciali, e nella prospettiva di conferire un’effettiva e virtuosa accelerazione alle politiche di cooperazione giudiziaria. 


Il Consiglio Superiore della Magistratura partecipa attivamente alla Rete Europea dei Consigli di Giustizia (ENCJ) la cui nascita, con la sottoscrizione proprio a Roma della Carta costitutiva in seno all’Assemblea generale, risale al maggio 2004. Italiano è stato inoltre il primo presidente della Rete Europea, il Professor Luigi Berlinguer, all’epoca componente laico del Consiglio Superiore della Magistratura. 


Attuale membro dell’executive board per l’Italia è il Consigliere Luca Palamara. 


Il CSM esprime da tempo la propria rappresentanza anche in seno al Consiglio Consultivo dei Giudici Europei (CCJE) e presso il Consiglio Consultivo dei Procuratori Europei (CCPE) il quale, ancora una volta a Roma il 17 dicembre scorso, sotto il cooordinamento del Consigliere Antonio Mura, ha definito e approvato, nella sede di Palazzo dei Marescialli, la Carta di Roma. Voglio ricordare che la Carta prevede indicazioni particolarmente qualificanti sul ruolo dei procuratori europei al fine di consolidarne  l’effettiva indipendenza ed autonomia e, quindi per rafforzare la tutela dei diritti fondamentali e delle libertà costituzionali, protetti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.


L’Italia prende anche parte alla rete dei Paesi Balcanici dei Consigli Superiori che, nel maggio scorso, ha nominato il Segretario del board al quale partecipa la Professoressa Paola Balducci.


Il Consiglio Superiore della Magistratura, da anni, partecipa attivamente a numerosi progetti di cooperazione ed assistenza ed intrattiene stabili relazioni con le magistrature di molti paesi, nell’intento di sviluppare la cooperazione europea ed internazionale in uno scenario globale caratterizzato da una continua e rapida evoluzione.


Il Consiglio Superiore si propone di sviluppare ulteriormente l’attività internazionale oltre che nel consueto e solido scenario europeo, anche rivolgendo particolare attenzione alle culture giudiziarie Balcaniche, agli ordinamenti nordafricani e a tutti i sistemi giuridici che nell’attuale fase storica vanno sviluppando radici e articolazioni del potere giudiziario in linea con i principi di autonomia ed indipendenza. 


Per conseguire tali ambiziose finalità, peraltro in un orizzonte assai più largo di quello abituale, il Consiglio Superiore della Magistratura adotterà quanto prima soluzioni organizzative adeguate ed innovative.



L’IMPRONTA RIFORMISTA DELLA NUOVA CONSILIATURA


Signor Presidente e Signor Segretario Generale dell’ANM, signore e signori magistrati, sin dall’avvio della consiliatura è apparsa chiara a tutti i componenti, togati e laici, la necessità di avviare un incisivo percorso di innovazione e riforma degli istituti che presiedono al funzionamento dell’organo di governo autonomo della magistratura italiana.


A richiederlo è la netta e diffusa percezione del mutamento, in atto da tempo, dell’effettivo ruolo del magistrato nell’ordinamento; un sistema giuridico a sua volta investito da rilevanti trasformazioni che non possono  essere affrontate inseguendole facendo leva su istituti spuntati o, peggio, anacronistiche procedure sorte in contingenze troppo diverse da quelle odierne.


La necessità di ribadire e rafforzare le funzioni costituzionali del Consiglio Superiore, quale supremo garante dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, si pone in stretta relazione, per rammentare le parole impiegate dal Presidente emerito Giorgio Napolitano il 30 settembre 2014, in occasione dell’insediamento del nuovo Consiglio, con la necessità “di perseguire anche il bene dell’efficienza dell’attività giudiziaria e il buon funzionamento degli uffici, valorizzando, tra l’altro, la cultura dell’organizzazione e favorendo la diffusione delle prassi virtuose nonché il ricorso all’impiego delle tecnologie”.


