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24 aprile 2021

La relazione del presidente Giuseppe Santalucia al CDC del 24 aprile


Giuseppe Santalucia - Presidente ANM

Nei giorni scorsi sono stato investito da una polemica che non mi ha risparmiato offese e contumelie personali.

Senza porre alcuna attenzione alle motivazioni che ho fornito, mi è stato contestato – con toni diffamatori e con una progressione violenta che dovrebbe restare estranea alla vita associativa dei magistrati – il modo con cui ho esercitato i miei compiti, decidendo di non consegnare copia integrale di alcuni documenti.

Ho spiegato le ragioni, anzitutto ai colleghi del Comitato direttivo che avevano fatto la richiesta di copia; poi l’ho fatto nella riunione di Giunta; e ho pure consegnato una spiegazione dettagliata al gruppo di Area, che ne ha fatto un documento esplicativo a beneficio di tutti.

Potrei ora ripercorrere in dettaglio il senso di quanto ho fatto e, se ci saranno domande, darò ulteriore risposta.

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2. Un principio elementare non deve però essere trascurato, in nome della buona fede che deve governare il confronto, anche acceso, all’interno dell’Associazione.

Se spetta a me, come presidente dell’ANM, provvedere sulle richieste di rilascio di copia di atti, che hanno contenuto riservato e che involgono diritti di terzi; se, di conseguenza, sono destinatario delle connesse serie e pesanti responsabilità, che espongono a possibili reazioni risarcitorie di chi si ritenga danneggiato e ad un rilevante apparato sanzionatorio, non solo amministrativo, a presidio della privacy; non vedo come mi si possa censurare per aver deciso con sufficiente autonomia e per non aver assicurato maggiore collegialità.

Trovo assai singolare la pretesa in forza della quale chi è chiamato a decidere, con un corredo di responsabilità personali significativo, debba farlo seguendo le indicazioni di altri, che ammantano questa pretesa del nobile richiamo alla collegialità.

Di fronte alla persona che dovesse dolersi di un non attento bilanciamento tra il suo interesse alla riservatezza con quello, contrapposto, all’informazione di quanti vogliono accesso agli atti;

di fronte a possibili reazioni del Garante per la privacy, che ha già comunicato proprio a me, come presidente dell’ANM, che l’Autorità vigila sul modo in cui trattiamo i dati personali,

io non potrei rispondere: scusate, ma ho fatto ciò che mi ha detto di fare la giunta esecutiva centrale.

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3. Per la semplice ragione che quel potere, da esercitarsi per legge secondo il principio della indispensabilità e della stretta necessità, fa capo a me.

E io sono consapevole che ogni trattamento deve essere giustificato da una specifica finalità.

E che una malaccorta decisione espone me, e non altri, a responsabilità sia civili che amministrative, anche particolarmente gravose.

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4. Io mi sono attenuto alle prescrizioni desumibili dalla nota che il Garante per la privacy ha inviato il 9 febbraio, richiamando l’attenzione sul dovere di ispirare ogni trattamento ai principi di proporzionalità e necessità rispetto alla finalità perseguita e, quindi, peraltro, di limitare i dati personali oggetto di trattamento a quelli indispensabili al raggiungimento della finalità perseguita. Io ho seguito, come la Giunta mi aveva indicato di fare, le determinazioni del Collegio dei probiviri, i cui atti erano richiesti in copia.

Da me sollecitato per ben due volte, il Collegio dei probiviri mi ha raccomandato di oscurare “le parti riguardanti le iniziative disciplinari assunte e le relative procedure”; ha chiarito che “la necessità di tale oscuramento è determinata sia da ragioni di privacy, sia dall’esigenza di evitare che altri soggetti siano informati di dette iniziative e procedure prima che i magistrati interessati ne abbiano acquisito formale conoscenza”. E poi ha ribadito la necessità di segretezza dell’attività procedimentale e del rispetto della normativa nazionale ed europea in tema di privacy e delle indicazioni fornite dal Garante, precisando che le parti dei verbali delle riunioni e di altri atti da oscurare sono quelle che contengono specifici riferimenti a procedimenti instaurati o da instaurare nei confronti di magistrati iscritti all’ANM.

