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dei magistrati italiani. Tutela i valori costituzionali, l'indipendenza e l'autonomia della magistratura.
    

24 ottobre 2015

Relazione di Roberto Carrelli Palombi, segretario generale di Unità per la Costituzione

XXXII Congresso nazionale ANM


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Il Congresso nazionale dell'A.N.M. rappresenta un fondamentale momento della vita della nostra associazione nell'ambito del quale saremo chiamati a confrontarci tra di noi ed  a aprirci verso le esterno attraverso momenti di dibattito con i rappresentanti delle altre Istituzioni del Paese e la società civile sui temi della Giustizia.  In quest'ottica è opportuno riprendere, sia pure in rapida sintesi, l'elaborazione maturata fino ad oggi all'interno della nostra area culturale compendiata nel documento finale del Congresso di Orvieto, aggiornandola alla luce dei fatti recentemente sopravvenuti ed in particolare delle iniziative legislative che potranno incidere sul funzionamento della giustizia e sui percorsi professionali dei magistrati.

Ordinamento Giudiziario: è necessario intervenire ulteriormente sullo "Statuto" della Magistratura?

La materia dell'ordinamento giudiziario attiene all'organizzazione di uno dei poteri dello Stato, per cui l'approccio alla stessa deve essere sapientemente meditato, essendo imposto a qualsiasi Legislatore di muoversi nella cornice dei valori di autonomia ed indipendenza della Magistratura fissati nella Costituzione. In quest'ambito, auspicando una finora mancata interlocuzione con la Magistratura, guardiamo con attenzione al percorso riformatore che sembra volere avviare il Legislatore attraverso la creazione di un'apposita commissione di studio presso il Ministero della Giustizia. In proposito riteniamo necessario proseguire lo sviluppo del processo di revisione delle Circoscrizioni giudiziarie, processo già avviato nella precedente legislatura con l'abolizione delle sedi distaccate di Tribunale e l'accorpamento degli uffici più piccoli, ma che necessita di ulteriori interventi nell'ambito di un piano di razionale distribuzione delle forze lavoro sul territorio, che tenga conto della necessità di garantire una sufficiente specializzazione dei magistrati e del personale amministrativo. Appare poi necessaria una riflessione sul sistema di accesso in Magistratura con la finalità di incentivare l'accesso al concorso ai migliori giovani laureati.

Ancora, è quanto mai necessario introdurre un dibattito sul funzionamento del sistema disciplinare, per come è stato regolamentato dal legislatore del 2006 e come concretamente ha funzionato: interpretazioni troppo rigide delle fattispecie tipiche introdotte dal legislatore rischiano oggi di incoraggiare comportamenti puramente difensivi da parte dei magistrati, essendo, invece, rimaste fuori dal controllo disciplinare tutta una serie di condotte senz'altro più pregiudizievoli per il prestigio dell'ordine giudiziario rispetto a molte di quelle fino ad oggi più frequentemente perseguite. Occorre una riflessione aggiornata sulla mobilità del personale in magistratura che consenta di programmare con maggiore razionalità le entrate e le uscite ed in particolare i movimenti sul territorio dei magistrati in un'ottica di contemperamento delle ragioni di servizio con le esigenze personali. Come si dirà nel seguito, è necessaria in sede legislativa e di normazione secondaria una riflessione sull'organizzazione degli uffici requirenti in un'ottica che deve cercare, nell'ambito delle prerogative riconosciute a tutti i magistrati e quindi anche a quelli del P.M., un adeguato equilibrio fra il principio gerarchico, al quale deve necessariamente uniformarsi l'organizzazione dell'ufficio, ed il principio di autonomia del singolo magistrato e di soggezione dello stesso soltanto alla legge.

Il C.S.M.: rappresentanza culturale della Magistratura o organo di tutela dei propri iscritti?