Al lavoro avviato sin dalle prime settimane dell’attività consiliare per la definizione dell’ampiezza, delle finalità e dei contenuti dell'autoriforma, ha offerto decisivo sostegno e suggello il Presidente Mattarella in occasione del plenum straordinario dell’8 giugno scorso. In quella circostanza, le linee del percorso di decisa autoriforma furono rafforzate e consolidate anche dalla partecipazione del Ministro della Giustizia all’Assemblea plenaria del Consiglio. 


Fu quella l’occasione anche per confermare che l’annunciata iniziativa governativa di riforma del Consiglio Superiore della Magistratura - peraltro già risalente, nella sua genesi, al giugno 2014 - non poteva trovare avvio  prescindendo dagli orientamenti consiliari e dagli indirizzi della magistratura associata. 


Suggerimmo, nell'occasione, l'opportunità di favorire un rapporto di integrazione tra l'annunciata riforma per via legislativa e l'impiego degli strumenti di normazione secondaria di cui dispone solo il Consiglio nel comune intento non certo di attenuare ma al contrario di rinsaldare il ruolo del governo autonomo della magistratura, orientandolo al servizio di una migliore e più efficiente garanzia di tutti i componenti dell’ordine giudiziario e, cito il presidente Mattarella, “per una giustizia più veloce,  per dare un peso sempre maggiore alla sua autorevolezza”.


Consentitemi quindi di rivendicare all’attuale Consiglio un primo e già raggiunto risultato, quello cioè di aver contribuito a modificare l'approccio originario che sembrava ispirare l’impronta originaria della Riforma, favorendo invece una reciproca collaborazione che stiamo già sviluppando con la Commissione guidata dal presidente Luigi Scotti, di recente istituita. Un risultato, questo, per il quale mi sento di ringraziare il Ministro della Giustizia Andrea Orlando ed il Capo dello Stato, Presidente del Consiglio Superiore, Sergio Mattarella per il costante sostegno e i preziosi consigli.


 


PROPOSTE DI RIFORME E TUTELA DELL'AUTONOMIA e DELL'INDIPENDENZA


La prospettiva di questo ambizioso proposito di riforma non può prescindere dal domandarsi quali implicazioni rechi con sè oggi il predicato dell’autonomia. E’ peraltro ciò che ci si sta chiedendo qui, durante questo Congresso, ponendo al centro del confronto proprio il ruolo del giudice nella società che muta, il cruciale rapporto tra giustizia ed economia nonchè le nuove frontiere della tutela dei diritti.


I cambiamenti che vanno caratterizzando l’ordine giudiziario suggeriscono di considerare l’autonomia e l’indipendenza di cui all’articolo 104 della Costituzione, in un’ottica in parte nuova. 


Non può dirsi certo tramontata la tradizionale pienezza di senso di quei termini, intesi quali capacità di determinarsi in modo libero dagli altri poteri costituzionali, senza condizionamenti, neanche quelli in ipotesi provenienti dalla politica e dall'economia, così da assolvere al munus della giurisdizione preservando soggezione soltanto rispetto alla legge. Il che può accadere soltanto grazie al quadro delle garanzie offerte dalla Carta fondamentale. E anzi per la salvaguardia di questi principi scolpiti nella Costituzione repubblicana il Consiglio si mantiene e si manterrà vigile.


Vi è però un concetto di autonomia e indipendenza che si fa strada e che deve essere meglio definito ed affrontato; di certo non ha senso negarlo o trascurarlo. 


Esso è proprio connesso al decisivo ruolo della magistratura nel rendere  un servizio di Giustizia più efficiente, evoluto e capace di rispondere a domande ed esigenze riconducibili direttamente alla fruizione dei diritti fondamentali e a fenomeni di portata socio economica amplissima: il recedere del welfare, la moltiplicazione dei diritti di nuova generazione, la risalita dalla fase aspra di recessione che abbiamo ormai alle spalle, il governo dei fenomeni migratori, l’instabilità della sicurezza e dell’ordine internazionale, la lenta e difficile evoluzione nel processo di avvicinamento tra gli ordinamenti europei.