La stessa Autorità giudiziaria di Perugia nell’autorizzare, con i provvedimenti che ho fatto oggetto di copia parziale, il Presidente del Collegio dei probiviri all’acquisizione delle chat ha, da un lato, richiamato il divieto di pubblicazione; e, dall’altro, ha escluso che l’acquisizione potesse riguardare il magistrato che ad essa si era rivolto per ottenere la cancellazione della sua corrispondenza telematica.

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5. Su queste premesse ho deciso, secondo un mio prudente apprezzamento – assumendo le responsabilità delle mie decisioni – di limitare il rilascio di copia.

Non è marginale evidenziare che ho escluso il rilascio di copia ma non la visione degli atti, secondo un principio di stretta indispensabilità del trattamento.

La collega Moretti, se non avesse disdettato l’appuntamento preso con la Segreteria dell’ANM per il 12 marzo, avrebbe preso visione di tutti gli atti. Ai colleghi Angioni, Castiglia e Reale, con la mia seconda nota di chiarimenti, ho detto che ero a loro disposizione ove avessero voluto prendere visione degli atti.

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6. All’obiezione che avrei discriminato i componenti del Comitato direttivo rispetto ai componenti della Giunta, che invece avevano avuto cognizione integrale degli atti, rispondo con due osservazioni.

La Giunta ha compiti esecutivi e di gestione della vita dell’Associazione che non spettano ai singoli componenti del Comitato direttivo;

ma soprattutto, al momento in cui è stata fatta la richiesta di rilascio di copia, il magistrato a cui si riferiscono i contenuti oscurati non era più socio dell’ANM e lo era, invece, al momento in cui avevo condiviso gli atti con la Giunta.

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7. Su quest’ultimo punto, e a scanso di equivoci, assicuro – e ne ho prova documentale – che mi premurai di accertare, al momento in cui il Presidente della Giunta sezionale comunicò, a me e al Segretario generale, di aver preso atto delle dimissioni senza null’altro aggiungere, se quel magistrato fosse sottoposto o meno a procedimento disciplinare.

Lo feci perché la formula “prendere atto”, nel contesto di avvilente diffidenza in cui siamo, sarebbe potuta sembrare anodina e non equivalente ad una accettazione di dimissioni, nonostante non fosse accompagnata da alcuna altra considerazione e meno che mai dal riferimento alla previsione di Statuto circa la possibilità per il Comitato direttivo di respingere le dimissioni del socio sottoposto a procedimento disciplinare.

Fu uno scrupolo dovuto al clima di poca fiducia in cui operiamo e non all’idea che la Giunta sezionale fosse stata infingarda al punto da rifugiarsi consapevolmente dietro una formula ambigua per non decidere nulla, né l’accettazione né il respingimento né la sospensione delle dimissioni, favorendo la confusione.

Badate, altro hanno fatto successivamente, e per la prima volta, altre Giunte sezionali, che hanno posto espressamente il problema del raccordo tra l’accettazione delle dimissioni, che è loro attribuzione esclusiva a norma di Statuto, e la eventuale pendenza del procedimento disciplinare. Ed è questa la ragione per la quale il Comitato direttivo ora di quelle sollecitazioni delle Giunte sezionali dovrà occuparsi.

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8. Se di contro, come sembra sotteso ai richiami alla collegialità, altri pensano che quel potere spetti alla Giunta centrale o al Comitato direttivo, forse, all’Assemblea generale, vero organo sovrano dell’ANM, ricordo che nessuno di quelli che ha lamentato l’assenza di maggiore collegialità mi ha sollecitato un confronto sulla questione.

Eppure, immediatamente dopo l’invio degli atti oscurati, i colleghi che avevano richiesto copia hanno protestato pubblicamente, sia in chiusura della scorsa riunione di Comitato direttivo, sia nella chat whatsapp dei componenti del Comitato direttivo che poi con una lunga e articolata nota resa pubblica con l’invio sulla mailing list ANM.

Nessun componente della Giunta centrale mi ha interpellato su quel che stava accadendo; nessun componente della Giunta centrale si è attivato per chiedermi spiegazioni e/o per avocare in sede, appunto, di Giunta centrale la decisione.

Quel silenzio e quella mancanza di iniziativa da parte dei singoli componenti della Giunta centrale per me ha una sola logica spiegazione: anche loro hanno condiviso l’assunto che il dovere di riscontrare la richiesta di copia fosse mio.