Il nostro sistema di autogoverno costituisce un esempio in tutta Europa ed un modello da esportare nei Paesi di nuova costituzione; quale organo di rilevo costituzionale, che esprime al suo interno, oltre alla componente laica di estrazione parlamentare,  la rappresentanza delle diverse aree culturali esistenti in magistratura, il C.S.M. ha potuto ergersi a difesa del singolo giudice contro il predominio del governo e della politica, ha consentito ai magistrati di svolgere liberamente il proprio lavoro senza vincoli o pressioni interne o esterne all'Istituzione. Certo troppe volte le scelte effettuate in sede di autogoverno si sono rivelate ispirate, non soltanto dall'interesse generale, ma anche, quando non esclusivamente, da criteri di appartenenza correntizia. Come antidoto a ciò dobbiamo allora favorire la rinascita del dibattito culturale all'interno dell'A.N.M., facendoci portatori di idealità di carattere generale, piuttosto che di interessi di parte ed utilizzando dei percorsi trasparenti per la scelta dei candidati al C.S.M., ai Consigli Giudiziari ed  al Consiglio direttivo della Corte di Cassazione.

In quest'ottica vogliamo seguire  con attenzione i lavori  della commissione istituita presso il Ministero della Giustizia incaricata di elaborare uno schema di riforma della normativa in materia di costituzione e funzionamento del C.S.M. nonché il percorso di autoriforma intrapreso dallo stesso C.S.M., nella convinzione, derivante dai principi costituzionali, che non potrà essere sottratta ai magistrati la possibilità di scegliere i propri rappresentanti in seno all'Istituzione. In questa direzione è quanto mai opportuna una riflessione volta a superare le criticità del sistema elettorale vigente, con riferimento al ruolo dei gruppi associativi ed all'assoluta necessità di mantenere, in seno all'Istituzione, l'esistenza delle rappresentanze culturali della magistratura. Nella ormai non più procrastinabile necessità di revisione di una legge che ha dato pessimi risultati, occorre tenere conto del sistema elettorale proporzionale che è stato introdotto per l'elezione dei componenti dei Consigli Giudiziari. Un sistema elettorale, quello vigente, che, nel dichiarato intento di ridurre il peso delle correnti in Magistratura, ha conseguito l'effetto di disarticolare la rappresentanza culturale della Magistratura con danno al prestigio dell'Istituzione ed all'autorevolezza degli eletti, favorendo accordi, non sempre improntati alla massima trasparenza e per nulla fondati su scelte di valori, personali fra i candidati e consentendo l'intervento di gruppi di potere; ciò ha avuto diretta ed immediata incidenza sul funzionamento dell'organismo, sul suo prestigio e sulla qualità delle scelte dallo stesso operate.

Carichi esigibili: il diritto dei magistrati ad una giustizia di qualità.

In primo luogo riteniamo fondamentale il rispetto delle prerogative della Magistratura, cui consegue la rivendicazione di condizioni di lavoro adeguate alla dignità ed importanza delle funzioni che ci sono affidate. La magistratura italiana deve avere il coraggio di rivendicare il diritto-dovere di riflettere. Le decisioni sui diritti e le libertà dei cittadini e delle imprese hanno tempi incomprimibili,  dettati dal dovere di riflessione e di approfondimento giuridico a garanzia dell'efficacia della risposta giudiziaria. Gli uffici giudiziari non sono aziende: la cultura dell'organizzazione è ormai per i magistrati italiani un valore quotidiano praticato ormai danni. Le logiche gestionali vanno però coniugate in modo da realizzare una risposta giurisdizionale equilibrata fra quantità e qualità, così da scongiurare il rischio ormai quotidiano di scadere in una produttività senza qualità che finirebbe per danneggiare il cittadino cui è rivolto il servizio giustizia.