Una nuova visione dell'autonomia e del modello di giudice è altresì influenzata dall'inarrestabile estensione del ruolo della giurisdizione determinata dall’incidenza sull'attività interpretativa e di applicazione del diritto al fatto concreto, della proliferazione delle fonti del diritto anche sovranazionale, della crisi della legislazione a fronte della velocità dei cambiamenti della scienza e della tecnica, del non pieno dispiegarsi della funzione nomofilattica della Suprema Corte più volte denunciato dal Primo Presidente Giorgio Santacroce e da altre autorevoli voci della giurisdizione e della dottrina.


Per contribuire a far fronte a questi processi, la giurisdizione vive una stagione in cui si accorcia il periodo di permanenza nei ruoli, si fa sempre più netta e condizionante la scelta di esercizio della funzione, si avvertono le esigenze di specializzazione, si impone l’esigenza di una formazione permanente e interdisciplinare, si profila il rilievo della capacità organizzativa quale vera determinante per il buon andamento degli uffici giudiziari.


L’autonomia percepita nella collettività, dunque, si muove lungo l’istanza di offrire credibilità, legittimazione e fiducia nell’operato di questo nuovo profilo di giudice. E appunto il Consiglio si sta battendo per farsi interprete di tali nuove esigenze.


 


L’ATTIVITA’ DEL CSM, NEL SUO PRIMO ANNO


E vengo, quindi, all'attività del Consiglio in questo primo anno.


Sul piano della quantità, un dato può fornire l’idea dell'intensissimo operato del Consiglio, a volte silenzioso ma non per questo meno decisivo. 


In un anno, il Plenum ha approvato circa ventitremila delibere, comprese ovviamente quelle a contenuto semplice e vincolato che vengono votate in blocco. In termini assoluti, un dato enorme per un collegio di diritto pubblico, che dimostra una notevole produttività: desidero pertanto ringraziare tutti i consiglieri, la segreteria generale, i magistrati segretari, l'ufficio studi e l’intera struttura amministrativa consiliare. 


Ma si tratta di un elemento numerico, quello appena riferito, che testimonia anche come il Consiglio sia gravato da un peso di lavoro, da pratiche rituali e seriali che devono essere oggetto di profondo ripensamento.


Occorre, al riguardo, intraprendere con decisione la via del decentramento.


L’organo di governo autonomo è stato anche attivo nel tentativo di integrare la propria funzione, in spirito di leale collaborazione, con quella ministeriale. Mi riferisco al molto e valido lavoro svolto sul versante dell’organizzazione, sulla diffusione e l’implementazione delle buone pratiche giudiziarie, per fornire ausilio alla competenza “sull’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla Giustizia”, che l’articolo 110 assegna al Ministro della Giustizia. 


Un lavoro da completare entro pochi mesi per poi provare a trasferire il metodo sulla definizione dei modelli organizzativi di cui, autonomamente, gli uffici giudiziari si potranno munire. Anche tale attività assolve ad un particolare modo di intendere l’autonomia - dell’ordine giudiziario e dello stesso CSM – che non può risolversi in separazione, difesa, chiusura, ma appunto diviene sempre più integrazione e coordinamento nell’esercizio di competenze comunque sempre distinte da quelle governative. 


Abbiamo in questo anno, inoltre, provveduto a conferire quasi 200 incarichi direttivi e semidirettivi e abbiamo assicurato un efficiente attività e funzionamento della sezione disciplinare. Consentitemi al riguardo di sottolineare l’evoluzione della giurisprudenza della sezione disciplinare nel senso di coniugare, a proposito della fattispecie più ricorrente di ritardo nel deposito delle sentenze, il necessario rigore nelle decisioni, con la necessità di tener conto delle concrete condizioni organizzative e di funzionamento degli Uffici e degli effettivi carichi di lavoro gravanti sui magistrati incolpati.