Se così non fosse stato, si sarebbero attivati per soddisfare loro stessi, eventualmente sollecitando una formale posizione collegiale, la richiesta di copia di atti. E allora veramente non comprendo il richiamo a una maggiore collegialità.

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9. A tutto voler concedere, a voler pure ammettere che si possa disquisire sul punto, trovo inaccettabile, e segno del deprecabile degrado del linguaggio e dei comportamenti, che per questa vicenda io sia stato pubblicamente accusato di insabbiamento. E che questa strampalata e diffamatoria accusa non abbia suscitato un’immediata reazione collettiva.

Un insabbiamento impossibile, nemmeno in astratto configurabile, trattandosi di documenti nel pieno possesso del Collegio dei probiviri e quindi dell’organo titolato ad agire ed istruire, ancor prima che mio, e condivisi con la Giunta centrale, organo appunto esecutivo dell’ANM. E quindi accuse infamanti, che sporcano la mia immagine e quella della intera ANM.

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10. La realtà è tutt’altra. Come presidente dell’ANM sin da subito ho agevolato il lavoro dei Collegio dei probiviri, assicurando il massimo sostegno logistico e organizzativo nel rispetto della autonomia di azione e di valutazione.

L’autonomia del Collegio è un caposaldo dell’azione associativa, almeno per come io la intendo, che non può essere messo in discussione e la cui osservanza rigorosa è per me condizione necessaria.

Altro è, ovviamente, pensare ad un raccordo di tipo meramente informativo a cui le norme dello Statuto possano chiamare.

Sono però fermamente contrario ad ogni forma di condizionamento, all’idea che si possano impartire direttive e metter su forme, anche se mascherate, di controllo su quanto il Collegio sta facendo.

Ricordo che abbiamo tutti condiviso l’esigenza, al momento della nomina dei componenti del collegio, che questi fossero quanto più lontani possibile dall’attualità della vita associativa, così profondamente turbata dall’esplosione dello scandalo. E li abbiamo scelti secondo il criterio condiviso dell’essere magistrati in quiescenza, o prossimi alla quiescenza.

In quella scelta mi riconosco e avverto il dovere che tutti si dia tempo e modo al Collegio di fare il suo lavoro e le sue proposte senza alcun tipo di interferenza. Su questo aspetto è bene che il Comitato direttivo rifletta.

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11. Non trascuro per nulla l’importanza dell’accertamento delle violazioni del codice etico.

L’attenzione che ho riservato e riservo, nei modi a cui ho appena fatto cenno, al lavoro del Collegio dei probiviri ne è attestazione.

Credo però che all’azione di repressione disciplinare si debba affiancare una forte e incisiva azione di rilancio della politica associativa, fatta di idee e di proposte per migliorare il servizio che la magistratura è chiamata a rendere.

Su questo terreno l’ANM arranca, ha tempi lunghi, complesse procedure che la espongono costantemente al pericolo di essere sempre in ritardo.

E trovo avvilente che la polemica violenta di alcuni sappia monopolizzare la scena, facendo sì che il dibattito rischi di essere rinchiuso in una bolla di accuse infondate e di ripicche personali, mentre fuori fervono i lavori ai tavoli di riforma del giudizio civile, del giudizio penale, del Consiglio superiore della magistratura.

Il Comitato direttivo oggi dovrà occuparsi delle proposte di riforma, per dare la linea e consentire, a chi prenderà parte al confronto all’esterno sulle riforme, di orientarsi costruttivamente, perché altrimenti si continuerà ad intervenire, come fino a ieri abbiamo fatto, precisando e puntualizzando che ancora l’ANM non ha una posizione, che quindi si esprimono opinioni personali, che l’ANM sta lavorando, che su questo e su quello non possiamo ancora esprimerci, ecc. ecc.

Se non saremo all’altezza di questo compito, l’ANM pagherà un prezzo in termini di credibilità e di autorevolezza nel dibattito pubblico non inferiore a quello già versato per gli scandali recenti.

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12. E badate, il dibattito pubblico oggi avviene su temi che prima non sarebbero stati immaginati.

