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Giustizia paralizzata

di Gaetano Balice - 31 gennaio 2017

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Il grido di allarme lanciato dal presidente della Corte d’appello di Napoli si segnala per la sua gravità, ma la situazione descritta è nota da tempo e corrisponde ai dati nazionali. È di alcuni mesi fa la notizia della chiusura del Tribunale di Monza, un giorno a settimana, disposta dai vertici dell’Ufficio giudiziario per consentire ai superstiti cancellieri di compiere il lavoro che risulta irrealizzabile se si deve contemporaneamente rispondere all’utenza.


Chiudere un Tribunale per carenza di organico o bloccare 50.000 processi significa produrre un’insanabile denegazione di giustizia, consacrare la certezza dell’impunità, cancellare la fiducia delle vittime dei reati nella giustizia. S


Significa il tormento per l’imputato condannato in primo grado che confida nell’assoluzione in appello (evenienza non rara) mentre dovrà confrontarsi con il dilaniante tema delle rinuncia alla prescrizione. Significa il trionfo degli imputati arroganti, quelli che fanno del torto il loro mestiere confidando nell’inefficienza del sistema giudiziario che diventa l’ineffabile complice che rende il delitto perfetto, non perseguibile.


Eppure, nella condizione in cui si trovano i Tribunali italiani, scaricare la colpa su di un singolo funzionario o magistrato in funzione apicale è impossibile.


In verità, la categoria professionale che paga dazio c’è: l’avvocatura, seppur non immune da responsabilità, paga un prezzo immediato. Un sistema giudiziario credibile ha come indotto una professione sana, selezionata meritocraticamente, giustamente retribuita non importa se dal privato o dallo Stato.


Un giorno di chiusura settimanale di un Tribunale o 50.000 processi fermi producono un corrispondente calo del reddito del sistema professionale forense, una crisi nella crisi che si sta manifestando su tutto il territorio nazionale.


Partendo dall’amara e insuperabile constatazione che qualsiasi riforma va fatta a costo zero o quasi, occorre una nuova visione del sistema giudiziario che contempli una netta distinzione tra una pubblica amministrazione giustizia e una pubblica amministrazione giurisdizione. L’efficienza della prima garantisce l’effettività della seconda.


Riformare la pubblica amministrazione giustizia è più semplice perché non investe i temi caldi – anche costituzionali – che ruotano intorno alla giurisdizione. Si pensi alla tela di Penelope sulla prescrizione o le riforme quali la separazione delle carriere o quella che vorrebbe sottrarre al P.m. l’acquisizione della notitia criminis. Per non parlare dell’incessante produzione di fattispecie penali foriere più di incertezze interpretative che di reali risposte alla domanda di protezione dei cittadini. Temi caldi che bloccano ogni ragionamento e impediscono di trovare soluzioni condivise.


Occorre, quindi, porsi su di un piano di riforme più agevole ispirandosi ai criteri che sono propri del buon andamento e dell’efficienza della pubblica amministrazione.


Nel fare questo non si potrà non tenere conto che, proprio a causa della grave situazione economica in cui versa lo Stato e delle regole sul turnover, tutti i settori della pubblica amministrazione stanno realizzando una forte politica di accentramento degli uffici. A parte la chiusura delle Province, le Prefetture, le Agenzie delle Entrate, gli Ospedali stanno concentrando il loro personale in uffici centrali che garantiscano almeno la continuità del servizio.


La dislocazione sul territorio degli Uffici giudiziari – ancora ispirata a criteri preunitari – deve essere calibrata non solo sulle esigenze del territorio (non dimenticando la digitalizzazione) ma anche sui numeri di forza lavoro a disposizione e sui risultati (leggi sentenze!). Perché per una Corte d’appello bloccata (il caso di Napoli è emblematico ma non giungono notizie diverse dalle principali Corti d’appello) ci sono Tribunali che chiudono per carenza di organico e che non producono sentenze. Occorre spiegare ai partigiani dei campanili (tra cui annovererei magistrati, avvocati e rappresentanti politici) che non basta garantire un “Tribunale vicino casa per tutti”, ma è necessario che la struttura fornisca il servizio giustizia richiesto, al contrario si inaugurerà un tempio dedicato alla denegata giustizia.


Si tratta di un tema ostico e foriero di polemiche strumentali; è questo il motivo per cui abbiamo assistito a clamorosi dietrofront (spesso nell’imminenza di tornate elettorali) rispetto ad annunciate chiusure di Uffici giudiziari perfino per quelli dove siedevano solo Giudici di pace.


Magari, nel circondario del Tribunale di Monza, ci sono Uffici del giudice di pace che assorbono energie lavorative che, se poste in sinergia con quelle del Tribunale, potrebbero consentire quanto meno la continuità del servizio.


Il paradosso è che Uffici giudiziari periferici assorbono forza lavoro dagli Uffici centrali senza che si proceda a un immediato avvicendamento dei posti vacanti, così entrambi gli uffici restano parzialmente scoperti garantendo solo le procedure urgenti. Questo, in verità, accade anche per i magistrati con l’ulteriore aggravio dovuto ai tempi per la sostituzione.


Ciò è avvenuto per il Tribunale di Napoli Nord. Magistratura e avvocatura entusiaste del nuovo insediamento; pare che manchino il 50% degli amministrativi e numerosi magistrati. È assurdo: lo Stato prima di insediare un nuovo Ufficio giudiziario non si preoccupa di coprire l’intero organico amministrativo e spesso nemmeno quello togato.


È in corso di realizzazione il concorso per circa mille nuovi posti di lavoro nell’amministrazione giudiziaria a fronte di una carenza unanimemente riconosciuta di novemila unità.


A mio avviso, la nuova energia lavorativa non dovrà essere dispersa in miriadi di Uffici giudiziari, bensì dovrà essere distribuita sul territorio dopo aver provveduto a disegnare una nuova geografia giudiziaria impermeabile alle resistenze dei carrierismi e dei campanili avendo come riferimento principale la continuità del servizio giustizia.


Occorre un’azione forte, decisa e coraggiosa da parte del Governo: si indicano gli ”Stati Generali della Pubblica Amministrazione Giustizia” in cui si faccia, da parte di tutti gli operatori del settore, una volta per tutte, il punto della situazione e si individuino le soluzioni, regolamentari e legislative, per garantire un sistema amministrativo idoneo a supportare la funzione giurisdizionale così da garantire efficienza, professionalità ed effettività del sistema giudiziario italiano.


 

Autore
Gaetano Balice
Avvocato penalista

È di alcuni mesi fa la notizia della chiusura del Tribunale di Monza, un giorno a settimana, disposta dai vertici dell’Ufficio giudiziario per consentire ai superstiti cancellieri di compiere il lavoro che risulta irrealizzabile se si deve contemporaneamente rispondere all’utenza. Gaetano Balice