In concreto, ad oggi, lo stato delle iniziative di autoriforma ha condotto: 


- all’approvazione l’8 giugno scorso delle linee guida per la riforma del regolamento interno, presupposto per la già avanzata opera di stesura dell’articolato del nuovo Regolamento;


- alla definitiva approvazione, durante l’estate, del nuovo testo unico per il conferimento degli incarichi direttivi; 


- all’approvazione della modifica della circolare sul collocamento fuori ruolo dei magistrati; 


- al varo, in Prima commissione, della modifica della circolare sugli incarichi extragiudiziari che sarà definitivamente approvata dal Plenum ai primi di novembre; 


- all’approvazione della proposta di riforma legislativa sugli incarichi politici dei magistrati con contestuale apertura di una pratica finalizzata ad esplorare ulteriori spazi di regolazione interna del rapporto tra “magistratura e politica”;


- all’avvio della riforma del Regolamento di Contabilità ed Amministrazione del Consiglio Superiore che ne potrà ridefinire i contorni in termini amministrativistici; 


- all'apertura di altri non secondari fascicoli quali quelli sull'organizzazione degli Uffici di Procura, sulla definizione dei criteri di valutazione della professionalità.


Conclusivamente, mi limiterò a soffermarmi brevemente solo sui capitoli principali di tale lavoro di innovazione ad ampio spettro.


Conferimento degli incarichi direttivi – testo unico.


Destinato ad incidere su un numero consistente di nomine, il  Testo unico per il conferimento degli incarichi direttivi,  approvato in luglio, costituisce la base per un autentico mutamento di paradigma nell’adempiere al compito costituzionale di deliberare sulla promozione e gli avanzamenti di carriera dei magistrati. La nuova disciplina discerne in base alla tipologia degli uffici cui preporre i singoli aspiranti; si propone di rendere più analitica e certa l’indicazione dei parametri per commisurare il merito e le attitudini direttive; si prefigge di garantire affidamenti ed aspettative dei magistrati così da poter orientarne i percorsi di carriera. 


Si tratta di una riforma che guarda alla magistratura cercando di avvicinare il Consiglio a tutto il potere giudiziario, cogliendone gli aspetti di differenziazione a seconda dei distretti e degli uffici.


Regolamento interno del Consiglio – revisione


Sulla scorta della risoluzione approvata in tarda primavera alla presenza del Capo dello Stato, la Seconda Commissione consiliare sta  procedendo con speditezza ad una revisione sistematica del Regolamento Interno del Consiglio. E a dispetto del nomen iuris, che probabilmente sconta superate concezioni internistiche, non sembri trattarsi di una riforma autoreferenziale che non riguarda l’esercizio delle funzioni giudiziarie.


E’ proprio l’opposto, in quanto facendo leva sulla più ampia latitudine degli spazi di normazione regolamentare, il Consiglio potrà razionalizzare i propri lavori, rivedere la propria articolazione in collegi minori, avvicinare la propria attività a quella dei Consigli giudiziari, così da fondare le basi per quei margini di sussidiarietà in ambito di governo autonomo che schiudono notevoli potenzialità.


La Commissione per il Regolamento sta anche predisponendo norme volte a favorire l’effettività di alcuni strumenti di cui dispone il Consiglio i quali, non di rado, hanno mostrato notevoli limiti di funzionamento. 


Mi riferisco anche ai procedimenti di conferimento di una pluralità di incarichi e di ruoli, che la vulgata individua sotto il nome delle “nomine a pacchetto”, e ai procedimenti in materia di incompatibilità funzionale ed  ambientale, ai sensi dell’articolo 2 della legge sulle guarentigie.


Su tale punto voglio provare ad essere più netto. A fronte di fatti gravissimi come quelli che vanno emergendo a Palermo nell'affidamento degli incarichi di amministrazione e gestione dei beni confiscati, conosciuti i quali il Consiglio si è attivato con rapidità e decisione, si manifesta per intero l'inadeguatezza di questo strumento di intervento del governo autonomo su talune patologie che si manifestano nell'esercizio della giurisdizione. 