Una parte delle Forze politiche presenti in Parlamento vuole istituire una commissione di inchiesta sulla magistratura, e opinion leader di peso indiscusso ne legittimano l’opera e le finalità.

In nome di una farlocca ricostruzione dei rapporti con la Politica, alimentata da quanti da troppo tempo insidiano l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, si vuole una inchiesta parlamentare che dovrebbe sostanzialmente mettere sotto accusa i magistrati che si sono impegnati in difficili processi; processi che li hanno costretti a ingiuste e pesanti sovraesposizioni personali, che infine si sono conclusi con accertamenti irrevocabili nel rispetto delle regole e dei diritti.

Si pretende di ridiscutere i fatti accertati da sentenze passate in giudicato nutrendo l’opinione pubblica del malizioso sospetto, ad arte enfatizzato, che la Magistratura in tutti questi anni sia stata al servizio di una parte politica per avversarne, con metodi eversivi, un’altra.

Eppure, c’è chi tra noi plaude a questa iniziativa; che mostra di non comprendere la palese strumentalizzazione del momento di oggettiva difficoltà in cui versa la magistratura da parte di chi pensa che possa realizzarsi l’obiettivo storico di ridimensionarne il ruolo e lo statuto costituzionale di garanzie. Io scorgo in queste posizioni associative una forma, consapevole o meno non importa, di pericoloso collateralismo con la politica.

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13. Dobbiamo recuperare maggiore lealtà nei confronti dell’Associazione e nei rapporti tra noi. Certo, anche la collegialità è un valore importante, e ne sono pienamente consapevole.

Penso di averne dato prova di recente quando ho adempiuto i miei doveri di presidente difendendo senza distinguo e senza riserve l’ultimo documento della Giunta centrale sulle difficoltà degli uffici giudiziari in assenza di vaccinazione.

Sia ben chiaro, il senso di quel documento è stato da me condiviso e promosso. Non era certo quello di pretendere per la casta dei magistrati il privilegio di corsie preferenziali di vaccinazione in danno degli anziani e dei fragili. Era ben altro.

Il senso era di segnalare a chi ha in mano le leve organizzative degli uffici e il potere di dettare regole, anche normative, di organizzazione, che i Palazzi di giustizia sono un luogo naturale di assembramento. Si voleva segnalare l’importanza di assumere contromisure efficaci per frenare l’espansione dei contagi.

Si intendeva rappresentare l’ovvio: che se non si rimodulava l’organizzazione del lavoro giudiziario in un periodo di pressoché integrale chiusura delle attività sull’interno territorio nazionale, il rallentamento della trattazione degli affari nei Palazzi di giustizia, a causa di malattie, contagi e isolamenti fiduciari, sarebbe stato inevitabile e certo maggiore di quello conseguente ad una più accorta riorganizzazione dei ruoli e degli impegni processuali.

Ma si è scelto male il registro comunicativo, si è scelto di affidare la denuncia ad espressioni forti e fortemente equivoche.

Avrei preferito emendare quel testo da passaggi ruvidi; infine non ha prevalso la cautela espressiva, che io invece apprezzo perché sono convinto che la sobrietà dell’espressione non equivalga per nulla a debolezza di azione.

E però ho rispettato la maggioranza, e l’ho fatto fino in fondo, e ho difeso le posizioni davanti a Stampa e Tv, ben sapendo che dalla pubblica opinione, attrezzata o meno, in quell’incidente comunicativo sarei stato identificato più che ogni altro dirigente associativo.

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14. Concludo con un auspicio. Spero fortemente che l’attenzione che riserviamo agli scandali dell’associazionismo, alle responsabilità etiche degli iscritti e non, sia posta al servizio di un progetto per un futuro della magistratura, che abbia al centro l’attenzione al bisogno collettivo di una giustizia al passo con i tempi e con le attese crescenti di una società che versa, oggi più che mai, in estrema difficoltà.Solo per questa via si dà senso ai sacrifici che il mandato associativo richiede.

Almeno, solo lungo questo percorso riesco, io, a percepire l’utilità del mio personale e gravoso impegno. In mancanza di questa comune riassunzione di responsabilità, che dia prova della condivisione degli obiettivi che ho indicato, sarebbe vana ogni altra fatica.

Giuseppe Santalucia


Presidente ANM



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