Il C.S.M. ha, recentemente, condiviso la nostra impostazione volta a valorizzare la programmazione gestionale degli uffici con gli strumenti previsti dall'art. 37  legge n. 111 del 2011; in tale direzione sono state individuate quelle criticità che erano emerse nella prima applicazione  della normativa entrata in vigore nel 2011, con particolare riferimento ai tentativi di aumento della produttività spesso teorizzati senza adeguata partecipazione dei magistrati dell'ufficio ed effettiva considerazione della loro capacità di smaltimento. Si è così opportunamente previsto un coordinamento del programma di gestione annuale con il D.O.G. triennale in vista del raggiungimento dell'obiettivo comune ad entrambi gli strumenti, che è quello di garantire la ragionevole durata del processo; si è previsto che detto obiettivo debba essere perseguito tenendo conto del rendimento dell'ufficio, inteso come numero di procedimenti distinto per area, settore o sezione che l'ufficio intende definire nell'anno; si è stabilito che i suddetti dati siano determinati dal dirigente all'esito di un "procedimento partecipato che tenga conto dei carichi esigibili in relazione alla tipologia di materia, al contesto territoriale e alla situazione dell'ufficio"; si è previsto ancora che siano indicati i criteri di priorità nella trattazione degli affari, al fine di offrire una risposta  che coniughi in modo equilibrato il dato quantitativo con il profilo qualitativo; si è reintrodotta l'adozione del programma di gestione anche per il settore penale e per la Corte di Cassazione, prescrivendosi che si tenga conto delle previsioni organizzative in tema di criteri di priorità. 

L'organo di autogoverno, nell'ambito dei suoi compiti di amministrazione della giurisdizione,  ha quindi avviato una nuova fase che ci deve vedere tutti impegnati: attraverso l'indicazione dei criteri di priorità nei programmi di gestione, in sintonia con le previsioni contenute nel D.O.G., si deve cercare di contemperare la produttività di ogni ufficio giudiziario, la qualità della risposta alla domanda di giustizia e l'esigibilità dei carichi di lavoro gravanti sui singoli magistrati; attraverso il format, che è stato introdotto, sarà possibile da parte del C.S.M. una verifica concreta delle scelte operate dai dirigenti e dell'effettiva partecipazione dei magistrati al procedimento nonché un'analisi comparativa dei dati raccolti per tipologia di funzioni e di uffici. All'esito di questa procedura dovrebbe, a nostro avviso, pervenirsi all'abbandono di quei criteri solo quantitativi che rischiano di determinare unicamente una rincorsa di produttività, auspicandosi un superamento del dualismo  fra carichi esigibili e standard di rendimento. Si tratta, appunto, di introdurre, attraverso strumenti equipollenti per i diversi fini previsti dal legislatore, un limite inferiore di quantità minima ed un limite superiore di quantità massima, oltre il quale la nostra prestazione rischia di perdere i livelli di indispensabile qualità.

Nell'ultimo congresso di Orvieto, all'esito di un'ampia discussione, ci siamo impegnati a contribuire ad elaborare una risposta concreta alla richiesta dei magistrati italiani, di pervenire alla fissazione di carichi medi nazionali di ruolo e di produttività. In tale direzione l'organo di autogoverno potrà pervenire alla fissazione di parametri medi nazionali relativi alla produttività dei magistrati italiani distinti per ruolo e funzione, nonché carichi medi nazionali di ruolo, anch'essi distinti per funzione, in modo da disporre di nuovi strumenti e criteri di valutazione del lavoro dei magistrati. Unicost vuole, infatti, elaborare una proposta che consenta di determinare numeri nazionali omogenei che tengano adeguatamente conto delle effettive condizioni di lavoro, della natura delle cause e delle priorità. La proposta è indirizzata a soddisfare l'esigenza dei magistrati conoscere con chiarezza ed in anticipo quanto può e deve essere richiesto a livello di programmazione di lavoro tenendo conto anche di criteri qualitativi.

Si potrà così avere finalmente a disposizione un dato che dovrà rilevare tanto in sede di valutazione della professionalità quanto in sede disciplinare ed in questa direzione si sono recentemente indirizzate anche le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione Cass. sez. U. civ. n. 19449 del 21/2/2015; Cass. sez. U. civ. n. 14268 del 8/7/2015, Rv. 635988), nonché nell'ambito della nuova disciplina della responsabilità civile. 