La portata applicativa dell'articolo 2 della Legge sulle Guarentigie  e il  relativo procedimento improntato ad un pur doveroso garantismo, hanno vieppiù svuotato l’istituto. In talune circostanze, tale procedimento risulterebbe prezioso ed anzi essenziale proprio per garantire serenità negli uffici giudiziari ed autorevolezza  della giurisdizione.  Ribadisco che occorre un intervento urgente sulla materia, sia per via legislativa che regolamentare; e ciò ancorchè non mi sfugga la ristrettezza degli spazi riservati alla normazione secondaria.


Incarichi che importano il collocamento fuori ruolo dei magistrati – modifica circolare.


La nuova circolare volta ad introdurre modifiche alla disciplina consiliare e ai criteri per il collocamento fuori ruolo, è anch’essa orientata a fornire risposte chiare e certe alla magistratura ordinaria. Il Consiglio ha inteso distinguere tra le diverse nature del collocamento fuori ruolo, superando definitivamente ogni interpretazione generalista, peraltro eccessivamente ampliativa dei margini di discrezionalità sul singolo caso, che ormai non appare più in linea con le esigenze dell’ordine giudiziario.


Incarichi extragiudiziari - modifica della circolare.


Nella nuova versione della circolare, ancora da approvare in via definitiva, sono agevolmente riconoscibili due linee di tendenza. Per un verso, vi sono novità finalizzate a favorire una semplificazione dei meccanismi di esercizio del potere auorizzatorio da parte del Consiglio, avendo verificato che molte istanze riguardano attività extragiudiziarie che impegnano il magistrato per un tempo limitato ed hanno una sicura ricaduta positiva sull’attività giudiziaria.


Per altro verso, sono state introdotte modifiche che assumono come scopo quello di rendere più stringente ed effettivo il potere di controllo da parte del Consiglio, soprattutto con riferimento ai casi, statisticamente non numerosi, di incarichi conferiti da enti o soggetti privati, ovvero per i quali sia previsto un impegno molto gravoso per il magistrato, oppure compensi molto elevati.



Rapporto magistratura e politica


La risoluzione, votata dal Plenum pochi giorni fa quasi all’unanimità,  costituisce esercizio di quella prerogativa consulenziale del Consiglio nei riguardi del Governo e delle Camere che è stata spesso oggetto di dibattito e che occorre correttamente utilizzare. Essa consente  di attestare la posizione del Consiglio su soluzioni più avanzate rispetto al passato e  di aggiornare gli equilibri sottesi alla partecipazione e al concorso dei magistrati alla vita politica del Paese.


Le linee di intervento legislativo che il Consiglio ha inteso prefigurare, peraltro recependo un dibattito sviluppatosi anche in seno all'ANM,  si fanno carico di perseguire chiarezza e garanzie nei riguardi dei magistrati che partecipano alla vita politica, non esaurendo il tema al solo momento elettorale, ma delineando un compiuto sistema per tenere al riparo l’ordine giudiziario da rischi di erodere la legittimazione pubblica (si torna qui a quel concetto di indipendenza e terzietà percepite), senza sottrarre spazi di esercizio ai diritti costituzionali e alle libertà politiche.


La delibera, in sostanza, si esprime in favore di una disciplina organica e coerente dell’ineleggibilità e di marcati e netti limiti alla incandidabilità; prende posizione in modo lineare su una possibile interpretazione dell’articolo 51 della Costituzione, ipotizzando che non vi sia rientro nei ruoli una volta conclusa una prolungata esperienza nella vita politica, ma facoltà di accesso all’Avvocatura dello Stato o alla dirigenza pubblica; sviluppa  una serie di suggerimenti circa la disciplina del ritorno alle funzioni giudiziarie dopo l’esercizio delle attività politiche. 


