Nell’era della globalizzazione, del conflitto e dell’integrazione, degli scambi internazionali e della criminalità transfrontaliera, il giudice è chiamato a guardare oltre il proprio microcosmo ed a confrontarsi con ordinamenti e culture diverse.
La crescente produzione normativa e giurisprudenziale delle istituzioni e delle corti sovranazionali ha portato il magistrato ad un cambiamento di prospettiva nell’applicazione e nell’interpretazione del diritto ma ha anche aperto una affascinante finestra sull’Europa e sul mondo. Le iniziative della Scuola Superiore della Magistratura e del CSM hanno tracciato la strada per la formazione del giudice europeo ed hanno incoraggiato il confronto diretto con i colleghi stranieri. La rete di rapporti con le autorità giudiziarie straniere ha semplificato la cooperazione attraverso il dialogo e la fiducia, nella consapevolezza dei punti di contatto e delle diversità degli ordinamenti statali.
Il diritto dell’unione non è più ancillare e residuale ma è protagonista del diritto vivente.
Le missioni del Consiglio Superiore della Magistratura hanno reso i magistrati italiani protagonisti delle fondamenta dello stato di diritto in Paesi che la storia recente ha visto sottoposti a regimi autoritari e che cercano la strada della democrazia. Questo settore della rivista offre uno sguardo sul panorama internazionale e fornisce spunti di riflessione su tematiche di attualità nel dibattito culturale dell’associazione: l’accesso in magistratura, la separazione delle carriere, la magistratura onoraria, gli strumenti per la lotta alla criminalità internazionale, le condizioni carcerarie.
Il filo conduttore è la garanzia dei diritti della persona, che possono trovare attuazione solo attraverso un sistema che garantisca l’indipendenza della magistratura ed abbia come precondizione l’etica del magistrato. Il rispetto delle regole non è un atto imposto dall’esterno ma il bagaglio dei valori di ogni individuo e soprattutto di chi quotidianamente è preposto a far rispettare la legge.
L’etica è un valore fondante dell’Associazione Nazionale Magistrati, che, per prima, tra le magistrature europee, si è dotata, già dal 1994, del Codice Etico, modificato ed aggiornato nel 2010, esprimendo e codificando quei valori universali di integrità, imparzialità, indipendenza, professionalità, correttezza istituzionale cui ogni magistrato deve attenersi nell’esercizio delle funzioni e nella vita sociale.
Eppure, di fronte ad un calo della fiducia del cittadino nella giustizia, si impone un interrogativo sulle responsabilità della politica e della magistratura.
Se il Codice Etico merita una rinnovata riflessione ed una rigorosa attuazione per renderlo “living document”, la politica deve contribuire al funzionamento della giustizia con riforme adeguate e risorse appropriate.
Oltre i confini ma con l’attenzione rivolta a quanto accade nel nostro Paese.
L’ANM è un interlocutore qualificato della politica ed offre un contributo alle riforme attraverso il confronto istituzionale ed il dibattito culturale. L’orizzonte deve essere di ampio respiro e coinvolgere gli altri attori del pianeta giustizia, l’avvocatura, il personale amministrativo e la magistratura onoraria.
Riflettere insieme sulle riforme è espressione di una giustizia condivisa, che dialoga con il potere politico ed ha come obiettivo finale l’interesse del cittadino. In questo numero della rivista, l’attenzione è rivolta alle prospettive di riforma ed alle riforme appena attuate, ai fattori di rischio ed alle conseguenze interpretative, sempre in una prospettiva internazionale.
La proposta di riforma delle Camere Penali sulla separazione delle carriere è un tema scottante, che tocca il cuore dell’indipendenza della magistratura ed il rapporto con il cittadino e si pone in controtendenza rispetto alla raccomandazioni del 2000 del Consiglio d’Europa e, più recentemente, alla “Roma Chapter”, approvata dal Consiglio Consultivo dei Pubblici Ministeri Europei nel 2014. In questi atti di “soft law” si statuisce in modo assai incisivo che: “L’indipendenza e l’autonomia del pubblico ministero costituiscono un corollario indispensabile dell’indipendenza del potere giudiziario. Pertanto, dovrebbe essere incoraggiata la tendenza generale a rafforzare l’indipendenza e l’effettiva autonomia del pubblico ministero”.
Nel rapporto tra politica e magistratura, al di là dei diversi orientamenti sulla proposta di modifica legislativa in tema di candidabilità, eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati in politica, è centrale la riflessione sull’inerzia della politica e sul ruolo di supplenza del magistrato.
Sempre in tema ordinamentale, la recente istituzione dell’Ufficio del processo pone interrogativi sulla sua portata innovativa e sul rischio di trasformarsi in una “etichetta vuota”. La riforma dello statuto della magistratura onoraria offre un nuovo volto della magistratura non professionale ma pone problematiche di rilievo costituzionale in ordine alle istanze di stabilizzazione dei magistrati onorari. I tirocinanti ex art. 37 D.L. 69/2013 sono una risorsa per l’ufficio del processo ma risentono di una disciplina normativa incompleta e di un impiego non omogeneo nei diversi uffici.
La legge 23 giugno 2017 n. 103 ha modificato l’assetto normativo del diritto penale e processuale in un clima di acceso dibattito su temi come l’avocazione delle indagini da parte del Procuratore Generale e la prescrizione, lasciando in secondo piano i riflessi della riforma sull’ordinamento penitenziario e le intercettazioni all’estero, che sono oggetto di un approfondimento in questo numero della rivista.
Nel settore civile, viene dato spazio ad approfondimenti sui problemi applicativi della recente riforma sulla responsabilità medica introdotta dalla legge Gelli - Bianco e sull’istituto degli illeciti sottoposti a sanzioni civili pecuniarie, una soluzione innovativa, che non trova antecedenti nel nostro panorama giuridico, introdotta dal D.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 con cui il legislatore delegato ha dato attuazione alla L. 67/2014 in tema di depenalizzazione.
Per concludere, una riflessione sulla responsabilità civile dei magistrati all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale n. 164/2017, con cui il giudice delle leggi ha affermato che per tutelare l’autonomia e dell’indipendenza della magistratura non è necessario il filtro di ammissibilità.
A seguito della decisione del giudice delle leggi, la magistratura associata dovrà costantemente monitorare l’applicazione della legge N.18/2015, che relega l’Italia in una posizione isolata rispetto al panorama legislativo degli altri principali Stati dell’Unione Europea, dove continuano a permanere specifiche garanzie volte ad impedire l’utilizzo temerario delle azioni risarcitorie. Per ritornare “oltre i confini”, è il caso di ricordare la risoluzione 16 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1985: i giudici devono godere della personale immunità per danni civili derivanti da azioni o omissioni nell’esercizio delle loro funzioni. Devono essere dotati della piena autorità di agire, liberi da pressioni e timori, adeguatamente retribuiti e forniti degli strumenti materiali idonei a consentir loro di svolgere in modo soddisfacente il proprio servizio.
Etica, risorse, responsabilità ma soprattutto indipendenza, dentro ed oltre i confini.