Certo occorre essere, sul punto, concreti ed indicare delle soluzioni praticabili: in tale direzione occorre individuare dei criteri che consentano di misurare la prestazione lavorativa del Magistrato non solo in termini quantitativi, ma anche sulla base di parametri che tengano conto della qualità del lavoro espletato; si dovrebbe, così, pervenire alla fissazione del numero di cause che il magistrato può trattare e decidere in determinato arco temporale, diversificato solo in rapporto alle diverse funzioni esercitate, assicurando uno standard qualitativo medio e tempi ragionevoli di definizione. Certo non può nascondersi il rischio di una deriva impiegatizia della Magistratura con danno per il prestigio di uno dei poteri dello Stato democratico; ma tale dato servirebbe solo per fissare un tetto di esigibilità da valutarsi in sede disciplinare e di valutazione della professionalità; esso quindi non impedirebbe ne tantomeno disincentiverebbe produttività più alte, ove le specifiche condizioni lo consentano. In tale direzione chiediamo che si muovano, da un lato, il C.S.M. che, nelle sue competenze istituzionali di organo preposto all'amministrazione della giurisdizione, potrà trovare le formule giuste per avviare un percorso condiviso idoneo a pervenire al dato unico nazionale di produttività; anche l'A.N.M. tuttavia, in forza della sua funzione sindacale di tutela delle condizioni di lavoro dei magistrati, potrà attivarsi nella direzione indicata, onde pervenire alla determinazione di propri dati. 

Ciò potrà rappresentare   un segnale di rasserenamento per tutti i magistrati impegnati nelle varie sedi giudiziarie ivi compresi i magistrati della Corte di Cassazione che, nel corso dell'assemblea generale del 25 giugno u.s., hanno avuto modo di assumere una forte posizione contro il sovraccarico del lavoro dei magistrati di legittimità. Infatti, anche la Corte risente di ritmi lavorativi che incidono, ineludibilmente, sui momenti di riflessione ed approfondimento necessari a rendere la pronuncia persuasiva e idonea a conseguire il consolidamento della giurisprudenza con effetti di alleggerimento del contenzioso in sede di merito.

Il PCT, strumento di modernità ed efficacia della giustizia civile o ulteriore aggravio dei compiti e delle responsabilità gravanti sul magistrato.

All'esito del nostro congresso nazionale di Orvieto abbiamo ritenuto di formulare al C.S.M. ed al Ministro della Giustizia una serie di richieste di interventi a nostro avviso necessari per assicurare un efficace funzionamento dello strumento introdotto. Oggi il gruppo di Unità per la Costituzione si riconosce pienamente nel documento approvato in occasione dell'ultimo C.D.C. dell'A.N.M., tenutosi il 5/10/2015, evidenziandosi come le recenti innovazioni normative abbiano ulteriormente accentuato quelle criticità che erano già state oggetto di specifica denunzia dell'A.N.M.

Segnatamente occorre al riguardo evidenziare che il d.l. 83/2015, convertito in l. 132/2015, modificando l'art. 16 bis del Dl n.179/2012 (conv. nella L.221/2012) ha introdotto la disposizione per cui: " nell'ambito  dei  procedimenti civili,  contenziosi  e  di volontaria giurisdizione innanzi ai Tribunali e, a decorrere dal  30 giugno 2015, innanzi  alle  Corti  d'Appello,  è  sempre  ammesso  il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 (ossia atti e documenti depositati dalle parti costituite, ndr) e dei documenti che si offrono in comunicazione  da  parte del difensore o del dipendente  di   cui   si   avvale   la   pubblica amministrazione per stare in  giudizio  personalmente,  nel  rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione,  la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità"; inoltre la suddetta legge n. 132/2015 ha previsto: ancora  "con decreto avente natura non regolamentare il Ministro della Giustizia stabilisce misure organizzative per l'acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati  con modalità telematiche, nonché per la riproduzione anche su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e conservazione delle predette copie cartacee". Ad oggi, non risulta che detto decreto sia stato emanato, ma con comunicato stampa del 5.8.2015 il Ministro della Giustizia ha dichiarato che l'emanando decreto ministeriale detterà alle cancellerie le regole per le modalità di acquisizione e conservazione del materiale cartaceo ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie.