Le limitazioni, dunque, vengono accresciute, potenziate, rese più nette nel quadro generale del sistema e senza per questo coltivare un'idea di disvalore dell'impegno dei magistrati nelle istituzioni. Al contrario, riteniamo che il contributo che molti magistrati hanno fornito in passato e ancora oggi danno alle assemblee legislative e in seno agli organi di governo ai vari livelli si è spesso rivelato fertile ed originale. Non a caso tale contributo è stato più volte sollecitato dagli stessi partiti politici o dai vertici delle istituzioni. Ciò che era e appare oggi in discussione è la necessità inderogabile di assicurare, prima e dopo l'assunzione dell'incarico politico, che la terzietà e la funzione di garanzia del giudice non subiscano appannamenti o non vengano  compromesse in conseguenza della legittima aspirazione a fornire il proprio contributo alla vita politica del Paese.



UNITARIETA’ DEL PROGETTO RIFORMISTA CONSILIARE: PER UNA NUOVA LINEA DEI RAPPORTI CON L’INTERO ORDINE GIUDIZIARIO.


I tratti che accomunano in un disegno unitario tutti i processi riformatori cui sta procedendo il Consiglio Superiore sono direttamente orientati ad incidere sul concreto ed effettivo ruolo della magistratura nell’ordinamento. 


Si mantiene, infatti, la necessità sistematica di garantire sia l’indipendenza ed autonomia intese in senso funzionale, sia quel più sfumato concetto cui, come detto, si riferiscono le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione di “indipendenza percepita”.


E’ questo un tema particolarmente delicato che richiama il Consiglio Superiore ad un’alta funzione di tutela della percezione complessiva e diffusa dell’ordine giudiziario, della sua credibilità.


Anche per questa ragione, dunque, l’organo di governo autonomo sta operando per una profonda rivisitazione dei propri mezzi di comunicazione istituzionale, di orientamento culturale e formativo al fianco della Scuola Superiore, di garanzia e presidio delle legittime aspettative connesse con i percorsi di carriera. 


Di qui il sostegno diretto, finanziario ed organizzativo, in favore dei Consigli giudiziari, secondo un modello di decentramento da perseguire con coerenza e costanza.


Signor presidente, signore e signori magistrati,


La volontà dell'intero consiglio superiore è di affrontare i tre anni che abbiamo di fronte  con la determinazione e la volontà di innovazione che la fase che stiamo vivendo ci impone. 


Abbiamo bisogno del contributo di ciascuno di voi e della magistratura associata e, al riguardo, consentitemi di fare mie le parole del Presidente Sabelli e del Segretario Carbone sulle potenzialità e sui limiti degli orientamenti delle correnti nel concreto svolgersi delle funzioni del governo autonomo. Ci attendono le riforme a cui ho fatto cenno e il ricambio esteso dei vertici degli uffici giudiziari italiani.


Penso quindi che non possiamo e non dobbiamo sbagliare perché dalle scelte di questi anni dipenderà in misura non secondaria la qualità dell'amministrazione della Giustizia, sempre più intimamente connessa con il destino del nostro Paese.


E non possiamo neanche rischiare di alimentare una nuova fase di conflittualità tra politica e magistratura, tra giustizia ed economia.


La verità è che per superare la crisi del Paese e della giustizia occorre una politica più forte, capace di produrre buone leggi anche per garantire più mezzi, coperture degli organici dei magistrati e del personale, anche per evitare che gli sforzi in atto per il recupero di efficienza del sistema giudiziario vengano vanificati. Ed occorre un ordine giudiziario più forte, credibile ed autorevole.


Il conflitto, anche solo latente, rischia di indebolire tutti ma soprattutto rischia di indebolire il futuro del Paese.


Al contrario la complessita' delle sfide che abbiamo di fronte e la necessita' inderogabile di riaffermare e rafforzare i principi costituzionali fondanti l'esercizio della giurisdizione e la legittimazione di ciascuno dei magistrati, richiede a ciascuno di noi di esercitare la propria funzione con maggiore fiducia ed orgoglio per le straordinarie capacita' e professionalita' della magistratura italiana e per le tante energie di cui dispone il nostro Paese.


Grazie a tutti e buon lavoro.


Giovanni Legnini
Vicepresidente del CSM


 



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