Deve poi rilevarsi che l'introduzione del PCT continua, nonostante le richieste della Magistratura, a patire la mancanza di adeguata formazione dei magistrati e del personale di cancelleria (formazione che deve essere istituzionalizzata ed organizzata in maniera permanente, e non affidata alla buona volontà del singolo o alla sua maggiore inclinazione per lo strumento informatico); continua ad essere carente un'adeguata, costante ed immediata (cioè prestata anche in tempo reale) assistenza tecnica, onde evitare che il processo e le udienze gestite telematicamente subiscano interruzioni, rallentamenti, perdita di dati e di verbalizzazioni irripetibili, con conseguente maggiore dispendio di tempo nell'erogazione del servizio giustizia.

Inoltre, in molteplici situazioni, si è in presenza di PCT "ibrido" o a cd. (inevitabile) "doppio binario" cartaceo e telematico: si pensi alla assegnazione e fissazione dei procedimenti ad opera dei presidenti; alla visione dei fascicoli precedenti alla obbligatorietà del telematico;  alla consultazione dei fascicoli di primo grado in appello; a gran parte della volontaria giurisdizione e del fallimentare, ove i sistemi non sono ancora a punto; infine gli applicativi sono addirittura inesistenti per l'intervento del P.M. nel processo civile; vi sono poi delle situazioni nelle quali il ricorso al formato cartaceo rimane tuttora più veloce (si pensi ad un "Visto, si autorizza", di un GD fallimentare ed alla diverso tempo impiegato per apporlo sulla carta invece che a consolle; si pensi alla necessità di visualizzare grandi quantità di documenti prodotti, di difficile lettura anche sulla carta: mappe, documentazione catastale, bilanci, rogiti notarili, capitolati di appalti pubblici, tavole di progettazione …); si pretende di imporre la sola lettura a video di atti e documenti, senza che contestualmente sia stato previsto (fatta salva la laconica previsione di sinteticità) un vero e proprio format di redazione degli atti processuali e di produzione dei documenti il più congeniale possibile rispetto al mezzo telematico.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte si ritiene di dover nuovamente e con forza invitare il Ministero della Giustizia ad una seria interlocuzione con l'A.N.M. su tutte queste tematiche, evitandosi qualsivoglia strumentalizzazione del tema del ricorso o meno alla copia cartacea di atti e di documenti, ma piuttosto, con approccio di più ampio respiro, prendendo in considerazione le migliori soluzioni che, pur senza comportare maggiori oneri di spesa per l'Amministrazione della Giustizia, non facciano d'altra parte ricadere sulle spalle dei singoli magistrati le persistenti anomalie del sistema, a scapito della concreta efficienza del servizio giustizia. Perché tale efficienza passa attraverso l'attività di soggetti, appunto i magistrati, che non devono essere distolti dal delicatissimo esercizio della funzione giurisdizionale, che devono quindi essere validamente aiutati e supportati con moderne tecnologie, semplici ed intuitive, e non ostacolati e rallentati dall'uso di uno strumento informatico imperfetto o perlomeno non del tutto rispondente alle peculiarità del processo civile (tra l'altro senza raccordo alcuno tra le previsioni del c.p.c. ormai risalente al 1940), il tutto nel doveroso e necessario raccordo con la considerazione del carico di lavoro esigibile dagli uffici giudiziari (e che a questo punto dovrà anche tenere conto dei necessari tempi e spazi di aggiornamento e formazione telematica) e, non da ultimo, della tutela della salute stessa "di tutti gli operatori del diritto a mezzo consolle", alla stregua di tutti gli altri lavoratori che siano tenuti a fare costante uso di videoterminali, posto che l'autonomia ed indipendenza del magistrato, che certamente anche si manifesta nell'organizzazione e gestione del proprio lavoro, non può certo essere strumentalmente invocata per giustificare omissioni e dimenticanze sul versante della sempre imprescindibile tutela di qualsiasi lavoratore nello svolgimento delle proprie mansioni.

Il Magistrato del P.M. e la cultura della giurisdizione.

Riteniamo non più procrastinabile l'introduzione da parte del C.S.M. di una normativa secondaria idonea a trovare un ragionevole punto di equilibrio fra l'indubbia accentuazione del ruolo del Procuratore, quale strumento per garantire una maggiore omogeneità ed efficienza nell'esercizio delle attività di competenza del P.M., ed il rispetto delle garanzie di autonomia e di indipendenza che la Costituzione assicura a tutti i Magistrati, giudici e P.M.  In questa direzione, e peraltro nel solco delle linee guida in parte già tracciate, merita di essere decisamente valorizzata la prevista trasmissione al C.S.M. dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, nel senso che la stessa non può ridursi ad una pura e semplice presa d'atto, eventualmente con la formulazione di rilievi destinati a non incidere sul concreto funzionamento dell'ufficio. E' giunto il tempo di un nuovo ed organico intervento teso ad individuare, in termini di maggior dettaglio, la portata minima dei progetti organizzativi, i principi informatori posti a fondamento della recente riforma - interpretata in chiave costituzionalmente orientata - che dovranno trovare attuazione in tali ultimi e, soprattutto, a riconoscere maggiormente gli effetti del controllo dell'organo di autogoverno e dei relativi ed eventuali rilievi (da valorizzare non soltanto ai fini ed in occasione di conferme quadriennali e nuove domande, ma anche e soprattutto nell'immediatezza dell'incarico in corso).

Nel contesto dei possibili interventi, ci si potrebbe spingere addirittura oltre, su un piano più squisitamente legislativo, come ha già fatto peraltro il C.S.M. nel parere espresso in data 31 maggio 2007, auspicando che la cultura tabellare torni "a trovare cittadinanza negli Uffici di Procura così come già la trova negli Uffici giudicanti, a dimostrazione ulteriore di un rinnovato ed auspicato senso della parificazione tra gli uni e gli altri ed in omaggio al principio di gestione trasparente, ed anche per questo efficiente, della funzione requirente" e che al Consiglio sia "restituita la prerogativa, del tutto costituzionalizzata dal combinato disposto degli artt. 25, comma 1, e 97, comma 1, Cost., di dettare criteri sulla ripartizione del lavoro per materie e per magistrati".

E' poi assolutamente necessaria ed improcrastinabile una chiara e decisa presa di posizione relativamente alla figura dei Procuratori Aggiunti (introducendo un plesso normativo teso a delineare in modo chiaro ed esauriente i rapporti tra questi ed i rispettivi Procuratori, ed i compiti ed attribuzioni propri dei primi) e, soprattutto, alle tematiche delle assegnazioni, delle revoche dei procedimenti e dei "visti" o "assensi" del Procuratore della Repubblica, che ben potrebbero costituire un fertile terreno per possibili violazioni ai principi costituzionali cui deve ispirarsi l'organizzazione dell'ufficio di procura (artt. 97, 101, 102, 105, 107 e 112 Cost.).

Auspicabile appare inoltre una rivisitazione degli attuali assetti dei rapporti tra  Procuratori, Procuratori Generali di Corte d'Appello e di Cassazione, in specie sotto forma di un diretto e più specifico coinvolgimento in caso di contrasti tra i Sostituti, gli Aggiunti ed i Procuratori (con l'introduzione diretta di strumenti e procedure risolutive ovvero di interventi sostitutivi del Direttivo di grado superiore, anche e soprattutto in relazione ai rapporti informativi per le valutazioni dei Sostituti dell'ufficio), nonchè attraverso la formulazione di rapporti informativi alle scadenze quadriennali del Direttivo di grado inferiore ed ai fini del giudizio di conferma.

Infine, e non ultimo, deve essere introdotta una nuova attenzione al raccordo (o meglio al rapporto) che deve intercorrere tra la Procura della Repubblica ed il Tribunale, sviluppando quanto già previsto a livello di normativa secondaria. Una buona organizzazione delle attività della Procura della Repubblica non può astenersi dall'instaurare se non momenti dialogici, quanto meno momenti di confronto e, soprattutto, di attenzione e raccordo con il rispettivo ufficio giudicante proprio in punto di (e per una migliore) organizzazione delle attività affidate all'organo inquirente. In quanto parti di un unico sistema "giustizia", la valutazione dell'operato di una di esse non può più prescindere da un attento esame dell'an e del quomodo in cui la stessa si è posta rispetto all'altra. Una valorizzazione del coordinamento tesa a consentire una completa valutazione del dirigente dell'ufficio di procura in termini di efficienza effettiva, concreta e "lungimirante", del suo operato ed altresì volta a rivendicare un'unità della magistratura stessa ed un netto rifiuto, anche sotto l'aspetto valutativo, di una separazione sostanziale tra le carriere di giudici e pubblici ministeri.

Quanto al processo penale poi occorrono soluzioni organiche e meditate al di là di logiche emergenziali.  Il disegno di legge recentemente approvato dalla Camera dei deputati (DDL n. 2798 ) non sembra muoversi nella direzione dai noi auspicata: segnatamente avevamo chiesto l'adozione di soluzioni organiche, meditate al di là di logiche emergenziali, che intervenissero adeguatamente sui temi della prescrizione, della depenalizzazione, dell'informatizzazione e che affrontassero l'esigenza, unanimemente avvertita, di pervenire ad una razionalizzazione del sistema delle impugnazioni e fossero in grado di restituire efficienza e funzionalità al processo penale. 

Valutazioni di professionalità e circuito dell'Autogoverno: nessun automatismo fra disciplinare e "carriera". 

Ribadiamo la necessità che il C.S.M., previo studio comparativo delle diverse esperienze, avvii l'adozione di una normativa secondaria che uniformi a livello nazionale le regole di funzionamento degli organi di autogoverno locale, in vista anche del loro imminente rinnovo.

Riteniamo poi necessario che il C.S.M. pervenga ad una maggiore specificazione dei confini dell'accertamento della responsabilità disciplinare con riferimento all'incidenza della stessa sulle valutazioni di professionalità ed in genere sulla "carriera" del magistrato; ciò non solo nell'ottica di evitare qualsiasi automatismo fra giudizio disciplinare e valutazioni di professionalità.

Nomina dei dirigenti: nuovo T.U. un'occasione da non  sprecare in calcoli correntizi.

La nuova classe dirigente della Magistratura sarà selezionata sulla base delle regole recentemente approvate dal C.S.M. raccolte nel nuovo Testo Unico sulla dirigenza negli uffici giudiziari. Il risultato raggiunto, che si pone in linea con il programma proposto dal nostro gruppo alle elezioni per il rinnovo del C.S.M., rappresenta un buon compromesso fra le esigenze di predeterminazione dei criteri selettivi ed il margine di discrezionalità che deve sempre rimanere al C.S.M. nella scelta delle persone da destinare ai vertici degli uffici. E' importante, al riguardo, evidenziare che sono stati stabiliti dei criteri astratti di valutazione e di comparazione che consentono ai magistrati la programmazione dei loro percorsi professionali sulla base del giusto equilibrio fra formazione generale e specializzazione. Fondamentale è pero che il C.S.M, riesca a  fare le sue scelte all'esito di un'interpretazione complessiva ed integrata dei criteri di selezione, che non dovranno mai risolversi in una burocratica sommatoria di indicatori.

Su questi temi e sugli altri che emergeranno nella sede congressuale,  vogliamo aprirci al confronto ed al dibattitto con tutti, nell'auspicio che possa al più presto essere ricostruita, sulla base di valori e percorsi condivisi, l'unità associativa, convinti che nell'attuale momento storico abbiamo la responsabilità di difendere i valori dell'associazionismo giudiziario, evitando che lo stesso finisca per ripiegarsi verso posizioni puramente difensive e corporative destinate a sfociare in fenomeni di lobbismo.


Roberto Carrelli Palombi
Segretario generale di Unità per la Costituzione  


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